Il libertario intollerante, Marcello
Bernardi, ci lasciava più di un anno fa, ma con lui non
se ne sono andati i suoi preziosi insegnamenti che ci ha trasmesso
in tanti anni di straordinaria professionalità e dedizione
alla causa dei più piccoli.
Medico pediatra e specialista della crescita è stato
uno dei pochi a coniugare nel suo lavoro il rigore della scienza
con la sensibilità sociale per leducazione, ben
comprendendo che non vi può essere una scienza dello
sviluppo infantile avulsa dal contesto sociale e culturale e
che pertanto leducazione assume un ruolo fondamentale
in tutto ciò.
E i suoi insegnamenti, le sue provocazioni, le sue
dissacrazioni dei luoghi comuni, lo hanno sempre tenuto in una
posizione controcorrente rispetto ai tanti problemi educativi
che ogni essere umano sviluppa fin dalla nascita.
Come non ricordare, ad esempio, la sua pressoché solitaria
battaglia a favore di uneducazione sessuale basata sulla
libertà da ogni impostazione sessuofobica che ha determinato
e determina tuttora la formazione di personalità infelici
e frustrate quando invece leducazione deve preoccuparsi
di permettere ad ogni essere umano di perseguire il massimo
di felicità possibile.
Il suo pensiero provocatorio ha sempre espresso una giusta intolleranza
nei confronti di tante conclamate certezze e tante
rigide verità.
Il suo essere di parte, dalla parte dei bambini, gli ha permesso
di capovolgere molti stereotipi che reggono limpalcatura
di una pedagogia autoritaria e al contempo permissiva (due facce
di una stessa medaglia) aiutando più di una generazione
a riorientarsi rispetto ad una cultura sociale solo apparentemente
attenta ai bisogni dellinfanzia, in realtà estremamente
condizionante e tuttaltro che liberatrice delle sue vere
potenzialità.
Non negare la diversità
Per aiutare i bambini e le bambine ad essere veramente se stessi
e a crescere liberamente, Marcello Bernardi ci ha insegnato
che occorre uscire dal nostro mondo adulto costruito attorno
a valori economici, possesso, potere, competizione.
Ma credo che ciò non sia sufficiente, anche se importante,
perché anche se vi è un abbandono di valori tradizionali
e propri di una società basata sullo sfruttamento, è
indispensabile, a mio avviso, andare oltre nel rapporto adulto-bambino.
Si tratta di negare il proprio ruolo ma non di annullare le
diversità.
Ladulto che si sforza di essere ancora un bambino, quello
che magari si veste come lui, si scatena più del piccolo
alle sue feste, quello che fa lamicone del proprio figlio,
nega sì il suo ruolo, ma pretende di annullare le differenze
oggettive che già esistono e inevitabilmente trascende
in un rapporto che sfocia nel permissivismo o nellautoritarismo,
una volta che scopre di non poter reggere il ritmo.
Uscire dal proprio ruolo significa ben altro. Credo significhi
piuttosto riflettere intorno ai termini autorità-autorevolezza
e autoritario-autorevole.
Lautorità è autorevole quando deriva da
un riconoscimento sociale, vale a dire quando viene liberamente
riconosciuta come risultato di una relazione e di una competenza.
La persona autoritaria invece non è autorevole perché
intende il rapporto con gli altri come una relazione gerarchica
che si definisce attorno al ruolo del capo e che si sostanzia
secondo le volontà di uno che sta al vertice del rapporto
stesso.
Tutto ciò vale naturalmente anche nella relazione educativa
che può essere appunto univoca (dallalto verso
il basso e viceversa dando origine ad autoritarismo e permissivismo)
oppure dinamica e mai definitiva, vale a dire che il senso della
relazione stessa consiste proprio nel suo essere incontro
ed evoluzione continua.
Questultima non nega le diversità ma le arricchisce
proprio perché le riconosce e facendo ciò le nutre
di rispettivi sentimenti, conoscenze, esperienze.
Ciò che è interessante nellautorevolezza
è che viene riconosciuta una diversa conoscenza ed esperienza
a soggetti diversi che però sono consapevoli nel profondo
del proprio essere (quindi non solo razionalmente ma anche emotivamente)
di apprendere dagli altri tanto quanto possono apprendere
da se stessi.
Naturalmente tutto ciò è di estrema importanza
in un contesto di educazione libertaria che non può contemplare
alcuna forma di coercizione.
Tracciare il limite
Il rapporto adulto-bambino è una relazione in evoluzione
continua che si deve sviluppare con la consapevolezza di essere
fatta da soggetti diversi che però tendono progressivamente
e coerentemente a ridurre le loro distanze in termini di consapevolezza
e di potere (poter fare). Lautorità delladulto
per essere autorevole deve basarsi sulla convinzione che questa
deriva dalla competenza sociale, culturale, tecnica e non da
gerarchie predefinite da storie e tradizioni e necessità
di quel sentimento empatico e quella capacità psicologica
di rivisitare il proprio essere nella condizione della sua infanzia
e della sua giovinezza. È lo straordinario e irripetibile
insegnamento che ci ha lasciato Tolstoj nei suoi tre romanzi,
Infanzia, Adolescenza e Giovinezza quando
ricorda la sua storia infantile e attraverso di
questa descrive sensazioni e sentimenti dello sviluppo di una
personalità.
È un andare oltre la propria condizione di adulto, è
fare un salto, che riconosca senza timori il se stesso e lo
sveli in tutta la sua autenticità allaltro (bambino).
Nellessere se stesso compiutamente, ladulto, pur
manifestando la sua inevitabile diversità, scopre la
sua autenticità e la libera da ogni struttura di potere
e di dominio, di fatto mettendosi alla pari con il bambino nel
processo di liberazione della propria singolarità e individualità.
Questa profonda rivoluzione capovolge anche la gerarchia del
sapere perché la trasforma, come ancora giustamente ci
suggerisce Tolstoi, in relazione di reciproco bisogno: da un
lato il bisogno di apprendere, dallaltro quello di comunicare
in una dinamica dialogica di formazione della conoscenza.
Ladulto deve saper tracciare il limite oltre il quale
la sua diversità si trasforma in supponenza di superiorità
a favore della propria consapevole ed incessante sete di crescita
individuale e sociale. Non vi è relazione libertaria
ed egualitaria se non vi è sviluppo dinamico degli attori
della relazione, se permane la diversità gerarchica,
se non compare questo sentimento di profonda ed inesauribile
sete di libertà che si realizza solo nella medesima libertà
dellaltro.
Queste considerazioni ci portano a capire come tanti discorsi
che facciamo in ambito pedagogico e che consideriamo alternativi,
perché magari si occupano di grandi trasformazioni, di
riforme strutturali e organizzative, di curricoli e quantaltro,
non siano in realtà che ininfluenti se non partono dalla
modifica sostanziale dei ruoli di potere e dominio allinterno
della relazione educativa.
È la qualità del rapporto interpersonale che dobbiamo
radicalmente modificare se vogliamo progettare un cambiamento
significativo in ambito educativo e sociale. Senza questo passaggio
nessuna vera e profonda trasformazione è possibile perché
lascia nel discorso pedagogico insoluti i termini attorno ai
quali si riproduce la gerarchia sociale.
È un lavoro che va fatto su se stessi e che presuppone
una definizione continua del proprio equilibrio psicologico
e che soprattutto ci espone nei confronti dei bambini e dellintera
società. Credo opportuno infine ricordare che una volta
intrapresa quella strada qui sopra tracciata non si torna indietro
e particolarmente ci obbliga ad una coerenza forte e sicura
rispetto alla meta che si intende perseguire sapendo anche convivere
con i necessari sbandamenti che la quotidianità ci impone.
Francesco Codello
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