Ciutat Vella è il cuore di Barcellona. Circondata
dagli isolati esagonali e dai grandi viali dell'Eixample, frutto del razionalismo
urbanista del primo novecento, è un dedalo di vie che sintetizza la vita
di tutta la città. Divisa a metà dalle famose Ramblas, passerella
turistica per eccellenza, si divide in più quartieri: dal conosciuto Barrio
Gotico, la parte più antica e meglio conservata, con i palazzi degli antichi
regnanti e la Cattedrale, fino al Barrio Chino, il quartiere dove vecchie e nuove
povertà, prostituzione e droga fanno da sfondo a una realtà in rapida
trasformazione. Celebrato sulle pagine di Montalbàn, il Barrio Chino ha
conosciuto in questi anni la più pesante ristrutturazione urbanistica della
città. Interi isolati di vecchie ma belle case sono stati abbattuti per
fare posto a palazzi-carcere e ad una nuova, immensa Rambla (dove le macchine
del vicino commissariato di Polizia sfrecciano con molta più facilità).
Al posto delle vecchie botteghe crescono come funghi piccoli alimentari gestiti
dalle famiglie di pakistani, aperti fino a tarda ora, bar per alternativi alla
moda, gallerie d'arte contemporanea. Una delle strade che si inoltra verso il
centro della zona del sesso a pagamento (ma non quello per vip) confina con il
lussuosissimo Teatro Liceu, da poco ricostruito dopo l'incendio che lo distrusse.
Uno spazio urbano dai forti contrasti che ha visto negli ultimi anni una costante
caratteristica nella fortissima immigrazione. Da una parte quella quasi benestante
(a volte decisamente) dei giovani più o meno alternativi, dall'Europa,
dagli Stati Uniti, dal Sudamerica, dall'altra quella più difficile di Pakistani,
Marocchini, Africani, Domenicani, Cinesi, Filippini. Ciutat Vella è oggi
un crogiuolo di culture e di comunità che vivono spesso con difficoltà
la dura realtà dell'immigrazione, aggravata dall'entrata in vigore di una
legge liberticida che proibisce agli immigrati senza documenti persino il diritto
di riunione, sciopero, iscrizione ai sindacati, manifestazione. Da qui l'importante
movimento che ha visto per tutto il mese di febbraio più di 600 immigrati
occupare ben otto chiese della città ed arrivare ad una trattativa diretta
con il governo per una sanatoria generalizzata. Un movimento che ha ricevuto la
forte solidarietà cittadina in manifestazioni di massa.
In questo contesto alcuni ragazzi e ragazze si sono messi a scrivere e a stampare
un giornale di quartiere multiculturale e di denuncia: un'esperienza interessante
e preziosa, in controtendenza rispetto alle spinte razziste e criminalizzatrici
che anche in una città come Barcellona non mancano.
Com'è nata Masala?
Lo spunto è stato una rivista che esisteva tempo fa nel Barrio Gotico,
Les senyoretes d'Avinyò: le persone che facevano questa rivista,
assieme ad altre, si sono messe a pensare ad un periodico che fosse più
ampio, che potesse coprire tutta Ciutat Vella e che tenesse conto delle necessità
sorte negli ultimi anni nel quartiere per la forte crescita dell'immigrazione.
Gli obiettivi erano molteplici: dare un'immagine degli immigrati non come portatori
di problemi ma come portatori di ricchezze culturali e sociali, mettere in relazione
collettivi che già esistono e stanno nascendo nel quartiere e denunciare
i piani speculativi del Comune in questa area.
L'interculturalità e il fenomeno immigrazione sono fra le cose più
importanti che vi hanno spinti a porre mano al progetto
Eravamo venuti a conoscenza di altre riviste plurilingui, in Francia e in Italia,
e questo ci è parso un buon pretesto per riflettere in una rivista la mezcla,
l'insieme di differenze di cui è fatto il quartiere. Volevamo creare un
mezzo di comunicazione che potesse essere del quartiere e per il quartiere. Da
qui nasce il progetto di un periodico plurilingue di denuncia sociale e che allo
stesso tempo servisse come mezzo di dibattito e comunicazione fra le stesse comunità
di immigrati che a volte vivono in mondi paralleli e non comunicanti. "Masala"
è un mix di spezie che si usa nella cucina pakistana, e ci sembrava un
buon simbolo.
Esiste una tradizione di stampa di quartiere a Barcellona?
Negli ultimi due anni sono usciti periodici in varie zone di Barcellona, soprattutto
a partire dal movimento di occupazione delle case: molti di noi sono entrati in
contatto con le problematiche legate alla comunicazione ed in relazione con altri
movimenti e gruppi presenti nei quartieri. C'è stato il tentativo di creare
un periodico che coprisse tutta l'area urbana di Barcellona e tutta la Catalogna
ma non è riuscito a concretizzarsi, almeno per adesso. La lezione di questo
tentativo fallito è stata la constatazione che forse è meglio lavorare
a partire dai quartieri, che sono realtà che conservano ancora delle qualità
specifiche. Quindi abbiamo La Burtxa nel quartiere di Sants, Xibarri
a S. Andreu, El Borinot a Gracia, ed infine Masala. La necessità
è stata quella di trovare strumenti che non globalizzassero troppo, per
mantenere vive le specificità di ogni luogo. Una possibile differenza di
Masala rispetto agli altri periodici di quartiere può essere la
volontà di creare un progetto il più possibile aperto e partecipativo,
non indirizzato necessariamente all'ambiente "di movimento".
Quante lingue contiene Masala?
Castigliano, catalano, brevi testi in arabo e urdu la lingua parlata
dalla comunità pakistana oltre a qualcosa in inglese e in alcune
lingue africane, ma siamo in attesa di ampliare lo spettro. In filippino non abbiamo
ancora pubblicato niente perché la comunità filippina è fra
le più chiuse, senza voler dare un senso peggiorativo al termine, ma contiamo
di pubblicare qualcosa in futuro perché siamo venuti a sapere che ci sono
gruppi di giovani che suonano rock in filippino e persone non del tutto conformi
anche all'interno della stessa comunità. Come "Masala" inoltre
partecipiamo a progetti ed attività che nascono nel quartiere, come un
Forum interculturale che si è riunito la prima volta proprio in un locale
di un'associazione filippina. Lo spirito è quello di cercare contatti affinché
la stessa gente delle comunità scriva in prima persona: di solito non andiamo
a caccia della notizia con penna e blocchetto.
Abbiamo deciso di aprire anche un sito web dove chiunque può scriverci
e collaborare così al giornale.
Poiché qui c'è un buon numero di associazioni di quartiere, più
che in altri, cerchiamo di far conoscere queste realtà destinando delle
pagine alle loro presentazioni, una in ogni numero. Cercando di far emergere alla
luce questo lavoro che il più delle volte risulta sotterraneo si creano
reti sociali sulle quali è possibile contare in seguito, perché
si tratta di associazioni formate da persone che conoscono molto bene la loro
realtà, il loro ambiente e quello che succede. Attraverso queste reti si
può accedere a informazioni che non sono facili da raccogliere ad un primo
tentativo.
Che tipo di risposta ha avuto Masala dopo i primi due numeri?
Siamo abbastanza contenti/e dell'accoglienza che ha avuto. Non è semplice
farsi conoscere perché esistono già alcune piccole pubblicazioni,
una in arabo, una in urdu, una del Partito Umanista, con la quale non abbiamo
alcuna relazione. È difficile entrare in contatto con la gente del quartiere
e soprattutto con gli immigrati. Accadono comunque cose curiose: la copertina
del primo numero era la foto di un ragazzino di origine maghrebina gli
abbiamo chiesto il permesso di pubblicare la sua foto, con alle spalle una scritta
contro la legge sull'immigrazione, e quando ha visto che la rivista era uscita
ha cominciato a prendere numeri e a distribuirli da solo in strada, entusiasta.
È una forma di dare voce a chi non ce l'ha, di fare vedere, anche a loro
stessi, che sono persone che esistono. Siamo andati nel quartiere di S. Coloma
con un educatore a distribuire il giornale ai ragazzi nelle piazze e l'accoglienza
è stata molto buona: c'è molta voglia di leggere in arabo. Leggevano
le pagine in arabo e gli piacevano, si rendevano conto di cose che non sapevano,
come ad esempio lo stipendio del console del Marocco a Barcellona.
Quali relazioni avete avuto con il movimento di lotta degli immigrati?
È stata una relazione molto positiva: abbiamo preso parte al movimento
e incontrato gente molto ben disposta verso il giornale. Oltre al valore della
protesta è stato importante come momento di incontro. Ad esempio, abbiamo
conosciuto un ragazzo pakistano che ci ha risolto un problema importante, quello
di scrivere direttamente in urdu con la tastiera del computer. La casualità
è stata di uscire con il giornale proprio all'inizio del movimento, che
ha coinciso con l'entrata in vigore della nuova legge sull'immigrazione.
Il vostro lavoro al giornale è volontario?
Sì, non guadagniamo nulla, anzi, a volte siamo noi a metterci i soldi.
Qualcuno di voi ha qualifiche professionali nel campo giornalistico?
No, anche se molti di noi hanno fatto esperienza con mezzi di comunicazione
alternativi. Alcuni hanno delle conoscenze di grafica, ma anche in quel campo
siamo autodidatti. L'immagine è importante per il giornale perché
c'è molta gente che non sa leggere o ha delle difficoltà, per questo
cerchiamo di curare questo aspetto con immagini del quartiere, con gente di qui,
per favorire una relazione di prossimità.
Come funziona la redazione e la distribuzione della rivista?
C'è un'assemblea redazionale che si riunisce una volta alla settimana.
L'ultima settimana prima dell'uscita si trasforma quasi in una riunione continua.
Stiamo dibattendo molto sul tema "organizzazione": i primi due numeri
sono stati fatti di corsa e quindi ci siamo posti il problema di come coniugare
la velocità con il tempo necessario a discutere del giornale in assemblea,
senza delegare ad alcuni le decisioni. All'interno della stessa assemblea vi sono
differenti modi di vedere il giornale. Stiamo cercando inoltre di motivare alcuni
degli immigrati a partecipare in prima persona all'assemblea.
A livello economico il giornale si regge sugli spazi pubblicitari, che sono a
disposizione di realtà artigianali, commerciali e culturali presenti nel
quartiere ma cercando di mantenere una coerenza di fondo con lo spirito del giornale,
e quindi lasciando fuori le grandi imprese. Abbiamo dibattuto molto anche questo
tema, per vedere se c'erano altri modi di sovvenzionarci, ma per adesso continuiamo
in questa direzione. Di sicuro non ci interessano sovvenzioni di tipo istituzionale.
Entrare in contatto con le realtà che mettono la loro pubblicità
sul giornale in fondo è un altro modo ancora di creare relazioni nel quartiere:
si tratta di entità culturali socialmente impegnate, piccoli negozi, bar
di gente conosciuta sulla quale puoi contare
è sempre pubblicità,
ma con una componente etica e responsabile.
Lo distribuiamo a piedi, con un paio di carrettini, è gratis e lo lasciamo
prevalentemente in negozi e bar, coprendo tutto il quartiere, una zona discretamente
ampia.
Andrea Dilemmi
Nome
Masala
Periodicità mensile
Copie 10.000
Distribuzione gratuita
Città Barcellona
Zona Città Vecchia
Redazione assembleare
Recapito C/Aurora 23, baixos.
08001 Barcelona
Telefono 0039-93-4418029
e-mail masala@sindominio.net
sito web www.sindominio.net/masala
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