Spero che vi siate
tutti compiaciuti dalla notizia, pubblicata a suo tempo con
rilievo da “la Repubblica”, per cui papa Wojtyla,
ricevendo, verso la metà di ottobre, i componenti della
Commissione teologica internazionale, li ha invitati a ripensare,
“in nome di una prassi pastorale più illuminata”,
la questione del Limbo. Una missione gravosa, tanto è
vero che i dotti commissari, pur con il vantaggio di essere
presieduti dall’instancabile cardinale Ratzinger, hanno
fatto sapere di non potere produrre i primi risultati prima
di tre quattro anni, ma ormai indifferibile.
In questi tempi turbati, non c’è spirito pensoso
che non si renda conto di come la mancanza di una parola definitiva
sul tema della destinazione ultramondana dei bambini non battezzati
e degli altri illustri ospiti tradizionali del Limbo sia un
fattore tutt’altro che indifferente di inquietudine
e di incertezza.
Faccia di bronzo
A me, che pure non seguo il dibattito teologico con l’attenzione
che dovrei, la notizia è sembrata degna di nota per
più motivi.
Il primo è che è consolante, in giorni in cui
gli uomini di fede sembrano occuparsi soprattutto di questioni
che esulano dalla loro specifica competenza e quando, per
il loro stesso bene, li si invita a lasciar perdere rispondono
che ai loro danni lobbies potenti organizzano una
“nuova santa inquisizione” (un’argomentazione
per accampare la quale serve, ne converrete, una discreta
faccia di bronzo e poco importa se a essa si accoda un certo
numero di pensatori, chiamiamoli così, d’impostazione
laica), è consolante, dunque, apprendere che il pontefice
raccomanda a un gruppo di ecclesiastici di fare, una volta
tanto, il loro mestiere, occupandosi finalmente di teologia.
È un campo, quello, applicandosi al quale persone del
tipo del cardinale Ratzinger non possono fare gran danno.
Ed è consolante la prospettiva che il loro esempio
possa essere seguito da quanti più intellettuali possibile
di quell’area culturale. Se, per esempio, ai lavori
della Commissione avesse deciso di partecipare, sottraendosi
ai suoi controversi impegni europei, il ministro Buttiglione,
che oltre a essere uomo di fede è – dicono –
filosofo sommo, il vantaggio sarebbe stato duplice e si sarebbe
riverberato, non che sulla chiesa, sulle stesse istituzioni
comunitarie, che si sarebbero risparmiate la pietosa figura
in cui è invece incappato, in apertura di mandato,
il commissario Barroso.
Ciò premesso, devo confessarvi che la prospettiva di
una cancellazione del Limbo dal catechismo (perché
a questo, stringi stringi, sembra doversi ridurre il ripensamento
auspicato dal papa) non mi lascia particolarmente entusiasta.
Tra tutti i luoghi (o i non luoghi) dell’oltretomba
previsti dalla dottrina corrente, il Limbo mi è sempre
sembrato, forse per quel suo carattere di terziarietà
che tanto si accorda con le mie propensioni naturali, uno
dei più interessanti.
È vero che la sua esistenza trova ben pochi riscontri
nelle Scritture e che nessuno sembra avere sentito il bisogno
di postularla prima del decimo undicesimo secolo d. C., tanto
da far sorgere il sospetto che si tratti soprattutto di un
sanatore inventato per dribblare certe aporie della dottrina
agostiniana della salvezza – nel senso che, una volta
deciso che non era proprio possibile aprire il paradiso ai
non battezzati, l’idea di mandare tout court all’inferno
chiunque fosse morto extra Ecclesiam, innocenti e
giusti compresi, sembrava, come dire, un po’ troppo
radicale – ma questo non toglie che si trattasse di
un’ipotesi oltremodo rassicurante. Per i tipi come me,
ovviamente desiderosi di evitare, a suo tempo, le pene dell’inferno,
ma turbati al tempo stesso all’idea di trovare in paradiso
un ambiente non completamente congeniale quanto a valori e
frequentazioni, la prospettiva del limbo poteva essere una
di quelle da farci, come si diceva una volta, la firma. In
fondo, oltre ai bambini non battezzati e ai dotti pagani,
nel Limbo trovavano posto tante altre degne persone –
Dante, forzando un po’ la mano ai suo testi, era riuscito
a farci entrare di straforo persino il Saladino – e
l’idea che potesse esserci anche un posticino per te,
che esistesse un luogo di eterno riposo cui accedere senza
sottostare alla disciplina e alla precettistica dell’istituzione
chiesastica, non poteva che fare piacere.
Ahimè. È destino di tutti i sanatori quello
di venire scartati, presto o tardi, a favore di altri per
qualche verso più soddisfacenti, anzi, nel loro avvicendamento
si può ritrovare, sostengono alcuni, la logica stessa
della storia del pensiero umano, teologia inclusa.
Oggi del Limbo la dottrina cattolica non ha più bisogno,
perché, con i tempi che corrono, non può permettersi
una dottrina della salvezza rigorosa come quella che all’invenzione
di quel “terzo luogo” aveva portato.
Ridurre di un tanto i pedaggi ideologici
È una pura questione di buon senso. La pratica dei
sacramenti declina, di battezzati in giro ce ne sono sempre
meno e la chiesa non può permettersi di essere considerata,
nelle terre in cui da sempre esercita il suo magistero, una
minoranza più o meno influente.
Deve trovare il modo di affermare che il suo messaggio riguarda
tutti, anche a costo di lasciare un certo numero di argomentazioni
nel vago, di ridurre di un tanto i pedaggi ideologici di entrata.
Questo spiega, credo, i riferimenti a una “pratica pastorale
più illuminata” (in cui è notevole l’uso
di un aggettivo che, un tempo, caratterizzava soprattutto
le parole dei laici e dei mangiapreti): una prassi illuminata,
nel contesto, è ovviamente quella che serve a tenere
aperti più cancelli possibile, a garantire la possibilità
di esercitare la propria influenza in un mondo in cui, per
vari motivi, le mappe dell’aldilà non possono
essere particolareggiate come una volta.
E a ben vedere, il problema dell’abolizione del Limbo
non è del tutto estraneo a quelle polemiche buttiglionesche
cui accennavamo qualche riga più sopra.
Il buon Rocco, che non a caso ha fama di pensatore vicino
al sommo pontefice, è uno di quei cattolici che sul
mondo moderno, laicismo o non laicismo, non vogliono a nessun
costo mollare la presa. Di quelli che ritengono lecito e necessario
prescrivere a tutti, meglio se in forma intimativa e sotto
pena di gravi sanzioni, i comportamenti che la fede raccomanda
soltanto a loro.
Anche se ha avuto la faccia tosta di spiegare che non ci sarebbe
stato contrasto tra le note dichiarazioni in commissione e
una sua eventuale permanenza ai vertici europei in base alla
distinzione kantiana tra morale e diritto, che rappresenta
uno dei capisaldi della dottrina liberale, lui si richiama
notoriamente a un filone del pensiero cristiano che con Kant
e con il liberalismo ha sempre avuto poco o nulla a che fare.
Non è un uomo di terze vie, dunque, ma, appunto per
questo, a certi compromessi teologici deve essere più
che disposto. D’altronde, lui, a lasciarlo fare, probabilmente
risolverebbe il problema dei bambini non battezzati rendendo
il battesimo obbligatorio per legge, i pensatori pagani li
farebbe espellere in massa dalle Università e dai piani
di studio e il Saladino, in quanto pericoloso leader islamico,
per di più di origine curda, lo confinerebbe a Guantanamo
d’urgenza. Un pensatore così, francamente, del
Limbo non ha proprio bisogno.