Il fenomeno che sto per descrivervi
è sotto gli occhi di tutti, ma sembra che nessuno sia
in grado di percepirlo compiutamente e decifrarlo correttamente
nei suoi aspetti più inquietanti. Parlo di quella sorta
di stato di ipnosi in cui versa lopinione pubblica in
virtù del quale ogni messaggio lanciato dal potere, diligentemente
ampliato e capillarmente diffuso dai suoi organi di informazione,
viene immediatamente e acriticamente metabolizzato e assunto
come verità incontrovertibile sulla quale è inutile
ogni ulteriore discussione.
Per spiegarmi con un esempio: il termine terrorismo
è puntualmente evocato ogni qual volta qualcuno
sia esso uno stato, unorganizzazione combattente o anche
dei semplici cittadini dissidenti, si mette di traverso sui
percorsi che il potere intende seguire. Basti pensare ai ceceni,
fatti passare collettivamente come terroristi perché
si oppongono al regime centrale di Mosca e lottano per la loro
identità nazionale. Oppure ai talebani (e allo stesso
Bin Laden), appoggiati e finanziati dallOccidente in chiave
antisovietica (e quindi dalla parte dei buoni),
poi additati come esponenti del Regno del Male quando hanno
cambiato schieramento. Potremmo continuare a lungo, ma, in questa
sede, il preambolo serve soltanto per introdurre due temi i
cui assunti, assolutizzati dal sistema, costituiscono la premessa
per interpretare a senso unico e trionfalistico gli avvenimenti.
Le telefonate negate
Il primo di questi temi è la grande prova di maturità
politica che sarebbe stata fornita dallEuropa nella vicenda
dei tredici palestinesi estradati dalla Chiesa della Natività
di Betlemme prima a Cipro e poi distribuiti in alcuni paesi
del vecchio continente che, per varie ragioni, non hanno potuto
tirarsi indietro. La telenovela non avrebbe potuto avere un
inizio più infelice, che, con buona approssimazione,
può così ricostruirsi.
Ad un certo momento, da un censimento fatto dai frati della
Chiesa della Natività, risultò che gli irriducibili
tra gli ospiti del convento erano questi tredici palestinesi
che, per ciò, costituivano un impedimento alla soluzione
pacifica dellassedio israeliano. La Santa Sede decide,
così, di intervenire presso la Casa Bianca, anzi, direttamente
con Bush, il quale, perentorio comè quando si tratta
di imporre le ragioni americane sui paesi satelliti, decide
seduta stante che la strada più semplice da percorrere
è quella di fornire ai palestinesi incriminati un foglio
di via per lItalia, paese notoriamente accondiscendente
e assai sensibile alle sollecitazioni del potente alleato a
stelle e a strisce. A questo punto il cardinal Sodano alza la
cornetta del telefono e chiama Andreotti, suo interlocutore
privilegiato per i rapporti con lItalia, esponendo il
problema e prospettandone la soluzione. Andreotti dice che si
può fare e, a sua volta, solleva la cornetta del telefono
per chiamare Scajola. Nel frattempo, però, la notizia
della destinazione in Italia dei palestinesi trapela e spiazza
tutti. Il governo italiano dice di non saperne niente, la Santa
Sede nega che vi siano stati contatti con Berlusconi e compagni.
Lunica cosa assodata è che, per decisione americana,
lItalia deve dare ospitalità agli esuli involontari.
Sin qui, non mi pare ci siano motivi di particolare soddisfazione
per nessuno dei protagonisti della vicenda, anzi si può
dire che tutti ci facciano una figura barbina. Ma le cose, per
limmagine di unEuropa coesa, andranno ancora peggio
nellevoluzione dei fatti sin qui narrati.
Per cavarsi dimpaccio ed evitare la figura di chi è
succube senza remissioni delle imposizioni americane, Berlusconi
interpella gli amici su cui può contare in Europa per
ottenere con urgenza la convocazione del consiglio dellUE,
nel tentativo di coinvolgere i Quindici nellintricata
vicenda, sostenendo che ospitare per un tempo limitato un guerrigliero
palestinese, per quanto pericoloso, non provocherebbe eccessivo
scompiglio per nessuno dei paesi membri, mentre, politicamente,
rilancerebbe il ruolo dellEuropa nellopera di mediazione
per la soluzione del conflitto arabo-israeliano.
Il discorso sembrava sensato e, di conseguenza, si decide di
aprire subito le trattative per ottenere lassenso degli
altri partners. Ma qui sorgono i problemi veri, quelli che derivano
da una visione ottimistica dellunione europea. Le due
nazioni più influenti di tale unione, Francia e Germania,
si chiamano subito fuori, accampando pretestuose scadenze elettorali
e alla loro indisponibilità si aggiunge quella dellInghilterra.
Svezia, Danimarca e Norvegia glissano, mentre la Finlandia prima
si dichiara disponibile poi fa marcia indietro. Il Belgio, dal
canto suo, dice che vuole rifletterci e che deciderà
quando sarà stabilito lo statuto degli esuli, cioè
quando sarà definito lo stato giuridico che i palestinesi
assumeranno durante la loro permanenza nei paesi ospitanti.
Più divisa che mai
Lesito finale di questa vicenda, ritenuta esaltante da
quasi tutta la stampa nostrana, è il seguente: dei quindici
membri dellUE, soltanto sei accetteranno di ospitare i
palestinesi e precisamente: lItalia (3), la Spagna (3),
la Grecia (2), lIrlanda (2), il Portogallo (1) e il Belgio
(1). La destinazione del tredicesimo, esule, ricoverato in un
ospedale di Cipro, sarà decisa in seguito. Gli altri
nove stati dellUnione dichiareranno esplicitamente la
loro assoluta indisponibilità a contribuire in qualsiasi
misura alla soluzione del problema. Se la cavi come può
chi, direttamente o indirettamente, per volontà propria
o imposizione daltri, sè lasciato coinvolgere
A me pare ma io non faccio testo che il dato politico
più rilevante che emerge dai fatti narrati sia la ratifica
di unEuropa più divisa che mai e, a leggere bene
i termini della soluzione adottata, listituzionalizzazione
di una sorta di gerarchia tra gli stati membri che stabilisce
a priori, una volta per tutte, chi conta di più e chi
conta di meno, con la consequenziale ripartizione dei compiti
secondo una scala di valori che va dallo stato portatore
dacqua, al quale si rifileranno tutte le grane con
scarsi vantaggi, alle nazioni privilegiate, cui andranno i benefici
maggiori dellUnione.
Se così è, la diplomazia di casa nostra può
ben vantarsi di aver trovato per lItalia di Berlusconi
una collocazione adeguata al suo rango, nellultimo gradino
della scala di cui si parlava.
Si può andar fieri di ciò? Sembra di sì,
a giudicare da come i portavoce del governo, lo stesso Berlusconi
e la stragrande maggioranza dei media hanno rappresentato agli
italiani il succedersi degli avvenimenti.
Dopo la caduta del Muro
Laltra definizione che sembra indiscutibile per la stragrande
maggioranza dei commentatori politici italiani è la portata
storica del trattato di Pratica di Mare, che sancisce la collaborazione
tra la Russia e la NATO. Io ritengo che di storico, in questo
avvenimento, ci sia solo luso degli strumenti mediatici
chiamati ad inventare contenuti ad un evento certamente spettacolare,
ma che di contenuti è assai carente.
Vediamo di vederci un po più chiaro.
Dopo la caduta del muro di Berlino, il collasso del sistema
sovietico, limplosione del Patto di Varsavia, la NATO
si è trovata al limite della cassa integrazione. I nemici
per fronteggiare i quali era stata creata erano improvvisamente
svaniti e lorizzonte era popolato di alleati potenziali
sui quali era inutile spiegare la potenza militare accumulata.
In verità erano in molti a chiedersi a cosa avrebbe potuto
servire una struttura militare così imponente in assenza
di un analogo fronte avverso, schierato secondo i canoni della
più consolidata ma obsoleta strategia militare.
Ma le risposte a questi quesiti erano state tutte interlocutorie,
nel senso che alcuni, non sapendo come schierarsi, eludevano
il problema in attesa degli eventi (la sinistra italiana era
in prima fila in questo schieramento), altri speravano tanto
che, prima o poi, un nemico qualsiasi, a buon prezzo, si profilasse
allorizzonte e giustificasse le immense risorse che la
NATO assorbiva, con sommo gaudio per lindustria bellica
internazionale. I crolli dell11 settembre e limmediata
invenzione di un terrorismo planetario hanno giuocato in favore
dei fautori della sopravvivenza non solo della NATO, ma del
rilancio di quel progetto di scudo spaziale che non si capisce
chi dovrebbe proteggere e contro chi sarebbe destinato ad elevarsi.
Ma, come è ovvio, immobili non si poteva restare, bisognava
in qualche modo mostrare allopinione pubblica mondiale
che un processo di rinnovamento fosse in corso. Ed ecco emergere
la possibilità, anzi, lopportunità di un
suo allargamento, intanto ai paesi satelliti dellex Unione
Sovietica, ma senza alcuna chiusura verso altri pretendenti.
Con la Russia risorta dopo la fine della guerra fredda, da anni
era invalsa la pratica di consultazioni sistematiche sulle questioni
che, in qualche modo, investissero gli assetti geopolitici mondiali,
soprattutto per non pregiudicare la prospettiva dei buoni affari
che loccidente si propone di realizzare in un mercato
tanto appetibile. Lavere ratificato in uno scenario tanto
spettacolare una consuetudine consolidata senza nulla aggiungere
di nuovo, anzi, sottolineando esplicitamente, con la negazione
del diritto di veto, la diffidenza verso la nuova contraente
e la sua collocazione ai margini dellorganizzazione militare,
non mi pare possa essere spacciato per grande evento diplomatico.
Probabilmente alla Russia sta bene così. Un suo ingresso
|