L'Italia è uno strano paese,
i cui abitanti sono strani amanti della libertà, che
prima si danno degli obblighi di civile convivenza, sicurezza
e legalità, e poi quasi ritengono odioso e degradante
rispettarli. Certo, per tutti gli uomini le limitazioni della
libertà sono fastidiose. Ma per gli italiani, come anche
per altri popoli mediterranei o comunque di origine latina,
le norme e i regolamenti sembrano essere particolarmente lesivi
della personalità individuale. Della propria, naturalmente,
perché di quella degli altri non ci preoccupiamo affatto.
L'obbligo di lenti durante la guida, il casco per i motociclisti,
le cinture di sicurezza, il tasso alcolico nel sangue durante
la guida medesima, e perfino il divieto di transito e quello
di sosta, è roba che riguarda gli altri, non noi. E questo,
per parlare solo del codice della strada. È evidente
che gli italiani si guardano bene dal pensare che gli uomini
sono tutti uguali, e certamente ritengono che la società
perfetta esiste già, se loro sono ricchi; oppure, per
colpa degli altri, è impossibile da realizzare, se ricchi
non sono. Ciò non fa di loro degli individualisti, bensì
semplicemente degli egoisti. Non quelli di Stirner, che convivono
tra eguali, ma quelli del mercato, che comprano e vendono cercando
di fottersi l'un l'altro e ritenendo sé stessi furbi
e gli altri polli.
Io ricordo con vivida chiarezza due insegnamenti di mio padre,
quasi del tutto opposti ai convincimenti degli italiani: il
primo sostiene che è certo che tutti gli uomini sono
uguali, e la riprova cruciale e inoppugnabile di ciò
si ha quando stanno seduti sul cesso. Il secondo afferma che
l'anarchia (la società perfetta) è possibile solo
per gli angeli. Il che non esclude che gli uomini possano un
giorno diventarlo, ma se consideriamo quanto siamo vicini alle
scimmie e quanto lontani dagli angeli, c'è da disperare
per tutti noi e per molte generazioni a venire, di vedere quel
giorno, data anche la lentezza con cui i nostri geni si riproducono
e mutano rispetto a quelli degli scarafaggi e dei topi. Per
non parlare della povera Drosophila melanogaster, meglio nota
come moscerino dell'aceto, a cui i cinici sperimentatori hanno
fatto perfino crescere delle ali al posto degli occhi, pur di
ottenere alla fine una cosa risibile come la mappa del genoma
umano, e per la sorte della quale nessun ambientalista e animalista
versa una lacrima, preferendo riservare la spremuta delle proprie
congiuntive a favore di cani e scimmie, notoriamente più
vicini all'uomo dal punto di vista genetico di quanto non sia
un volgare insetto. Misteri della democrazia animale!
Gli italiani sono democratici perché conviene a loro,
non per il bene del popolo. Quelli che sentite in giro invocare
l'uomo forte (ancora!) e il pugno duro, desiderano queste cose
per gli altri, e la piena libertà per sé, così
da potere fare indisturbati i fatti propri. In quest'ottica,
in questa interpretazione tutta mediterranea, la democrazia
è l'elevazione al quadrato della libertà, e l'anarchia
(chimera irraggiungibile e perciò odiata e temuta) l'elevazione
al cubo, lo status in cui ognuno può fare ciò
che più gli aggrada. Non dimenticherò mai la frase
di un caro amico, allora compagno di scuola al ginnasio, il
quale, vessato da non so più quale sopruso di chi, arringò
la classe dicendo: "Siamo in una repubblica democratica,
e ognuno fa quello che cazzo vuole!". Questo è il
motto dell'italiano, che ama la democrazia, ma che non esiterebbe
ad appoggiare qualunque colpo di stato, non appena i diritti
suoi si volgessero in doveri, o peggio, in diritti degli altri.
Questa versione della democrazia, questa istanza di salvaguardia
dei propri privilegi a danno di quelli degli altri, ancora una
volta ispira la campagna elettorale degli italiani. Nel tentativo
di vendere la propria immagine con gli stessi sistemi e meccanismi
(ma qualitativamente più ingenui) del mercato commerciale
e della sua anima pubblicitaria. Ogni candidato a questa o a
quella poltrona, impegnatissimo nel sostenere sé stesso
(dato il ricco aumento delle prebende di rappresentanza), lancia
una serie di due o tre parole positivamente valorizzate, del
tipo, tanto per trasceglierne una minima antologia, di : "dignità",
"onestà", "trasparenza", "pulizia",
ecc. Presenta sé stesso come la soluzione definitiva
e completa di tutti i mali che affliggono il pianeta, e, al
contempo, accusa la parte avversa di rappresentare la personificazione
di quello che Robin Williams, nel film "L'altro delitto"
di Kenneth Branagh, definiva "il sistema di rateazione
del karma: compri ora e paghi per sempre". Voi penserete
che l'elettore possa fare confusione, fra queste parole sempre
uguali e questi volti in primo piano o mezzibusti tutti uguali
(così uguali che uno potrebbe immaginarseli tutti seduti
sul cesso
). In realtà l'elettore non li degna di
uno sguardo. La stragrande maggioranza dell'elettorato, per
vari motivi che vanno, in ordine percentuale decrescente d'importanza,
dall'interesse personale alle scelte ideologiche, sa già
per chi votare ben prima che incominci l'inutile campagna elettorale,
sui tempi, le modalità e la correttezza della medesima
i media ci propinano un'ignobile manfrina dovuta alla solita
implicazione di cui abbiamo già parlato in merito alla
pubblicità commerciale, secondo la quale i consumatori
e nella fattispecie gli elettori (consumatori della merce politica),
sarebbero tanti cani di Pavlov, che potrebbero precipitarsi
salivando a votare per l'ultimo candidato che hanno visto in
televisione o per quello che hanno sentito parlare per più
tempo.
Gli italiani, mentre alcuni lustri fa votarono a favore della
legge sul divorzio e poi di quella sull'aborto, oggi vorrebbero
che si estraessero cellule staminali soltanto dagli pneumatici
rigenerati e che tutti diventassero donatori di organi (nel
malaugurato caso che ne avessero bisogno loro, di quegli organi)
magari presumendo il consenso di un morto senza familiari, che
in quanto tale dovrebbe assentire in silenzio; un morto che
per essere espiantato deve essere dichiarato morto per effetto
di una legge dello stato, ma che per motivi biologici deve donare
un organo vivo, perché un rene morto (cioè non
funzionante) non serve a niente. La semantica di stato vuole
che perché qualcuno ottenga un organo vivo qualcun altro
debba essere dichiarato morto. Qualcuno di voi sa dirmi con
certezza quand'è che qualcuno vivo diventa definitivamente
morto? Quando lo stabilisce la legge? Quando lo stabilisce la
biologia? Io, se avessi bisogno di un trapianto, forse preferirei
morire piuttosto che essere salvato da qualcuno che non aveva
mai detto di volermi salvare, per giunta nel ragionevole dubbio
che gli abbiano tolto l'organo mentre era ancora vivo. Mi sentirei
quasi colpevole di omicidio, come credo che si sentano le donne
che decidono di abortire, accompagnate da altrettanto ragionevoli
dubbi. Solo che l'aborto conviene alle donne e il feto è
nella condizione di silenzio-assenso. Solo che il trapianto
conviene ai malati
Ma guarda un po', i benpensanti, quanti
pesi e quante misure: il silenzio-assenso non va bene per l'aborto,
ma è perfetto per i trapianti. Esempio di logica democratica,
maggioritaria e proporzionale.
Ancora una volta gli italiani hanno votato. Lo hanno fatto tranquilli,
sereni, con le idee chiare. Senza nemmeno un ragionevole dubbio.
Non dovranno nemmeno essere perdonati, giacché sapevano
perfettamente quel che stavano facendo. E magari molti si saranno
portati via la matita copiativa, come nella canzone di Giorgio
Gaber.
Io no. Non ero tranquillo. Ed ero anche piuttosto confuso e
influenzato da tutti quei volti sorridenti e quei manifesti
colorati. Ebbene sì, compagni, perdonatemi. Anch'io sono
andato alle urne. Lo confesso. Ho votato alla camera per Gigi
D'Alessio e al senato per i Pooh.
Carlo E. Menga
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