Fonti orali e di polizia
È appena apparso in libreria il volume Voci di compagni.
Schede di Questura. Considerazioni sulluso delle fonti
orali e delle fonti di polizia per la storia dellanarchismo
(C. Bermani, G. N. Berti, P. Brunello, M. Franzinelli, A.
Giannuli, L. Pezzica, C. Venza, Quaderni del Centro Studi Libertari
Archivio Pinelli, Elèuthera, Milano 2002, pp. 122)
che presenta gli atti dei seminari organizzati dal Centro Studi
Libertari da anni impegnato nellopera di raccolta,
catalogazione, conservazione di documenti relativi alla storia
dellanarchismo sullutilizzo degli archivi
di stato e delle fonti orali nella stesura delle biografie di
militanti anarchici. Gli incontri hanno coinciso con linizio
dei lavori per il Dizionario biografico degli anarchici italiani,
nellambito delle università di Trieste, Milano,
Teramo e Messina.
Le due aree tematiche del libro, curato da Lorenzo Pezzica,
forniscono utili spunti di riflessione su strategie e metodologie
di ricerca che consentono non solo di ottenere un allargamento
quantitativo del patrimonio di dati biografici da un composito
materiale documentario in cui le testimonianze e la memorialistica
dei protagonisti occupano un posto di primo piano , ma
anche di apportare nuovi elementi di valutazione storiografica.
Nella prima parte dellopera, dedicata alle fonti di polizia
e di sicurezza (Note introduttive di Giampietro N. Berti;
Sulluso (critico) delle fonti di polizia di Mimmo
Franzinelli; Il trattamento delle fonti provenienti dai servizi
di informazione e sicurezza di Aldo Giannuli), viene sottolineata
lincidenza del controllo statale, culturale e politico,
sulla conservazione e sulla trasmissione della memoria nazionale.
Gli informatori e relatori ufficiali testimoniano uninnegabile
abilità nel seguire e delineare con una certa precisione
atteggiamenti ribellistici a carattere soprattutto individualistico,
nellindicare nomi di delatori o infiltrati della polizia,
nel dare informazioni su corrispondenti di personaggi importanti
allinterno dellambiente anarchico, scontri fra gruppi,
fonti di finanziamento, forme di lotta. Tuttavia, non sono,
nella maggior parte dei casi, in grado di fornire percezioni
delle ragioni profonde di quanto riferiscono, a causa dei pregiudizi
ideologici di cui sono impregnati. Infatti, la pura registrazione
dei fatti (anche se opera di professionisti) dice comunque poco
rispetto alleffettiva trama di azione e dintenti
che animava veramente i protagonisti (Berti, p. 16).
A tutto ciò va aggiunto che gli informatori tendono spesso
a seguire false piste, ovvero a tacere su fatti di una certa
importanza, rischiando così di orientare gli studiosi
verso direzioni di ricerca senza sbocco. Molte volte, la mancanza
di rigore, di uniformità, nei criteri di distribuzione
e inventariazione delle carte darchivio, lintrico
delle stratificazioni, delle risistemazioni, i compositi modi
di strutturazione e trasmissione costringono i ricercatori ad
un arduo lavoro empirico, a misurarsi con materiale cronologicamente
mal disposto o dal contenuto non in sintonia con il contesto
in cui si trova inserito. In particolare, quando la ricerca
si colloca in epoca fascista, accade che documenti relativi
a questo periodo siano di difficile consultazione, come per
quanto concerne una parte del Fondo sul confino politico, o
addirittura inaccessibili, come nel caso dellArchivio
Storico dellArma dei Carabinieri (Franzinelli).
Complicazioni ancora maggiori intervengono quando si devono
consultare gli archivi dei servizi di informazione e di sicurezza,
che pure possiedono un notevole interesse documentario su temi
quali la sovversione, il terrorismo, lo stragismo. I legami
con i governi in carica, lessere di fatto totalmente svincolati
dai controlli della magistratura inducono non solo a frequenti
insubordinazioni nei confronti dellautorità politica,
ma anche ad una presunzione di immunità, che si traduce
a livello documentario in silenzi, omissioni, notizie false
mescolate a notizie vere, ecc. Le lacune, i vuoti cronologici
fanno ragionevolmente supporre che leliminazione di routine
del materiale di questi archivi non venga compiuta conformemente
alla normativa che presiede alla distruzione delle carte darchivio.
Di qui, la necessità, da parte dei ricercatori, di particolari
cautele nellautenticare il materiale, nel verificarne
la coerenza amministrativa, nel compiere unanalisi del
linguaggio, delle note in margine, ecc. (Giannuli).
Le relazioni che vertono sulla produzione e uso delle fonti
orali (Note metodologiche sulluso delle fonti orali
di Claudio Venza; Potere, oralità e scrittura. Divagazioni
sopra unintervista di Piero Brunello; Breve elogio
della storia orale e militante di Cesare Bermani) mettono
in evidenza come queste testimonianze debbano sempre essere
valutate tenendo conto delle particolarità dei meccanismi
psichici della comunicazione orale, delle forme e dei mutamenti
della memoria culturale.
Le analisi dei racconti e interviste di anarchici mostrano le
difficoltà nel distinguere gli elementi che concernono
lindividualità del militante da quelli che sono
espressioni di una cultura collettiva; nel cogliere dalle singole
storie dati informativi su ambiti più ampi. Inoltre,
chi trascrive vicende riferite oralmente è inevitabilmente
coinvolto nella loro rappresentazione, sia a livello simpatetico
sia a livello immaginario. In effetti, la rielaborazione delle
narrazioni comporta una lettura critica che non è esente
da interventi personali. Pertanto, per comprendere a fondo i
meccanismi di produzione di senso propri del linguaggio degli
intervistati, appare indispensabile un attento esame dei meccanismi
che alimentano i discorsi dellintervistatore. Se
una buona storiografia deve cercare rapporti con la memoria,
anche una buona memoria deve avere rapporti con la storiografia.
Memorie e storiografie rappresentano punti di vista diversi
sul passato, che devono integrarsi vicendevolmente (Bermani,
p. 120).
Ne discende lesigenza di unadeguata preparazione
dello studioso sulla storia delle sensibilità, della
capacità di considerare gli atteggiamenti e i comportamenti
riferiti dagli intervistati, o trascritti nei loro racconti,
come un aspetto del complesso sistema di scambi culturali esistenti
in un determinato ambiente sociale. Con ciò si fa riferimento
anche a quei fenomeni di circolazione culturale tra gruppi,
attraverso cui si costruiscono e si modificano i modelli dellazione
anarchica; ai modi di integrazione o di esclusione nellambito
delle associazioni anarchiche. Lo studio delle forme in cui
si articola o si trasmette nel tempo la memoria degli anarchici
comporta un esame dei mutamenti dei modi di vedere il passato,
in relazione al mutamento delle forme di esistenza individuali,
di gruppo, di habitat geografico, ai processi dello sviluppo
demografico, economico, culturale, linguistico, ecc. (Brunello).
Questo carattere in un certo senso sempre in fieri della
storia orale, che fa della dimensione del valore della persona
il polo di riferimento essenziale, viene visto particolarmente
congeniale ad una prospettiva storiografica di tipo libertario
volta a cogliere i modi in cui le istanze individuali si integrano
con le istanze collettive, salvaguardandoli da interpretazioni
standardizzate o in qualche modo precostituite. Esso sollecita
gli studiosi a tentare di riprodurre il dinamismo della storia,
in cui si intrecciano fatti particolari ed eventi di carattere
generale penso, per fare solo un esempio, al progressivo
ampliarsi della problematica concettuale ed operativa avviato
dallintervista a Umberto Tommasini (Venza). Si può
anche aggiungere che forse la storia orale, con la sua
molteplicità di riferimenti metodologici e con la sua
disorganizzazione intrinseca, è facilmente correlabile
con una ricostruzione storica del movimento [anarchico]
(Venza, p. 81).
Per la ricchezza degli spunti e delle osservazioni, linteresse
dei percorsi metodologici proposti, tesi ad evitare arbitrarietà
e semplificazioni del giudizio storico, il libro costituisce
uno strumento prezioso per la ricerca e la pratica biografica.
Eva Civolani
Quasi una recensione
Il 5 novembre 2002 si è tenuta la presentazione del
nuovo romanzo di M. Philopat, La Banda Bellini,
Shake Edizioni, Milano 2002, pp. 192, € 12,00. Presentazione
alla quale doveva partecipare anche Joe Fallisi, autore delle
due e-mail che pubblichiamo e che formano uninsolita recensione
del libro scritto da Marco Philopat.
Caro Marco,
ti prego di rettificare lannuncio che la Shake ha inviato:
io non ci sarò alla presentazione de La Banda
Bellini. Tu sai bene che, nel caso fossi venuto, lavrei
fatto solo per amicizia nei tuoi confronti e di Gomma. Non ho
alcun bisogno di pubblicità per nessun mio disco, tanto
meno darò il mio appoggio a qualsivoglia apologia dello
stalinismo. Come ti ricorderai, parlandomi a suo tempo del libro
(di cui, fino a ieri, non mi era stato possibile leggere nulla),
mi avevi detto che di quella banda il tuo romanzo
avrebbe fornito una narrazione critica. Ma già
dalla quarta di copertina ci si può rendere conto di
quale sia il senso esattamente opposto del libro. Luomo
che devessere ucciso è Andrea Bellini, biondo,
capelli lunghi, alto un metro e novanta, un trench lungo fino
ai piedi e limmancabile Ray-ban. Ma non hai provato
vergogna scrivendo queste puttanate estetizzanti? E ti ha veramente
commosso, entusiasmato, ti ha fatto sognare, lepos
(!) di questo piccolo racket votato al controllo territoriale,
al pestaggio, dieci contro uno degni eredi di altri infami
servizi dordine milanesi , di qualche
tossico, di qualche fascista o, meglio ancora,
di qualche compagno scomodo, che li vedeva per quel che erano,
e perciò li combatteva a viso aperto?... Una
banda di quartiere che ha scelto la strada della politicizzazione
e della militanza, con lidea di non essere servi
di nessuno e le immagini di Il mucchio selvaggio
nella testa... Ma a chi lo racconti?...
A me no di certo.
Joe
Rettifica definitiva
Sono i miti che rovinano tutto nascono dallignoranza
bisogna studiare conoscere le cose applicarsi
chiedersi i perché avere spirito critico
(M. Filopat, La Banda Bellini)
Caro Marco,
come ti dicevo al telefono, devo fare unulteriore, definitiva
rettifica, ma questa volta al mio stesso e-mail che ti ho inviato
in un impeto, laltra sera. È il tono e anche lassunto
del messaggio che ora ai miei stessi occhi risulta completamente
sballato. Cerco di spiegarti cosè successo. Mi
avevi portato La Banda Bellini di pomeriggio, ricordi,
poi io ero dovuto subito andar via e solo la sera lavevo
ripreso in mano. La prima cosa: leggo la quarta di copertina,
NON mi piace quel ritrattino, estetizzante, mitizzante... incomincio
subito a incazzarmi... sfoglio il libro dove capita e il caso
vuole (un caso veramente sfortunato) che locchio mi cada
sempre su frasi, periodi che non mi vanno, che mi confermano
quella prima impressione... oh cazzo, mi dico, ma allora si
tratterà di un incontro di reduci dellautonomia
più tetra, di sprangatori di merda e vigliacchi, di rackettari
abbrutiti, di stalinomafiosi che rimirano allo specchio
le loro gesta di gloria, dentro sto libro...
unapologia infervorata... In un istante mi tornano alla
mente i miei nemici del Movimento Studentesco, quei lividi
figli di papà adoratori della gerarchia, di tutti i regimi
dove il proletariato era rimasto inculato, spolpato sino allosso,
unimmensa ombra che suda, lavora e crepa in silenzio,
e dove poteva solo impazzire o strisciare, perché era
lui stesso, con la sua rivoluzione, ad aver innalzato sul piedestallo
i maiali, i migliori, e una volta lassù...
facce di marmo, satrapi sorridenti, piccoli Padri, tallone di
ferro! inamovibili!... protetti da tutte le loro Cheke, Ghepeù,
Kgb, da una rete grandiosa di burocrati e di spie, a passarsi
le consegne e il bacio della morte, via una cariatide avanti
laltra... Quei figli stalinisti di papà democristiani
che si erano impossessati della Statale come del loro racket,
della loro Lubianka, che se la pappavano, incubando le carriere
di domani dirigenti, amministratori, sindacalisti, consulenti,
managers, quadri, creativi... per quando
la pacchia sarebbe finita, la moda evaporata, come le grida,
i lacrimogeni, gli spari... protetti-protési a ventaglio
mobile dalla loro invenzione più riuscita, anzi lunica:
il servizio dordine!... Spranghe, chiavi inglesi,
mazze, catene, tutti i ferri del mestiere ben oliati, sempre
allincanto... ai più sadici, ai più affidabili,
nati sbirri, cani di Pavlov... ecco le truppe, dieci contro
uno, sempre!, allassalto del fascista!...
sangue che cola dai muri, cervello sul selciato... ancora, ancora!...
La loro lotta antifascista, di loro, fascistissimi!...
Una palla colossale, una diversione in piena regola... Tutti
i problemi veri, cruciali, la critica del lavoro salariato,
della merce, della religione, dello Stato, della società
dello spettacolo, della vita quotidiana, la coerenza tra mezzi
e fini, il rapporto da reinventare con le altre
speci e la natura, la realizzazione dellarte... affanculo,
ma figùrati!... come il sanscrito per un leghista!...
Viva il Pensiero del Grande Timoniere, dagli al fascista!...
Eh già, con una piccola avvertenza: sostantivo-aggettivo
di grandi capacità, elasticissimo!... Adatto, soprattutto,
a inghiottire i senza partito, gli anarchici, i refrattari alla
caserma... Parola magica ben sperimentata dai loro maestri,
di unefficacia ammirevole, su chiunque... E con effetti
e contro-effetti, teorici e pratici, a lungo corso... Così,
per esempio, proprio ora che sì, bisognerebbe essere
antifascisti, alla grande i fascisti sono al potere,
sdoganati dal nano di Arcore, al governo della malavita!...
di antifascismo, più nisba... Un fiorire di celebrazioni
funeree doppie, Marzabotto-El-Alamein, torni pure qualsiasi
cornuto Savoia!... Tutto scolorito, omologato, dissolto!...
Chi se ne frega, a casa, a casa, immersi nel tubo catodico!...
Fini, teschio in doppiopetto, vergogna dEuropa, sappresta
a volare tra le braccia del massacratore di Sabra e Chatila,
anche lui revisionista!... Fra un po vedremo
Ciampi a Predappio...
I ricordi hanno poi un brusco salto... Vanno alla Milano della
fine anni 70... La bomba di piazza Fontana e lomicidio
di Pinelli, mio amico e compagno del cuore, era come se avessero
chiuso unepoca, quella inaugurata dal Maggio, dove accanto
a tutti i rigurgiti marxisti-leninisti, centomila
speranze si erano aperte, un immenso rovesciamento di prospettiva...
Adesso, latmosfera era di nuovo plumbea, i ruoli
ri-definiti... Cera stato, sì, un trambusto dei
giovani, qualche danza simil-Dadà nel 77, ma come copie
di copie di un originale disperso... Risate amare, già
televisive... Me ne stavo in disparte, in silenzio. (Troppi
morti, troppi suicidi di amici, i più vicini, i più
cari, Eddie Ginosa, Giorgio Cesarano, tanti altri... Io non
avevo non ho da insegnare niente a
nessuno.) Nellombra, i lottarmatisti, clandestini a se
stessi, nati da quelle bombe di Stato, coi loro tribunali
del popolo e la lingua di piombo-legno; alla luce del
sole il movimento dellAutonomia, doverano confluiti
molti fiumi, e molto diversi tra loro. Egemonica,
una corrente, quella di Negri, che dal punto di vista teorico
e filosofico era una chiavica, un rinculo totale, una corsa
febbrile al recupero, sgraffignando a destra e a manca... il
vecchio cadavere stalinista rivestito alla moda, giovanile,
colleschimo, desiderante!... Modernista, sì
certo, con iniezioni di Deleuze e di chiunque altro servisse
a dare un qualche tono e lapparenza di un corpo che cammina...
nichilista, estetizzante... Con due cardini ideologici: contropotere
territoriale e autovalorizzazione... Non centri
sociali di anti-potere, fluidi, mobili, creativi, imprevedibili
(che anche cerano, per fortuna!), ma piccoli rackets tetri
compatti con allinterno tutti i ruoli di sempre, e lillusione
di avere unidentità come unazione in rialzo
e una missione da imporre... Preti, come al solito, missionari,
curati del popolo e quanto ai metodi, gli stessi di v.
Festa del Perdono [è la via dove sorge lUniversità
Statale N.d.R.]... Ma il popolo non vi vuole,
stronzi!... Vaccata per vaccata, preferisce il bla-bla della
televisione, che almeno gli concilia il sonno, si annoia a morte
alla vostre litanie!... Ci vuole ben altro per svegliarlo dal
torpore... innanzi tutto occorre svegliarsi e
sognare*!... Sputare sulle mode, su ogni trend,
rompere lo specchio mediatico, sregolare i sensi,
avere sensi nuovi, agire, non reagire, fantasia, non fantasticheria,
poeti, non artisti, delegare il meno
possibile, non (s)vendere niente, senza capitalizzare
niente, senza capi, senza illusioni!... Se siamo immersi in
un sortilegio globale, è unopera grandiosa di contro-magia
che occorre, materiale e spiritualissima, poesia in azione,
niente di meno!... Autovalorizzazione?... Col cazzo!... La trappola,
il busillis, sta proprio lì, nella costruzione
della persona, una maschera dietro cui alla fine
cè il nulla... è proprio questa la chimera
spettacolare... Più la vita è per tutti diventata
unimmagine astratta, un sostituto, un ricambio, una copia,
un clone, un altro, la citazione di un film, un
ricordo del Grande Archivio, più tutte le scelte fondamentali
sono eterodirette, eteronome... più questo stesso
individuo, che non esiste, deve potersi credere protagonista,
un quantum particolare sul mercato dei desideri, liberissimo,
circolante, in vendita, in concorrenza, in televisione, in corteo,
in gioco, in guerra!... rimbalzato da mille specchi, produttore
immateriale, puro valore che si valorizza bit spettrale
nella nebbia!... Ecco la Grande Frontiera!... globale, democratica!...
Il miraggio, lEldorado per tutti!... È lAmerica,
sempre lAmerica il faro, il destino agognato... LImpero!...
ah che geniale trovata!... unapologia della globalizzazione
senza vergogna, totale, delirante!...
Mentre questi pensieri mi attraversavano le meningi, ricevo
messaggi di vecchi amici che mi dicono in sostanza Joe,
ma sta banda Bellini, era una concorrente delle altre,
solo un po più vanagloriosa e ciulla, la stessa
roba avariata, i soliti bruti, picchiatori di piccoli spacciatori
e di tossici... È la loro versione dei fatti
quello che loro hanno vissuto, come lhanno vissuto...
Dovrei sentirne delle altre, non cè dubbio
col senno di poi... Reagisco come un bufalo... che cazzo centra
la Ballata del Pinelli con sta gente? che
cazzo centro io?... non ci andrò mai!... scrivo
di getto le-mail che hai ricevuto... è fatta. Passano
le ore. Il tuo libro è rimasto su un cumulo di altri,
è lì che mi guarda. Rivedo i tuoi occhi brillanti
e generosi... Di notte finalmente decido... Vabbè che
negli ultimi tempi sei più fuori del solito, una molla
ardente, ma tu Bellini e i suoi compagni non li hai mai conosciuti
di persona... e se quello che hai scritto non fosse vero, o
così esagerato da essere falso?... E poi, cristo dun
dio, se critichi un libro dovrai pure averlo letto, tutto!...
o no?... Certo. Quindi lo riprendo in mano, questa volta comincio
dallinizio. E vado avanti fino allultima pagina,
rimanendo così, in piedi, per ore...
Prima di tutto, è BELLO, e questo già dovrebbe
bastare, perché per me bello vuol dire scritto con la
mente e col cuore... La penna funziona alla grande, morde e
non fugge, va diritta, rabbiosa e sincera fino in fondo. Quel
che mi aveva fatto incazzare, la mitizzazione, i tratti estetizzanti,
si perde dentro il corpo della narrazione, come una foglia morta
che scivola via... E poi la storia che racconti, che sei riuscito
a raccontare benissimo, con una capacità di identificazione
eccezionale, tu che ai tempi eri un bambino, non nasconde nulla,
con onestà; ma, appunto, lessenziale della loro
esperienza non si può ridurre a quei comportamenti
che avevo definito nel mio messaggio... Anzi, tuttaltro...
Certo alieni dalla riflessione teorica, confusi mezzo
maoisti, mezzo libertari , sempre (troppo) pronti a menar
le mani, narcisi, prigionieri di un ruolo... ma infamie, porcate
di quelle che ti rimane un marchio nellanima... nessuna!...
da questo punto di vista molto più differenti
che simili rispetto ad altre bande di allora...
anzi con episodi di generosità, di umanità e di
coraggio che me li rendono semmai simpatici, pur con tutto quello
che ci poteva separare... Allinizio, per esempio, quando
racconti di Andrea che al liceo si butta nel mucchio e salva
dal linciaggio un... fascista!** ...
I pentiti mi hanno sempre fatto schifo, e tutta lideologia
penitenziale, tutti gli avvoltoi che si precipitano, i turiboli
che ansimano, quella puzza di chiesa, i gemiti, le confessioni,
i tradimenti, i mea culpa, il piacere di umiliarsi e umiliare,
tutta la riduzione dellessere a croce, a polvere, a sputo...
Gli scricchiolii delle ginocchia che si piegano al mio orecchio
hanno lo stesso suono delle catene... No, niente pentirsi,
mai! meglio morire, meglio andarsene!... Noi siamo, anche, il
nostro passato, che lo si voglia o no. Si può solo guardarlo
intrepidi, con piacere a volte, ma anche con orrore, senza far
quadrare i conti barando, senza ricucirsi alla meglio
il vestito, e, se ne abbiamo la forza, fare meglio. Questo
è quello che conta, nientaltro.
Quel tanto di ingenua mitizzazione che cè ne La
Banda Bellini è in fondo solo un omaggio al meglio
della loro esperienza. E forse proprio il tuo libro, così,
solleva Andrea e i suoi amici da un ruolo, e dai ricordi peggiori.
Ora possono andare avanti, togliere làncora, ripartire
per lignoto. Quanto alla morte, è lunica
cosa sicura, per tutti.
Con affetto e stima:
tuo
Joe
Joe Fallisi
* Da lungo tempo Cavallo Pazzo stava attendendo loccasione
di cimentarsi in battaglia con le Giacche Blu. In tutti quegli
anni, dal combattimento di Fetterman a Fort Phil Kearny, aveva
studiato i soldati e il loro modo di combattere. Ogni volta
che si recava sui Black Hills per avere visioni, aveva chiesto
a Wakantanka di dargli magici poteri così egli avrebbe
saputo come condurre gli Oglala alla vittoria se gli uomini
bianchi fossero venuti di nuovo a fare la guerra al suo popolo.
Sin dalla giovinezza Cavallo Pazzo sapeva che il mondo in cui
vivono gli uomini è solo unombra del mondo reale.
Per entrare nel mondo reale doveva sognare e quando vi si trovava
ogni cosa sembrava ondeggiare o saltare: questo avveniva perché
si chiamava Cavallo Pazzo. Egli aveva appreso che se sognava
se stesso nel mondo reale prima di partecipare a un combattimento,
avrebbe potuto sopportare qualunque cosa. (Dee Brown,
Seppellite il mio cuore a Wounded Knee, Oscar Saggi Mondadori,
Milano 1977, p. 305)
** Laitante fascistello rimane lì
mezzo morto gli vanno addosso tutti quanti ricucendo
sulla carneficina le divisioni e le lacerazioni politiche...
Siccome a me fa schifo vedere il linciaggio di un povero cristo
svenuto e sanguinante mi metto di mezzo a urlare più
forte di tutti che questa è una vigliaccata Non
si spara sui feriti non si può mica farlo fuori
cazzo! È un poveraccio un ragazzo
giovane come si fa a massacrarlo così (...)
(M. Filopat, La Banda Bellini, Shake, Milano 2002, p.
55)
Scena prima.
Arrivo di Fanelli. Azione
La nuvola di fumo del locomotore che trasporta Giuseppe Fanelli
in una non specificata stazione di Barcellona apre in maniera
del tutto inusuale il primo volume di un corposo e ambizioso
progetto editoriale partorito dagli studi di Francisco Madrid
Santos e Claudio Venza.
LAntología documental del anarquismo español
(Francisco Madrid Santos, Claudio Venza (a cura di), Antología
documental del anarquismo español. Volumen 1. Organización
y revolución: De la Primera Internacional al Proceso
de Montjuic (1868-1896), Madrid, Fundación de Estudios
Libertarios Anselmo Lorenzo, 2001, 483 pp., € 17,00) vuole
rispondere alla necessità di riposizionare
lo studio storiografico sullanarchismo in Spagna alla
luce delle fonti. E di una raccolta di fonti si tratta; o, per
meglio dire, di un viaggio attraverso le elaborazioni ideologiche,
i dibattiti, le autorappresentazioni degli anarchici spagnoli,
guidato attraverso un efficace apparato critico che comprende
la ricostruzione storica delle varie scansioni temporali e i
profili biografici dei più importanti nomi che compaiono
in calce ai documenti.
Si tratta di articoli comparsi sulla precaria ma diffusa
stampa di movimento dellepoca, di documenti ufficiali
prodotti dalle organizzazioni, di interventi apparsi in opuscoli
e libri.
Lutilità di questa enciclopedica fatica, concepita
in sei volumi che usciranno al ritmo di uno allanno, sta
nel recuperare in prossimità ciò che è
stato il movimento anarchico in Spagna. Nel tentativo di oltrepassare
da una parte sia le letture ideologiche della storiografia classica
di stampo marxista e liberale, con la loro tendenza allappiattimento
del significato e della presenza dellanarchismo nella
Penisola Iberica sulle categorie di arretratezza, ingenuità,
millenarismo, sia il permanere inconscio di alcuni
di questi comodi modelli esplicativi in ricerche successive,
e dallaltra evitando allo stesso modo una lettura ideologica
speculare tendente allapologetico.
Ai curatori preme sottolineare un altro aspetto importante,
ovvero il tentativo di fermare lattenzione sullanarchismo
in senso specifico e plurale, oltre la prospettiva tipica che
vuole per la Spagna un occhio di riguardo per limportante
affermazione storica dellanarcosindacalismo.
Le linee principali scelte per la selezione dei testi sono di
tre tipi: le forme di lotta, i modelli organizzativi e le posizioni
teoriche dibattute. Accanto a queste chiavi di lettura compaiono
filoni specifici come il ruolo della donna, la questione ecologica,
lantimilitarismo, lanticlericalismo, il campo educativo,
la proposta federalista rispetto alle questioni nazionali e
regionali.
La partizione cronologica segna la divisione in volumi: il primo,
che abbiamo oggi fra le mani, parte dalla nascita dellInternazionale
per chiudersi con il Processo di Montjuic (1868-1896), il secondo
affronterà il nuovo secolo fino alla rottura rappresentata
dalla Rivoluzione Russa, il terzo si occuperà del periodo
della dittatura di Primo de Rivera, gli anni del pistolerismo
e della clandestinità, il quarto del breve ma intenso
periodo della Seconda Repubblica e il quinto del classico e
problematico binomio rivoluzione sociale-guerra civile per gli
anni 1936-1939. Un sesto volume dovrebbe infine comprendere
una panoramica storiografica dei modelli interpretativi, una
bibliografia ragionata e gli indici.
Un prezioso strumento, insomma, per gli studiosi del tema. Un
punto e a capo per comprendere più a fondo
le radici e le ragioni dello sviluppo dellanarchismo nelle
terre del Mediterraneo occidentale.
Andrea Dilemmi
Negras tormentas
e altre storie di Alfonso Font
Viene giusto dallessere pubblicato un interessante libro,
che, in una splendida edizione perfettamente rispettosa del
tratteggio coscienzioso, come dei segni graffianti, come dellammirabile
tecnica dei neri, raccoglie tre storie disegnate dal catalano
Alfonso Font e sceneggiate rispettivamente, oltre che dallautore
stesso, da Juan Antonio de Blas e Victorio Mora.
Sono tre storie non «casuali», come denuncia già
il titolo «Negras tormentas» famoso incipit della
più famosa (insieme a «Hijos del pueblo»)
canzone anarchica cantata nel periodo della rivoluzione del
36/39: linno noto come «A las barricadas»,
recentemente inserito anche in unemozionante sequenza
del film «Terra e libertà» di Ken Loach.
Sono tre storie nemmeno precisamente definibili di spirito libertario,
anche se lo sguardo che si rivolge agli anarchici è ovviamente
carico di una certa simpatia. Sono tre storie che appartengono
al fumetto, diremmo, «classico davventura»,
lontano da sperimentalismi formali e narrativi, frutto di un
sapiente artigianato che mira a raccontare in modo secco e obbiettivo
una realtà. Sono tre storie importanti, perché
come «un bengala nel buio», aprono gli occhi su
luci ed ombre di un periodo troppo celebrato per essere realmente
conosciuto.
La prima, che dà appunto titolo al volume, fa un meritorio
lavoro di scavo nel «clima» in cui si andavano addensando
queste «nubi nere»: il tempo era propizio a bruschi
cambi di scena politici, a dittature militari, come quella di
Primo de Rivera, con la precisa intenzione di affondare il colpo
nelle solide organizzazioni anarchiche, CNT in testa, in via
di proliferazione troppo significativa e quindi preoccupante
per le «forze dellordine».
Il «clima» era quello della nascita degli stati
totalitari che insanguinarono la storia europea del primo dopoguerra,
delle formazioni di pistoleri, sicari e assassini, che non proprio
legalmente ma assai ben tollerate, sul modello della famigerata
Pinkerton nordamericana, venivano assoldate dal padronato per
«mazziare» i protagonisti della progressiva sindacalizzazione
di una classe operaia allora quasi egemone nel mondo del lavoro.
Un brutto clima dunque, nel quale Font costruisce questintricata
Spy story barcellonese, con per protagonista un intraprendente
giornalista, con un passato di rivoluzionario al seguito di
Pancho Villa e Nestor Machno, che si trova ad indagare su uno
sporco traffico, verso la Germania, di armi destinate al partito
nazista non ancora al potere.
Fra le comparsate più nobili, accanto a numerosi compagni
anonimi, per la verità qui non sempre simpatici, fa la
sua parte persino un accigliato Durruti.
La seconda e la terza storia sono invece due brevissimi squarci
aperti sulla miseria della condizione umana nel corso della
guerra, persino di una guerra che palmo a palmo difendeva le
conquiste della revolucion. Sono due frammenti trascurati
di unepopea esaltante, ma che, come tutte le guerre, ha
avuto anchessa il suo carico di necessarie separazioni,
di terribile degradazione della vita a mera sopravvivenza, di
riduzione del corpo a dolente pezzo di carne in fuga fra una
bomba e una speranza impossibile di sazietà.
La linea dellautore è nervosa senza essere problematica,
grottesca senza mai sacrificare troppo del realismo che ne è
un tratto saliente. I bianchi e neri curati in un buon equilibrio
di esigenze della grafica e dei pesi e convinto rispetto della
plausibilità naturalistica. Le tavole costruite, per
lo più, su una solida impostazione a strisce uguali,
a rimarcare le esigenze squisitamente oggettivanti e narrative
di Alfonso Font.
Il volume, ripeto, molto ben curato dal punto di vista grafico
(lamentiamo giusto un lettering un po affrettato
e deficitario dal punto di vista della revisione delle bozze),
è notevolmente arricchito dalle ampie introduzioni ad
ognuno dei racconti, approfondite e utilissime ad inquadrarli
nella loro cornice storica, come anche a fare il punto sullarte
e sul talento dellautore; tali introduzioni sono di Claudio
Venza per la parte storica e, per il resto, dellimportante
e noto studioso di fumetti Graziano Frediani.
Alessio Lega
Il volume è richiedibile ad ApARTe°/Fabio
Santin, casella postale 85 succ. 8 30171 Mestre (Ve).
Il costo è di 15,00 euro a copia da versarsi sul conto
corrente postale N. 12347316.
Questurini e
Anarchici
Nella storia del conflittuale rapporto fra gli organi di repressione
dello stato e i movimenti sovversivi, e nella fattispecie quello
anarchico, tutto ciò che raggiunge gli onori della cronaca,
come le perquisizioni, gli arresti, i teoremi accusatori, i
processi e così via, non è altro che il punto
di arrivo di un lungo, sotterraneo e silenzioso lavoro precedente.
Un lavoro paziente e organico, finalizzato alla raccolta di
quelle informazioni che permetteranno poi, alle questure e ai
comandi dellArma, di intervenire, se del caso, con gli
strumenti repressivi che ben conosciamo. Al tempo stesso, però,
lopera degli informatori e degli infiltrati, lattenta
lettura dei giornali e dei documenti, luso delle più
aggiornate tecnologie per lintercettazione e il controllo
telematico, fanno sì che il funzionario del Ministero
degli Interni venga formando, a fianco del materiale dindagine,
un apparato documentale di indiscutibile valore storico. Infatti,
se sul momento le informazioni raccolte vanno ad esclusivo beneficio
dellinquisitore e dei suoi intenti repressivi, queste
stesse informazioni, una volta che siano state archiviate, diventeranno
un utile strumento dindagine per lo storico. E paradossalmente,
alla fine dei conti, ad utilizzare i dati sarà, con tutta
probabilità, un ricercatore intenzionato a ricostruire,
con oggettività e rigore scientifico, la storia reale
del nostro movimento. Ribaltando così, alla faccia del
voyeurismo questurinesco, il lavoro organizzato e finanziato
dal Ministro degli Interni.
Sempre interessate, anche se con una doverosa diffidenza, a
questa miniera di documenti, puntigliosamente raccolti e conservati
dallo spione di turno, oggi tutte le scuole storiografiche,
a differenza di un passato contraddistinto dalla ostilità
degli storici «di sinistra» e dalluso spregiudicato
e strumentale di quelli «di destra», compiono nuove
riflessioni sulle carte di polizia, interrogandosi non solo
sulla validità scientifica del loro utilizzo, ma anche,
e soprattutto, sulla possibilità di filtrarne i contenuti
per depurarli dalle inevitabili scorie lasciate dallostilità
degli estensori. In pratica, su come rendere asettiche, e non
inquinate, tali informazioni (1).
È di questi giorni un interessantissimo libro di Giorgio
Sacchetti, ricercatore al dipartimento di storia alluniversità
di Teramo, stimato studioso dei movimenti sovversivi e militante
della Fai (Giorgio Sacchetti, Sovversivi agli atti. Gli anarchici
nella carte del Ministero dellInterno, Ragusa, La
Fiaccola, 2002) nel quale lautore, oltre ad aggiungere
un nuovo tassello alla storia del movimento anarchico italiano
del novecento, e in particolare di quello del secondo dopoguerra,
si interroga su come le carte di polizia possano effettivamente
aiutare il lavoro dello storico. I periodi presi in considerazione
sono due: il primo, descritto al capitolo «Anarchici e
pubblica sicurezza (1921-1943)» affronta i duri momenti
della sconfitta del movimento proletario seguiti alla occupazione
delle fabbriche, concretizzatisi poi nel buio periodo dellesilio
e della clandestinità; il secondo, «Attenzione
Gabinetto Ministro dellInterno (1944-1966)», tratta
un periodo ancora poco frequentato dalla ricerca, vale a dire
gli anni della cosiddetta ricostruzione, allorché il
movimento anarchico riannoda i fili di quel percorso militante
che va dalla nascita della Federazione Anarchica Italiana alla
sua drammatica scissione nella seconda metà degli anni
sessanta (2).
Sacchetti, fin dalla introduzione, spiega le coordinate del
suo lavoro, informandoci che «oggetto di questa ricerca
sono gli anarchici visti attraverso i documenti
prodotti dalle strutture di controllo e repressione dello Stato».
E attraverso questa particolare chiave di lettura, così
esplicitata e dichiarata, la narrazione viene ad assumere un
angolo di visuale del tutto particolare, laddove a fianco della
interpretazione dello storico si offre puntualmente la citazione
della nota questurinesca, anche se questa raggiunge, non di
rado, effetti di involontaria, paradossale, comicità
(«Failla ha sostenuto che soltanto nellUnione Sovietica
esiste un sistema di governo che si avvicina alla concezione
anarchica della società e che tutela gli interessi degli
operai [...]»), ogni volta che la foia indagatrice o il
desiderio di ben figurare dellinfiltrato di turno stravolgono,
più o meno volutamente, il più elementare buonsenso.
Il fatto, del resto, che nonostante la necessità di raccogliere
notizie veritiere e utili per il lavoro di controllo e repressione,
spessissimo le informazioni raccolte risentano palesemente di
pregiudizi ideologici, di paranoie complottistiche, di deformazioni
professionali, perfino del desiderio di offrire al superiore
notizie tanto più clamorose e importanti,
quanto false, obbliga lo storico attento e coscienzioso, e lironico
Sacchetti è senzaltro da annoverare fra questi,
a compiere un ulteriore lavoro di verifica delle fonti. Ma se
lautore ne è ben consapevole, e non a caso compare
come esergo la citazione di Nico Berti «[...] in
conclusione per lo storico dellanarchismo le fonti di
polizia sono indispensabili per ricostruire la cornice dei fatti.
Quasi mai per interpretare il quadro esistente entro tale cornice»,
il risultato sarà particolarmente prezioso, perché,
oltre ad aggiungere un tassello alle nostre informazioni su
come lavora il nemico, ci permetterà anche di approfondire,
con una nuova «fonte di fonti», la conoscenza della
nostra storia.
Massimo Ortalli
note:
(1) Vd. la recente pubblicazione Voci di compagni Schede
di questura. Considerazioni sulluso delle fonti orali
e delle fonti di polizia per la storia dellanarchismo,
Milano, Quaderni del Centro Studi Libertari Archivio Pinelli,
2002, che raccoglie le relazioni presentate da Bermani, Berti,
Brunello, Franzinelli, Giannuli, Pezzica e Venza ai seminari
tenutisi a Milano nel gennaio e nellaprile 2002.
(2) Le fonti prese in considerazione, conservate presso lArchivio
Centrale dello Stato, sono, per la prima parte, la Serie annuale
del fondo Direzione Generale della Pubblica Sicurezza categoria
K1-A (anarchici), i fondi «Stampa sovversiva e clandestina»,
«Associazioni», «Confino Politico» e
il fascicolo Guelfi Giuseppe fu Oreste, intestato a un anarchico
confidente della polizia; per la seconda, la «Busta 78»
che raccoglie le informative sul movimento anarchico sottoposte
allattenzione del ministro dellInterno fra il 1944
e il 1966.
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