Ecco il libro più sconosciuto del secolo,
e si tratta appunto del libro che, fin dal 1939,
ha risolto uno dei principali problemi
in cui questo secolo si è imbattuto
(Guy Debord)
Il 6 e il 7 settembre 2002, nella prestigiosa
cornice della Casa del Mantegna di Mantova, con una Tavola rotonda
e un Convegno di studi (a cui hanno preso parte, tra gli altri,
Giampietro Nico Berti, Alessandro Orsini, Umberto
Melotti, Gian Paolo Prandstraller, Marcello Staglieno) è
stata presentata la prima edizione integrale mondiale dellopera
più importante di Bruno Rizzi, La burocratizzazione
del mondo (Paderno Dugnano, Edizioni Colibrì, 2002,
450 pp., € 28,00). Scritta più di sessantanni
fa, e mai finora pubblicata nella sua interezza, lopera
è ora disponibile per i lettori italiani grazie allimpegno
di Paolo Sensini, un giovane e appassionato studioso curatore
del volume e autore anche di un importante e informatissimo
saggio introduttivo, che con le sue circa 125 pagine si presenta
quasi come un testo a sé, un vero e proprio libro nel
libro. (Per inciso, Sensini è autore di un altro interessante
saggio dal titolo Oltre il marxismo, lanarchismo e
il liberalismo. Il percorso scientifico e rivoluzionario di
Bruno Rizzi, pubblicato dalla «Rivista Storica dellAnarchismo»
nel n. 16 del luglio-dicembre 2001).
Verso la fine del dicembre 1939 usciva a Parigi in lingua francese,
pubblicato a spese dellautore, un libro destinato a una
sorte singolare. Il titolo era La Bureaucratisation du Monde,
e nel frontespizio come autore compariva un misterioso «
Bruno R. ». Composto originariamente di tre parti, e terminato
già nei primi giorni di agosto dello stesso anno, il
libro usciva incompleto, riportando solo la parte prima (LURSS:
collettivismo burocratico) e terza (Quo vadis America?),
mentre lautore si riservava di pubblicare prossimamente
in un altro volume la parte seconda (Lo Stato totalitario
e il fascismo), che in realtà è rimasta inedita
fino ad oggi.
Senza possibili attenuanti
Nel gennaio 1940, dopo pochi giorni dalla sua uscita, il libro
veniva fatto sequestrare dalle autorità francesi con
laccusa di diffamazione razziale, in riferimento
al capitolo IV dellappendice dedicato alla questione
ebraica. Laccusa di diffamazione razziale a giudizio
di chi scrive non era affatto ingiustificata, in quanto il capitolo
di cui si sta parlando è decisamente inquietante e inaccettabile,
espressione di un cieco antisemitismo che si pretende razionale
e prodotto necessario della lotta di classe essendo fondato
sullequivalenza tra lebreo e il capitalista, peraltro
difficile da provare in sede storica ma che nasce evidentemente
nellautore da pulsioni profonde e irrazionali. Difficile
giustificare espressioni come: i vostri fratelli ebrei
sono divenuti in grande maggioranza dei degenerati; sotto
la buona grazia, la cortesia, lumiltà e il servilismo
degli ebrei si nasconde tutto ciò che un popolo di ladri
e di maniaci del denaro ha potuto accumulare di sporco con una
pratica costante; per noi gli ebrei rappresentano
una infelice formazione storica degenerata per ragioni ataviche;
certi fiori molto belli crescono isolati sul letame, ma
nellinsieme il popolo ebraico è diventato un mucchio
di letame capitalistico. Tutto il capitolo si traduce
in ultima analisi in una proposta da parte dellautore
al proletariato perché realizzi unoscena alleanza
con i nazisti e i fascisti contro gli ebrei e i capitalisti:
La lotta razzista del nazionalsocialismo e del fascismo
non è altro, in fondo, che una lotta anticapitalista
condotta dalla nuova sintesi sociale, in un modo teoricamente
sbagliato ma praticamente giusto
Hitler ha ragione e noi
torto. Bisogna correggerci e diventare antiebraici perché
anticapitalisti; abbiamo riso delle teorie razziste,
ma Hitler aveva ragione. Poco importa che lautore
si preoccupi di chiarire ai lavoratori che ciò che egli
propone non sono i pogrom: con tali premesse le possibilità
di arrivare ai massacri indiscriminati ci sono tutte.
Neppure può essere una giustificazione, o unattenuante,
il fatto indiscutibile che elementi di antisemitismo siano presenti
nei testi di alcuni tra i più illustri teorici ottocenteschi
dellestrema sinistra europea, da Fourier a Proudhon, da
Bakunin allo stesso Marx, che pure era anche lui di origine
ebraica. Con questa tradizione bisognerà decidersi prima
o poi a fare compiutamente i conti, senza nessuna indulgenza.
Qui ci sembra però doveroso osservare che le responsabilità
dei succitati teorici socialisti dellOttocento ci sembrano
decisamente inferiori, se confrontate con quelle dellautore
di cui stiamo parlando: quando Fourier, Proudhon, Bakunin e
Marx sono vissuti e hanno operato non si erano ancora verificati
il caso Dreyfus in Francia, i pogrom di fine Ottocento
nellEuropa orientale e in Russia, lascesa del nazismo
in Germania con tutto ciò che avrebbe comportato (non
solo misure amministrative contro gli ebrei, ma
autentiche persecuzioni e umiliazioni, i massacri della Kristallenacht,
lapertura del campo di concentramento di Dachau, ecc.).
Per chi scriveva nel 1939, tutto questo era invece già
storia o attualità. Certo, e questa è lunica
concessione che possiamo fare, non era ancora stata avviata
dai nazisti la soluzione finale del problema ebraico,
con lo sterminio sistematico dei figli di Israele. Ma ce nera
già abbastanza per rivoltare chiunque avesse ancora dentro
di sé un barlume di senso morale*.
Per tutte queste ragioni dobbiamo dire che su questo argomento,
pur riconoscendo la validità di molte affermazioni, dissentiamo
in buona misura dalle considerazioni sviluppate da Sensini nella
sua introduzione, a nostro avviso troppo giustificazionista.
Abbiamo limpressione che la simpatia per il suo autore,
in questo caso, abbia fatto velo alla chiarezza del giudizio
critico, che avrebbe dovuto essere più duro. Detto questo,
proseguiamo nella nostra analisi, anche perché va riconosciuto
che il capitolo sulla questione ebraica è
costituito da poche pagine e per di più è confinato
in appendice, è del tutto marginale nelleconomia
del libro, e poco ha a che vedere con le idee fondamentali dibattute
nel volume. È anche lecito sospettare, come fa Sensini,
che alla base della decisione di sequestro vi fossero altre
ragioni oltre alla diffamazione razziale, riconducibili
essenzialmente al clima creato dallo scoppio della guerra tra
la Germania nazista e la coalizione franco-inglese, che comportava
inevitabilmente limitazioni alla libertà di espressione
e di stampa.
Da Livorno 1921 al trotzkismo
Fatto sta che a seguito di questa operazione poliziesca e giudiziaria
il libro, stampato in 500 copie, venne mandato al macero e divenne
praticamente irreperibile. Si salvarono solo pochissime copie,
inviate direttamente dallautore a suoi corrispondenti
(in particolare Lev Trotzkij e Guglielmo Ferrero), o acquistate
nelle librerie nei pochi giorni in cui era rimasto in distribuzione.
Una sola copia, regolarmente acquistata, fu spedita negli Stati
Uniti, e questo ebbe come si vedrà imprevedibili
conseguenze.
Quel libro introvabile, di un autore misterioso e sconosciuto,
formulava in modo talvolta confuso e contraddittorio (ma si
deve tenere debito conto delle circostanze in cui era stato
scritto) alcuni concetti rivoluzionari, ed era destinato a diventare
a suo modo un testo fondamentale del pensiero sociologico e
politico del Novecento. Un testo che per molti anni si può
dire pochissimi abbiano letto, e per di più fino ad oggi
praticamente nessuno nella versione integrale, ma le cui idee
basilari sono circolate per le vie più diverse, talvolta
riprese e divulgate per contestarle (come nel caso di Trotzkij),
più spesso saccheggiate senza citare la fonte.
Ma chi era il misterioso Bruno R.? E che cosa si
proponeva di dimostrare con il suo libro? Dietro la sigla si
celava un italiano, Bruno Rizzi, in gioventù militante
del PSI e poi nel 1921 tra i fondatori del PCdI, in seguito
espulso dal partito, avvicinatosi negli anni Trenta al trotzkismo.
Il libro affrontava e risolveva per la prima volta
uno degli enigmi più complessi del XX secolo, riguardante
la natura sociale dellURSS. E lo faceva riscontrando per
di più analogie tra il sistema economico e sociale che
si era creato in Russia, e ciò che si stava realizzando
nei paesi totalitari di destra (Italia fascista e Germania nazista
in primis).
I termini del problema si possono riassumere brevemente nel
seguente modo. Linterpretazione marxista porta a ritenere
che levoluzione storica conduce dalla società capitalistica,
basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione,
alla società socialista, contraddistinta dalla proprietà
collettiva degli stessi mezzi di produzione. Sottesa a questa
interpretazione vi è una concezione progressiva del divenire
storico, unidea mitica di progresso che risale per lo
meno allIlluminismo, e di cui la sinistra è stata
prigioniera quasi nella sua interezza fino a tempi piuttosto
recenti. Secondo i teorici marxisti ufficiali degli
anni Trenta, lUrss nata dalla rivoluzione dottobre
rappresentava appunto una società in transizione dal
capitalismo al socialismo. Già a partire dalla seconda
metà degli anni Venti però questa visione si scontrava
con la realtà. Chiunque avesse occhi per vedere e non
si lasciasse fuorviare dalle menzogne della propaganda, poteva
constatare che nella Russia sottomessa allautocrazia di
Stalin i lavoratori erano dominati e sfruttati come e più
che nei regimi capitalistici. Tra gli oppositori di sinistra
dello stalinismo ci si interrogava quindi sul senso di ciò
che stava verificandosi in Urss, ma le risposte apparivano tutte
inadeguate. Se alcuni si spingevano a parlare di capitalismo
di Stato, il più autorevole degli oppositori, lesiliato
Lev Trotzkij, si era attestato sulla teoria dello Stato
operaio degenerato, ritenendo il sistema alla sua base
socialista ma inquinato da una escrescenza burocratica.
Il collettivismo burocratico
Con il suo libro, Rizzi formula per la prima volta la teoria
del collettivismo burocratico, che rappresenta un enorme
passo avanti nella comprensione del fenomeno. Rizzi afferma
la nascita di una nuova formazione sociale un vero e
proprio modo di produzione né socialista né
capitalista, ma appunto dominata da una vera e propria classe
sociale, la burocrazia. In questa nuova formazione, caratterizzata
dalla proprietà di classe (e non più dalla
proprietà individuale come nel capitalismo) esercitata
collettivamente dai burocrati e dai tecnici, si manifestava
ciò che era la negazione stessa del socialismo, cioè
la crescita ipertrofica dellapparato statale e la militarizzazione
integrale della società, con il logico corollario della
negazione completa di ogni autonomia e libertà, individuale
e collettiva.
Come si è detto, Rizzi riscontrava che qualcosa di simile
stava avvenendo anche nei paesi totalitari di destra, come lItalia
fascista e la Germania nazionalsocialista al di là
delle diverse ideologie professate che sembravano renderli regimi
incompatibili con lUrss, di cui si presentavano anzi come
gli antagonisti storici per eccellenza , dove leconomia
privata era sempre più subordinata al controllo dello
Stato e della sua burocrazia. Fenomeni di pianificazione e di
burocratizzazione statale si stavano verificando perfino in
uno dei paesi guida del capitalismo, con il New Deal
di Roosvelt negli Stati Uniti. Se ne poteva ricavare che il
mondo andava verso la sua completa burocratizzazione, e che
il modo di produzione capitalistico stava per essere soppiantato
da una formazione sociale nuova, che però non era il
socialismo.
Va specificato che nei confronti di questa nuova formazione
sociale, che egli definisce collettivismo burocratico,
il modo di pensare di Rizzi non è univoco e che nel suo
libro del 1939 egli manifesta atteggiamenti contraddittori.
Allinizio, quando comincia il libro e mentre lo sta scrivendo,
tende a credere che si tratti di una fase dello sviluppo storico
non solo inevitabile ma anche progressiva. Rizzi si convince
che, anche se Marx non laveva previsto, prima di arrivare
alla socializzazione della proprietà sia necessario passare
attraverso un modo di produzione intermedio, il collettivismo
burocratico appunto, che avrebbe il compito storico di superare
le contraddizioni di fondo insite nel modo di produzione capitalistico
e di aumentare la produzione fino a creare le basi economiche
necessarie per il passaggio al socialismo, considerato ancora
lo stadio finale della storia umana. Nella lotta tra il capitalismo
in dissoluzione e il nuovo modo di produzione, per Rizzi il
proletariato (che non è stato in grado di fare la propria
rivoluzione in Occidente, e dove cè riuscito come
in Russia è stato poi espropriato del potere dalla nuova
classe burocratica) deve schierarsi dalla parte del secondo
contro il primo, assecondando il corso del progresso storico.
Seguendo questa logica, Rizzi arriva al risultato sconcertante
per un socialista quale egli era di ritenere progressivi
i regimi totalitari fascisti (Italia, Francia, Giappone), e
di proporre ai lavoratori unalleanza con quei regimi contro
il capitalismo dei paesi liberaldemocratici (Francia, Inghilterra,
Stati Uniti dAmerica). In seguito, mentre sta terminando
il libro, procedendo nella sua riflessione (il suo film
di pensiero, come lo definisce lui stesso), ha una intuizione
per lui folgorante. Capisce che lunica ragione per la
quale fino a quel momento ha ritenuto progressivo il collettivismo
burocratico è il fatto di non riuscire a concepire
che il mondo possa andare verso una regressione. Si rende conto
cioè di essere stato vittima del mito del progresso indefinito
dellumanità, di origine illuminista e comune a
tutto il pensiero democratico e socialista dellOttocento.
Analizzando allora senza pregiudizi le società in cui
si è affermato o si sta affermando il collettivismo
burocratico, Rizzi si convince contrariamente alle
sue ipotesi iniziali che esse presentano caratteristiche
profondamente regressive, implicando addirittura il ritorno
di massa alla servitù. Capisce che a questo punto il
libro andrebbe riscritto da capo, ma non cè il
tempo. Il proletariato va avvertito del pericolo che incombe,
e la lotta per il socialismo autentico va ripresa su nuove basi,
diverse da quelle del passato. Pubblica il libro così
comè, e si limita a premettervi unintroduzione
in cui espone la sua ultima e definitiva acquisizione teorica.
In rapporto con i trotzkisti
Ma per capire qualcosa di più del libro e della sua
gestazione, è utile parlare in modo più approfondito
del suo autore. Nato nel 1901 a Poggio Rusco e vissuto in gioventù
nel mantovano, Rizzi si trasferisce alla fine del 1917 a Milano
per iscriversi alla Facoltà di Ingegneria del Politecnico.
Militante della federazione giovanile socialista, si dedica
con passione allattività politica negli anni del
Biennio rosso e dellascesa al potere del fascismo. Abbandonati
presto gli studi, per vivere comincia a fare il rappresentante
di calzature, mestiere che praticherà con un certo successo
per tutta la vita, salvo uninterruzione in coincidenza
dellesilio in Francia alla fine degli anni Trenta e durante
la seconda guerra mondiale.
Anche dopo lavvento al potere di Mussolini prosegue per
alcuni anni una attività politica che gli frutta arresti,
perquisizioni e ben tre spedizioni punitive degli squadristi,
fino al 1928-29 quando viene espulso dal Pci per la sua irrequietezza
intellettuale. Lespulsione, per lui molto dolorosa, lo
salva però da ulteriori conseguenze sul piano giudiziario,
e nel 1934 può riottenere il passaporto e recarsi allestero
per ragioni di lavoro. Ne approfitta per stabilire rapporti
con esponenti della opposizione di sinistra allo stalinismo,
in particolare trotzkisti, a Parigi (Pierre Naville, Jean Rous)
e a Londra.
Nel 1937 pubblica in Italia il suo primo libro, Dove va lURSS
(Milano, La Prora), in buona misura una ripresa dei motivi fondamentali
della Rivoluzione tradita di Trotzkij. Inizialmente ingannata
dal taglio del libro, che attacca frontalmente loperato
di Stalin come controrivoluzionario e come mandante dellassassinio
di Kirov, denunciandolo apertamente come tiranno, la censura
fascista non tarda a comprendere i veri obiettivi del libro
e dopo poche settimane lo fa ritirare dal commercio e lo manda
al macero.
Nel giugno 1939, rendendosi conto delle mene segrete tra Hitler
e Stalin che sfoceranno poi nel Patto Molotov-Ribbentrop, se
ne va in volontario esilio a Parigi per tentare di denunciare
pubblicamente lintrigo dei due dittatori. Cerca di avvicinare
e di mettere al corrente del pericolo alcune personalità
che egli reputa provviste dellautorevolezza necessaria
per informare i lavoratori, ma non viene preso sul serio e viene
considerato un personaggio stravagante. Allinizio di agosto,
proprio per rendere pubblici i suoi timori sulla direzione che
sta prendendo il corso della storia, termina e cerca di pubblicare
a sue spese La Bureaucratisation du Monde, della cui
sorte già abbiamo parlato.
Nella Parigi occupata dai nazisti, tra gravi difficoltà
economiche e senza unoccupazione che gli dia da vivere,
passa gran tempo nelle biblioteche studiando e accumulando appunti
per due lavori di largo respiro che idealmente continuano la
ricerca avviata con lopera precedente. Il primo lavoro
è dedicato a un tentativo di comparazione storica tra
la rovina del mondo antico, a partire dalla crisi dellimpero
romano, e quella contemporanea. Nel secondo egli tenta di ripensare
e riformulare teoricamente i presupposti stessi del Socialismo
alla luce delle nuove acquisizioni sociologiche. Questi due
studi vedranno la luce in più volumi solo nel dopoguerra,
pubblicati a sue spese dalla Editrice Razionalista da lui fondata
proprio a questo scopo: Il socialismo dalla Religione alla
scienza (1947-50) e La Rovina antica e letà
feudale (1969-75).
Su Umanità Nova e su A
Rientra in Italia dopo il 25 luglio 1943, e trascorre il periodo
fino alla Liberazione a Gargnano sul lago di Garda insieme alla
famiglia, in una casa vicina alla Villa Feltrinelli residenza
di Mussolini, strettamente sorvegliato dalle SS tedesche. Nel
dopoguerra incomincia a collaborare con gli anarchici, pubblicando
diversi articoli per la stampa libertaria («LEra
Nuova», «Il Libertario», «Volontà»,
«Palingenesi», «Anarchismo», e negli
anni successivi «Previsioni», «Controcorrente»,
«Umanità Nova» e «A rivista anarchica»).
Pur trovando negli anarchici i suoi interlocutori principali,
mai cessa di ritenersi e definirsi marxista Riprende
la sua professione di rappresentante di calzature, cercando
di rifarsi una posizione economica e di risollevare la famiglia
dallindigenza in cui era caduta durante la guerra.
Nel 1948 fonda a Milano, con lo scrittore Mario Mariani e altri,
il gruppo Controcorrente e poi il Movimento di Unità
Proletaria (MUP), su posizioni di sinistra ma duramente critiche
verso il PCI. Il tentativo fallisce in breve tempo. Continua
il suo solitario lavoro di ricerca teorica, cercando di contribuire
alledificazione di un socialismo libertario finalmente
affrancato da quegli elementi che giudica infantili e
che a suo avviso ne impediscono ogni autentica possibilità
di sviluppo. I suoi scritti intanto, oltre che sui giornali
anarchici, cominciano a trovare ospitalità anche in riviste
che fanno riferimento ad altre aree culturali e politiche. In
particolare, si intensificano i rapporti con lambiente
socialista («Critica Sociale»), grazie anche ai
contatti stabiliti con figure come Giulio Seniga e Giorgio Galli.
Dai primi anni Sessanta si stabilisce a Bussolengo (Verona),
e lentamente comincia a rompersi quella congiura del silenzio
che lo circonda da molti anni. Su invito del sociologo Camillo
Pellizzi, pubblica alcuni scritti di carattere teorico per la
«Rivista Italiana di Sociologia». Intrattiene scambi
epistolari, oltre che con Pellizzi, con Max Shachtman, Pierre
Rimbert, Lucien Laurat, Pierre Naville, Walter Kendall, Isaac
Deutscher, Karl A. Wittfogel e altri.
Nel 1962 pubblica La lezione dello stalinismo. Socialismo
e collettivismo burocratico, con introduzione di Giorgio
Galli. Nel 1967 esce, per la prima volta in traduzione italiana,
la prima parte de La Bureaucratisation du Monde, con
il titolo Il collettivismo burocratico (Imola, Galeati),
con introduzione di A. Rossi Raccagni e G. Galli (una seconda
edizione, per lEditrice Razionalista, viene pubblicata
nel 1976). Tra il 1969 e il 1970, sempre per lEditrice
Razionalista, pubblica in quattro volumi unopera intitolata
Socialismo Infantile.
Il Maggio francese fa rinascere in Rizzi speranze in un cambiamento
rivoluzionario della società, e riprende a pubblicare
scritti su varie riviste. Si ritiene sempre un marxista, ma
negli ultimi anni della sua vita gli sono particolarmente vicini
dei giovani libertari, in particolare larea che allepoca
fa riferimento ai Gruppi Anarchici Federati (GAF) e ad «A
rivista anarchica», e che in buona misura proprio dalle
analisi di Rizzi ricava elementi essenziali per le proprie teorizzazioni
sulla tecnoburocrazia (si veda in proposito soprattutto il Quaderno
n.3 dellAntistato Anarchismo 70. Unanalisi
nuova per la strategia di sempre, Cesena, LAntistato,
1973). Gode di una certa simpatia anche in ambienti situazionisti,
come dimostra chiaramente lo scritto di Guy Debord riportato
da Sensini in quarta di copertina del libro da lui curato. Muore
a Bussolengo il 13 gennaio 1977.
Ci piace concludere con la cosiddetta questione del plagio.
Come si è accennato, molti hanno saccheggiato le idee
di Rizzi, appropriandosene e utilizzandole come se fossero proprie,
approfittando del fatto che quasi nessuno conosceva il suo libro
del 1939. Tra i saccheggiatori sembra vada annoverato
in particolare lex trotzkista americano James Burnham,
poi approdato al conservatorismo più spinto, che si sarebbe
servito delle idee fondamentali del libro di Rizzi opportunamente
riformulate per il pubblico americano e private della loro tensione
socialista per scrivere il suo The Managerial Revolution
(1941), su cui è stata poi costruita la sua carriera
di accademico e di consulente governativo. Naturalmente senza
mai citare, nel suo libro, il nome di Rizzi. Sollevata anche
in passato da Pierre Naville e da altri, la questione del plagio
sempre negata in vita da Burnham, che fino allultimo
ha affermato di non avere mai letta lopera di Rizzi
sembra ora definitivamente chiarita da Sensini nella sua introduzione.
Se non bastassero tutte le altre prove, ce nè una
che appare decisiva: lunica copia de La Burocratisation
du Monde di cui si ha notizia esistente negli Stati Uniti
si trova alla Hoover Institution Library di Stanford, proprio
nellArchivio ivi depositato da James Burnham!
Gianpiero Landi
*
Chiediamo scusa ai lettori per esserci dilungati su
questo tema del capitolo sulla questione ebraica,
in misura forse sproporzionata rispetto agli altri argomenti
affrontati in questo articolo. Il fatto è che,
nel caso dellautore di queste note, lantisemitismo
tocca corde particolarmente sensibili. Esso rappresenta
inoltre un tema che, soprattutto dopo Auschwitz, richiede
sempre una particolare attenzione. Sia dal punto di
vista storico (e già si è accennato alla
necessità di fare i conti, per quanto ci riguarda,
soprattutto con la nostra storia, di noi inteso come
sinistra europea). Sia dal punto di vista dellattualità
politica. Per evitare oggi, ad esempio, che la giusta
e sacrosanta condanna della politica dello Stato dIsraele
nei confronti del popolo palestinese si trasformi, magari
senza accorgercene, in una condanna in blocco di tutti
i cittadini israeliani o addirittura dellintero
popolo ebraico. Cioè in una nuova manifestazione
di razzismo.
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