Sul
“corpo lesbico”
Mi arriva preziosa l’appassionata ricerca proposta da
Nadia Agustoni in Il corpo lesbico,
“A” 307 (aprile 2005).
C’è conoscenza radicata da un’intima ispirazione
che approfondisce, rivelandone il senso originalissimo, l’opera
di Monique Wittig.
Il valore è accresciuto dall’attenzione riversata
al pensiero di questa filosofa del “lesbismo materialista”.
La tensione a esprimere rispondenza simbolica specifica aperture
politiche e varchi sociali ben al di qua delle stabilizzate
uniformità di categorie astratte e univoche. La relazione
viva, non con il corpo politico assodato nel dominio bensì
la politica del corpo senziente, fluttua tra la dicotomia di
pubblico-privato che, inter-detta, agisce nel testo
di Nadia come il meglio tra le righe.
L’impressione sottesa e guadagnata in scrittura rimanda
alla lettera mancante della linguistica ebraica: ciò
che è presente si inscrive per ciò che manca.
…Ma, come occorre in ogni interlocuzione, ci sono “ma”
a contornarla e, talvolta, a ispessirla. Il rilancio del “ma”
è un espediente non del tutto avversativo e non contrasta
la sensibilità verso il reale, l’intelligenza e
la creazione di mondo espresse e impresse da Monique Wittig:
in poche parole la sua vita e l’opera della sua vita così
intensamente delineate e partecipate da Nadia Agustoni. Il rilancio
interlocutorio tocca invece il testo e la discorsività
con cui quest’ultima le espone alla lettura: il linguaggio
e l’area simbolica che intessono il suo dire. L’intuire,
l’esplicitare idee, articolarle in scrittura lasciando
intravedere l’impalpabile potenza del simbolico intrecciato
al reale si imbattono – e combattono – nei limiti
del linguaggio con le sue inemendabili disposizioni sintattiche,
retoriche, pragmatiche dalle quali, per intenderci, tentare
di sottrarsi è tentare la via della creazione artistica
della mente e delle parole, con le quali inoltre si può
ben dire più di quanto possa essere rispettato.
Alla luce delle parole “consegnate” da Nadia e di
quello guadagnato nel seguire le tracce segnate dalla viva voce
di chi del pensiero della differenza sessuale sta facendo non
oggetto significato ma soggetto significante, ho la pretesa
– a partire da me – di offrire alcuni effetti in
termini di pensiero ragionante sortiti da quel mio ascolto.
Se, come afferma Judith Butler “per Wittig non esiste
alcuna distinzione tra sesso e genere: la categoria del sesso
è anch’essa una categoria di genere, del tutto
investita politicamente, naturalizzata, ma non naturale”,
occorre ribadire che differenza sessuale è categoria
allorquando la si assimila al genere come parametro di giudizio.
Il libero senso della differenza sessuale è, come ho
in precedenza detto, pensiero pensante extracategorico. La differenza
ha significato in quanto lo dà e non assume nel suo essere-divenire,
nel fare e disfare, alcun confronto tra uomo e donna. E tanto
meno secondo stereotipi sociologici, da scienza esatta.
La domanda di Nadia “cosa accadrebbe se rifiutassi di
segnalare su un documento alla dicitura sesso la F o la M ma
scrivessi Altro, o Lesbica o Transgender” segnala con
arguzia una predisposizione colma di ricchezza che attende proposizione
effettiva.
Anche il più arcaico dei regni si sfalda quando perde
la voce di categoria concettuale per chi lo potrebbe patire.
“Patriarcato (ed eterosessismo, aggiungo io) finiscono
quando non sono più nella testa di una donna”,
ho sentito dire una volta da Luisa Muraro: un inciso che fa
ordine nel suo discorso conferente e referente…
Quando Ratzinger – allora segretario della Congregazione
per la dottrina della fede (ex Inquisizione cioè), oggi
papa, Cristo in terra – scrive la Lettera ai vescovi
sulla collaborazione dell’uomo e della donna nella Chiesa
e nel mondo, a cui si riferisce Nadia nel suo articolo,
dialoga se non proprio con se stesso tutt’al più
con i vescovi (come il titolo segnala) e quel che dice lo dice
per rinsaldare la chiesa cattolica all’esegesi biblica
della creazione, per confermare il regime di verità (costituito)
di questa e di quella, come unico e assoluto. Non è interessato
(nel senso veicolato dall’etimologia di inter-esse, essere
in mezzo, fra) alla collaborazione di uomini e (non tra) donne,
visto che la collaborazione nell’istituzione che lui presiede
è – ben che vada – una ‘collaborazione’
fra soli uomini (alti prelati) che impartiscono doveri alle
donne per principio escluse dalla divinazione rituale di quella
stessa chiesa. Né con il pensiero della differenza, né
con quello dell’uguaglianza e, alla lettera, neppure con
la gender theory di Judith Butler interloquisce Ratzinger,
fosse anche nella forma della condanna.
Se non poche donne, filosofe e femministe della differenza,
sono andate nella casa dell’altro (*)
con presa di parola e di autorità lo hanno potuto fare,
secondo me, giacché mostrano di avere o, quantomeno,
coltivare indipendenza simbolica guadagnata in relazione ad
altro con altre. All’indipendenza simbolica, come all’amore,
basta poco per essere tanta.
Non riesco proprio a vedere quali siano i “danni irrimediabili”
cui allude Nadia, causati dalla differenza sessuale e non so
nemmeno in che senso lei li intenda. Per l’indipendenza
simbolica, che dà signoria al mondo e nel mondo, il danno
contiene la magia di lavorare a favore dell’una e dell’altra.
Il danno veicola anche un portato di radicamento: può
dare nel momento che toglie.
Infine mi preme l’ultimo “ma” accennato per
primo: il paradigma linguistico soggiacente all’articolo
Il corpo lesbico.
L’espediente retorico di valorizzare un pensiero –
nella fattispecie quello preziosissimo della Wittig –
svalorizzandone un altro – nel caso quello altrettanto
prezioso del libero gioco della differenza sessuale –
è un procedimento fallico, anzi fallologocentrico. Una
perdita secca per le donne e per chi lo ripete. Intendo dire:
nella storia del pensiero più filosofi che filosofe l’hanno
adottato. Espedienti retorici di cancellazione di altro da sé,
di non-riconoscimento dell’altro-altra e sintesi omologanti
per il Bene Supremo collettivo, non solo in teoria ma pure in
pratica, sono modalità anch’esse arcaiche, anzi
primigenie e ordaliche (assai lontane per altro dalla poetica
sensibilità della scrittura di Nadia, e ciò non
sta tra parentesi come invece sono costretta a fare). Modalità
arcaiche che i contesti politico-militari della storia dell’uomo
ribadiscono nel monomarchio necans della sua narrazione.
E se la paura, una riconosciuta parzialità soggettiva,
la mancanza e la bisognosità umane, il congedo dal pensiero
unico e universale diventassero i segni altri di valore e di
necessità?
La questione rimanda ai tentativi di rendere possibili le impossibili
metafore, metonimie e allegorie che (ci) legano al linguaggio.
Monica Giorgi
(Svizzera)
*
Una donna nella casa dell’altro è il titolo
della lezione tenuta da Luisa Muraro al Grande Seminario di
Diotima 2004, Il lavoro del negativo.
Il
sogno che è già movimento
“Cercheremo, e troveremo, qualcuno
che ami queste terre e questi cieli tanto quanto noi.”.
“Lotteremo per democrazia, libertà
e giustizia per coloro a cui sono negate.”
Dalla Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona a cura dell’EZLN.
(1)
“Questa è la nostra semplice parola”, inizia
così la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, con
cui l’EZLN (esercito zapatista di liberazione nazionale)
si rivolge alla società civile mondiale chiedendo una
parola chiara e una presa di posizione chiara contro il neoliberismo
e l’ordine mondiale esistente.
Gli zapatisti, così come in precedenza il loro subcomandante
Marcos, avevano già nominato tra chi lotta, lesbiche
e gay, ma questa volta li chiamano direttamente a rispondere
al loro appello. E c’è chi risponde. (2)
In Messico è circolato un documento di giovani lesbiche
(molte di loro frequentavano ancora la scuola nel ’94,
all’epoca della prima uscita a San Cristobal degli zapatisti),
che risponde direttamente alla Sesta Dichiarazione, affermando
che proprio dagli insorgenti del ’94, loro, allora troppo
giovani, hanno imparato il senso della propria dignità.
Si uniscono alla lotta come lesbiche e facendo i conti con la
durezza dell’esistente in un paese come il Messico in
cui devono per forza essere delle senza volto per non essere
uccise, stuprate o fatte bersaglio di oltraggi e ritorsioni
pesanti.
Il documento che accompagna l’uscita delle lesbiche messicane
è stato discusso e fatto proprio da altri gruppi politicizzati
di lesbiche in Messico ed è stato tradotto in italiano
(3) proprio perché anche qui
da noi in diverse ci siamo interrogate e ci stiamo interrogando
su un “altro mondo possibile” e su un fare politica
che porti con sé quell’arte del desiderio che è
movimento dal presente al futuro.
Leggendo la Sesta Dichiarazione, quello che prima di ogni cosa
colpisce è ovviamente il linguaggio semplice e diretto,
che non si presta ad alcun fraintendimento. Vogliono essere
capiti e si fanno capire. Questa è la loro prima lezione,
una parola che è subito politica.
Quale inizio migliore per la pratica della democrazia?
Spiegandoci come vedono il mondo e quello che vi succede, fanno
un percorso semplice e cioè risalgono dalla merce (sia
un sacchetto di caffè o un prodotto hi-fi) fino a chi
la produce. Ed ecco così riapparire le persone vive,
con la loro fatica (ma perché non dico nostra? E anche
di molti di noi questa fatica.), la loro pena e il loro bisogno,
che li conduce in fabbriche malsane, nei campi, in laboratori
fatiscenti dove per una paga sempre più misera e che
non compensa alcuna miseria, si lavora fino a ridursi al non
pensare.
Trovati i soggetti dello sfruttamento, diventa impossibile non
notare quanto incidano i fattori della disuguaglianza di genere
(compreso l’obbligo eterosessuale) e il razzismo, come
è per gli Indios.
Gli zapatisti, lontani dal considerare questi fattori delle
sovrastrutture, rivolgono a tutti questi soggetti un invito
alla parola, perché se un nuovo modo di fare ed essere
è possibile, lo è colorando il mondo dell’arcobaleno
di tutti i colori e non prendendo facili scorciatoie che evitino
di menzionare certi gruppi oppressi per non farci i conti, ma
soprattutto per non fare i conti con il proprio sguardo su di
loro o con l’incapacità di ascolto. Ascoltare diventa
allora necessario. Questa necessità fonda una politica
che non permette esclusioni. I diritti umani e civili sono diritti
di tutte e tutti e fare eccezioni è convalidare il privilegio
dei pochi ed esserne complici.
La Sesta Dichiarazione è un passo enorme nella storia
dei movimenti rivoluzionari.
Mai prima avevamo assistito a un movimento che nella pratica
si ponesse a fianco della società civile internazionale
senza pretesa di fare lezione.
Viene spontanea una frase “imparare ad imparare”.
(4)
Le lesbiche di Lunasdec e di altri gruppi, aderendo alla Sesta
Dichiarazione, rivendicano quel margine che non è più
marginalità, ma è una linea di cammino, un farsi
voce, un prestare attenzione. Da tutto questo sta nascendo un
gruppo di lesbiche zapatiste internazionale, che non intende
più l’essere senza volto come l’essere senza
parola e senza azione. (5)
“Dissidenti sessuali” fino in fondo (6),
non intendono omologarsi per avere l’accettazione, né
normalizzarsi all’interno di lotte all’acqua di
rose che per alcuni/e possono apparire desiderabili.
Portando in superficie i vari livelli di sfruttamento cui sono
soggette, perseguono un cambiamento che non sia un palliativo,
ma qualcosa di reale e incisivo.
Quello che leggo nella pratica zapatista è una volontà
di fare che non giustifica i mezzi con il raggiungimento dei
fini e pertanto costringe a una pratica di vita che va cercata
e voluta, che va messa in azione ogni giorno, per cambiare noi,
qui dove siamo.
È a questo che mi riferisco e che il movimento delle
lesbiche zapatiste mette in atto.
È con la nostra vita che rispondiamo. Vivendo ora come
non vogliono farci vivere, ma anche cercando sempre altre possibilità
e la concretezza di un costruire insieme.
Se un altro mondo è possibile, è nel nostro mondo
di ogni giorno che deve esserlo. (7)
Non vedere questo e non farci i conti porterebbe solo a un’invisibilità,
che come una foglia di fico non coprirebbe nemmeno l’incapacità
del nostro desiderio di farsi grande.
Qualcosa quindi ci aspetta. Se saremo capaci di un movimento
che non si chiuda su se stesso, avremo fatto un primo vero passo.
Nadia Agustoni
(Bergamo)
Note
-
La Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona
è stata tradotta in Italiano dal comitato Maribel
di Bergamo e pubblicata integralmente da “Carta etc”
mensile. È leggibile anche sul sito di Carta www.carta.org.
Le citazioni iniziali sono prese da lì.
-
Non
è la prima volta che Marcos come portavoce dell’EZLN
nomina direttamente lesbiche, gay, transessuali e “altri
modi”, in comunicazioni e scritti, ma questa è
la prima chiamata a una lotta comune contro il neoliberismo
e i poteri forti, qualunque forma essi assumano. Questo
uno dei passaggi della Sesta Dichiarazione (per brevità
citata sempre così da qui in poi): “Invitiamo
indigeni, operai, contadini, maestri, studenti, casalinghe,
coloni, piccoli proprietari, micro-imprenditori, pensionati,
disabili, religiosi e religiose, scienziati, artisti, intellettuali,
giovani, donne, anziani, omosessuali e lesbiche, bambini
e bambine, a partecipare, in maniera individuale o collettiva,
direttamente con gli zapatisti a questa campagna nazionale
per la costruzione di un altro modo di fare politica …”.
Vedere anche tra gli altri interventi lo scritto-racconto:
“In (auto) difesa delle giraffe” in www.ellexelle.it.
L’interesse suscitato dalle ultime elaborazioni zapatiste
ha toccato anche lesbiche e gay, sia in Messico dove si
stanno organizzando per prime proprio varie realtà
lesbiche, sia nel mondo. Particolarmente interessanti i
forum internet di lesbiche.
-
Il
documento delle lesbiche di Lunasdec
è stato pubblicato sul n. 313 di “A”
rivista anarchica. È stato letto durante il martedì
femminista a Radio Onda rossa di Roma e inoltre ne parla
in un articolo in pubblicazione su “Liberazione”
e in uno su “Marea” Monica Lanfranco. È
uscito anche, in spagnolo e in italiano, nella LLI (Lista
Lesbica Italiana). Ecco alcuni passaggi: “Lunasdec
è una organizzazione nata 3 anni fa come gruppo di
riflessione lesbica e col tempo si è convertita in
gruppo di azione femminista sessual-politica.” …
“Quando abbiamo cominciato a lavorare per le nostre
rivendicazioni, lo abbiamo fatto per la visibilità
e la coscienza lesbica”. “…vogliamo stabilire,
forte e chiaro, che per parlare di un progetto di mondo
opposto al neoliberismo, per poter dire che esiste un progetto
della sinistra per una società alternativa nazionale
e mondiale, questo progetto deve concretamente comprendere
l’inclusione e la visibilità di tutte le forme
di dissidenza sessuale. … Mai più la sinistra,
né il mondo senza di noi.”. (Si ringrazia per
la traduzione Germana Gemignani).
-
“Imparare
ad imparare” oltre al forte richiamo alla pratica
zapatista è ben conosciuto agli studiosi Sufi e ai
praticanti di questa disciplina.
-
Le
“Lesbiche zapatiste internazionali” è
un gruppo che si sta formando e che intende raggruppare
militanti di vari gruppi lesbici femministi del Messico
e del mondo. I collegamenti, al momento, sono almeno a livello
internazionale principalmente nel web. Un documento è
attualmente in discussione e verrà quanto prima tradotto.
-
“Dissidenti
sessuali” è il termine usato sia nel documento
di Lunasdec che in altri pervenutici. Ci è stato
detto che le lesbiche messicane usano di preferenza questo
termine distanziandosi così sia dal termine “differenza
sessuale” che non condividono (preferendo dare al
loro impegno una connotazione di classe sessuale), sia da
“diversità” che tra loro è vissuto
più come un riferimento élitario dei gruppi
o simpatizzanti gay neoconservatori.
-
Auspichiamo
la nascita di un coordinamento in Italia per lavorare sulla
Sesta Dichiarazione e in appoggio alle iniziative delle
lesbiche messicane. Non pensiamo a una mera pratica di controinformazione,
ma a un lavoro che porti con sé la volontà
di riaprire un processo, quello che in un recente articolo
su “Carta Etc.” mensile, Paolo Cacciari così
definisce: “Per contro, un processo rivoluzionario
partecipato e di massa potrà riaprirsi quando ‘una
nuova classe generale’ riuscirà a concepirsi
non come ‘categoria’ separata (…), ma
come figura sociale completa, comprensiva di tutte le dimensioni
plurali dell’esistenza: individuo biologico e sociale,
uomo e donna, razionale e passionale, portatore di interessi
immediati e di quelli dei propri figli, abitante e cittadino,
produttore e consumatore… detto in altro modo, è
un problema di presa di coscienza e di rivendicazione dei
propri diritti allargati all’intero genere umano e
coerenti con l’ecosfera, con l’intero ambiente
naturale.”
I
nostri fondi neri
|
Sottoscrizioni.
Paolo Friz (Mesagne – Br) 6,00; Rino Quartieri
(Zorlesco – Lo) 20,00; Franco e Ljuba (Ancona)
ricordando Luciano Farinelli, 50,00; a/m Paolo Finzi,
raccolti a Fabriano durante il Convegno internazionale
di studi su Luigi e Luce Fabbri, 75,00; Lorenzo Guadagnucci
(Firenze) 20,00; Aurora e Paolo (Milano) ricordando
Alfonso Failla a vent’anni dalla scomparsa (26.1.1986),
500,00; Piero Bertero (Cavallermaggiore – Cn)
20,00; I.G. (Milano) 20,00; AB (Milano) 65,00;
Lorenzo Accordi (Valenza Po - Al) 10,00; Associazioine
culturale AFK (Noci – Ba) 20,00; I. F. (Macherio
– Mi) 20,00; Rolando Paolicchi (Pisa) 10,00;
Myriam Planesio (Casalecchio di Reno – Bo) 20,00;
Valeria Vecchi (Parma) 10,00; Gianni Pasqualotto (Crespano
del Grappa Vi) 110,00; Riccardo Caneba (Grottaferrata
– Rm) 20,00; Antonello Cossi (Sondrio) salutando
Marco Camenisch, la lucha sigue!, 20,00; Carlo Ghirardato
(Roma) 10,00; Pino Fabiano (Cotronei – Kr) 5,00;
Gabriele Saguatti (Sant’Agata Bolognese –
Bo) 10,00; Marco De Donato (Milano) 20,00; Silvio
Sant (Milano) 20,00; Gino Perrone (Brindisi Casale
– Br) 10,00; Fernando Ainsa (Parigi –
Francia) 10,00; Nicola Piemontese (Monte Sant’Angelo
– Fg) 20,00; Pietro Steffenoni (Lodi) 40,00;
a/m M. Ortalli, Antonio La Gioia (Imola – Bo))
30,00; Alessio, Manuela e Rocco Tannoia (Settimo Milanese
- Mi) 20,00; Vittorio Golinelli (Bussero – Mi)
20,00; Gian Paolo Pastore (Milano) 20,00; Claudio
Neri (Roma) 20,00; Cati Schintu (Torino) 150,00; Marco
Breschi (Pistoia) ricordando Aurelio Chessa, 50,00;
Francesco Berti (Bassano del Grappa – Vi) ricordando
Marina Padovese, cara amica, cara compagna, 20,00;
Francesco Zappia (Gioiosa Marea – Me) 50,00;
Massimo Bellini (Riolo – Bo) 20,00; a/m Jombo,
Fucluo e Olli, raccolti alla tombolata tenutasi presso
il circolo ARCI La Zina (Cattolica – Rn), 540,00;
Carlo Bonanni (Grottamare) 20,00; Ernesto De Liperi
(Pisa) 5,00; Stefano Quinto (Maserada al Piave –
Tv) 20,00; Antonio Pedone (Ponte Felicino –
Pg) 10,00; Gesino Torres (S. Spirito - Ba) 20,00.
Totale euro 2.176,00.
Abbonamenti sostenitori.
(quando non altrimenti specificato, si tratta di 100,00
euro). Arturo Schwarz (Milano); Giordana Garavini
(Castel Bolognese – Ra); Massimo Cenci (Lucca);
Luigi Natali (Donnas – Ao); Fernando Ferretti
(San Giovanni Valdarno – Ar) 110,00; Fausto
Franzoni (Pianoro Nuova – Bo); Giulio Abram
(Trento) 120,00; Cariddi Di Domenico (Livorno); Fabrizio
Tognetti (Larderello); Patrizio Quadernucci (Bobbio
– Pc); Loriano Zorzella (Verona); Gianni Pasqualotto
(Crespano del Grappa – Vi); famiglia Alioti
(Genova); Pietro Steffenoni (Lodi); Alessandro Natoli
(Cogliate – Mi); Ettore Valmassoi (Quero –
Bl); Mario Perego (Carnate – Mi) 120,00; Marco
Breschi (Pistoia); Aimone Fornaciari (Nattari –
Finlandia); Marco Galliari (Milano); Luigi Piccolo
(Padova); Mariangela Raimondi Riva (Milano); Mauro
Guolo (Torino).
Totale euro 2.350,00.
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