Rivista Anarchica Online


mille papaveri rossi

 

 

A distanza di pochi mesi dalla sua uscita, il doppio Cd “mille papaveri rossi” viene ristampato, ma non solo. Mentre l’originaria edizione curata da Marco Pandin si poneva aldifuori del “mercato”, ora “mille papaveri rossi” diventa il quarto titolo della nostra etichetta Eda – dopo il Cd “ed avevamo gli occhi troppo belli”, la cassetta VHS “S’era tutti sovversivi” (in coedizione con la BFS) e il Dvd “ma la divisa di un altro colore”. All’originaria confezione essenziale di Marco, con un libretto di 16 pagine, si sostituisce ora questa analoga a quelle del Cd e del Dvd, cioè con un libretto di oltre 70 pagine.
Nella sua nuova veste “mille papaveri rossi” costa 20,00 euro, con i consueti sconti per chi ce ne ordina più copie. Chi ne ordina almeno 20 copie, per esempio, lo paga 15,00 euro l’uno. Oltre che direttamente a noi (e in questo caso, come per gli altri nostri prodotti, le spese di spedizione postale sono tutte a nostro carico, per chi paga anticipatamente), il doppio Cd può essere acquistato a partire da venerdì 7 maggio in alcune librerie, presso tutti i punti-vendita della rete Feltrinelli/Ricordi, in numerosi negozi di dischi/cd/musica (l’esclusiva per questa tipologia di punti-vendita è di Wide).
Ricordiamo che “mille papaveri rossi” è composto da due Cd, con 37 brani per un totale di 2 ore e 23 minuti d’ascolto.

Riportiamo qui di seguito il primo articolo del libretto, una sorta di presentazione del “prodotto” firmata dalla nostra redazione.

 

De André

I papaveri di Fabrizio (e di Marco)

 

Un altro libretto per riflettere su Fabrizio. E sull’importanza del suo pensiero.

Il senso più profondo, la cifra dell’operazione culturale che stiamo portando avanti da quando Fabrizio ci ha lasciati, è duplice: sottolineare la rilevanza del suo contributo intellettuale e, in quest’ambito, l’imprescindibilità del suo sguardo anarchico.
Ricordate il libretto che accompagna il Cd ed avevamo gli occhi troppo belli? C’era, tra l’altro, la drammatica testimonianza di una zingara tedesca reclusa ad Auschwitz e scampata alla “Zigeunernacht”, la strage che nella notte del 31 luglio 1944 portò alla soppressione di tutti i Rom e Sinti (circa 4.500) rinchiusi in quel lager. Nella presentazione editoriale spiegavamo che solo apparentemente quella testimonianza non c’entrava con Fabrizio: in realtà, era parte integrante della passione e dell’attenzione dedicata dal cantautore genovese alla storia dei Rom, come testimoniato sia dalla toccante canzone contenuta in Anime salve sia dalle parole da lui pronunciate durante un concerto e riportate in quel nostro cd.

Quegli antifascisti al confino

Lo stesso vale per la testimonianza dell’anarchico Alfonso Failla, relativa alle lotte portate avanti da alcune centinaia di antifascisti confinati alle isole Tremiti e in altri luoghi di confino, tra il 1937 e il 1940. Questi uomini pagarono un duro prezzo per non alzare a comando il braccio destro: erano isolati dal resto della società e non avevano alcuna possibilità di “pubblicizzare” il loro gesto. Il buon senso comune potrebbe suggerire la domanda “Ma chi gliel’ha fatto fare?”. Che senso aveva lasciar prolungare e peggiorare la propria detenzione solo per non ottemperare a uno stupido ordine?
Chi non si è limitato ad ascoltare la voce e le musiche di Fabrizio ma lo ha “letto” sa quanto gli stessero a cuore la dignità umana, la capacità di reagire alle angherie e alla stupidità del potere costituito. In Fabrizio c’era non solo quella sconfinata pietas che lo portava istintivamente a schierarsi dalla parte dei “dannati della terra”, a sottolinearne le sofferenze, il dolore, il senso di ingiustizia, ma anche un’altrettanto forte solidarietà con chi cercava di reagire a questo stato di cose, di affermare la propria dignità, di ribellarsi.
Non è un caso, dunque, che questa testimonianza su una lotta poco conosciuta, originariamente intitolata dall’autore “Ricordi dal confino”, sia stata da noi fatta precedere qui da un nuovo titolo, il deandreiano In direzione ostinata e contraria.
Il fatto che la scelta, tra le tante possibili, sia caduta proprio su un momento della più generale lotta antifascista, ha un suo preciso significato: in un’epoca sempre più condizionata dalle ondate revisioniste e negazioniste, riprendere i fili della memoria antifascista e legarli al presente ha un suo preciso valore.
Farlo nel contesto di un’iniziativa come questa, legata a Fabrizio, vuol dire riaffermare il senso del nostro omaggio all’amico e al compagno. “Irriducibile a qualsiasi recupero buonista – scriveva Paolo Finzi nel suo scritto nel libretto di ma la divisa di un altro colore – Fabrizio è stato per tutta la sua vita un intellettuale “contro”, che ha remato – spesso in solitudine – in direzione ostinata e contraria. In una parola, un anarchico.”
Ecco allora il senso della presenza, in questo libretto, anche di alcune stimolanti riflessioni di Luce Fabbri, un’anarchica romana costretta in giovane età all’esilio, a causa delle persecuzioni fasciste contro suo padre, Luigi Fabbri, intimo collaboratore di Errico Malatesta e a sua volta una delle figure più belle dell’anarchismo internazionale a cavallo tra ’800 e ’900. I Fabbri emigrarono in Uruguay e qui, pochi anni fa, si è spenta, più che novantenne, Luce. Con lei se n’è andata una delle voci più originali e prestigiose del pensiero libertario, una donna che, seppur geneticamente legata alla storia del movimento anarchico, ha saputo allungare il proprio sguardo fino a cercare di comprendere appieno il senso delle tragedie dello scorso secolo, da Auschwitz a Hiroshima, dalla degenerazione autoritaria del socialismo all’apparente affievolirsi di ogni speranza di vera trasformazione sociale.
Ecco allora che le testimonianze storiche proposteci da Giovanna Boursier su Ansa, la zingara tedesca scampata al lager, da Marina Padovese sulle violenze contro le donne (e in particolare sugli stupri) nello scorso decennio in ex Yugoslavia, di Alfonso Failla sulle lotte al confino si legano alle riflessioni teoriche degli anarchici Errico Malatesta, Emile Armand, Luce Fabbri, e anche alle interviste di Fabrizio al periodico antimilitarista libertario “Senzapatria” (1991) e alla rivista trimestrale anarchica “Volontà” (1993).
E poi le interviste a Gianna Nannini, Alessandro Gennari, Mauro Pagani si accompagnano alla testimonianza di Teresa Sarti sull’incontro tra Dori e Fabrizio da una parte, i fondatori di Emergency dall’altra – e proprio al Centro Chirurgico di Goderich in Sierra Leone, Centro fondato e gestito da Emergency, va la metà dell’utile di una delle nostre iniziative.
E poi gli scritti di Mariano Brustio su Georges Brassens, di Mauro Macario su Riccardo Mannerini, e ancora di Mariano Brustio sul parallelo antimilitarismo di Fabrizio e di Leonard Cohen.
Tutte cose da noi pubblicate in questi anni, insieme ad altre qui non citate, nei nostri “prodotti” legati a Fabrizio: prodotti, appunto, atipici, fuori dal coro, perché tesi non a “celebrare” il cantante e il poeta, ma a stimolare la riflessione sui temi umani e sociali che erano cari a lui, come lo sono sempre stati a noi anarchici.

Il nero degli anarchici la ruota dei Rom

A Gabriele Bramante, lontane origini nel punk degli anni ’80 e un pluriennale impegno non solo professionale nella distribuzione discografica indipendente, abbiamo chiesto un sintetico contributo sull’influenza della musica di Fabrizio nel panorama “alternativo” nostrano.
Dal libretto di 16 pagine curato da Marco Pandin per l’edizione originaria dei mille papaveri rossi riproduciamo lo scritto di Marco Sommariva, anarchico e genovese, giovane scrittore: uno scritto curioso, formato com’è da centinaia di parole e brevi frasi riprese dalle poesie di Fabrizio.
Per le illustrazioni interne abbiamo attinto da due “pozzi” tra loro molto diversi. Se nella seconda parte (e in una delle ante) utilizziamo le belle e calde foto scattate nei primi anni ’80 dal nostro caro amico e compagno Reinhold “Denny” Kohl (che anche di Fabrizio fu caro amico e compagno), nella prima parte del libretto diamo spazio alle bandiere anarchiche, zingare, “filosofiche” di Luca Vitone, anarchico e genovese (anche lui!), riprese da una sua recente mostra milanese. Vorremmo soffermarci sulla prima di queste bandiere, inventata da Luca: non sappiamo che rapporto avesse Fabrizio con le bandiere, ma pensiamo che potrebbe essergli piaciuta questa riprodotta a pag. 4, la bandiera nera dell’anarchia con al centro la ruota di un carro, simbolo del nomadismo Rom.

Profonda sensibilità e freschezza

Con questo 2Cd siamo così giunti al quarto “prodotto” legato a Fabrizio: nel 2000 il dossier Signora libertà, signorina anarchia (che riprendeva e arricchiva l’originario dossier interno al n. 272 di “A”, il primo dopo la morte di Fabrizio), nel 2001 il Cd ed avevamo gli occhi troppo belli, nel 2003 il Dvd ma la divisa di un altro colore.
Questa che hai tra le mani, in effetti, non è una vera e propria novità. La scorsa estate, dopo due anni di intenso impegno, Marco Pandin – con la sua non-etichetta Stella*Nera – ha partorito una prima versione di questi mille papaveri rossi: i brani musicali erano esattamente gli stessi di questa nuova edizione, ma diversi erano la confezione, il libretto, le modalità di vendita (anzi, di non-vendita).
Con il suo bravo bollino Siae “omaggio”, infatti, quell’edizione si dichiarava immediatamente e deliberatamente fuori dal mercato: non era in vendita, si poteva ottenerla solo versando una sottoscrizione di almeno 15,00 euro a favore della rivista anarchica “A”. Non poteva essere acquistata nei negozi né altrove. Una scelta precisa e significativa, che si è però “scontrata” con l’altissimo numero di richieste pervenute a Marco e in redazione.
Le prime due tirature sono andate presto esaurite e così, d’accordo con Marco, si è deciso di inserire i mille papaveri rossi nell’etichetta Eda, cioè nella linea di produzione e di distribuzione della rivista in cui finora sono usciti il Cd ed avevamo gli occhi troppo belli, la videocassetta S’era tutti sovversivi (dedicata a Franco Serantini e realizzata con la BFS nel 2002) e il Dvd ma la divisa di un altro colore.
Ed è proprio con un ringraziamento a Marco Pandin che vogliamo chiudere queste note introduttive. Il testo che lui ha scritto per la versione primigenia di questo 2Cd dà appieno il senso del suo approccio al mondo della musica e a questo “prodotto” in particolare.
Vorremmo davvero che questa nostra riedizione, pensata anche per permettere una maggiore diffusione del suo lavoro, riesca a conservare quella profonda sensibilità e quella freschezza che traspaiono dalle sue parole e sono il segno più vero del suo impegno. Al punto che questi 37 papaveri rossi, queste 37 cover, oltre che a Fabrizio e ai loro singoli interpreti, ci pare appartengano in qualche modo anche a lui.

la redazione di A

Fabrizio De André (foto di Reinhold Kohl)