Occasione unica per conoscere la produzione
cinematografica di un continente, il Festival del Cinema Latino
Americano, giunto alla sua XV edizione, ha proposto come di
consueto moltissime opere articolate in varie sezioni, documentando
così la vitalità di questo cinema.
L'aggettivo "latino americano" comprende storie e
tradizioni cinematografiche diverse e diversamente sviluppate;
il cinema cubano, quello brasiliano e argentino, ad esempio,
presentano caratteristiche proprie e sono realtà definite,
che possono vantare una lunga esperienza di produzione e di
ricerca. Il pubblico che segue negli anni questa manifestazione
in programma a fine ottobre al Teatro Miela di Trieste, ha avuto
modo di conoscere un cinema che nella maggior parte dei casi
può essere accomunato dalla volontà di proporre
un linguaggio proprio, orgogliosamente distante dai modelli
nordamericani ed europei. In questi anni, grazie a questa iniziativa,
sono stati presenti a Trieste i più grandi maestri e
artisti, insieme ai giovani autori che hanno sempre trovato
in questo festival lo spazio e l'interesse che si meritavano.
Quest'anno si è voluto render omaggio a una grande attrice
cubana, Daisy Granados, proiettando tutti i film che la vedono
straordinaria interprete di storie che diventano esilaranti,
proprio grazie alla bravura degli attori, senz'altro il punto
di forza del cinema cubano. Di questo cinema, pieno di energia
e calore, Daisy Granados col suo temperamento è l'attrice
più rappresentativa, protagonista a Trieste, insieme
al regista Pastor Vega, della serata più emozionante
con la proiezione del suo ultimo film, "Las profecías
de Amanda".
Contributo importante per conoscere la storia di questa cinematografia,
è stata la sezione dedicata al cinema muto prodotto tra
gli anni '20 e '30 in Messico, Brasile e Argentina. Così
come invece le due rassegne di cortometraggi messicani e brasiliani
hanno dato l'idea dei più recenti percorsi creativi in
paesi tradizionalmente molto attivi dal punto di vista cinematografico
e audiovisivo.
I documentari, in pellicola e in video, programmati in varie
sezioni tematiche, costituiscono una parte importante del festival,
che ha sempre valorizzato questi materiali, spesso unici per
la conoscenza di aspetti culturali e di vicende storiche. Da
segnalare quest'anno, nella sezione "Videoamerica"
almeno "Acratas" dell'uruguayana Virginia Martínez,
il documentario dedicato al sindacalista argentino "Tosco"
di Adrián Jaime e Daniel Ribetti e il video sullo scrittore
argentino Rodolfo Walsh, assassinato durante l'ultima dittatura,
di Gustavo Gordillo.
Il ruolo dell'emigrazione
Un altro momento importante è stata la presentazione
del film d'animazione "La vera storia della prima fondazione
di Buenos Aires" di Fernando Birri, fortunosamente salvato
e poi restaurato dall'Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio
e Democratico di Roma. Si tratta di una delle prime opere del
maestro argentino, un lavoro sperimentale che qui realizza un
film d'animazione riprendendo zone di un quadro dove sono rappresentate
le vicende della conquista e della fondazione di quella che
sarà la capitale argentina.
Quest'anno il festival ha potuto contare sul sostegno degli
enti pubblici locali, che sembrerebbero aver finalmente colto
il valore e le opportunità che questa manifestazione
offre alla città che la ospita.
Nel corso dell'intensa settimana di proiezioni, approfondimenti,
presentazioni e altre manifestazioni collaterali, è stato
dato anche gran rilievo alla questione dell'emigrazione italiana
nel continente sudamericano. Il discorso, peraltro intrapreso
già da tempo da parte degli organizzatori del festival,
ha voluto dar conto della complessità del tema, evitando
la superficialità e le inutili celebrazioni. È
necessario invece ripercorrere il passato dell'Italia quale
paese di emigranti, considerare lo sradicamento iniziale degli
italiani e capire in che termini abbiano poi vissuto il rapporto
con i loro luoghi di origine e quali nuove realtà abbiano
costruito. Il dialogo tra questi due mondi è spesso faticoso
perché falsato dalla retorica e dalla strumentalizzazione.
È chiaro che nel riconoscimento da parte delle istituzioni
e delle autorità locali nei confronti delle attività
legate al festival c'è un interesse concreto: il voto
degli italiani all'estero è un motivo sufficientemente
valido per sostenere iniziative e occuparsi di questi "Fratelli
d'Italia" sentiti, ora, improvvisamente vicini. È
proprio per non permettere operazioni demagogiche che il dibattito
e il confronto promosso dal festival acquistano valore e meritano
ulteriori sviluppi. Naturalmente i rappresentanti delle istituzioni
non vi hanno partecipato e si sono visti solo per i discorsi
al momento della consegna dei premi ad autori, di cui premeva
mettere in evidenza soprattutto l'origine italiana dei loro
cognomi (!).
Un vero interesse per capire la realtà del paese di friulani
Colonia Caroya, nella provincia di Córdoba nell'Argentina
centrale, emerge dal documentario "Diari di Viaç"
di Carlo Dellevedove e Luca Peresson, una produzione indipendente
che prende le mosse da un dialogo a distanza attraverso la posta
elettronica fra gli animatori di una radio del paese argentino
e gli autori del documentario. Il dialogo in lingua friulana
diventa, ben presto, progetto per incontrarsi e volontà
di conoscersi personalmente. I due registi arrivati in Argentina
documentano la vita e le opere che questi friulani hanno realizzato
nell'altra parte del mondo, senza aver rinunciato del tutto
alla propria cultura e alla lingua d'origine.
Il rapporto conflittuale col passato e le sue suggestioni, sono
temi che attraversano curiosamente diversi film proposti quest'anno.
Nel brasiliano "Oriundi" di Ricardo Bravo, attraverso
la figura del vecchio emigrante italiano, interpretato da Antony
Quinn, si rappresenta una crisi d'identità che evade
dal fallimento in una fuga nel passato, allo stesso tempo drammatica
e consolatoria.
Gustavo Corrado
Momento di inquietudine
Già autore del bellissimo film "La luna en el espejo",
il cileno Silvio Caiozzi nel suo ultimo lavoro "Incoronación"
racconta le conseguenze devastanti della decadenza di una famiglia
borghese nella vita di uno dei suoi membri: un uomo maturo,
che non ha mai vissuto ed è incapace di instaurare rapporti
equilibrati con gli altri. Al centro domina tirannica dal suo
letto una vecchissima nonna, in preda ad astiosi deliri, egocentrica
"vampira" alle cui cure si dedica il protagonista,
spiritualmente e anche fisicamente costretto alla solitudine
di una vita senza sbocchi.
Cruda, a tratti volutamente irritante e sgradevole, è
la storia di "El armario", primo lungometraggio del
trentenne argentino Gustavo Corrado, che in bianco e nero racconta
la parabola di un anziano emarginato che cerca l'oblio e la
morte nell'unico oggetto rimastogli, un armadio. Intorno a lui
si muove un gruppo di disperati, ex operai di una fabbrica in
disuso, che è lo spettrale scenario per queste figure
bloccate in un presente di miseria e di degradazione, nel ricordo
di un passato migliore in cui almeno le loro esistenze sembravano
avere un senso. Una ragazza è l'unico personaggio giovane,
che però non rappresenta alcuna possibilità di
riscatto, anzi sottolinea la drammaticità della situazione
morendo bruciata nell'armadio.
Il rapporto mancato tra le generazioni, e in particolar modo
la mancanza di comunicazione tra madre e figlio, è la
situazione di "A través de janela" della giovane
brasiliana Tata Amaral, che qui sviluppa il drammatico esaurirsi
delle speranze di una madre vedova nei riguardi dell'unico figlio.
Nel giro di pochi giorni la vita della donna è sconvolta
e si sente improvvisamente esclusa dalla vita del figlio di
cui è innamorata, e, anche in questo caso, non le resta
più niente.
Riflessioni amare sembrano, dunque, al centro delle più
recenti produzioni, anche degli autori più giovani o
esordienti. Pessimismo che riflette, forse, un momento di inquietudine
verso un futuro di incertezze e di pericoli non più tanto
facilmente riconoscibili.
Fernanda Hrelia
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Jorge Perugorria
del film "Estorvo" di Ruy Guerra
(Brasile) |
"MAUA3-0 IMPERATORE E O REI"
de Sergio Rezende (Brasile) |
del
film "EL ARMARIO"
di Gustavo Corrado (Argentina)
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