Il giovane Anteo
Tra tutti i falliti attentati a Mussolini, la vicenda di Anteo Zamboni è
rimasta curiosamente fino ad oggi la meno conosciuta, nonostante quel colpo di
pistola esploso a Bologna nel 1926 dal quindicenne Zamboni apre definitivamente
le porte alla dittatura: in nome della sicurezza dello stato si demoliscono le
residue garanzie dello stato liberale, si reintroduce la pena di morte, inizia
a funzionare il Tribunale speciale.
Eppure di questo adolescente che suo malgrado con il suo gesto ha segnato la storia
italiana ci viene consegnata una memoria controversa, lacunosa, alle volte mistificatrice.
Coperta dalla pietà popolare per quella morte così truce: pugnalato
seduta stante dagli squadristi e martoriato in modo bestiale dalla folla inferocita.
Memoria altalenante tra eroe anarcoide antifascista (o addirittura come si è
scritto "primo partigiano di Bologna") ed utile strumento di un gioco
infinitamente più grande di lui. Di sicuro pensare che "Patata"
come era soprannominato in famiglia - non certo per la sua spiccata sagacia -
sia l'artefice solitario di un attentato che per la sua dinamica si rivela ben
studiato, lascia un po' perplessi.
Ben venga l'ottimo lavoro della direttrice dell'Istituto della Resistenza di Bologna
Brunella Dalla Casa (Attentato al duce. Le molte storie del caso Zamboni,
Il Mulino, Bologna, 2000, pagg.291, lire 35.000) che ci aiuta a penetrare le molte
mezze verità che hanno contribuito a stritolare il ragazzo ed a rendere
inquietante la vicenda; a tal punto che lo stesso tribunale speciale, pur erogando
prigione e confino a tutta la famiglia Zamboni, non riuscirà a fornire
una spiegazione plausibile o a dimostrare un complotto.
Tra le tante ipotesi tese a spiegare il suo gesto l'autrice senza dare una risposta
definitiva ne prende in considerazione diverse: l'azione adolescenziale solitaria
di un ragazzo che desidera entrare nel mondo dei grandi attraverso un gesto eclatante,
magari ispirato dalla mitologia anarchica annusata in casa attraverso il padre
Mammolo appare la meno probabile, dato che Anteo era un balilla convinto. Inoltre
lo stupore dei familiari per l'attentato è dovuto al non crederlo capace
di architettare da solo un'azione simile...tant'è che i parenti per lungo
tempo sosterranno la tesi dell'estraneità di Anteo.
Un complotto anarco-familiare appare altrettanto poco credibile perché
il padre Mammolo oramai di anarchico aveva ben poco: egli non era più il
tipografo ribelle antimilitarista d'ante guerra. All'epoca dell'attentato godeva
grande stima da parte dei fascisti bolognesi cui stampava con entusiasmo i loro
fogli di propaganda, aveva finanziato la costruzione della casa del fascio e soprattutto
lo legava una profonda amicizia con Leandro Arpinati, capo del fascismo cittadino.
Certo, continuò a definirsi anarchico ma decisamente a modo suo se ancora
in prigione dichiarava orgoglioso: "Non ho difficoltà di dire apertamente
e lealmente che sono anarchico e Fascista nello stesso tempo" o, senza sapere
che cosa gli riserbava il destino da lì a poco, scriveva al figlio Assunto
commentando l'attentato dell'anarchico Lucetti: "W il Duce! Le carogne che
cianciano contro di lui non sanno che aizzargli contro un povero illuso di un
tagliapietra". D'altronde lo stesso Assunto, fratello maggiore di Anteo,
finì per diventare una spia dell'OVRA.
Molto più credibili appaiono gli scenari che prendono in considerazione
uno scontro di potere interno al fascismo, tra gli estremisti legati a Farinacci
ed il nuovo corso normalizzatore voluto da Mussolini. Complotto maturato tra i
duri e puri friulani come un'indagine dei carabinieri lascia intravedere salvo
essere bloccata per decisioni superiori forse dello stesso Mussolini che di tutta
questa vicenda rimase comunque l'unico beneficiario, trasformando un fallito attentato
alla sua persona nell'occasione per chiudere definitivamente la partita con l'antifascismo
e contemporaneamente di marginalizzare le frange estreme in seno al partito fascista.
Sicuramente il libro di Brunella Dalla Casa ha il pregio di non serrare le porte
ad ulteriori sviluppi in sede storiografica anche se ci aiuta decisamente ad uscire
da una memoria pericolosamente stereotipata che si ferma ad Anteo Zamboni, giovane
eroe di famiglia anarchica vilmente massacrato dai fascisti. Ma attraverso quali
percorsi si sedimenta una memoria collettiva è tutto un altro discorso.
Dino Taddei
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