Noi lesbiche zapatiste
Marcos più di una volta ha ricordato le lesbiche e i
gay chiamando per nome gli oppressi nei suoi scritti politico-poetici.
Con la VI Dichiarazione della Selva Lacandona gli zapatisti
ci invitano a parlare con loro di quanto ci sta a cuore e ci
invitano a trovare le parole per nuove narrazioni del mondo,
che siano nostre. Le lesbiche zapatiste del Messico hanno risposto
all’appello e questo documento che è parte di questa
risposta. Altro ancora verrà detto, altre voci si stanno
alzando, alcune per la prima volta, ma con la consapevolezza
e il desiderio che un ascolto autentico sia possibile.
In Italia sta nascendo un gruppo di sostegno alle lesbiche zapatiste,
che intende estendere all’interno della comunità
GLBT (Gay Lesbiche Bisessuali Transessuali) la discussione iniziata
con la lettura della VI Dichiarazione della Selva Lacandona.
Il primo passo è stato fatto e aspettiamo consigli e
contatti (scriveteci a: poetan@tiscali.it).
Nadia Agustoni
Germana Gemignani
Fratelli
e sorelle del movimento zapatista e delle organizzazioni qui
presenti: Lunas è un’organizzazione nata 3 anni
fa come gruppo di riflessione lesbica e che, col tempo si converte
in un gruppo di azione femminista sessual-politica. Nel 1994
la maggior parte di noi erano ancora delle adolescenti, ma abbiamo
appreso da voi l’esempio della lotta possibile e vittoriosa
per la dignità. E così, quando abbiamo cominciato
a lavorare per le nostre rivendicazioni, lo abbiamo fatto per
la visibilità e coscienza lesbica. Ed è da questo
punto di partenza che noi oggi veniamo a aderire alla VI dichiarazione
della Selva Lacandona ed a offrire la nostra partecipazione
per la creazione di questo altro mondo che è già
un dato di fatto.
Vogliamo cominciare col dirvi che cosa implica essere lesbica:
significa, nascendo di sesso femminile, essere nel mezzo di
una guerra in cui il territorio disputato è il nostro
corpo.
Da una parte si incontrano i mercenari del sesso che ci chiamano
“mujeres” (donne, mogli) e sembra proprio che così
chiamino il loro nemico, perché ci bombardano con costanza.
Ci convertono in merci di scambio e vendono le nostre anime
in annunci alla Tv, riviste e media in generale, ci attribuiscono
un valore commerciale e ci costringono in tutti quegli spazi
dove la donna è convertita in “attrazione”.
Ci rincretiniscono da bambine facendoci credere imperfette,
per convertirci in consumatrici di bei vestiti ed accessori,
e persino di corpi torturati dalla chirurgia estetica, per conformarci
al modello desiderato, in quello che la norma stabilisce come
“accettabile”. E oggi, oltre a doverci conquistare
la vita come operaie con salari da insulto o come schiave del
gran capo neoliberale, la guerra è diventata più
dura.
Con sempre maggior frequenza, stanno prendendo i nostri corpi
e le nostre vite sia per divertirsi, sia per costringerci a
botte ai lavori domestici, sia per vendere i video dei massacri
e delle torture che subiamo o per esibire parti del nostro corpo
come trofei da portare sul collo. Questo avviene negli stati
di Mexico, Ciudad Juarez, Morelos e Leon, solo per citare alcuni
territori: siamo assassinate qui in Messico, ma lo stesso sta
accadendo nel resto del mondo.
Dall’altra parte c’è la guerra cosiddetta
di “bassa intensità”, dove ci uccidono a
poco a poco, quotidianamente. Dalla nascita ci impongono il
ruolo di mogli e con questo pretendono affermare che siamo soggette
a questa rigida costruzione culturale dove è già
prima stabilito che cosa ci è permesso e che cosa non
ci è permesso fare. Dove è già stabilito
chi domina e chi è dominata. Ci dicono con chi ci è
permesso avere relazioni sessuali o amorose. Persino anche chi
deve stare sopra e chi sotto nell’atto sessuale, e c’è
persino chi pretende imporci l’atto sessuale soltanto
finalizzato alla riproduzione. Concetti che non hanno nessun
fondamento.
Le cose si complicano quando oltre ad essere donne siamo lesbiche,
perché l’ordine stabilito punisce quelle di noi
che tentano di violarlo e quelle che vivono in altro modo. Ma
tutto ciò non è abbastanza: occorre che le lesbiche
fuggano dall’ordine imposto perché non siamo né
il territorio né il trofeo da conquistare, né
il prodotto da consumare, né un corpo per il loro piacere,
né la vittima, né la nemica sottomessa che dorme
nel loro stesso letto, né l’incubatrice con le
gambe nella quale pretendono convertirci. Rivendichiamo il diritto
al piacere, rivendichiamo il diritto di decidere con chi fare
sesso affettivo, il diritto di decidere del nostro corpo, se
vogliamo o meno la maternità; e che fare con le nostre
vite e gli affetti e rivendichiamo, sempre, che tutti gli atti
sessuali siano un accordo informato e cosciente tra chi li fa.
Nel corso di questa campagna elettorale ci hanno perseguitate
, prese in giro, maltrattate, imprigionate ed uccise. C’è
una chiara ragione in questo: la lesbofobia è un odio
che ha origine nella paura che provano i potenti.
Con la nostra pratica amorosa e politica noi mettiamo in crisi
l’ordine esistente, pieghiamo il potere che sottomette
le relazioni tra gli esseri umani. Mettiamo esplicitamente in
discussione gli assunti tradizionali dell’uomo e della
donna e condanniamo la terribile oppressione della sessualità
e la violenza tra i generi sessuali. Implicitamente, noi ci
opponiamo a tutte le altre forme possibili di oppressione, che
siano di classe, etniche, economiche, religiose, nazionali,
politiche, culturali, linguistiche o di qualsiasi altro tipo.
E pertanto notiamo che una vittoriosa strategia di chi detiene
il potere ha impedito, sino ad ora, l’alleanza tra uomini
e donne, convertendoli in contendenti/nemici per mezzo di costrizioni
fisiche, culturali, ideologiche e psicologiche.
Allo stesso modo, il potere ha impedito alleanze nel mondo dell’eterosessualità
che impone obbligatoriamente tutte le forme di dissidenza sessuale
nei nostri confronti. Queste divisioni distraggono la nostra
attenzione rispetto a chi oggi si sta appropriando del mondo
e lo sta sfruttando per i propri interessi, sottomettendoci.
È per questo che siamo qui a ricordarvi che l’oppressione
sessuale è una forma di oppressione politica. Che è
un fronte di lotta irrinunciabile, come la lotta contro il razzismo
o l’oppressione economica. Che nonostante la storica partecipazione
attiva delle lesbiche, per esempio, a numerosi movimenti sociali,
e nel divenire politico in generale, sono state dimenticate/messe
da parte le nostre rivendicazioni e noi continuiamo ad essere
senza volto, senza voce, continuiamo ad essere oggetto di persecuzione.
Vogliamo inoltre affermare, forte e chiaro, che per parlare
di un progetto di mondo opposto al neoliberismo, per poter dire
che esiste un progetto della sinistra, per una società
alternativa nazionale e mondiale, questo progetto deve concretamente
comprendere l’inclusione e la visibilità di tutte
le forme di dissidenza sessuale.
Inoltre bisogna dire che è ormai improcrastinabile la
revisione totale di ciò che oggi la cultura stabilisce
essere “uomo” ed essere “donna”, per
conquistare il libero esercizio della dignità umana libera
dalla violenza e dall’imposizione.
In definitiva, finiamola di opprimerci, gli uni contro le altre,
gli altri contro le stesse. La lotta congiunta è un’opzione
importante e Lunas, come gruppo d’azione politico di lesbiche
femministe, sta qui per dire: mai più la sinistra, né
il mondo, senza di noi.
lunasdec@yahoo.com.mx
in collaborazione con Lesbianas Feministas
Re-evolucionarias
(traduzione dal castigliano di Germana Gemignani)
Monumento all’anarchico Sbardellotto
“Per essere liberi...”. Così domenica 16
ottobre, a Mel (Belluno), un nutrito gruppo di persone ha ricordato
Angelo Pellegrino Sbardellotto, il giovane anarchico fucilato
dai fascisti a Roma nel 1932, per aver confessato l’intenzione
di uccidere Mussolini. Aveva 25 anni. Al secondino che gli era
accanto nelle ultime ore di vita, confessò di aver avuto
la possibilità di colpire il dittatore ma che rinunciò
perché c’era il rischio di coinvolgere nell’attentato
anche degli innocenti. E proprio su questo dettaglio, specchio
della personalità del giovane emigrante, domenica si
sono soffermati lo storico ed editore Giuseppe Galzerano e il
sindaco di Mel Ruggero Dalle Sasse, che hanno preso la parola
dopo Gianantonio Gallina del circolo anarchico di Belluno nonché
cantante dei Fiori del popolo, che alla figura di Sbardellotto
ha dedicato una canzone.
Il corteo si è mosso dal grazioso centro storico di Mel,
dov’era allestito un banchetto di divulgazione con libri
e altri materiali, per raggiungere il vicino parco della Giazzera,
dove è stata collocata la stele, realizzata da Cristiano
Olivotto.
La breve cerimonia al parco è stata aperta da Gianantonio
Gallina, che ha tratteggiato la figura di Angelo Pellegrino
Sbardellotto insistendo sull’amore per la libertà
e sulla scelta di mettersi in gioco fino in fondo contro la
barbarie della violenza fascista e contro l’ingiustizia.
Mel
(Belluno) - Il cippo realizzato da Cristiano Olivotto
Gallina ha ricordato le solide tradizioni socialiste, ma anche
anarchiche e comuniste, di quest’area del Bellunese che
comprende il capoluogo e i dintorni, una terra di montagna che
fu uno dei principali teatri della resistenza ai nazifascisti
in Italia. Così il giovane oratore ha voluto inserire
la vicenda tragica e straordinaria di Sbardellotto in questo
filone dell’antifascismo che ha radici in una tensione
alla libertà e alla giustizia diffusasi fin dall’800
con la crescita del movimento operaio nelle sue varie anime.
In proposito varrà la pena ricordare che ben prima della
diffusa attività partigiana in Valbelluna, la zona era
caratterizzata da una significativa presenza antifascista. Lo
stesso capo della polizia del regime valuta, dopo un decennio
di lunga e spietata repressione, che nel 1939 tra i pochissimi
canali di comunicazione anarchica con l’estero sopravvissuti
vi fosse quello dalla provincia di Belluno con Ginevra (accanto
a quelli da Firenze e dal Valdarno con Marsiglia; dalla provincia
di Livorno con New York e con la Francia; da Roma con Parigi).
Nella vicina Carnia (Udine) gli anarchici contribuirono alla
istituzione della Repubblica partigiana (www.carnialibera1944.it/)
e tra le varie azioni cui parteciparono vi fu l’assalto
alla caserma tedesca di Sappada.
Interessante, per un inquadramento storico, anche rammentare
che il municipio socialista di Belluno e la locale Camera del
lavoro furono tra i principali obiettivi dei fascisti e delle
loro spedizioni punitive nel 1921. Significativo anche il dato
degli iscritti alla federazione socialista di Belluno risultanti
dalle relazioni del congresso di Firenze del PSIUP (aprile 1946):
con 19 mila tesserati risultava la quinta d’Italia (la
principale era Milano con 53 mila iscritti).
Un'immagine
di Angelo Sbardellotto
A questa storia si è dunque voluto richiamare Gallina
nell’evidenziare la portata del gesto di questo giovane
emigrante che tornò clandestinamente dal Belgio in Italia
più volte per tentare di uccidere il despota sanguinario
Benito Mussolini.
Anche Giuseppe Galzerano, autore di un libro sulla vicenda di
Sbardellotto (Angelo Sbardellotto. Vita, processo e morte
dell’emigrante anarchico fucilato per l’“intenzione”
di uccidere Mussolini, Galzerano Editore, 2003, pag. 528-XXXII,
€ 25,00), ha voluto richiamarsi all’anelito di libertà
respirato dall’anarchico negli anni della sua formazione.
Una formazione che si completò all’estero, dalla
Francia al Belgio, nell’incontro con numerosi compagni
antifascisti.
Tanto che, come ha ricordato Gallina, Sbardellotto si doterà
di un rimarchevole bagaglio teorico, come traspare dai suoi
pochi scritti di cui si ha disponibilità.
Nel suo breve saluto il sindaco di Mel, tra l’altro, ha
difeso la collocazione della stele in un parco anziché
nel centro storico sostenendo che quel luogo sarà sempre
più un punto d’incontro con la storia locale.
Galzerano ha rievocato la vicenda di Angelo Sbardellotto e in
particolare le fasi dell’arresto, del processo sommario
e dell’esecuzione nei loro diversi risvolti. Lo storico
salernitano ha pure sollecitato l’amministrazione comunale
di Mel – dove il centrosinistra ora è passato all’opposizione
– a dedicare all’anarchico anche una via o una piazza
del paese, come ha già deciso di fare il Comune di Belluno.
Alla scopertura della stele ha partecipato anche l’ex
sindaco socialista di Mel Emilio Isotton, ora consigliere provinciale
dello SDI.
Tra i presenti alla manifestazione di Mel c’era anche
Piero Marchese, uno dei cinque consiglieri comunali di Rifondazione
Comunista a Belluno, promotore della proposta, già accolta,
di intitolare a Sbardellotto una piazza del capoluogo provinciale.
Ora è in corso un confronto all’interno della maggioranza
comunale (un centrosinistra composto da Alleanza di progresso,
Margherita e Rifondazione) per stabilire quale sarà il
luogo dedicato all’anarchico di Mel: probabilmente si
tratterà di una nuova piazzetta nella frazioncina collinare
di Mares, alle porte della città.
Zenone Sovilla
Liberamente ripreso dal sito di Nonluoghi
alla pagina www.nonluoghi.info/nonluoghi-new/modules/news/article.php?storyid=262.
Mel
(Belluno), 16 ottobre 2005 - Da sinistra: Cristiano
Olivotto, lo storico Giuseppe Galzerano che stringe la mano
all'assessore Emilio Isotton. Tra i due, il sindaco Ruggero
Dalle Sasse
|