Mercantinfiera
Il lavoro tutt’attorno a “Mille
papaveri rossi” mi ha permesso di prendere contatti
con numerosi musicisti e gruppi impegnati a cantare e suonare
le canzoni di Faber. Alcuni già li avevo sentiti, di
altri avevo sentito dire.
C’erano anche vecchi amici, ma in grande parte sono
nuove conoscenze tutte da scoprire.
Tra quelli che mi hanno sorpreso per la vitalità e
il sorriso con cui sanno rivestire le canzoni, i Mercantinfiera
mi hanno lasciato addosso una bella voglia di ascoltare e
riascoltare. Non li conosco se non per posta, ma so che stanno
insieme da tanti anni e che suonano volentieri per beneficenza
e nelle scuole, cosa che mi sembra ottima e condivisibile,
oltre che ricca di significati.
A “occhio”, dalle piccole foto di copertina nei
cd, mi sembrano tutti giovani, mentre a “orecchio”
mi sembrano tecnicamente tutti assai dotati: chitarra e violino
s’inseguono veloci e leggere come farfalle innamorate,
senza impantanarsi in virtuosismi inutili. Lo stesso il flauto,
bell’acquisto recente della formazione. La sezione ritmica
dimostra buon gusto ed equilibrio pur se risulta poco appariscente
perchè un po’ penalizzata nel missaggio finale,
ed è curioso e assai personale l’apporto del
tastierista, esplicitamente innamorato di quelle sonorità
tipiche dell’alba sintetica/prog degli anni Settanta
(a volte certe sezioni sembrano strappate ai vecchi dischi
della PFM ...e nelle mie intenzioni questo vuol essere un
complimento).
Mercantinfiera
Difficile poi non restare colpiti dalla voce di Giancarlo
Andreetto, che corre via veloce e lontana senza cadere in
trappole imitative e che contribuisce non poco a tenere alto
il livello complessivo di queste versioni.
Due i cd, entrambi autoprodotti, pubblicati sinora dal gruppo
veronese: In tu rimenta registrato dal vivo nell’estate
del 2001 e che sa ben rendere l’emozione del concerto,
e il più recente Minuscoli frammenti, organizzato
in maniera più ragionata sì ma senza esagerare.
Il cd dal vivo ha un non so che di speciale: è profondamente
umano e spontaneo, innanzitutto. Si avverte chiaramente l’emozione
di questi ragazzi mescolata alla tensione, il nodo alla gola
che si allenta pian piano liberando un singhiozzo di gioia
mano a mano che si sgrana il rosario delle canzoni, gioia
che esplode letteralmente nella liberatoria e conclusiva Il
pescatore.
Ecco: dimostrano d’essere bravi e capaci senza strafare,
sanno essere semplici senza essere banali.
I Mercantinfiera li ho mancati dal vivo un paio di volte e
per un soffio (alcuni miei compagni di lavoro, nel raccontarmi
i loro concerti, me ne hanno fatto una descrizione entusiasmante
e non ho motivi di dubitarne), e spero di potermi rifare presto
perché sento d’essermi perso qualcosa.
Nel frattempo, come dicevo all’inizio, mi "accontento"
di questi bei cd che continuo ad ascoltare e riascoltare.
Mercantinfiera
Contatti: mercantinfiera@libero.it.
A segnalazione già scritta, gironzolando per il web,
sono inciampato per caso nel loro sito www.mercantinfiera.net
che offre, tra l’altro, l’ascolto di alcuni brevi
scampoli.
Carlo
Ghirardato
Senza dubbio da segnalare anche un lavoro delicato e piuttosto
fragile: si tratta del cd di Carlo Ghirardato, cantante e
chitarrista romano dalla voce assai particolare, interprete
di Fabrizio De André e mosso in questa attività
solo da amore sconfinato.
Il suo cd Ora che il cielo ai bordi le ha scolpite,
autoprodotto, raccoglie un’ora scarsa di versioni assai
ben eseguite che hanno il solo difetto (...o il pregio, a
seconda dei punti di vista) di accendere più la nostalgia
che la voglia di cantare.
Carlo si pone controcorrente rispetto alla grande parte dei
singoli e gruppi che ripropongono le canzoni di Faber, tutti
con rispetto profondo sì ma misto a sincero divertimento,
scegliendo di muoversi nelle zone più introspettive
del songbook di Fabrizio, scegliendo quelle più struggenti
e intime, accarezzando appena le ombre tra le pieghe dei testi
quasi fosse timoroso di aggiungere un pizzico della propria
personalità.
Nonostante alcune discutibili scelte d’arrangiamento
(in Carlo Martello stride il contrasto tra la duttilità
delle parti vocali e certi suoni sintetici tremendamente artificiali,
in Rimini il rallentamento del metronomo fa inceppare
il testo), l’album ha molto da offrire e richiede una
certa attenzione per potersi svelare, ricco com’è
di cesellature impossibili da intercettare a un ascolto superficiale.
Richieste via e-mail a info@carloghirardato.com,
segnalo che il sito web www.carloghirardato.com
indicato sulla copertina del cd è al momento in cui
scrivo spoglio d’ogni informazione.
Marco Pandin
stella_nera@tin.it
Musica
a cui voler bene
Questo
mese un bel po’ di segnalazioni, per cui bando
ai preamboli.
Da
Pian Fum… all’Orizzonte è un
CD masterizzato autonomamente da Art, un musicista non
a tempo pieno che, sfruttando le sue doti di tastierista
e la sua passione per Bach, utilizza in modo creativo
computer e music software. Il lavoro sta nel solco di
certa new age (ma non tanto quella pulita, perbene,
e noiosa) e l’idea di mescolare classica e popular
music, prog come si diceva una volta. L’operazione
è fatta con molto amore e dedizione e quindi
l’ascolto è piacevole, a tratti commovente.
Ludovico Einaudi o Philip Glass potrebbero esserne i
padrini; quindi se è questo che cercate, uno
sguardo dall’alto di vette innevate, come suggerisce
la grafica, scrivete ad Art, come Artista ma soprattutto
come Arturo.
L’aria
triste che amavi tanto CD pubblicato da Mescal.
Contiene il sonoro dello spettacolo teatrale omonimo
prodotto da Assemblea Teatro (di Torino) sulle canzoni
e la vita di Luigi Tenco. A parte alcune letture che
illuminano il percorso umano e politico del nostro autore
poeticamente più notevole, qui ci sono le sue
canzoni, cantate benissimo da Edo Cerea e il suo gruppo.
Di lui ne abbiamo già parlato qualche mese fa
per il suo CD Come se fosse normale (testi
di Marco Peroni, autore del bellissimo libro e CD proprio
su Tenco, edizioni Ricordi e che è stato l’ispiratore
di questo reading-musicale dell’Assemblea Teatro).
Di Tenco molto si è detto e scritto ma ascoltatelo,
c’è una Italia nuova, la gioventù,
una visione mai fredda ma profonda e “blues”
della vita. C’è la rabbia e una fantastica
“facilità” compositiva, come nessuno
dopo di lui. www.assembleateatro.com.
Due
album da Londra, meglio da Jonson Family, una label
indipendente di cui ho scritto in lungo e in largo.
L’attitudine e le proposte di questa etichetta
sono spesso, per non dire sempre, meritevoli di una
mail, lettera, telefonata oltre Manica per ascoltare
cosa bolle in pentola. We lowered a microphone…,
primo CD (dopo vari singoli e compilation) per Reigns,
un duo di fratelli veramente “fuori”. Ogni
loro lavoro è un oggetto sonoro a se stante;
questo è una sorta di fantastico viaggio al centro
della Terra (nel senso letterale) che lascia assolutamente
spiazzati: potrebbe essere ambient oppure prog oppure
elettronica. Ma dopo un po’, salutarmente, mandi
a stendere steccati e critica seriosa e ti fai prendere
da questo viaggio sonoro, variegato e coinvolgente.
Bravi; matti da legare ma bravi. Altra uscita Jonson
Family, e questa è proprio da non perdere, Hey
Colossus, II, in marmorei numeri romani. Qui c’è
l’estremismo rock che piace al sottoscritto: un
perfetto misto, tra geometrie rigidissime e granitiche
(Monster Magnet, Helmet, Melvins, Sabbath) e psichedelia
sonica che ti porta via, vicina a certa California,
vedi Sister Double Happiness, derivazioni Black Flag
e rock da ipnosi stile Can. Ancora un CD che vostra
moglie o vostro marito vi proibirà di ascoltare
mentre i bambini dormono. Dunque consigliato. www.jonsonfamily.com.
Ogni
stagione quella fucina di talenti e energia musicale
che è Torino (sono un po’ partigiano, d’accordo)
produce “il” gruppo di cui si parla, che
riempie ogni locale, sera dopo sera, che passa di bocca
in bocca, giovani e studenti in particolare. E questa
va da se, sono costoro che escono e spendono di più;
alla mia età, dopo un paio di brani, si va al
bancone per una grappa o due e poi a nanna, spesso scuotendo
la testa. Ma “I Los Tres” si godono fino
in fondo, soprattutto se si ha una familiarità
indurita sul classico rock’n’roll, sul country
folk USA e le sue varianti swing, jazz, morriconiane.
Il fatto è che questi qua sono solo in 3 e usano
2 acustiche e un cajon, ovvero una scatola di legno
sulla quale ci si siede e percuote allo stesso tempo.
Congiu, Robbo e Vito Miccolis sono i soliti noti, davvero
fondamentali protagonisti del rock bastardo torinese.
Folk and Roll Trio primo mini CD (che contiene
anche Fascismo, brano a la Rino Gaetano che
crea quel giusto spessore) è suonato benissimo,
è allegro e filologico allo stesso tempo. lostres@fastwebnet.it.
Alla
prossima, buona estate.
Stefano Giaccone
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