società
Una rinnovata “servitù volontaria”
di Andrea Papi
In generale, uno spostamento a destra. Ma anche a sinistra si cerca un potere amico, che sappia governare. Un'aspirazione diffusa, quella di un'autorità centrale efficiente. E anche molte rivolte diventano trampolini di lancio per nuovi governanti.
La specie umana, che sta vivendo una fase particolarmente caotica con profonde implicazioni negative sul contesto bio-geologico di cui fa parte, dal punto di vista strettamente politico sta suscitando non poche e fondate preoccupazioni. Per chi come me sogna ancora la possibilità di relazioni sociali libertarie e anarchiche, la preoccupazione politica principale sorge dalla constatazione che è in aumento una richiesta collettiva d'autorità, pur se declinata in modi differenti e facilmente antitetici.
Secondo tutti gli osservatori sociali, in questa fase si può tranquillamente parlare di un marcato spostamento dell'opinione pubblica verso destra. Lo conferma in pieno, ad esempio, l'ultimo rapporto CENSIS del dicembre 2019 sulla situazione sociale del Paese. Vi si afferma in modo esplicito che c'è un aumento di pulsioni antidemocratiche, che “il 75% dei cittadini non si fida più degli altri”, e che “il 48% è favorevole all'uomo forte al potere”. Tendenze che stanno crescendo vistosamente nelle fasce più deboli e incolte dislocate nelle aree più disagiate.
Per “spostamento a destra” s'intende il diffondersi a profusione di mentalità e modi di pensare che a gran voce richiedono forme autoritarie e impositive da parte di chi governa: una richiesta dal basso di essere comandati e regolamentati con decisione da chi è al potere. Da cui l'arcinoto “bisogno da parte dei più deboli dell'uomo forte”, come da un po' di tempo si usa dire. È un'aspirazione di massa che inequivocabilmente evoca la “servitù volontaria”, come fu definita con grande incisività da Étienne de La Boétie nel Cinquecento. Si riferisce all'accettazione-richiesta della “plebe” di essere assoggettata, sottomessa e schiavizzata: il servo riconosce e apprezza la forza del padrone, indipendentemente che sia benevolo o spietato, e ne invoca la protezione.
Ed è proprio nelle banlieue, nelle periferie allo sbando delle città in tutto il mondo occidentale, che negli ultimi decenni i nostalgici e gli adepti di una terrificante rinascita dei totalitarismi sono riusciti ad annidarsi e a raccogliere copiosi consensi. Con sfacciata arroganza propugnano fascismo e nazismo, visti e proposti come regimi taumaturgici capaci di purificare il mondo, di “metterlo in riga” ai fini di una “fulgida” ridefinita società mondata dei suoi mali e votata all'instaurazione di “ordine e leggi inflessibili”. Il tutto ben caratterizzato dal rifiuto violento del “diverso” e dello “straniero”. Ciò che in realtà affascina “sbandati” e reietti di vario tipo, disordinatamente disseminati ai margini del mondo, non sono tanto le simbologie iconiche e i lugubri rituali, ma l'idea e la prospettiva della forza purificatrice che proteggerebbe dalla “invasione” dei diversi e degli estranei, quasi fosse una liturgia di riscatto sociale e individuale.
Richiesta di poteri buoni
Richieste precise all'apparenza semplici, che esprimono desiderio di capi decisi e autoritari, possibilmente senza impedimenti di alcun tipo nell'esecuzione dei loro comandi, capaci di rappresentare la forza di un decisionismo che si mostra efficiente per il fatto stesso di decidere senza essere disturbato, illudendo di risolvere i problemi meglio di qualsiasi altra cosa.
In questa semplificazione paradossale, che in modo evidente riproduce monarchie dittatoriali, sta il fascino di una destra estremista e autoritaria, desiderosa di ripristinare i “fasti” dei regimi dispotici che pensavamo ormai tramontati. Con abilità stanno cercando di farlo attraverso le legittimità democratiche e costituzionali, supportati dal consenso dello stesso popolo che si propongono di assoggettare. Purtroppo, almeno in parte, sembra ci stiano riuscendo.
Contemporaneamente un'altra parte del contesto sociale probabilmente minoritaria, identificata come espressione di sinistra e collocabile nelle fasce medio-abbienti, mostra un modus operandi molto diverso. Richiesta e desiderio di essere governati risultano sempre preminenti, non però dalla supremazia del comando, bensì dall'efficienza e dalla competenza di chi ne ha le capacità, possibilmente supportati da una partecipazione dal basso. Un dichiarato bisogno di “buon governo”, anch'esso richiesto e voluto come simbolo di riscatto sociale e individuale.
Seppur antitetica alla precedente, pur essa comprende una forte richiesta d'autorità, ripudiando però l'uomo forte con pieni poteri. All'insegna della comprensione, dell'apertura e della partecipazione, auspica processi partecipativi e condivisi per società aperte e democratiche. Ma nella sostanza si richiede ugualmente di essere governati con determinazione ed efficienza, delegando a chi riscuote fiducia le scelte di conduzione e comando dei processi gestionali che regolano la convivenza civile.
Mi preme sottolineare che, seppur con differenze marcate, in alcuni casi abissali e antitetiche, l'elemento caratterizzante il clima sociale e le richieste dal basso è in ogni caso l'accentuato bisogno generalizzato di dipendenza da poteri che siano determinati e capaci d'imporsi con decisione. Il potere in quanto tale non è affatto visto e vissuto come un male. Anzi! Se attualmente è contrastato per inefficienza e inadeguatezza delle classi dirigenti, se ne auspicano però in futuro praticabilità, forza e capacità decisionale. In altre parole, non è affatto diffusa una mentalità di contrasto alle impostazioni e alle logiche del dominare, mentre sta crescendo la voglia di esserne gli interpreti e di sostenerlo, anche se ora si è delusi e arrabbiati.
Ci sono rivolte strumentalizzate
Tutto ciò non è affatto un segnale incoraggiante per chi aspira e propugna una qualità del vivere sociale contrassegnata da forme di autogoverno spurgate da culture e pratiche di potere dominante. Uno degli effetti negativi che ne conseguono, per esempio, è che tali predisposizioni non possono non incidere sulla qualità e sul senso delle lotte che scaturiscono. Si è infatti spinti a lottare per rivendicazioni di miglioramento delle proprie condizioni di vita, con la propensione interiore a “rottamare” capi e dirigenti del momento per sostituirli con altri ritenuti migliori. Una tale tendenza non può che essere un problema per anarchici e libertari, che invece vorrebbero lottare per delegittimare non solo chi sta governando, ma l'atto stesso del governare.
Non è affatto un caso, ritengo, che le varie e molteplici rivolte degli ultimi decenni, là dove sono riuscite ad avere un seguito e non si sono esaurite in semplici fiammate, si siano inevitabilmente trasformate in ulteriori aspiranti a governare, propostisi come puri, innovatori e purificatori. Due esempi eclatanti in tal senso sono i 5Stelle italiani e i Podemos spagnoli. Col loro percorso, tuttora in atto, dimostrano meglio di tante parole quanto sia vero ciò che sto affermando.
Mi sembra di poter affermare che i diversi movimenti e le rivolte degli ultimi decenni, quelli che stanno sorgendo e probabilmente quelli che sorgeranno, si manifestano praticamente sempre per tensioni e aspirazioni che in modo evidente contrastano con le tensioni e le aspirazioni che idealmente e storicamente hanno sempre caratterizzato e continuano a caratterizzare anarchismo e libertarismo.
Sorge spontaneo chiedersi se l'anarchismo non debba attuare nel suo complesso una seria revisione del modo di porsi e di agire. Personalmente sono convinto che bisognerebbe cambiare senso e prospettiva dell'intervento, trasferendo il punto focale del proprio proporsi.
Invece di tentare instancabilmente di scatenare e suscitare lotte e scontri, che incapaci di concreti risultati ormai appaiono sempre più finalizzati a se stessi, si dovrebbe soprattutto propagandare e propagare il tipo di società che si vuole proporre, cercando di farlo con l'esempio, suscitando desiderio attraverso l'immaginazione, cercando di mostrare in ogni maniera che la nostra creatività rende possibile, auspicabile e bella una condizione sociale emendata dal potere che comanda, gestita insieme da tutte e tutti attraverso forme e metodi di autogoverno e di liberi accordi.
Finché non si riuscirà a suscitare il desiderio che senza potere si vivrà meglio e si faranno cose più soddisfacenti di ora, ogni nostro sforzo sarà vanificato, mentre le lotte che saremo in grado di suscitare si esauriranno in vani scontri con le forze d'ordine, per poi involvere quasi inevitabilmente verso nuove e illusorie aspirazioni a governare.
Andrea Papi
www.libertandreapapi.it
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