È fuori di discussione
che il clamore sia stato particolarmente forte. Vuoi perché
gli «obiettivi» erano Prodi e le massime istituzioni
della Comunità Europea, vuoi perché, in periodo
natalizio, lo scoppio di castagnole e mortaretti è quanto
mai di attualità. E poi, si sa, Bologna fa sempre notizia
e non ci si può non occupare di queste ennesime bombe
«ammaestrate».
È una costante storica che il movimento libertario sia
oggetto di provocatorie attenzioni da parte del potere. Ogni
volta infatti che si fa più pressante la spinta delle
sue istanze e i suoi contenuti trovano condivisione nel corpo
sociale, lo Stato, non potendone recuperare la carica sovversiva
con le blandizie o la concertazione, risponde con gli strumenti
a lui più congeniali, vale a dire con i soliti arnesi
della criminalizzazione e della mistificazione.
La sostanza delle cose, e dunque anche degli ultimi avvenimenti
bolognesi, infatti si esprime nella volontà di fare apparire
lanarchismo e le attività del movimento che allanarchismo
si richiamano, come un insieme di pratiche più o meno
criminali e clandestine di cui trattare nelle pagine di cronaca
nera, appiattendo nella logica dello scontro violento con le
strutture repressive del potere tutto il patrimonio di lotte
sociali e di massa che lanarchismo si porta appresso.
E, per raggiungere questo obiettivo, la strategia provocatoria
partita da Bologna si è mostrata più sofisticata
del solito. Da una parte, infatti, linvenzione della Federazione
Anarchica Informale (la cui sigla richiama, e si sovrappone,
a quella della Federazione Anarchica Italiana), si spiega, oltre
che nellevidente senso derisorio (e fin qui nulla da eccepire,
contenti loro!) nella creazione di una equivoca confusione,
che potrà rendersi particolarmente utile quando lopera
di intossicazione del potere dovrà fare ulteriori passi
in avanti. Dallaltra la dichiarazione di nascita di una
organizzazione in grado di raccogliere e dare maggiore incisività
alle varie sigle dellillegalismo presenti sul territorio,
e la collaterale volontà di mantenere questa fantasmatica
organizzazione nellempireo dellinformalità.
Entrambi i fatti, se dimostrano una conoscenza approfondita
dei meccanismi organizzativi del movimento, garantiscono anche
del carattere autoritario e verticistico di una struttura tanto
più impermeabile al controllo dei suoi aderenti in buona
fede quanto più soggetta a subire lopera di eterodirezione
e infiltrazione che lo Stato reputerà necessaria.
Disegno chiaro
Non cè che dire, ci troviamo di fronte a un vero
e proprio salto di qualità! E se le cose stanno così,
il disegno è ancora più chiaro. Di fronte alla
imprevista ripresa delle lotte di questi anni e alla combattività
che gli anarchici, anche nel vuoto di altre risposte, hanno
portato nellambito dello scontro sociale, solo larma
della repressione può rivelarsi efficace. E poiché
siamo in regime democratico, la risposta dello Stato, per essere
credibile, dovrà dotarsi di solidi strumenti «democratici»,
ampiamente condivisi e auspicati dalla stragrande maggioranza
dei cittadini, perché percepiti come gli unici in grado
di contrastare azioni puramente «criminali» studiate
e messe in pratica da incomprensibili individui antisociali.
Sembra incredibile, ma ecco una riedizione della strategia della
tensione, probabilmente ancora in gestazione, ma che potrebbe
diventare, con simili presupposti, non meno distruttiva di quella
di trentanni orsono. Anche perché, per restare
nel campo delle comparazioni, a dare oggettivamente man forte
alle tresche del potere si presta il solito ambito più
o meno libertario e più o meno consapevole (ma non è
questo il problema) di agenti del re di Prussia, tanto disposto
a giocare il ruolo assegnatogli dagli strateghi dello Stato,
quanto determinato, con dedizione degna di miglior causa, a
indebolire, fiaccare e snaturare la quotidiana attività
del movimento anarchico di impostazione sociale. E talmente
intento a rispecchiarsi nella presunta radicalità dei
suoi comportamenti da non comprendere cosa, in definitiva, può
davvero mettere in crisi il potere. Se una lotta come quella
di Scanzano, tanto per capirci, dove la pacifica ma fermissima
volontà popolare ha impedito lennesimo scempio
ai danni delle popolazioni meridionali, oppure linvio
di più o meno pericolosi pacchi bomba (e la differenza
non sta certo nella quantità di esplosivo impiegata)
a qualche boiardo italiano od europeo.
Indubbiamente la FAI, e con essa la grande maggioranza del movimento
anarchico, libertario e anarcosindacalista, ha compreso, anche
sulla base di passate e tragiche esperienze, la portata dellattacco
ricevuto e soprattutto le probabili implicazioni future. E se
è luso poliziesco della sigla FAI che ha fatto
da detonatore per gli anarchici federati, non è stata
comunque solo questa provocazione diretta a far partire la loro
risposta, quanto la coscienza che solo una presa di posizione
immediata, chiara e puntuale poteva bloccare sul nascere le
manovre messe in atto per neutralizzare la combattività
che tutto il movimento anarchico sta dimostrando. E nella consapevolezza
che questa strategia repressiva andava a cercare una sponda
nelle pratiche illegalitarie ossessivamente rivendicate da certi
ambienti libertari informali, si è deciso per un ampio
confronto pubblico e articolato, indirizzato non solo allopinione
pubblica e ai soggetti sociali interessati alle lotte che vedono
la presenza della FAI, ma a tutto il movimento anarchico, anche
a quello testardamente convinto della grandiosa valenza rivoluzionaria
dello scoppio di un petardo o dellincendio di un cassonetto.
Anarchismo sociale
Così, sabato 24 gennaio, al cinema Rialto di Bologna
tutto lanarchismo che si muove nel solco dellorganizzazione
formale e orizzontale e che pone al centro della propria tattica
e della propria strategia il contatto costante con le istanze
e le lotte dei lavoratori e delle classi popolari, si è
riunito per far conoscere la realtà organizzativa e le
pratiche di lotta dellanarchismo sociale, offrendo così
anche alle frange «violentiste» di cui parlavamo
in precedenza, un modello di intervento tanto rivoluzionario
quanto irrecuperabile dalle logiche del dominio, in grado di
scalfire, ben più del solito e rumoroso petardone, il
sistema di idee e di valori sui quali il potere poggia la propria
presunta legittimità. Senza la ricerca di inutili scorciatoie
e senza la tentazione di affidarsi a un comodo giacobinismo,
ma nella consapevolezza che la lotta è difficile, che
non sempre si raggiungono gli obiettivi proposti e che spesso,
dopo una fase di lotte dure e faticose, limmancabile provocazione
può venire a vanificare il lavoro svolto e i risultati
ottenuti. Rispondendo alla convocazione dellassemblea
del Cassero di Bologna e dei partecipanti allultimo convegno
della FAI, compagne e compagni di mezza Italia si sono ritrovati
in gran numero per confrontare le loro esperienze e ribadire
il loro radicale antagonismo rispetto ad ogni logica autoritaria
e prevaricatrice, sia questa emanazione diretta degli organi
repressivi dello Stato o lespressione di una volontà
ribelle che ha frainteso alcuni passaggi cruciali del pensiero
libertario.
E limmagine che ne è uscita è quella di
un movimento quale esso è, non quale vorrebbero descriverlo
i nostri avversari. Un movimento di liberi e di uguali, di compagni
solidali che quotidianamente lottano per affermare i principi
dellautogestione, del rifiuto della delega, dellorganizzazione
orizzontale, dellantiautoritarismo, della lotta allo sfruttamento,
della socializzazione dei mezzi di produzione. Da perseguire
senza balzi in avanti e senza salti della quaglia. E la bella
atmosfera che ha caratterizzato la serata conviviale che ha
chiuso questa importante giornata ha prefigurato, e vorrei che
non apparisse retorico, la solidarietà attiva che dovrà
contraddistinguere i nostri rapporti anche nella società
che vogliamo andare a costruire.
Massimo Ortalli
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