Radio Bandita,
una radio libertaria in internet
Parte tecnica e un po di storia
In unepoca in cui sembra che la televisione abbia ammazzato
qualsiasi altro mezzo di comunicazione, le radio in Italia hanno
ancora un bacino dascolto vastissimo e questo per la caratteristica
propria della radio come mezzo non invasivo e non totalizzante
nella sua fruizione.
Negli anni settanta la storia pionieristica delle prime radio
«libere» apportò un grande contributo allo
sviluppo della controinformazione nel «movimento»
studentesco e operaio, oggi una storia per alcuni versi simile
(ma per molti altri diversa) sta avvenendo nel Web.
La prima esperienza di radio «libera» in Internet
arriva nel 1997 da Catania, si chiama Radio Cybernet
curata da Asbesto, un ackaro (così amano chiamarsi gli
hackers nostrani) siciliano che in una regione insospettabile
dal punto di vista dello sviluppo informatico, trasmette con
mezzi tecnici a basso costo ed utilizzando la genialità
propria degli hackers (famosi i suoi microfoni costruiti con
i tappi di sughero).
Dopo tutto ad una radio che vada in Internet non serve una grande
tecnologia e nemmeno grosse risorse finanziarie, bisogna solo
essere dei buoni smanettoni ed avere voglia di raccontare qualcosa.
Quindi da questa prima esperienza prendono i passi un po
tutte le successive radio in Internet, come ad esempio Radio
Mozzarella che tra marzo e aprile 2002 rimanda in rete
le voci degli internazionali presenti in quel momento in Palestina,
portando informazioni e notizie che nessun altro media rimanda.
Oppure Esseottoradio, una radio che trasmette
in rete da alcuni anni dallhinterland milanese rimandando
concerti dei gruppi del territorio e facendo informazione sulle
problematiche locali.
Allinizio è un gioco e limportante è
prendere confidenza con il mezzo, sviluppare e sistemare i software
che possono permettere lesistenza di queste esperienze;
perché una cosa fondamentale per queste nuove radio che
nascono è lutilizzo di solo software «libero»,
per intenderci non si utilizza Windows (quello di Bill Gates)
ma Linux (quello del pinguino) così anche per tutti i
programmi: per «streammare», per riprodurre la musica
in file mp3, per editare le puntate trasmesse ed archiviarle
ecc.
Si chiama «libero» perché la forma di copyright
studiata dalla Free Foundation Software lascia la possibilità
a chi ne usufruisce di modificarlo, scaricarlo, regalarlo e
tutto quello che uno può immaginare di fare con questi
software, alla condizione che nessuno possa diventarne il proprietario,
per cui è garantita la libera fruizione del sapere.
Una delle prime cose che si intuiscono è che vista la
scarsa diffusione della banda larga in Italia, bisogna rinunciare
alla qualità per tentare di rendere più fruibile
questa tecnologia ed allora lo «streamm» di queste
radio è di una qualità tale che anche con un modem
56k è possibile ascoltarle.
Ecco radio Bandita...
La storia di Radio Bandita parte nel maggio 2002.
Giucas comincia a trasmettere su Internet facendo una trasmissione
settimanale; con il nome di Radio Giucas ha
inizio la prima parte sperimentale di uno strumento nuovo.
La trasmissione da puro intrattenimento comincia a prendere
una forma sempre più di approfondimento, comincia ad
avere una struttura fissa con ospiti, rubriche, sigle e conduttori.
Nel marzo del 2003 visto che il progetto ha lasciato quella
dimensione personale per assumere sempre più caratteristiche
collettive: si decide di abbandonare il nome di Radio Giucas
per assumere quello attuale. La prima puntata della radio «ristrutturata»
vede linizio dei bombardamenti sullIraq da parte
dellesercito statunitense ed è subito la prova
che frastornati dai media mainstream e privi dei mezzi non è
possibile inseguire linformazione ufficiale, ma approfondire
la notizia per rendere la complessità della realtà.
Questo ci è sembrato lelemento che, man mano la
redazione andava formandosi fino a constare di 4 persone più
alcuni collaboratori, ci ha spinto a fare questa radio: non
una radio di militanza e propaganda ma di riflessione ed approfondimento;
perché come si legge sul sito della radio «se mai
una certezza vi daremo, avremo miseramente fallito nel nostro
intento».
I temi trattati nel corso di questo anno di Radio sono stati
i più disparati, dalla situazione in Argentina, allincidenza
dei brevetti delle multinazionali su medicina e informatica
nella nostra vita, dalla storia riscritta dai servizi segreti,
alla censura nella canzone italiana, dallo zapatismo nel lontano
Chiapas, alle problematiche delle nostre metropoli, sempre comunque
con un approccio libertario e pronti a mettersi in discussione.
Non manca la musica e neanche lironia, che per esempio
troviamo nella rubrica «Testate al muro» rassegna
stampa dei giornali di destra.
Radio Bandita trasmette solo il lunedì dalle 21,30 fino
alle 24,00, che può sembrare poco, ma vi assicuriamo
che per preparare una buona trasmissione (almeno così
speriamo) serve molto tempo.
Tutte le trasmissioni sono archiviate ed alcune sono disponibili
da scaricare sul sito di Radio Bandita.
Perché il mezzo è anche il messaggio come diceva
lo stracitato McLuhan, ed inoltre condiziona il nostro linguaggio
e il suo uso, la differenza tra una radio via Internet ed una
radio via etere è la possibilità di essere ascoltata
non solo in diretta ma anche con larchiviazione dei contenuti
che vengono in questo modo resi pubblicamente disponibili.
Il progetto Eterete
Vista la relativa facilità di costruire una radio via
Internet si è avuto, come dicevamo anche più sopra,
un proliferare di questi strumenti nellultimo anno, molte
radio sono nate anche in occasione di situazioni temporanee,
come durante iniziative o manifestazioni (un esempio la lunga
diretta della giornata del primo maggio in occasione della May-Day
Parade a Milano). È in queste occasioni che ci si è
accorti che trasmettere da soli non bastava più e daltro
canto non si voleva commettere lerrore di costruire ununica
struttura centrale per mantenere quella peculiarità che
lo strumento proprio di Internet permette: la possibilità
di avere un reale lavoro dal basso dove ognuno può accedere
e mettere del suo; il passo successivo sarà quello di
allargare la possibilità di essere ascoltati.
Da qui nasce a Milano il progetto Eterete, per ora solo un progetto.
In buona sostanza lidea è di riuscire a facilitare
e costruire insieme una rete di radio trasmettitori ad alta
frequenza che coprano unarea relativamente ristretta e
che si basi su una cooperazione trasversale tra associazioni,
movimenti, collettivi, singoli individui in quel territorio
per la produzione di contenuti, pensando anche a forme di coordinamento
tra i vari nodi della rete. Tante antenne con trasmettitori
poco potenti e sotto tante teste diverse che trasmettono quel
che gli pare. Come unire questi puntini sulla mappa milanese?
Con il Web!
Questo metodo di creare informazione dal basso è già
usato in alcune comunità indiane e negli Stati Uniti
da alcune microemittenti radicali newyorchesi.
Come ascoltare una radio dal Web
Per ascoltare una radio da Internet, serve ovviamente un PC,
una connessione alla rete telefonica, un modem.
Una volta che avete tutto ciò vi basta installare sul
vostro computer un programma che vi permette di ascoltare file
audio come gli mp3, se avete Windows per esempio potete installare
winamp, con Linux cè xmms;
aperto il programma inserite quindi lurl cioè lindirizzo
della radio (che non è lindirizzo del sito come
quelli che riportiamo sopra, ma è un indirizzo proprio
dello streamm audio) premete play e dopo pochi secondi sentirete
la radio trasmettere.
Importante, assicuratevi che la radio che volete ascoltare stia
trasmettendo in quel momento.
Ecco un elenco non esaustivo di indirizzi utili:
per trovare tutte le radio «libere » in trasmissione:
http://radio.autistici.org
per saperne di più sul progetto Eterete: http://reload.realityhacking.org
Radio Bandita: www.radiobandita.org
Radio Cybernet: www.papuasia.org
Radio Lina: www.officina99.org
Indymedia: http://italy.indymedia.org
Per contattarci scriveteci a:
redazione@radiobandita.org.
Marcolfo
(si ringrazia Dino Taddei)
Radio Bandita alla May-Day Parade
Le scarpe dei
suicidi
Libro importante e necessario quello di Tobia (Tobia Imperato,
Le scarpe dei suicidi. Sole, Silvano, Baleno e gli altri,
Torino 2003, Autoproduzione Fenix, 312 pp., 12 euro) e non lo
dico né per compiacere lautore, né per fare
pubblicità spicciola. Non ce nè bisogno,
limportanza e la doverosità del libro sono un dato
di fatto inconfutabile. Le vicende che hanno portato alla morte
di Edoardo Massari e di Maria Soledad Rosas (due «suicidi
di stato» sottotitola la copertina del libro) e alla lunga
detenzione di Silvano Pelissero sono ancora vive, come emozioni,
nella nostra memoria, ma la complessità del contesto
in cui si sono consumate deve essere ancora ben compresa e,
soprattutto, dato il tempo trascorso (ormai cinque anni) e lincalzare
di altri avvenimenti, ridefinita.
La ricostruzione è rigorosa e puntigliosa e si avvale
di un gran numero di documenti. Il libro è diviso in
quattro parti: nella prima sono riassunti i fatti; nella seconda
vengono delineati gli antefatti: il progetto del treno ad alta
velocità e la complessa situazione della Val Susa con
lintreccio, quasi inestricabile, dellopposizione
popolare alla devastazione ambientale provocata dal TAV e lazione
di poteri e servizi più o meno occulti; nella terza un
ritratto dei «colpevoli preconfezionati» (Baleno,
Sole e Silvano) e un quadro dellinchiesta Laudi e delle
sue montature; nella quarta, infine, il processo, lemergere
delle contraddizioni dellinchiesta e linconsistenza
delle prove a carico. Chiude il libro un ultimo capitolo dedicato
agli sviluppi successivi che arrivano fino al marzo del 2002,
quando, in seguito ad una sentenza della Cassazione, lunico
superstite, Silvano Pelissero viene liberato dal carcere dopo
aver scontato, innocente, quattro anni di detenzione. Non mi
pare il caso di aggiungere altro, se non che chi, come me, era
alla grande manifestazione torinese del 4 aprile 1998, indetta
dopo la morte di Edoardo Massari (parecchie migliaia di persone
e centinaia di bandiere anarchiche), oltre alla rabbia, la commozione,
lemozione di ritrovarsi (penso dopo tantissimi anni) in
tanti a gridare no allo stato, alle sue manovre repressive,
ai suoi apparati criminali, covava la speranza di un rilancio
del nostro movimento nelle pratiche di antagonismo radicale
e non sottomesso, è rimasto deluso dagli sviluppi successivi.
Il libro di Tobia ha, dunque, un ulteriore pregio: ci impone
una riflessione profonda sulle potenzialità di un movimento,
il nostro, troppo spesso lacerato da polemiche mal poste.
Guido Barroero
Vendere la
guerra
Dovendo recensire un ampio e documentato lavoro
sullinformazione in tempo di guerra, ad opera di due esperti
della comunicazione statunitense come Rampton e Stauber (Sheldon
Rampton, John Stauber, Vendere la guerra. La propaganda
come arma dinganno di massa, Nuovi Mondi Media,
Ozzano dellEmilia (BO), 2004, pp. 176, 16,00 euro), ancora
una volta ci piace ricordare il grande maestro Sun Tzu, che,
nel suo monumentale libro Larte della guerra,
avanzò la nota teoria dellinganno e della
mancanza di forma.
Tale teoria afferma che il modo migliore per mostrarsi insondabili
(cioè essere senza forma) è mostrare false apparenze.
Orbene, nel leggere Vendere la guerra emerge in
modo lapalissiano quanto gli Usa nel programmare, organizzare
e gestire il conflitto afgano ed iracheno non siano stati in
alcun modo attenti ad osservare tale strategia militare. Anzi,
risulterebbe proprio lesatto contrario, poiché
hanno incrementato una diplomazia pubblica (un termine
utilizzato negli ambienti della Casa Bianca per indicare le
relazioni pubbliche) al fine di costruire unimmagine,
una forma, degli Stati Uniti da vendere nel mondo che non ha
mai funzionato, perché non avrebbe mai potuto funzionare.
Non tanto nei paesi islamici dove davvero ogni tentativo
di presentarsi come paladini della democrazia e della libertà
oltre che risultare vano è stato controproducente
quanto nei paesi occidentali, dove lopposizione alla guerra
in Iraq ha assunto dimensioni oceaniche.
Rampton e Strauber nel loro libro, documentano infatti una sterminata
serie di eventi mediatici e pubblicitari che, nella loro pur
perfetta, precisa e professionale esecuzione, hanno ottenuto
un effetto boomerang. È sufficiente ricordare le introvabili
armi di distruzione di massa in possesso di Saddam Hussein,
divenute il casus belli al fine di legittimare lintervento
americano e dei suoi fedeli alleati, che a quasi un anno dallinizio
della guerra non si sono effettivamente trovate. Ora, ci sembra
del tutto inverosimile che un paese come gli Stati Uniti, da
sempre in grado di far bere allintero mondo
mediatico qualsiasi cosa (cfr.: lallunaggio dellApollo
nel 1969, grazie alla sapiente regia di Stanley Kubrick), non
siano stati capaci di trovare le micidiali armi
chimiche pur di non far brutta figura. Perché?
E perché una campagna mediatica orchestrata dal Dipartimento
di Stato, che ha coinvolto le migliori agenzie pubblicitarie
americane al fine di vendere la guerra suggerendo
ai network internazionali come parlare e offrendo precise istruzioni
su cosa dire non ha raggiunto lobiettivo prefissato?
Che dire poi delle inesistenti prove del legame
terroristico fra Bin Laden e Saddam Hussein tese a dimostrare
i comuni interessi del regime iracheno con Al Qaeda? Per tacere
della messinscena sulla portaerei con tanto di discesa dal jet
modello top-gun del Presidente George W. Bush per dichiarare
la conclusione di una guerra non ancora conclusa?
A questi e a tanti altri interrogativi non crediamo come
invece gli autori di Vendere la guerra si accontentano
di fare che basti constatare quanto osservò una
volta il commediografo francese Jean Anouilh: la propaganda
è unarma leggera; se la tieni in mano troppo a
lungo, si agiterà come un serpente, colpendo dalla parte
opposta. Ciò non è più vero dai tempi
del dottor Goebbels, ed è sufficiente un minimo di cultura
filosofica per comprendere con Adorno, Anders, Arendt (volendo
limitarci alle sole A) che in una società
consumistica di massa la pubblicità/propaganda reclamizza
ciò che non vende e vende ciò che non reclamizza.
Se dunque è pur importante e prezioso il lavoro compiuto
dai due scrittori americani nel descrivere al minimo dettaglio
come lamministrazione Bush abbia preparato la
campagna mediatica della grande menzogna per far
digerire meglio la guerra infinita al terrorismo, tuttavia Rampton
e Stauber non hanno saputo offrire nessuna analisi in merito
al perché è apparsa volutamente fallimentare.
A meno di non credere che lopinione pubblica in
particolar modo quella statunitense è composta
da idioti, insulto che nellantica Grecia era
affibbiato a chi non si interessava di politica, in quanto etimologicamente
idiota significa dedito soltanto ai propri interessi
personali.
O, forse, è davvero così?
Benjamin Atman
Prossima
fermata
Prossima
fermata non cè
nessuna lotta sarresta
alcuna possibile stretta
impedirla saprà perché
senti, senti ammè
Chiaro
forte messaggio
cammina sulle rotaie
nuota sicuro in mare
vola a largo raggio
sciopero, sciopero, selvaggio!
Cittadini
la vera fregatura
son
misere vesti di utenti
addosso a voi clienti
simboli
di iattura
strappatale senza più paura.
Calda
lotta di gennaio
non frenare landatura
corri verso lavventura
scivolando allegro binario
ben oltre un giusto salario.
Prossima
fermata è già
svegliarci abbracciati bambina
tutti insieme domani mattina
A due passi
più in là.
Non è difficile
ça ira!
8
gennaio 2004
Jules Èlysard |
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