Dove, non ricordo. Ma in qualche luogo della sua pressoché
sterminata produzione, lo scrittore americano di fantascienza Robert A. Heinlein
osserva che nell'universo non esiste un "pasto gratis". Con ciò,
egli si riferiva a una delle più importanti leggi della fisica, il principio
di conservazione. Poiché in un sistema chiuso nulla si crea e nulla si
distrugge, e anche quando la materia sembra essere scomparsa essa si è
solo trasformata in energia, a sua volta ulteriormente trasformabile in calore
(non più trasformabile), l'affermazione di Heinlein, trasformata in metafora
nel mondo umano e nel sociale, non significa altro che anche quando sembra che
qualcosa che stai consumando non la paghi (o la paghi meno del dovuto), in realtà
la stai pagando precisamente tutta, e a volte anche qualcosa di più.
Siamo tutti abituati, ormai, a vederci offrire prodotti e servizi apparentemente
in omaggio, e la cosa non ci stupisce più. Per esempio, la famosa formula
del "prendi tre paghi due" ci spinge a pensare che se compri tre scatole
di piselli che costano ciascuna duemila lire, e le paghi quattromila lire, allora
la terza scatola è gratis, te la stanno regalando. Sappiamo tutti benissimo,
ma ci piace dimenticarlo, che ciò è falso. Caso mai ciò dimostra
che quella singola scatola di piselli non solo non vale il suo prezzo, che è
comprensivo del guadagno a cascata relativo ai vari passaggi dal produttore al
dettagliante più il balzello statale chiamato I.V.A. (versata da loro e
pagata da noi), ma che il guadagno in questione è maggiore di quanto avremmo
sospettato, e non solo perché il valore reale di produzione della scatola
di piselli si dimostra così essere ancora minore del previsto, ma anche
perché tu compri tre scatole invece di quella sola che ti serviva: la seconda
fa guadagnare il doppio alla precedente cascata di intermediari, e la terza elimina
merci dal magazzino, che per un affascinante quanto perverso meccanismo contabile
costituiscono dei costi e delle passività (è per questo motivo che
se vi serve un pezzo di ricambio per il vostro computer vi toccano attese superiori
a quelle necessarie per un udienza papale o per la conclusione di una causa civile).
Quello a cui non eravamo abituati e che c'incanta attualmente sono i prodotti
e servizi gratuiti che si possono trovare sui siti Internet. Dappertutto ti viene
offerta la possibilità di: mandare gratis messaggi di testo su cellulari,
di comunicare gratis mediante chat, di telefonare gratis dovunque, di connetterti
gratis col tuo portatile al server più vicino, ecc., ecc., ecc., naturalmente
scaricando gratis un piccolo programmino. Dove si trova, ci chiediamo, la controparte
nascosta (o le controparti), di questo scambio di energia? Se le leggi fisiche
sono valide universalmente, da qualche parte lo troveremo, nascosto, il prezzo
di questo pasto. E il prezzo di questo pasto è la pubblicità. La
pubblicità fatta di spot in rete, di cataloghi per acquistare on line,
e quant'altro si possa vendere e comprare. Il virus più importante che
infetta da sempre la rete e che per sempre potrebbe infettarla è il Mercato
(tutti noi sospettiamo, tra l'altro, che chi fornisce gli antivirus è anche
chi i virus li fabbrica). Voi direte: ma la pubblicità la paga il produttore,
non il consumatore. Nulla di più errato: la pubblicità la paghiamo
noi. Esattamente come il lavoratore dipendente, senza il quale non ci sarebbe
né produzione né guadagno, nel bilancio dell'azienda pesa come un
costo, alla stessa stregua la pubblicità è un investimento redditizio,
che viene recuperato sul gonfiato plusvalore dei prezzi e sull'aumentato fatturato
da flusso di vendite (prendo tre pago due, compro fanta invece di spremere due
arance, mi faccio otturare una carie con il nuovo cellulare microscopico, firmo
on line un contratto telefonico che mi consentirà di fare "gratis"
tutte le telefonate che voglio, lunghe quanto voglio "pagando" "solo"
89.000 lire al mese mentre facendo le sole poche e brevi telefonate che posso
fare nel tempo che il lavoro e il resto mi lasciano pagavo non più di 70.000
lire al bimestre). E state tranquilli che anche Bill Gates non la dà via
gratis a nessuno.
Se non esistesse la pubblicità noi consumatori potremmo pagare il prodotto
che consumiamo, a un prezzo molto più vicino al suo valore di produzione.
Ma gli acquisti sarebbero statisticamente distribuiti sui prodotti localmente
noti, e molti piccoli produttori potrebbero tutti spartirsi quel guadagno che
invece è appannaggio delle grosse multinazionali che hanno necessità
di diffondere globalmente la loro rete di vendite per aumentare i propri capitali,
con i quali possono permettersi il lusso di investire fortissime somme nella pubblicità,
fare fuori i concorrenti più deboli e consentire a noi di prendere tre
e pagare tutto. Il circuito (in cui sono inclusi i mercati finanziari e le borse,
produttori di ricchezza alla cui base è escluso quasi del tutto il lavoro)
è così incredibilmente perverso che chi prova per una volta ad aprire
gli occhi su tale consapevolezza è preso da vertigini letali e irreversibili,
e si affretta a richiuderli, giacché intravedere la conoscenza del destino
al quale stanno conducendo il pianeta queste scimmie presuntuose, sordide e grette,
che si fregiano della definizione di "sapiens sapiens", costituisce
un orrore insopportabile, di gran lunga peggiore di quello che ci assale pensando
alle schifezze che invadono il nostro computer e la nostra vita attraverso un
modem, e ci spiano, ci numerano, ci contano, ci calcolano, ci vampirizzano, ci
ipnotizzano, ci schiacciano, ci vendono, ci comprano, ci scambiano, ci livellano,
ci istupidiscono.
Compagni, uniamoci, spezziamo anche questo tabù, buttiamo dalla finestra
questi innumerevoli tentacoli, queste proboscidi, tutti questi sudici arnesi,
queste interfacce dedite allo sfruttamento fisico, psichico e mentale che succhiano
via la nostra umanità
Cominciate prima voi, però.
Carlo E. Menga
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