Talebano?
Ma mi faccia il piacere...
Groucho: Ascolta, Ravelli, di cosa sei imputato. Questa
è bella.
Uno: schiamazzi notturni in Christopher Street.
Due: molestie ad una donna sulla Ventinovesima Strada.
Tre: rissa allincrocio tra Pine Street e Maple Street.
Quattro: proposte oscene ad una donna in Madison Avenue.
Cinque: resistenza a pubblico ufficiale in Lexington Avenue.
Sei: apprezzamenti offensivi su alcune donne in Palmer Street.
Sette: ubriachezza molesta a Brodway e Main Street.
Ravelli, hai qualcosa da dire a tua discolpa?
Chico: Altro che! I nomi delle strade sono tutti sbagliati!
Marx Brothers.
Sono grato a Francesco Berti per aver pubblicamente svelato
(in Talebani anarchici? No grazie, A 280)
i lati oscuri del mio essere anarco-fondamentalista.
Confesso di essermi alquanto stupito (leggendo il n. 279 della
rivista) del fatto che le uniche critiche che mi erano state
mosse erano riferite al titolo errato e ringrazio
Paolo Finzi per aver risposto in vece mia.
Francesco parte riconoscendo che cè solo
una cosa su cui concorda con me: il pluralismo anarchico.
È un buon inizio. Ma lì lo dice e lì lo
nega: Se, per esempio, un giorno esco di casa e stupro
una bambina, rivendicando questa azione come anarchica, è
chiaro che questo mio comportamento e questa mia rivendicazione
dappartenenza non fanno di me un anarchico.
A Genova, durante il G8, nessuno (anarchico o meno) ha stuprato
bambine. Anzi, a memoria duomo non è mai successo
che lautore di un atto tanto ignobile labbia mai
rivendicato come anarchico. Vi sono numerosissime azioni esecrabili,
oltre questa citata, come torturare esseri umani o animali,
avvelenare lacqua potabile, bastonare le vecchiette, ecc
che ripugnano non solo alla morale anarchica ma anche a quella
di tutti coloro che siano dotati di un minimo di coscienza civile.
Nel caso nostro il discrimine dovrebbe essere posto solo
da vetrine rotte, cassonetti rovesciati, automobili date
alle fiamme. Questo è successo a Genova, ed è
solo su questo che si deve dissertare.
Che cavolo centra Emile Henry, autore di un gesto discutibile
commesso più di centanni fa, in unepoca in
cui la borghesia era colpevole di tali e tante ignominie, come
il bagno di sangue con cui circa ventanni prima era stata
repressa la Comune di Parigi, al cui confronto la bomba al caffè
Terminus scompare come una goccia nel mare?
Francesco rivendica il diritto di rifiutare certe posizioni
e metodi in cui non si riconosce e di invitare gli altri anarchici
a fare altrettanto. E chi glielo nega? Se questo è il
senso esatto dellaffermazione fare piazza pulita,
non ho difficoltà alcuna ad ammettere che nella foga
polemica ho provocatoriamente forzato il significato
di tale enunciazione. Come nessun anarchico ha il potere
di decretare chi sono i veri anarchici, allo stesso modo altri
anarchici non possono, né con prese di posizioni politiche
né con azioni, rappresentare tutti gli altri, compresi
quelli che non le condividono.
A questo punto, io e Francesco, potremmo anche essere daccordo
sebbene su posizioni distanti e separarci da buoni
amici, ognuno per la propria strada, ma Francesco nel, come
si suole dire, farmi le pulci mi mette in bocca
affermazioni che io non mi sono mai sognato di fare e sono quindi
costretto ad intervenire nuovamente.
Non ho mai detto che tirare i sassi agli sbirri sia un semplice
gesto di autodifesa, frase, questa, che era riferita
unicamente al volto coperto e non ai sassi. Le
parole hanno un senso solo se le si legge con la dovuta
attenzione. Sebbene io sia convinto, come Malatesta, che Lo
schiavo è sempre in istato di legittima difesa,
non è assolutamente mia intenzione coprire la
verità, tanto che oltre a citare Errico (lattacco
è il più valido mezzo di difesa) ho
parlato chiaramente di scelte di attacco e di scontro.
Sul volto coperto mi sono già spiegato abbondantemente.
Non so se Francesco è al corrente che da qualche anno
a questa parte la tecnologia ha fatto passi da gigante e siamo
tutti costantemente ripresi da videocamere, 24 ore su 24: in
strada, in banca, negli uffici, al supermercato, in tribunale,
alle manifestazioni
e allora cosa dovrebbe fare chi vuole
compiere un gesto illegale? Andare a viso scoperto e farsi arrestare
subito dopo? Solo perché Gaetano Bresci così fece?
Ognuno fa le proprie scelte.
Visto che lo citi, caro Francesco, sarei proprio curioso di
leggere cosa scriveresti nel caso che, oggi, un anarchico, a
viso aperto, alla Bresci, sopprimesse un capo di Stato. Senzaltro
diresti che non ti riconosci in questa azione e che queste cose
andavano bene forse centanni fa e oggi non
hanno più senso, ma allora spiegami perché la
tradizione (il volto scoperto) ti va bene solo quando ti serve
come artifizio dialettico?
Andare in giro incappucciati e armati di spranghe fa
pensare ad una formazione paramilitare piuttosto che a un gruppo
di persone che, se anarchiche, dovrebbero riconoscersi in valori
antimilitaristi. Ma lo sai come, almeno fino allavvento
del fascismo, andavano alle manifestazioni gli anarchici? Con
in tasca la rivoltella e le bombe a mano. E le usavano anche.
Leggiti i rapporti di polizia e le cronache sui quotidiani dellepoca
e scoprirai che al confronto i terribili Black Bloc ti sembreranno
degli allegri boy-scouts in gita domenicale.
Quando parlo di Agnoletti e Casarini, furenti per non
essere stati in grado di controllare un movimento che non gli
appartiene, se le parole hanno un senso,
voglio dire che essi non sono i detentori del movimento nella
sua totalità, non che loro non sono parte del movimento.
So benissimo, e non intendo certo negarlo, che il GSF (beccando
cospicui finanziamenti da quello stesso governo che intendeva
contestare) è riuscito a mobilitare una gran massa di
persone, ma so anche che Agnoletto e Casarini non solo non sono
stati in grado di tenere sotto controllo gli incontrolados
del blocco nero ma nemmeno i loro adepti. Te lo dico per esperienza
diretta.
Il giorno della morte di Giuliani mi sono trovato nei pressi
del sottopassaggio della stazione Brignole proprio quando dallo
stadio Carlini giungevano le tute bianche che (contrariamente
agli accordi precedentemente presi per cui avrebbero dovuto
rappresentare, insieme alla sbirraglia, solo una performance
della rivolta) sono state duramente attaccate dalla polizia.
In quel momento il Black Bloc si era frantumato in mille rivoli
per praticare le proprie azioni di distruzione dei simboli del
potere, e allora chi credi che abbia mentre il grosso
del corteo rinculava verso il Carlini reagito alle cariche,
eretto le barricate, dato fuoco al blindato dei carabinieri
e continuato gli scontri nelle vie adiacenti dove è stato
assassinato Carlo? Proprio i partecipanti al corteo del GSF
che non avevano nessuna intenzione di farsi massacrare senza
opporre alcuna difesa per permettere che i dirigenti del Social
Forum continuassero i loro teneri tête-a-tête
con le autorità! Poi, nei loro comunicati, Casarini e
Agnoletto hanno addossato ogni responsabilità agli anarchici
del BB, quando le stesse riprese e fotografie degli scontri
in piazza Alimonda dimostrano che nessuno dei manifestanti era
vestito di nero e che sia Carlo che gli stessi che poi si sono
costituiti ai magistrati non solo non erano anarchici, ma frequentavano
centri sociali vicini al GSF. Per questo, lho detto e
lo ripeto, la rivolta non era opera di una piccola minoranza
e la responsabilità del blocco nero sulla generalità
degli scontri delle giornate di Genova pur essendo senza
dubbio questultimo presente e attivo è stata
uninvenzione mediatica che ha fatto comodo a tutti i politicanti.
Quando nel mio articolo accuso i redattori di A
di non comprendere le dinamiche sociali della rivolta
(magistralmente espresse da Bakunin), di quel momento magico
in cui anche quelli che sino al giorno prima non si interessavano
alle idee rivoluzionarie prendono improvvisamente coscienza
e si mettono in gioco, sino a lasciarci la pelle è
chiaro che sono parole mie e non scritte da Bakunin poiché
quando cito qualcuno lo dico chiaramente. Con questa espressione
(le dinamiche sociali della rivolta, magistralmente espresse
da Bakunin) intendo dire che tali mie convinzioni derivano
soprattutto dai profondi e ormai radicati sedimenti delle letture
giovanili di uno dei padri fondatori (lo uso in
senso ironico non ci fare sopra un romanzo) dellanarchismo.
La guerra civile, così erosiva del potere dello
Stato, è al contrario, e proprio per questa ragione,
sempre favorevole al risveglio delliniziativa popolare
e degli interessi intellettuali, morali e anche materiali del
popolino. questo lo dice Michele in persona
E ciò per questa semplicissima ragione: la guerra civile
scuote le masse dallo stato di pecore, condizione cara a tutti
i governi, condizione che trasforma i popoli in greggi da utilizzare
secondo piacimento dei loro pastori. La guerra civile rompe
la brutalizzante monotonia dellesistenza quotidiana e
ferma quella meccanica routine che priva gli uomini del pensiero
creativo.
Senza dubbio non ho le capacità espressive del grande
vecchio (anche questo è ironico) ma erano questi
i concetti che volevo esprimere. Probabilmente anche Bakunin
sembra identificare, nel brano citato, il
ribellismo con lanarchismo ma io sono daccordo
con lui, perché penso che negli ultimi tempi è
capitato spesso che moltitudini incoscienti e ribelli si siano
dimostrate più anarchiche di molti anarchici
con tanto di curriculum e pedigree.
Ma quello cha turba fa paura e disgusto insieme,
fa ribrezzo perché contiene un disprezzo, che
giudic[a] vergognoso, per la vita umana a Francesco
è la frase che conclude il periodo: si mettono
in gioco sino a lasciarci la pelle, la quale
a suo dire sembra il pensiero di un talebano,
manifestazione di puro fanatismo, di necrofilia
mistica ed estetizzante.
Non ci trovo niente di magico scrive
nel fatto che un individuo si immoli per la causa sino a
lasciarci la pelle. Mi pare una cosa tragica, molto tragica.
Ti sembrerà strano, Francesco, ma sono perfettamente
e al cento per cento daccordo con te. Lungi da me qualsiasi
apologia del martirio. Non sono andato a Genova a cercar
la bella morte come i volontari di Salò, né
sulla mia bandiera ho ricamato Viva la Muerte
come i falangisti. Io considero magico il tempo
della rivolta non le sue tragiche seppur inevitabili conseguenze.
Per chiarirti ulteriormente il mio pensiero voglio citarti il
brano di unintervista ad un altro talebano, Maurizio Garino,
anarchico e organizzatore sindacale, riferito ai moti torinesi
contro la guerra del 1917.
E naturalmente lesercito è intervenuto,
abbiamo fatto le barricate, conflitti su conflitti, morti e
feriti e tutto quello che avviene in queste circostanze. [
]
Eravamo centinaia di giovani, tanti giovani, apolitici, o almeno
apparentemente apolitici, e allimprovviso me li sono trovati
tutti intorno, a centinaia! E sono stati loro i primi. [
]
e ti stupivano, o almeno una parte di loro, che nel momento
decisivo hanno affrontato il pericolo, e che hanno spinto addirittura
avanti gli altri. Un certo Bonaglia, per esempio noi
lo chiamavamo Censin, Vincenzo Bonaglia viveva con una
donna da marciapiede, una povera ragazza che a me faceva più
pietà che altro
era un po sbandato. Uno che
non ci avresti fatto nessun affidamento. Eppure a un certo punto
me lo trovo di fianco, nel pieno della lotta, e mi dico:
Come mai? Questa gente dovrebbe essere fuori da queste cose
Eppure nei momenti decisivi te li ritrovi al fianco. Un altro,
noi lo chiamavamo Toni l Munch [il Monco, ndr], che aveva
perso un braccio lavorando. È stato ucciso in un conflitto
con i carabinieri. Mai interessato di politica...
Per Francesco invece probabilmente costoro feccia erano e feccia
rimangono, io invece li considero miei compagni. Forse a causa
della mia sensibilità delicata.
E gli esempi potrebbero continuare, poiché il fenomeno
si ripresenta puntuale ogni volta che lorologio della
storia si ferma, per un attimo per qualche ora o giorni o mesi
durante cui la rivolta spezza il tempo mitico dello Stato. Si
pensi agli scugnizzi durante le giornate di Napoli, non credo
che dei laceri vagabondi affamati di dodici, tredici, quattordici
anni al massimo, potessero avere acquisito una coscienza antifascista.
Una coscienza tale da farli divenire critici.
Eppure numerosi di loro sono morti sparando contro gli aggressori
nazisti o gettando una bomba tra i cingoli di un carro armato.
E non si può rischiare la vita per una causa se non si
è intimamente convinti (anche se in modo istintivo, confuso,
irrazionale) della sua validità. Questo, e solo questo,
io considero come momento magico in cui anche quelli
che sino al giorno prima non si interessavano alle idee rivoluzionarie
prendono improvvisamente coscienza e si mettono in gioco, sino
a lasciarci la pelle.
La frase finale del mio articolo Oggi come ieri. A
Genova hanno parlato i fatti. Gli anarchici (non tutti,
purtroppo) sono stati presenti in piazza, col popolo insorto,
con i giovani in azione, da te Francesco, ascritta
a una visione mistica (quella necrofila
ed estetizzante), non è parto della mia fantasia
ma una ripresa dellarticolo di Umberto Marzocchi sui fatti
di Genova del 1960 da me citato qualche riga più sopra,
ennesima riprova questa del fatto che ti sei buttato
a rotta di collo ad inveire contro di me senza nemmeno leggere
con attenzione le mie argomentazioni.
Per quel che mi riguarda non uso un linguaggio come quello di
Umberto perché appartengo ad unaltra generazione
e mi trovo ad operare in un diverso contesto storico; oltre
non condividere mistiche necrofile ed estetizzanti di
alcun tipo, non sono fautore né di una visione mistica
del popolo insorto né nutro un disprezzo da superuomo
per le masse asservite; non me ne frego di quello che pensa
la gente comune, anzi mi interessa moltissimo, ma non sono
disposto a seguire le masse fino a gridare Duce! A Noi!
sotto il balcone di piazza Venezia. Sono sempre e comunque dalla
parte di Lucetti, Schirru, Sbardellotto, anche se probabilmente
i loro sfortunati tentativi non sono stati compresi dalla gente
comune.
La conclusione dellarticolo di Berti secondo cui i giovani
turbolenti vestiti di nero sostanzialmente non sarebbero anarchici
bensì gruppuscoli di guerriglieri metropolitani
che Oggi si firmano con la A cerchiata, ieri con la
sigla autonomia operaia, domani con unaltra sigla. È
una moda, come tante è lespressione di
una concezione dellanarchismo libresca e salottiera che
non riesce nemmeno a sbirciare fuori dalla finestra della propria
torre davorio.
Caro Francesco, ho la netta sensazione che, poiché non
sei riuscito a dimostrare (se non ricorrendo a improponibili
paradossi come lo stupro di bambine) la mancanza di coerenza
tra mezzi e fini dei giovani del blocco nero, tu voglia alla
fine cercare di sminuire la loro identità con unanalisi
che si basa più su una tua irrazionale epidermica avversione
nei loro confronti che su elementi di fatto. Lautonomia
operaia a cui ti riferisci ha operato a cavallo degli anni
Settanta/Ottanta da cui ci separano almeno due lustri. A quellepoca
la maggior parte degli odierni Black Bloc andava alle elementari,
come puoi accusarli di trasformismo? E poi come puoi parlare
di moda per definire un fenomeno che, persino secondo i tuoi
riferimenti, si protrae da più di venticinque anni? Se
ribellarsi è di moda, meno male che almeno si tratta
di una moda duratura e non passeggera.
Del resto un approccio simile al tuo, purtroppo, lo si può
trovare anche nella storia passata del nostro movimento:
Alle Causeries Populaires si riunivano tutti coloro
che coprivano la loro vita di espedienti con letichetta
anarchica. scriveva allinizio del secolo lanarchico
francese Jean Grave riferendosi ad altri anarchici diversi da
lui [
] Libertad mi mandava dei suoi accoliti
ad acquistare degli opuscoli. A lui, avevo rifiutato di venderne.
Sporchi, con gli abiti a brandelli, irsuti, mal pettinati. Non
potendo domandare documenti didentità, consegnavo
loro quel che mi chiedevano. Per pagare tuffavano le mani nelle
tasche e le tiravano fuori piene di soldi, monete dargento
e doro mescolate insieme. Suppongo che fossero i proventi
di operazioni fruttuose.
Questo è un esempio classico di polemica basata più
sul pregiudizio che sulle idee. Eppure Grave è un propagandista
colto e preparato, i suoi scritti, ancora oggi, si leggono con
un certo piacere, mentre Albert Libertad appare rozzo e taglia
le parole con laccetta. Grave, in seguito, sarà
coinvolto nel delirio guerraiuolo e prenderà una posizione
interventista mentre Libertad morirà tragicamente per
le conseguenze di un pestaggio degli sbirri con cui si era scontrato
pur essendo semiparalitico. Una vita estremamente coerente.
Eppure entrambi, sia Grave che Libertad, occupano un loro posto
nella storia dellanarchismo.
Questo per significare che non esistono affatto, come afferma
Francesco, due modi di intendere lanarchismo
che hanno in comune solo il nome. Al contrario
esistono infiniti anarchismi e tutti, nonostante le differenze
abissali, hanno in comune molto più che il nome. Nessun
tipo di anarchismo può avere la presunzione di poter
fare a meno degli altri. Malatesta era organizzatore, Galleani
no. La concezione del primo portava sul tappeto il problema
della necessità e dellurgenza di unorganizzazione
libertaria in vista di una prossima rivoluzione, quella del
secondo era un continuo monito contro i pericoli della burocratizzazione,
sempre presenti anche nellorganizzazione più libertaria.
Entrambe le tendenze, pur avversandosi, erano complementari
una allaltra e hanno impedito deviazioni ed eccessi nelluno
e nellaltro campo. Per questo, caro Francesco,
pur dissentendo in maniera profonda io ho bisogno anche
di te e di quelli che sono a te affini per temperare il mio
fondamentalismo e credo che in fondo anche tu abbia
bisogno di altri diversi da te per confrontare le tue certezze,
per riuscire veramente ad essere, come tu affermi, critici
di tutto, anche, anzi, in primo luogo delle proprie
idee.
Questo io credo che sia veramente il pluralismo sempre
da tutti proclamato ma mai messo in pratica non un fare
finta di niente in nome del volemmose bbene, bensì
un confronto continuo, un incessante arricchimento collettivo,
e anche nel corso di unaccesa polemica un
rispetto reale e reciproco dellaltrui diversità.
Non si può proclamare il pluralismo e al tempo stesso
porre barriere discriminanti senza poi riuscire (se non per
mezzo di acrobatiche argomentazioni dialettiche che crollano
al primo soffio) a dimostrare che i discriminati non sono veri
anarchici.
Il punto vero, affermi, è
stabilire se quelle azioni siano giuste e utili, non se siano
anarchiche. Ma se il giusto rientra nella sfera
delletica ed è universale (nessun anarchico dovrebbe
mai compiere azioni ritenute ingiuste) lutile riguarda
esclusivamente la politica ed è un concetto soggettivo.
Cè chi ritiene utile fare una propaganda culturale
volta a trasformare la coscienza della gente, chi ritiene utile
organizzare in modo libertario la lotta di classe, chi ritiene
utile riunirsi in comunità e autogestire la propria esistenza,
chi ritiene utile la guerriglia urbana, chi ritiene utile rapinare
le banche
Come vedi, è un serpente che si morde
la coda. Lo ripeto ancora una volta. Non confondiamo letica
con la politica.
Tobia Imperato
(Torino)
I testi da me citati si possono trovare in Fratelli Marx, Legali
da legare Testi inediti dei più celebri show radiofonici,
a cura di Michael Barson, Bompiani, Milano, 1989. Michail Bakunin,
Libertà, uguaglianza, rivoluzione Scritti scelti
del grande rivoluzionario anarchico, a cura di Sam Dolgoff,
Antistato, Milano, 1976. Marco Revelli, Maurizio Garino;
storia di un anarchico, Mezzosecolo, n. 4, Torino,
Annali 1980-82. Valerio Evangelisti, Sinistre eretiche
Dalla banda Bonnot al Sandinismo 1905-1984, Sugarco Edizioni,
Milano, 1985. Albert Libertad, Il culto della carogna e altri
testi tratti da LAnarchie, Edizioni Anarchismo,
Catania, 1981.
Un
anticorpo contro il potere
Cari amici,
grazie ad amici romani, anche a dispetto della distanza (scrivo
da Melbourne) ho avuto una copia del CD-numero straordinario
di A dedicato a Fabrizio De André.
Ascoltare quelle parole (alcune delle quali, oltretutto, già
sentite durante qualche concerto romano), risentire quella voce
indimenticabile, è stato davvero emozionante.
Dopo Signora Libertà, Signorina Anarchia,
che era già una cosa molto bella e molto ben fatta, ecco
arrivare questo gioiello, che ricorda il nostro Fabrizio, senza
retorica e con grande passione.
Complimenti davvero.
Non credo che esista al momento nessunaltro in Italia
che sappia parlare di De André come lo fa A,
con autorità, competenza, simpatia e senza furbizia.
Molti scrivono e parlano e fanno vuota retorica e trasformano
in un vuoto mito nazionale, una specie di vate, un cantautore
che non voleva assolutamente essere un mito. Uno che diceva
che lartista deve essere lanticorpo che la società
si crea contro il potere.
Insomma grazie a voi di A, per i vostri gioielli.
Per me, che a otto anni cantavo Bocca di Rosa e la Guerra
di Piero e sono praticamente cresciuto con De André,
che mi sono emozionato con la sua voce, ho riflettuto allombra
delle sue canzoni e ho molto imparato da lui, è moltissimo.
Qui in Australia, grazie al lavoro che faccio, ho avuto occasione
di parlarne molto alla radio e anche alluniversità,
presentando molte canzoni e sottolineando sempre le tematiche
libertarie e antimilitariste e lansia di giustizia per
gli emarginati.
Certamente troverò prima o poi il modo di presentare
anche il vostro CD e mandare in onda qualche pezzo. e fra questi,
certamente, anche il bel pezzo de I carbonari, che
io stesso non avevo mai sentito.
Un caro saluto.
Renzo Sabatini
(Melbourne Australia)
I
nostri fondi neri
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Sottoscrizioni.
Angelo Andreozzi (Roma), 30,00; Franco Santilli (Perugia),
10,00; Matteo Nicolini (Cavi di Lavagna), 10,00; Enzo
Francia (Imola), 20,00; Lorenza Tommasini (Monza),
20,00; a/m Settimio Pretelli, Antonio Tarasconi (Rimini),
10,00; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Marina Soldati,
500,00; Mirco Baratto (Bigolino), 20,00; Alessandro
Becchis (La Loggia), 20,00; Claudio Topputi (Milano),
50,00; Alberto Masala (Bologna), 30,00; Roberto Colombo
(Magenta), 2,00; Rocco Tannoia (Settimo Milanese),
4,00; a/m Reinhold Kohl, raccolti durante liniziativa
Signora libertà, signorina anarchia
il 5-6 aprile (Carrara), 250,00; Fernanda Pivano (Milano),
30,00; Associazione culturale Attilio Bortolotti,
3.316,52; Mauro Marino (Marcianise), 20,00; Ivana
Avoni (Bologna), 10,00.
Totale euro 4.352,52.
Abbonamenti sostenitori.
Massimo Bianchi (Codognè), 100,00; Zelinda
Carloni (Roma), 100,00; Fabrizia Golinelli (Modena),
100,00.
Totale euro 300,00.
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