Quando i migranti eravamo noi!
Migrante è tuo padre e tua madre e altri ed
altre prima di loro. Siamo tutti migranti, ma solo alcuni vengono
costretti ad essere clandestini: quando verrà il tempo
in cui uomini e donne saranno liberi cittadini e la nostra patria
il mondo intero? (Primo Levi)
Se un migrante viene in Italia in cerca di un lavoro, al di
fuori dei flussi migratori regolati e controllati dallo Stato,
è un clandestino. Se, invece, un imprenditore
italiano crea unazienda fittizia nei paesi da cui provengono
i migranti, solo allo scopo di reclutare manodopera a basso
costo da impiegare in Italia, con contratti e salari dei paesi
di provenienza, è tutto regolare. In questultimo
caso non assistiamo né a manifestazioni di sdegno, né
a richieste di «tolleranza zero», che per loro natura
hanno come bersaglio i clandestini.
In questi anni abbiamo assistito allabbattimento virtuale
delle frontiere degli Stati, per favorire la libera circolazione
di merci, capitali, servizi e conoscenze su scala globale. Viceversa
si continua ad impedire la libera circolazione delle persone
alzando nuovi muri, come quello interminabile che divide le
frontiere del Messico da quelle degli USA, paesi pionieri per
ironia della storia insieme al Canada del primo
trattato con cui, senza regola alcuna, si è creata unarea
di libero scambio.
Pertanto, sul piano del diritto internazionale e delle teorie
del libero mercato, lunico fattore della produzione al
quale è negata la libertà di movimento è
il lavoro.
È curioso e paradossale che i «liberisti»
in economia e i sostenitori del processo di globalizzazione
senza regole siano, e non solo in Italia, tra i più convinti
sostenitori della chiusura delle frontiere ai migranti.
Nel nostro paese si arriva alle bassezze degli ex-fascisti,
che raccolgono firme per negare i diritti politici di cittadinanza
ai migranti ormai integrati stabilmente nella nostra economia
e ai deliri leghisti, che vorrebbero accogliere a cannonate
i migranti che attraversando il canale di Sicilia o quello di
Otranto sfuggono dalla miseria e da un futuro che nel loro paese
gli è stato rubato.
Miseria! La stessa vera e unica causa dellemigrazione
transoceanica che, tra il 1880 e la prima guerra mondiale, portò
circa 9 milioni (ripeto 9.000.000) di italiani nella Mèrica,
contando solo le persone emigrate in Argentina, Brasile e Stati
Uniti.
La fuga, inclusiva a piedi in pieno inverno, per arrivare al
porto dimbarco di Genova, coinvolgeva interi paesi e poteva
assumere aspetti di vera liberazione. Un esodo che, di certo,
non fu frenato dalle classi dirigenti italiane (quello che oggi
i politici nostrani vorrebbero farsi garantire da quelle extracomunitarie),
che al contrario vedevano con sollievo unemigrazione che
costituiva, per usare unespressione almeno non ipocrita
del ministro Sonnino, una valvola di sfogo per la pace
sociale.
Dietro lemigrazione transoceanica, non cerano gli
scafisti criminali senza scrupoli di oggi, ma cerano gli
interessi degli armatori e delle società di navigazione
italiane (1). Ma ciò non evitava
che con il viaggio in mare iniziava per i migranti una vera
odissea. La traversata oceanica con le navi a vapore durava
da 21 a 30 giorni, dipendendo dalla destinazione. Stivati in
piroscafi abilitati a trasportare un numero di persone di tre
volte inferiore (e spesso destinati al trasporto di carbone),
pessimamente alimentati quando non lo erano con cibi
deteriorati , coricati nei piani inferiori della nave
in cuccette accatastate o direttamente nel pavimento, soggetti
ad epidemie (in particolare vaiolo), gli emigranti soffrivano
durante il viaggio di una mortalità elevata per fame,
malattie o asfissia, soprattutto tra i bambini.
È questa la sorte toccata alle famiglie dei nonni paterni
e materni di Zélia Gattai, scrittrice brasiliana moglie
di Jorge Amado. Le due famiglie (che non si conobbero nelloccasione)
partirono da Genova nel febbraio del 1890, sulla stessa nave
Città di Roma con destinazione porto di Santos
in Brasile. Gli uni i Da Col provenivano dal Veneto in fuga
dalla miseria alla ricerca di fortuna, gli altri i Gattai provenivano
dalla Toscana e partivano, con Giovanni Rossi e altre 150 persone
di diverse condizioni sociali e professionali, per fondare una
colonia sperimentale socialista libertaria in Brasile, la Colonia
Cecilia, nelle terre del Paraná donate dallimperatore
Pedro II.
Nel suo libro di memorie Città di Roma, Zélia
Gattai ricorda i racconti dei nonni, degli zii e della madre
ascoltati da bambina. Ho pensato che alcuni di questi riguardanti
il viaggio e le ragioni per cui emigrarono, siano interessanti
farli conoscere in italiano (il libro non è stato ancora
tradotto), per la loro spontaneità e immediatezza, ricordandoci
sempre di una frase che il mio amico don Andrea Gallo ama ripetere:
Chi è senza memoria è senza futuro.
1. Non esenti da colpe per le moltissime vittime che lattraversata
transoceanica ha mietuto, sia per cause dovute ad epidemie,
sia ad altre cause riconducibili in ogni modo alla responsabilità
delle compagnie di navigazione. Come i 52 morti per fame delle
due navi Matteo Bruzzo e Carlo Raggio
che partirono nel 1888 da Genova alla volta del Brasile, o quei
24 morti per asfissia imbarcati nel piroscafo Frisca
nel 1889.
Gianni Alioti
Zélia Gattai memorialista,
scrittrice e fotografa, è nata il 2 luglio 1916
a San Paolo, figlia di Ernesto Gattai, anarchico italiano
emigrato in Brasile e morto nel 1950, a soli 54 anni,
dopo essere stato sequestrato e torturato dai militari
al potere. Zélia ha raccontato la vita degli emigranti
italiani in Brasile nel suo primo libro, Anarchici
grazie a Dio (1979, tr. it. 1983) e alla figura del
padre ha dedicato di recente Città di Roma
(2000).
Ha conosciuto Jorge Amado nel 1945, durante una manifestazione
(ne parla in un altro libro di memorie, Un cappello
da viaggio, tr. it. 1985). Da allora, fino alla morte
dello scrittore nel 2001, non si sono più lasciati.
Zélia e Jorge hanno preso insieme la strada dellesilio
nel 1948 e sono rimasti per 5 anni lontano dal Brasile.
Nel 1960 si sono trasferiti da Sao Paolo a Bahia, con
i due figli Paloma e Joao Jorge. Nel 1978 hanno ufficializzato
la loro unione. Nel 2001 Zélia Gattai è
stata eletta allAcademia Brasileira de Letras nel
seggio che era stato di suo marito.
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Scherzi da preti
di Zélia Gattai
Alla mamma piaceva contare storie, soprattutto quelle della
famiglia. Noi bambini stavamo lì, curiosi, e lei non
ci lasciava senza. Cominciò dallinizio.
«La gente viveva una vita tranquilla, là nel
Cadore. Il nonno era un segantino, viveva tagliando legname.
Lavoro molto pesante, ma lui lo sopportava. Usciva molto presto
di casa e tornava solo prima di sera, dopo aver tagliato non
so quanti tronchi dalbero, che erano portati in zattere
dal Piave. Il legname di Perarolo del Cadore era di ottima qualità,
usato in tutta Italia. Gli abitanti del luogo vivevano tagliando
alberi e preparare legname per lesportazione.
La famiglia Da Col andava aumentando. Cominciavano a sorgere
difficoltà economiche. Per tanto lavoro il salario del
nonno era piccolo. Carolina non aveva ancora compiuto due anni
ed era già il quinto figlio dei miei genitori. Zio Gigio
il più vecchio, con otto anni, zio Angelino, sette, zia
Margherita, sei, e io, quattro.
Fu in questa occasione che cominciarono a correre voci che rappresentanti
dei fazendeiros di caffè, del Brasile, erano
arrivati, promettendo mari e monti, contrattando famiglie intere
per lavorare nelle fazendas. LAmerica, dicevano,
è il paradiso! Il Brasile, la terra della cuccagna! La
terra dellabbondanza, della ricchezza!
Le promesse erano tante che tutto il mondo si entusiasmò.
Avrebbero ricevuto i soldi per il viaggio e il denaro sufficiente
per arrivare ad una tale fazenda, in Cândido
Motta, nellinterno dello Stato di San Paolo.
Molte famiglie si iscrissero, disposte ad imbarcarsi nellavventura,
per arricchire. Gli inviati dei fazendeiros parlavano
italiano e avevano una buona lingua.
La grande decisione fu presa: nonno Eugenio e nonna Pina, così
come molte famiglie, firmarono il contratto.
Tutta quella gente dette credito alle promesse che gli fecero,
senza nemmeno lontanamente sospettare che stavano per essere
portati in un paese dove la schiavitù era appena stata
abolita e che loro, italiani di braccia forti, lavoratori di
prima categoria, sarebbero andati a sostituire la manodopera
schiava.
E fu in questo scherzo da preti che i miei genitori
caddero, disse mamma, piena dindignazione, esaltata come
se loro fossero caduti la vigilia o quel giorno stesso nel cosiddetto
scherzo da preti.
Ci portarono al porto di Genova, e là, spinti come animali,
fummo imbarcati nella nave Città di Roma, che
partiva per il Brasile.»
Lattraversata
dei Gattai
di Zélia Gattai
Lattraversata da Genova per il porto di Santos
fu lunga e penosa, raccontava zio Guerrando (uno
dei fratelli di Ernesto Gattai padre di Zélia. NdC).
Non posso dimenticare. Ammucchiati e tristi come buoi
in cammino verso il mattatoio, gli immigranti vomitavano nei
fondi caldi e scuri, a lato delle caldaie della nave, un vero
inferno. La gente andava sopportando senza reclamare. Tutti
avevano una paura terribile di ammalarsi, finendo per morire
in alto mare. Lo sapete no? spiegava lo zio, che nelle
navi dellepoca non cerano frigoriferi per conservare
i cadaveri, e i corpi di quelli che morivano durante lattraversata
erano cacciati in mare.
Hiena ancora poppava e il latte della mamma era il suo alimento
principale. Siccome io ero il più grande dei figli, proseguiva
zio Guerrando, fui incaricato di stare attento ai miei fratelli
più piccoli, in quanto la mamma cominciò a stare
male, con vomiti e giramenti di testa, e non era in condizioni
di guardarci. Il viaggio sembrava non avere fine e, con tanta
sofferenza, il latte della mamma terminò. Mia sorellina
non era abituata con altri alimenti, ma fu costretta a mangiare
quello che mangiavamo tutti, cioè cibo pesante e grasso,
uno schifo! Il risultato, come potete immaginare, fu disastroso.
Provocò una tale dissenteria nella bambina. (
).
La mamma era disperata, piangeva senza smettere, singhiozzava
e ripeteva: Se mia figlia muore, io muoio con lei, mi
butto in mare
Mio padre uomo coraggioso e vivace, allimprovviso restò
silenzioso, triste. Vuoi vedere che si sente in colpa di ciò
che sta accadendo, pensai. Penso che fosse proprio così.
Quellinfelice di mio padre, doveva star soffrendo molto,
non si allontanava dalla moglie e dalla figlia. Disanimato,
mancava persino alle riunioni che il gruppo della Colonia Cecilia
organizzava. Quei compagni avevano sempre cose da discutere.
Loro discutevano, litigavano? domandai curiosa.
Non erano discussioni litigiose, solamente conversavano
Alle volte io mi avvicinavo per vedere se coglievo alcune cose
di quello che dicevano, ma non capivo unacca, rise
zio Guerrando, finivo per addormentarmi.
(
). Per fortuna stavamo arrivando al porto di Santos,
ancora un giorno di viaggio, e la mia sorellina non sarebbe
finita in bocca ai pesci, né lei né la mamma.
(
). Nel porto di Santos, sincontrava la famiglia
Gattai, senza sapere quale direzione prendere, una bambina agonizzante
nelle braccia della madre.
(
). Una nave stava aspettando gli immigranti per portarli
ad un porto del Paraná. Tutti quanti partirono, meno
la nostra famiglia.
Hiena resistette ancora due giorni in terra ferma. Fu sepolta
a Santos.
Lattraversata
dei Da Col
di Zélia Gattai
Il viaggio dei Da Col non fu differente da quello dei Gattai.
Carolina si ammalò e nonna Pina pregò, senza fermarsi,
chiedendo a Dio che non si portasse via la vita della figlia.
Nonna Pina pregava e cantava una ninnananna antica, nel dialetto
veneto, canto tanto triste, ritmo di litania, che calmava e
faceva dormire i più renitenti degli insonni. Io conoscevo
bene questa ninnananna. Mia mamma la cantava per addormentare
i figli (
). Mi ricordo bene delle parole, in quanto anchio
lho cantata per i miei figli e, alcune volte, cullata
mi addormentai con loro. (
). Quando mia mamma la cantava
per me, aspettavo la parte che più mi piaceva: La
mamma che tha fatto si consuma
si consuma poco,
poco a poco, come la legna verde vicino al fuoco
.
Dio udì le preghiere di quella madre disperata,
udì il suo canto doloroso e Carolina arrivò viva
in terra, grazie a Dio diceva nonno Eugenio.
Mia mamma, che con il passare degli anni diventò quasi
o per intero non credente, non pensava così. Interpellata,
certe volte, sul miracolo di Dio, che non aveva permesso che
sua sorellina fosse buttata in mare, rispondeva:
E dove stava Dio, quando morirono tre passeggeri, di cui
un bambino? Io ero molto piccola disse , ma
ricordo bene quando gettarono quei tre poveretti in mare, i
familiari gridavano disperati.
Vuoi vedere che loro non pregarono, non chiesero a Dio
arrischiò Maria Negra che ascoltava la conversazione.
E cè bisogno di chiedere? Perché chiedere?
domandò mia madre.
Dio non sa cosa fa? Per caso lui non conosce i suoi obblighi?
Io che non sono Dio non aspetto che mi chiedano aiuto, quando
cè bisogno, nella misura delle mie possibilità.
Ora, se lui può tutto, è infinitamente potente,
come dicono, non dovrebbe avere tutta questa vanità di
volere che gli chiedano, aspettare che lo implorino per risolvere
i casi
Credo! Donna Angelina! Che peccato! La signora dubita di Dio!
Attenta, perché può essere castigata
esplose Maria Negra, spaventata davanti a questa immensa eresia
che finì per sentire.
Castigata io? Castigata per dire quello che penso? Castigata
per dire la verità? In che mondo stiamo? Mamma
sindignava di fronte a ciò che chiamava lignoranza
di Maria Negra. Tu stessa stai insultando Dio, Maria,
quando dici che lui non ammette libertà di pensiero
che
castiga senza dolore né pietà
un bel prepotente!
Assistetti a varie discussioni come questa, discussioni che
mi fecero pensare, che mi misero dubbi nella testa, che mi lasciarono
curiosa. Come sapere dove sta la verità? I miei dubbi
e le mie curiosità possono essere considerate, da alcuni
religiosi, come peccato, mancanza di rispetto a Dio. E gli atei
radicali? Cosa possono pensare? Devono pensare che sono appena
una povera di spirito, una ignorante dubbiosa dellovvio.
Ho labitudine, da molto tempo, di non etichettare i miei
pensieri, sono arrivata ad avere mie proprie idee, seguire la
mia direzione secondo la mia testa, e mi è andata bene.
Continuo a ripetere a tutte le ore, senza alcuna costrizione:
grazie a Dio e se Dio vuole, ringraziare io ringrazio,
ma chiedere
non chiedo niente.
Simile ma...
completamente differente
di Zélia Gattai
Nonno Eugenio una volta disse che le storie delle nostre famiglie,
la Gattai e la Da Col, erano simili ma completamente differenti.
Tutti risero, domandandogli: «Come può essere
che si sia simili ma completamente differenti, nonno?».
E lui spiegò molto bene: Noi e loro non
siamo italiani? Solo che loro sono toscani e noi, veneti. Molto
differenti, non è vero? Loro erano anarchici e noi cattolici.
Più differenti di così è impossibile. Il
loro viaggio aveva una finalità politica. Volevano riformare
il mondo. Il nostro aveva una finalità economica. Volevamo
guadagnare soldi. Né loro riformarono il mondo né
noi guadagnammo denaro. Viaggiammo sulla stessa nave, la Città
di Roma. Avevamo cinque figli, loro anche. Nonno Eugenio
fece una pausa, la voce trattenuta, parlò: Questo
viaggio ci rubò una figlia, e ne rubò una anche
a loro: Hiena e Carolina.
Brani tratti da: Zélia Gattai, Città di Roma,
Record, Rio de Janeiro, 2000.
Bibliografia
Per
quanti fossero interessati ad approfondire il tema dellimmigrazione
italiana in Brasile e del ruolo degli anarchici, consigliamo
la seguente bibliografia:
Cubero
Jaime/Di Lembo Gigi/Morelli Leonardo
Nel sole di un paese grande che libero forse non è
stato mai. Resoconto dal «nuovo» Brasile,
Milano, Zero in condotta, 64 pp., 1989
Felici
Isabelle
Limmigrazione italiana a Sao Paolo attraverso
la stampa anarchica (1890-1920), in Atti del convegno
Lavoratori e Sindacato nellemigrazione italiana
in America Latina 1870-1970, Brescia, 1992
Felici
Isabelle
La Colonia Cecilia. Fra leggende e realtà,
Colloque Giovanni ROSSI de la BFS, Pisa, 27/03/1993
Felici
Isabelle
Gli anarchici italiani di San Paolo e il problema dellorganizzazione
operaia 1898-1917, in La riscoperta delle Americhe,
Atti del convegno Brescia 25-27/11/1992, Milano,
Teti, 1994
Felici
Isabelle
La Colonia Cecilia, in RSDA, a.III, v. 2, 1996
Gattai
Zélia
Anarquistas, graças a Deus/Anarchici grazie
a Dio!/Zélia Rio de Janeiro, Record, 1979/Frassinelli,
1983/Paris, Stock, 1982
Rodrigues
Edgar
Lavoratori italiani in Brasile, Casalvelino Scalo,
Galzerano ed., 270 pp., 1985
Zane
Marcello
Anarchia e nostalgia. La diaspora degli anarchici italiani
in Brasile 1890-1907, in La riscoperta delle Americhe,
Atti del convegno Brescia 25-27/11/1992, Milano,
Teti, 1994.
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