Rivista Anarchica Online



a cura di Marco Pandin (marcpan@tin.it)

 

L'avventura Environs

È finalmente disponibile, dopo una lunga ed imprevista serie di disavventure tecniche che si sono tradotte con un ritardo nella sua pubblicazione, la raccolta di registrazioni degli Environs annunciata già dallo scorso novembre. Il cd, dal titolo significativo "Un pettirosso in gabbia mette in furore il cielo intero" (una citazione dal poeta visionario inglese William Blake), è stato allegato al numero 2 della rivista Aparte; ed è dal 1 aprile (...senza scherzi!) disponibile in forma indipendente.
Nel family tree che nasce dai Franti, Environs è uno dei rami più vecchi: con questo nome, ispirato da James Joyce, si identificano i membri dell'open group - attivo tra la fine del 1987 e la fine del 1990 - che si viene a sviluppare attorno a Lalli e Stefano Giaccone (che di Franti, come certo sapete, erano stati rispettivamente la cantante ed il cantante/sassofonista), al pianista Claudio Villiot ed al chitarrista Toni Ciavarra (già attivo nel "giro" dei compagni torinesi con il gruppo Yuan Ye). Altre collaborazioni giungono, tra gli altri, da Paolo Stella (voce), Ugo Guizzardi e dal musicista argentino Miguel Angel Acosta (voce e chitarra), questi ultimi ancora felice frequentazione in studio ed in concerto di Lalli e Stefano.
Environs non è un gruppo musicale vero e proprio: non c'è dietro un progetto specifico studiato a tavolino che tiene assieme la formazione, se non l'idea di compiere un viaggio collettivo dentro le musiche. E', la loro, una navigazione senza una rotta precisa, un vagare attraverso le suggestioni al cui suono sono cresciuti, con in mano strumenti semplici e tecniche compositive e d'esecuzione essenziali e lontane dal virtuosismo.
Environs ha però il coraggio e la sfrontatezza di affrontare il viaggio con le armi difficili dell'improvvisazione e della sperimentazione; i musicisti vanno alla ricerca di una traccia, di quel "filo rosso" sonoro che ha accompagnato la loro crescita attraverso gli anni '70 ed '80. Le canzoni prodotte in questi tre anni d'attività sono in grande parte rivisitazioni di musiche e testi preesistenti, spesso e volentieri mescolati a citazioni, frammenti, scampoli sonori. I vari dischi pubblicati, tutti diversi e lontani come ispirazione e linguaggio espressivo, sono testimonianza delle diverse tappe raggiunte in questo cammino collettivo. Cerco adesso di ripercorrerle brevemente.
Marzo 1988: Environs pubblica in proprio un 7 pollici con una versione da brivido di "No man can find the war" (scritta dal songwriter americano Tim Buckley, e più volte ripresa in seguito dagli Orsi Lucille e dallo stesso Stefano Giaccone) ed una di "Todavia cantamos", ripresa da Mercedes Sosa. Nel finale di questa, come bandiera al vento, la melodia struggente della "Song for Che" di Charlie Haden. Il punto di partenza "ufficiale" di Environs combina dunque poesia ed impegno, in una prospettiva d'unione ideale e sonora tra le due Americhe fino ad allora inedita. Sia Tim Buckley che le vibrazioni sudamericane sono presenze importanti che ritornano più volte nell'offerta di questi musicisti: in seguito troveremo "Song to the siren" tra le pagine più belle di Howth Castle, così come sarà rinnovata la dichiarazione d'amore per il Sud America nelle opere degli Orsi Lucille e nella lunga e fruttuosa collaborazione di Lalli con Miguel A.Acosta e gli Umami.
Già da questi primi passi discografici è evidente un aspetto dell'eredità preziosa di Franti, e cioè di come anche per Environs sia indissolubile ed imprescindibile il legame tra le musiche ed i testi, e che anzi sia verso questi ultimi rivolta una particolare attenzione: la semplicità strutturale degli arrangiamenti viene travolta dall'interpretazione vocale sempre emozionante di Lalli, che - a differenza di quanto accadeva in Franti, quando la sua voce veniva utilizzata in una dimensione di gruppo - si fa adesso scoprire interprete di grande talento.
Andiamo avanti. Gennaio/febbraio 1989: Environs pubblica in proprio l'album di debutto, intitolato "3 luglio 1969", e lo dedica alla rivolta di studenti ed operai nelle strade di Torino, giusto vent'anni prima. Il gruppo offre cinque canzoni che vanno in cinque diverse direzioni: una versione di "Close watch" di John Cale (storica figura dell'altro rock con il quale Lalli ha recentemente condiviso una serata torinese), l'esperimento "Telegramma" (ispirato dalla Resistenza palestinese, e significativamente intriso di sonorità irlandesi e sarde, nonché del rumore dei sassi), lo standard "My funny Valentine", una versione de "L'inno della rivolta" e la lunga suite "Streams" (visitata dalle ombre di Albert Ayler, Bessie Smith ed Hank Williams).
L'album ispira la realizzazione del film di Claudio Paletto "Bordi taglienti" (ed. West Front Video); lo stesso collettivo aveva realizzato il cortometraggio "Ripresi" nel 1987, per la cui colonna sonora erano state utilizzate alcune delle primissime registrazioni degli Environs. E' questa una collaborazione partita anni addietro, con la realizzazione - sopra ed attorno ad "Acqua di luna" dei Franti - del video breve "Untreu" (regia e sceneggiatura di Mimmo Calopresti e Claudio Paletto).
Gennaio/aprile 1990: Environs pubblica in proprio "Cinque parti", un album di semi/improvvisazioni utilizzate in parte come colonna sonora della performance teatrale "Antigone, nonostante la morte" del collettivo Rote Fabrik, diretto da Nevio Gambula. Alla realizzazione dell'album collaborano Paolo Stella ed Ugo Guizzardi (già collaboratore di Franti, nonché musicista coinvolto nelle esperienze Joel Orchestra, Umami/Raiz Latina etc.).
Ancora, il gruppo propone cinque diverse tracce e direzioni musicali, tutte accomunate stavolta dal tema ispiratore della mancanza di libertà: in "Giocattoli", "Le tombe degli avi" e "Resistete" vengono proposti frammenti dei poeti greci contemporanei Iannis Ritsos e Michalis Katsaros (entrambi hanno pagato cara la propria sete di giustizia), in "Per città e villaggi" il testo è ritagliato da un'opera del poeta iraniano Sa'id Soltanpur, mentre "Palinfonia" è un game piece.
L'ultima apparizione "pubblica" degli Environs è del gennaio 1991: il gruppo partecipa con una bella versione di "Cometa rossa" - un cavallo di battaglia degli irriducibili Area - alla compilation "Shabab", un'iniziativa di beneficenza pubblicata dall'indie Blu Bus in collaborazione con l'associazione italo-palestinese Al-ard. Sono rare le apparizioni dal vivo del gruppo: solo tre concerti, uno in un cinemateatro occupato a Milano, una all'Hiroshima Mon Amour (in occasione dell'inaugurazione della prima sede) e una a El Paso di Torino.
Una registrazione dal vivo durante il concerto a El Paso - l'unica resa pubblica - è presente nella compilation "Voix vulgaires - vol. 3", pubblicata a sostegno di A/Rivista Anarchica: è un medley di "No man can find the war" ed "Epitaph 1919", quest'ultima composta da Kurt Weill su testo di Bertolt Brecht in memoria di Rosa Luxemburg.
All'avventura Environs seguono altri viaggi, riunioni, partenze: nel family tree dei Franti ritroviamo - a breve distanza da Environs - Lalli, Toni e Claudio a cantare e suonare assieme in Ishi, così come quasi parallela all'attività di Environs si svolge quella degli Orsi Lucille, dove oltre a Lalli e Stefano ritroviamo un altro vecchio compagno di strada, Vanni Picciuolo.
Il resto è storia, una bella storia dei nostri giorni.

Marco Pandin

 

C'è un cuore tenero

Una segnalazione per un cd che ho ricevuto da un vecchio-"giovane" amico: Mario Congiu, polistrumentista e autore.
Già chitarrista della BandaManera nonché musicista dei due lavori solisti di Lalli, "Tempo di vento" e "Tra le dune di qui" (tutte cose recensite da Marco Pandin su queste pagine), Mario ora ha un suo gruppo e, da dicembre, un cd dal titolo "Non sai difenderti".
Ci sono frasi, come questa del titolo, che evocano ricordi, con tenerezza, istantaneamente: personalmente, quello di mio padre che mi rimproverava di tornare a casa con troppi lividi. C'è un cuore tenero in questo lavoro ma anche altro: canzoni rock, alcune dagli accenti decisamente contemporanei (Jeff Buckley, American Music Club per fare dei nomi), altre più legate al suono italiano, quello dei "cantautori" come pure dei gruppi di oggi. Non tutto mi piace, ma per chiunque si interessi di musica nuova, cantata in italiano, questo cd è da cercare e ascoltare. Ottimamente suonato, ci sono almeno un paio di brani che si sono scolpiti nel mio cuore, "Niente da dire" (...è una sera da scrivere ma non ho niente da dire...) e "Fabbrica".
Ultima e migliore canzone di un cd che mi è particolarmente caro, considerato l'autore, il suo continuo e duro lavoro per costruirsi una "voce". Info: macongiu@iol.it oppure tel. 011/835099

Stefano Giaccone