Se il Presidente Ciampi non fosse, per
formazione e cultura, essenzialmente un banchiere, se non appartenesse
cioè a un gruppo professionale uso a trattare
con grande liberalità la categoria del reale e quella
dellimmaginario, forse non si sarebbe azzardato a proporre
ai nostri pazienti concittadini listituzione di una giornata
della bandiera, esortandoli, per di più, a celebrarla
in modo adeguato con unallocuzione ufficiale. Ci vuole
molta immaginazione, in effetti, per ritenere che il tricolore
sia stato, o possa diventare, un vero simbolo di unità
e concordia nazionale e bene hanno fatto quei commentatori (per
esempio Gabriele Polo, sul Manifesto di mercoledì
8 gennaio) che hanno sottolineato come gli italiani, nella loro
storia unitaria, quel vessillo lo abbiano sventolato soprattutto
per sottolineare le proprie divisioni e che la tendenza a servirsene
per esprimere, come si dice, dal basso, una volontà
di rinnovamento o rivolta, come è successo in certi episodi
del Risorgimento o nella Resistenza, abbia avuto storicamente
assai meno fortuna di quella di chi lo ha impiegato, dallalto,
per coprire una sua volontà di sopraffazione e dominio.
Tanto è vero che, a differenza che in altri paesi, quelle
che una volta si definivano le masse da quel simbolo
si sono sempre tenute piuttosto alla larga e che lunica
occasione di un suo impiego generalizzato e spontaneo ha finito
per essere quella, invero piuttosto caricaturale, dei festeggiamenti
successivi alle (rare) vittorie della nazionale di calcio.
Daltronde, se è vero che i simboli non richiedono,
per essere tali, altro che la volontà di qualcuno di
investirli di quella funzione, è altrettanto vero che
difficilmente si può prescindere dalle circostanze storiche
che hanno caratterizzato la loro scelta, il che dovrebbe obbligarci
come minimo a dubitare della funzionalità
di un emblema di indipendenza nato per imitazione di quello
di una potenza straniera occupante (perché il tricolore
della Repubblica Cispadana fu adottato, il 7 gennaio 1797, in
ovvio ossequio a quello delle armate napoleoniche) e di una
bandiera repubblicana imposta al paese con proclama
regio. In effetti, da quando Carlo Alberto, il 23 marzo1848,
lo fece distribuire alle proprie truppe in barba alle sue origini
giacobine, sono stati veramente troppi i propugnatori del tricolore
che hanno avuto in mente soprattutto linteresse proprio
e non sarà un caso se, a differenza del suo prototipo
francese, che ha conservato a lungo, anche durante le parentesi
napoleoniche e orleanista, una specifica connotazione democratica
e repubblicana, tanto è vero che proprio sulla questione
della bandiera è caduto almeno un tentativo di restaurazione
monarchica, quello italiano non ha mai posto preclusioni ideologiche
a nessuno.
Nessuno, in effetti, monarchico, repubblicano, clericale, democratico,
reazionario, fascista o altro che fosse, ha mai avuto particolari
obiezioni da muovere al suo impiego. Gesti come quello del conte
di Chambord (il mancato Enrico V del Carducci), che nel 1871
rifiutò, appunto, lofferta del trono pur di non
rinunciare al vessillo bianco dei Borboni, non hanno mai caratterizzato
la nostra storia. Se questo sia un sintomo di civile tolleranza
o di quella indifferenza ai valori che in politica prende, di
solito, il nome di trasformismo è un problema che ciascuno
può agevolmente risolvere da sé.
Una certa qual diffidenza
Anche quello della comune indifferenza ai valori, naturalmente,
può essere un criterio di unità e già il
Machiavelli, se ricordo bene, scriveva (dispiacendosene) che
a caratterizzare gli italiani in quanto tali era soprattutto
la spiccata tendenza a privilegiare ciascuno il proprio particulare.
Una gran brutta propensione, nei termini in cui la dipingeva
quellautore, ma anche un atteggiamento, in ultima analisi,
maledettamente ragionevole. Unità e solidarietà,
a pensarci bene, sono due belle parole, ma vengono usate troppo
spesso per coprire delle pretese e degli atteggiamenti volti
ai danni di qualcun altro perché a loro ci si possa affidare
con piena serenità. Per restare in argomento, le bandiere
che sventolano nelle contese civili sono sempre più rispettabili,
nonostante tutto, di quelle che guidano gli eserciti alla conquista
dei paesi altrui.
Più in generale, sarà sempre meglio unonesta
divisione in nome dei valori e dei legittimi interessi delle
parti, che ununità fittizia imposta da qualcuno
allo scopo precipuo di difendere il proprio utile personale
senza prendersi la briga di dichiararlo, che è poi, stringi
stringi, la funzione assegnata allunità nazionale
dalle varie classi dirigenti da quando esistono le nazioni.
Non so voi, ma io, personalmente, di mostrarmi unito e solidale,
tanto per fare dei nomi, con Berlusconi e i suoi, per non dire
dei fratelli Agnelli, del sindaco Albertini, del ragionier Colaninno,
del dottor Tronchetti Provera o di altri degni personaggi par
loro, non sento la minima necessità e sul fatto che costoro
agiscano davvero nellinteresse del paese tutto continuo
a nutrire una certa qual diffidenza. Il Presidente Ciampi fa
il suo mestiere e tutti gli auguriamo la più lunga permanenza
possibile al Quirinale, anche in considerazione di chi si è
candidato a succedergli, ma certi inviti, in sostanza, potrebbe
anche risparmiarceli.
Carlo Oliva
|