Dopo decenni che non si sentiva più
nemmeno il suono di queste parole, da un anno o poco più anarchici
e anarchia si aggirano nei media come ombre inquietanti di una
nuova eversione, di un terrorismo rinato. E oggi le evoca chi
ha bisogno di usare parole semplici e convincenti per pronosticare
disordine e disgrazia al tempo del G8.
Così che al sottoscritto si pone un problema che proprio pensava
gli dovesse essere risparmiato: riflettere sulla propria identità
e stare attento a come parla.
Visto che il sottoscritto si ritiene un libertario, un anarcoide,
forse anche un anarchico, anche se magari un anarchico all'acqua
di rose. E tutto si sente di essere tranne che un terrorista.
Ho pensato che fosse l'unico lusso che avrei potuto permettermi
per tutta la vita: l'orgoglio di sentirmi un libertario. E di
esserlo per quello che sono capace: nel retto esercizio del
libero pensiero. Nato in una terra, la provincia Apua, dove
l'Anarchia è un tratto genetico, prima ancora che un'idea politica,
sono cresciuto attraversando il Sessantotto, gli anni Settanta
e le restanti epoche fino ad oggi sentendo fortemente l'appartenenza
a quel modo di pensiero e quello stile di vita. Non ho mai aderito
a un'ideologia anarchica per la semplice ragione che l'Anarchia
non è riconducibile a una sistemazione ideologica: è un pensiero
che non si può normalizzare.
Quando da ragazzo ho chiesto ai vecchi anarchici del mio paese
cosa fosse l'Anarchia mi è stato risposto: l'Anarchia non si
può dire. Lì per lì la cosa non mi ha soddisfatto per niente,
avevo bisogno di certezze, allora, avevo necessità di semplificare:
ero un cucciolo desideroso di agire. Col tempo ho capito: l'idea
anarchica è irriducibile e a volte ineffabile e in qualche modo
assomiglia a ciò che apparentemente le sta più distante, a Dio,
a Javeh, al Dio inconoscibile e innominabile dei Giudei, dei
Cristiani e dei Mussulmani.
Una libertà radicale
Del resto l'Anarchia al pari di Iddio ha un'unica, irrisolta
domanda da fare agli uomini: siete capaci di farvi "nuovi",
abbastanza diversi da ciò che siete per assolvere finalmente
al mandato di responsabilità, di regalità, sulla vostra vita
e sulla vita dell'universo intero?
Umanità redenta per i cristiani, umanità nova per gli anarchici.
Questo è quello che so io dell'Anarchia, questa è la mia "anarchia".
E se qualcuno dovesse dirmi che così non va bene, non potrà
essere un anarchico a dirmelo: ucciderebbe il principio del
libero esercizio del pensiero. Se c'è una ragione alla diversità
insanabile e istintiva - fino all'odio mortale - che separa
le ideologie capitalistiche e comuniste che hanno dominato il
mondo dal pensiero anarchico, che non ha mai dominato niente,
sta proprio in questa libertà spirituale: una libertà radicale
che non può essere tollerata da nessun potere che si senta in
diritto di possedere la verità per conto di tutti. So questo
e so un'altra cosa.
Che il dovere di ogni buon anarchico è di sistemare una bomba
sotto il culo del Tiranno. L'assassinio del re tiranno è una
cosa seria e a onor del vero non l'hanno inventata gli anarchici.
Per gli antichi popoli latini era una necessità da disbrigare
con riti appropriati, per i greci una ineluttabilità tragica,
per i romani un dovere civile, per san Tommaso un atto encomiabile
esente da peccato. Non c'è popolo al mondo che non abbia i suoi
monumenti a perenne ricordo del tirannicida locale. Si, è così
e il monumento a Gaetano Bresci non è oggetto di folklore, ma
un'immagine appropriata della tragedia della Storia. Nulla da
obiettare dunque da un punto di vista morale, almeno, al tirannicidio.
Ma c'è un problema: che è dove è il Tiranno? Ai bei vecchi tempi
era chiaro. Tarquinio il Superbo, Giulio Cesare, Agamennone,
Hitler, erano lì, visibili, inconfondibili, immagine e corpo
della tirannia. Oggi, nell'Occidente almeno, la cosa è assai
più complicata e sbagliare la mira è fin troppo facile. Il Tiranno
s'è fatto incorporeo, al Tirannia è diventata metafora. Non
c'è uomo in tutto l'occidente che potrei in coscienza colpire
pensando di colpire il Tiranno. Se lo vedessi in Bush, tanto
perché si dice che sia l'uomo più potente della terra, sarei
prima stupido e poi ingenuo. Il vero Tiranno è sfuggente e polimorfo,
non sta da nessuna parte e sta ovunque; non c'è miccia buona
per lui, né esplosivo adatto.
Contro il PUL
Io personalmente do un nome al Tiranno della contemporaneità:
PUL, come dicono i sociologi. Il Pensiero Unico Liberale, quell'ideologia
che si è pappata tutte le ideologie e che dice al paragrafo
uno e unico del suo statuto: il Mercato è tutto e nessuno può
farci niente. Al Mercato ogni cosa è asservita: uomini, storia,
destini. La Tirannia Totale. Da libertario so che è mio dovere
far fuori il signor PUL. Come? Si combatte un pensiero con una
bomba? L'Unicità con i razzi? Un pensiero si combatte con il
Pensiero. La mia bomba sarà la mia capacità di avere idee più
forti dell'invincibile PUL. E le idee non fioriscono tra i vetri
infranti, non sono rafforzate dai copertoni incendiati, non
si esplicano nei riassunti murali. A mio modo, libero, di vedere
se oggi un libertario, un anarchico, ha un dovere ineluttabile
è quello di pensare, pensare bene, pensare assieme a quanti
più altri può. E agire di conseguenza del suo pensiero.
Il popolo di Seattle ha molta immagine e molta azione. Pensa
anche, ma non ha finito di farlo. La sua bomba, quella vera,
quella giusta contro mister PUL, non è ancora pronta, la sua
miccia è troppo corta.
Mentre i grandi saranno a Genova costretti a non pensare troppo
per non dilaniarsi tra loro, il popolo di Seattle può trovare
un buon posto per continuare a produrre pensiero a raffinarlo.
Tra questa gente ci saranno parecchi anarchici, pare. Bene.
Non li conosco che in minima parte, ma vorrei poterli distinguere
per l'acutezza delle loro idee, non per lo spessore dei loro
bastoni.
Del resto non ho dubbi: con l'esperienza millenaria che hanno
gli anarchici non possono sbagliare mira e sanno molto bene
che un bel po' di vetrine infrante è esattamente quello di cui
ha bisogno mister PUL per continuare a vantarsi di essere l'unico
che pensa.
Maurizio Maggiani
(da Il secolo XIX del 21.06.2001)
Le
foto
di questo dossier sono di Carlo Cattadori e sono state scattate
durante la Carovana verso Genova organizzata dalla cascina
autogestita Torchiera di Milano.
Partiti in venti da Milano, chi in bici, chi con altri mezzi,
ma accomunati dall'idea di trasformare il tragitto in "occasione
per raccontarci in terreni inesplorati, per portare con
voi la gente che conosceremo lungo la strada ... una carovana
verso Genova di libere e diverse soggettività, musicisti,
teatranti, giocolieri, artisti, pensatori e sognatori",
attraverso numerose tappe tra Voghera e Creto a Genova sono
arrivati in un'ottantina, dopo giorni di festosa condivisione
e comunicazione con le persone incontrate e anche con chi
ha deciso di proseguire assieme alla carovana. Ferrovieri
che salutavano con il fischio del treno, campeggiatori che
facevano la raccolta di pane e salame per chi aveva portato
musica e colori in paese, un viticoltore incantato dal mago
della carovana al punto di offrire da bere ai presenti...,
e anche se durante il tragitto non sono mancati momenti
di tensione con le forze dell'ordine, ma pur sempre alternati
a vigili che offrivano sigarette o partecipavano alle danze
in strada, la situazione era tale da credere impossibile
un'atmosfera da guerra civile come quella incontrata poi
a Genova il venerdì mattina.
Dal
volantino distribuito durante la carovana "riflessioni
a passo d'uomo":
... Siamo convinti che sia possibile costruire un mondo
dove le ricchezze passino attraverso la valorizzazione
delle differenze, la socialità come antidoto alla
competizione, il libero sviluppo delle specificità
di ogni popolo, gruppo e individuo il cui apporto risulta
insostituibile per una reale crescita collettiva.
Questa carovana che raggiunge con estrema calma Genova
vuole sottolineare l'importanza della comunicazione diretta
e del confronto con chi, noi per primi, subisce i meccanismi
innescati dalla globalizzazione partendo dalla riappropriazione
di un tempo e di un ritmo più compatibili con la
natura umana.
L'arte di strada (la pittura, la musica, il teatro, la
giocoleria ...) è il nostro modo per comunicare
le idee, i bisogni e i desideri che ci animano.
Tutto ciò caratterizzerà pertanto il procedere
della carovana, in netto contrasto con chi sa dipingerci
solo come "violenti sprangatori spaccatutto".
Il clima di festa che vogliamo creare non affievolisce
però la determinazione con cui rivendichiamo il
diritto ad esprimerci in ogni piazza, strada, vicolo o
carrugio e che nessun governo nazionale, continentale
o mondiale potrà mai negarci.
Fondamentale perciò è la nostra presenza
a Genova, ma ancora più importante è la
ricerca quotidiana di vie altre che ci conducano a una
qualità della vita più vicina a ciò
che pensiamo e sentiamo.
IL MONDO NON È IN VENDITA E NOI COMUNQUE NON LO
VOGLIAMO COMPRARE.
Cascina
Autogestita Torchiera Senzacqua
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