La traiettoria biografica di Murray Bookchin – che, nato nel Bronx nel 1921 da una coppia di immigrati russi rivoluzionari (la madre attivista wobbly*), si è spento il 30 luglio scorso a Burlington nel Vermont – ha attraversato l’intero Novecento, ma i suoi prolifici (oltre una ventina i titoli, centinaia gli articoli pubblicati) e generosi contributi teorici hanno cercato di accompagnare le più diverse correnti del pensiero radicale del diciannovesimo e ventesimo secolo dritte nel ventunesimo.
L’intera sua opera può essere definita, con le parole utilizzate dallo stesso Bookchin, come una sorta di Aufhebung militante, di progressiva “assunzione, sussunzione e superamento” dei contenuti del marxismo come dell’anarchismo, della scuola di Francoforte come dell’antropologia culturale, dell’urbanesimo utopistico di Lewis Mumford come dell’etica della responsabilità di Hans Jonas.
Uno sforzo che a taluni è apparso come un patchwork un po’ naïf, ma sempre compiuto nel segno dell’anticipazione, talvolta profetica, e del desiderio collettivo di libertà. Questo operaio autodidatta, tra i protagonisti del grande sciopero della General Motors del 1946, pubblica nel 1952, sotto lo pseudonimo di Lewis Herber per sfuggire alla caccia alle streghe maccartista, un articolo dal titolo The Problems of Chemicals in Food; e dodici anni più tardi il libro dedicato ad Our Synthetic Environment, che precede di sei mesi il ben più noto Primavera silenziosa di Rachel Carson: scrive profeticamente nel 1964 degli effetti della chimica di sintesi sulla salute umana, grazie all’ingresso dei pesticidi nella catena alimentare, della diffusione del cancro come malattia tipica di quel “cancro sociale” rappresentato dal capitalismo e perfino dell’obesità come disturbo caratteristico di un’affluent society.
Trasformazione
radicale
Espulso giovanissimo dalle fila del Partito Comunista, dai primi anni Cinquanta si orienta verso un socialismo libertario. Negli anni Sessanta, rivolto alle dinamiche gruppettare che stavano affermandosi nella nuova sinistra americana, pubblica Listen Marxist!, dove sostiene un’“anarchismo della post scarsità”. “Il problema – scrive – non è quello di abbandonare il marxismo o di cancellarlo... in uno stadio più avanzato di sviluppo del capitale rispetto a quello con cui Marx aveva a che fare un secolo fa, in una fase più avanzata di sviluppo tecnologico rispetto a quanto lo stesso Marx potesse aver previsto, è necessaria una nuova critica, che porti a nuove forme di lotta, di organizzazione, di propaganda, di stili di vita”. Arrivato con questo informalissimo curriculum all’insegnamento universitario, nel 1971 Bookchin fonda con altri l’“Istituto per l’Ecologia Sociale” a Plainfield, Vermont, che continua ad essere un importante punto di riferimento internazionale per le sue ricerche nel campo della teoria sociale, dell’eco-filosofia e delle tecnologie alternative. È a questo punto del suo percorso che Bookchin si definisce, mettendo in guardia verso i rischi che comporta qualsiasi gabbia ideologica, “un ecologista sociale e un municipalista libertario”.
Nel 1982 pubblica quella che può a ragione essere ritenuta la prima sintesi del suo impegno teorico e militante, Ecologia della libertà (tradotto in Italia, insieme a Per una società ecologica e Democrazia diretta, da Elèuthera): “il dominio dell’uomo sulla natura è originariamente causato dal dominio reale dell’uomo sull’uomo. La soluzione a lungo termine della crisi ecologica dipenderà da una trasformazione fondamentale di come organizziamo la società, una nuova politica basata sulla democrazia face-to-face, su assemblee di vicinato e sulla dissoluzione delle gerarchie”.
Tra i promotori del Green Left Network, ma anche critico acuto e feroce del suo programma, tiene particolarmente alla distinzione politica tra l’“ecologia sociale”, finalizzata alla radicale trasformazione dei rapporti sociali, e l’“ambientalismo” come tentativo di intervenire sugli impatti più devastanti dell’economia capitalistica: “Parlare di ‘limiti dello sviluppo’ nel mercato capitalistico – scriveva nel 1990 in Remaking society rivolto soprattutto agli analisti del Club di Roma e ad autori come Lester Brown o Rifkin – è privo di significato; è come parlare di porre limiti alla guerra in una società guerriera. La compassione morale a cui danno voce oggi molti ambientalisti benpensanti è così naïf come la compassione morale delle multinazionali è manipolativa. Il capitalismo non può essere più ‘convinto’ a porre dei limiti al proprio sviluppo di quanto un essere umano possa essere ‘convinto’ a smettere di respirare”.
Contro “l’ecologia
profonda”
Allo stesso tempo conduce una battaglia durissima contro i sostenitori della deep ecology, denunciandone gli aspetti più spiritualisti e reazionari. Ma è infine la sua proposta “comunalista”, nel tentativo di “andare oltre le tendenze del secolo passato”, a restare il contributo di maggiore originalità per i movimenti del XXI secolo. Una proposta articolata con grande chiarezza in From Urbanization to Cities (1987), in grado, a vent’anni di distanza, di continuare a far pulizia di tanta retorica debole della “partecipazione” e di altrettanto furbesco ambientalismo, “eco-compatibile” soprattutto con le contemporanee forme del dominio. “L’immediato obiettivo dell’agenda del municipalismo libertario è quello di riaprire la sfera pubblica in opposizione ad ogni statalismo, di permettere il massimo di democrazia nel senso letterale del termine, di creare istituti che in forma embrionale possano dare potenza alla gente”; “Non vi può essere politica senza comunità. E per comunità intendo una libera associazione di cittadini su base municipale, rinforzata nella propria autonoma capacità economica dai propri organismi di base e il sostegno confederativo di altre comunità, organizzate in reti territoriali”. Una radicalità ricca d’innovazione, che spiega forse l’incontro mancato con Bookchin di tanta parte della discussione italiana ed europea.
Beppe Caccia
Assessore al Comune di Venezia
(da “Il Manifesto” del 13 agosto 2006)
* Cioè militante dell’Industrial Workers of the World (IWW), n.d.r.
Leggere Bookchin (in italiano)
Questa bibliografia (in ordine cronologico) degli scritti di Bookchin
pubblicati in italiano si basa su quella presente nel sito
raforum.apinc.org, a cura di Janet Biehl (compagna e collaboratrice di
Murray Bookchin), con piccole nostre aggiunte.
Tecnologia e rivoluzione libertaria, in “A” rivista anarchica 31 (1974).
Tecnologia e rivoluzione libertaria, in “Volontà” 2 (1974).
I limiti della città, Milano, Giangiacomo Feltrinelli Editore, 1975.
Comment, in “A” rivista anarchica 75 (1975).
Potere di distruggere, potere di creare, Centro documentazione anarchica 14, 1976.
Spontaneità e organizzazione, Carrara-Torino, Edizioni del Centro documentazione anarchica, 1977.
Post Scarcity Anarchism, Milano, La Salamandra, 1979.
Oltre i limiti del marxismo, AN.ARCHOS, 1979.
Il marxismo come ideologia borghese, in “A” rivista anarchica 81 (1980).
Cara ecologia, in “A” rivista anarchica 85 (1980).
Il futuro del movimento anti-nucleare, “Volontà” 3 (1980).
Reagan: la rabbia del ceto medio, in “Volontà” 1 (1981).
Utopismo e futurismo, in “Volontà” 3 (1981).
Io sono nato..., in “A” rivista anarchica 93 (1981).
Fabbrica, scuola di potere, in “A” rivista anarchica 97 (1981-1982).
Sociobiologia o ecologia sociale? - 1, in “Volontà” 1 (1982).
Sociobiologia o ecologia sociale? - 2, in “Volontà” 3 (1982).
Una conferenza, Carrara, Circolo Culturale Anarchico, 1984.
1984 e il ruolo della memoria, in “A” rivista anarchica 120 (1984).
L’armonia perduta, in “A” rivista anarchica 121 (1984).
L’anarchismo: 1984 ed oltre, “Volontà” 3 (1984).
Agricoltura, mercato, morale, in “A” rivista anarchica 132 (1985).
Tesi sul municipalismo libertario, in “Volontà” 4 (1985).
Noi verdi, noi anarchici, in “A” rivista anarchica 14 (1986).
L’ecologia della libertà. Emergenza e dissoluzione della gerarchia, Milano, Elèuthera, 1986, V edizione 1998.
La guerra civile spagnola cinquant’anni dopo, in “Volontà” 4 (1986).
Ecologia sociale e pacifismo, in “A” rivista anarchica 144 (1987).
Libertà e necessità nel mondo naturale, in “Volontà” 2-3 (1987).
Non sottovalutiamo la specie umana, in “Volontà” 2-3 (1987).
The modern crisis/La crisi della modernità, Bologna, Agalev Edizioni, 1988.
Sociale, non profonda, in “A” rivista anarchica 153 (1988).
Ecologia sociale perché, in “A” rivista anarchica 159 (1988).
Per una società ecologica, Milano, Elèuthera, 1989.
Per una società ecologica, in “A” rivista anarchica 166 (1989).
Società, politica, stato, in “Volontà” 4 (1989).
La politica radicale nell’età del capitalismo avanzato, Quaderni della società civile, Palermo, febbraio 1991.
La proposta federativa, in “Volontà” 2-3 (1991).
Occhio al bioregionalismo, in “A” rivista anarchica 185 (1991).
La mia proposta, in “A” rivista anarchica 187 (1991-1992).
Una politica municipalista, in “Volontà” 4-1 (1991-1992).
Democrazia diretta, Milano, Elèuthera, 1993, IV edizione 2005.
Democrazia diretta, come, in “A” rivista anarchica 202 (1993).
L’unico e l’umano, in “Volontà” 2-3 (1994).
La via del comunitarismo, in “Volontà” 4 (1994).
Comunalismo perché, “A” rivista anarchica 215 (1995).
Il capitalismo e la crisi ambientale, www.univ.trieste.it/~cusrp/Bookchin2004_it.html e nonluoghi libertari – www.nonluoghi.it/ 2005.
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