premesse
Siamo una minoranza della minoranza
Katia Pietra
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Nel processo di rivendicazione di un diritto, affinché esso venga riconosciuto come tale dalla società, si parte sempre dall’azione di gruppi minoritari che riconoscono e finalmente “vedono” quanto le proprie potenzialità e/o le risorse per realizzarle e svilupparle, vengano negate.
Nel “mondo” della disabilità il tema della “Vita Indipendente” è – almeno in Italia – ancora poco sentito come diritto fondamentale d’esistenza: a volte si relega chi ne parla o lo promuove, ad essere minoranza fra la minoranza delle persone con disabilità.
È per questo che riteniamo la diffusione, la conoscenza e la condivisione della rivendicazione del diritto ad una vita indipendente, un punto forte per aumentare il consenso e una spinta utile affinché possano essere messe in campo maggiori strategie e risorse per favorire e rendere attuabile la vita indipendente delle persone, anche se con disabilità.
È per questo che abbiamo accolto l’offerta della Rivista “A” di pubblicare questo Dossier, che vuole dare una panoramica sulla storia, le motivazioni, le esperienze, gli strumenti e i movimenti che in Italia e nel mondo stanno portando avanti questa rivendicazione e questa lotta.
La tenace reiterazione della quotidianità si manifesta, per chi non ha il pieno controllo corporeo, sensoriale o intellettivo, con bisogni a cui occorre rispondere con l’aiuto del corpo, dei sensi o a volte dell’intelletto di qualcun altro; ma non per questo la volontà, i tempi e i desideri propri debbono essere limitati o alterati da altri, né devono sottostare ad organizzazioni, tempistiche e scelte non proprie, in funzione e in nome appunto dell’aiuto che ci viene dato.
Katia Pietra
Perché un dossier sulla Vita Indipendente e la disabilità?
di Marco Gastoni
L’idea di realizzare questo dossier, dedicato al diritto a costruirsi una vita indipendente, è nata dall’incontro tra persone che quotidianamente lottano nel concreto per assicurarsi un’esistenza degna nella nostra società per molti versi ostile. In un contesto sociale dove l’uniformità e la passività dell’essere umano sono valori fondanti e le uniche differenze incoraggiate dal sistema economico/politico sono quelle create dal mercato globalizzato per vendere prodotti, ci siamo ritrovati a parlare di autogestione della propria esistenza a Pavia durante l’ultimo Festival UpPavia, organizzato dall’associazione libertaria PaviainserieA (http://www.paviainseriea.it), che già in passato si era occupata di queste tematiche.
I promotori e organizzatori di questo incontro all’interno del Festival UpPavia 2007 erano persone “disabili” ovvero affette da qualche tipo di “svantaggio” di carattere fisico, mentale, intellettuale o sensoriale che, in correlazione con varie barriere di altro genere, possa pregiudicare la piena ed effettiva partecipazione nella società su basi di uguaglianza con gli altri (1). Alcune di queste persone svolgono la propria attività di volontariato in PaviainserieA o nel Comitato pavese di coordinamento problemi dell’handicap (co-organizzatore dell’incontro) mentre molti altri partecipanti provenivano da altre città ed organizzazioni impegnate nel progetto Vita Indipendente.
Il movimento per la Vita Indipendente lotta principalmente perché i disabili possano avere la possibilità di prendere decisioni riguardanti la propria vita e la capacità di svolgere attività di propria scelta, con le sole limitazioni che hanno le persone senza disabilità. Vita indipendente ha a che fare con l’autodeterminazione. È il diritto e l’opportunità di perseguire una linea di azione ed è la libertà di sbagliare ed imparare dai propri errori, esattamente come le persone che non hanno disabilità (2). Il variegato movimento per la Vita Indipendente di norma si rivolge alle istituzioni pubbliche attualmente esistenti (Stato, Regioni, Comuni, etc) in quanto necessarie interlocutrici nella nostra società e, al momento, uniche controparti in grado di garantire le risorse indispensabili per la vita indipendente con un ottica di continuità di lungo periodo. Soprattutto in presenza di gravi disabilità, l’autogestione della propria esistenza richiede, infatti, risorse ingenti principalmente per l’assistenza e la salute e il supporto economico pubblico diventa per molti l’unica possibilità di vivere autonomamente. Occorre ricordare che le famiglie del disabile spesso sopportano tutti gli oneri e quindi la vita indipendente ha ricadute importanti anche su persone non direttamente colpite. Per molti, l’alternativa alla famiglia è l’ospedalizzazione o la vita presso Istituti pubblici o, spesso, privati che fanno dell’assistenza un business e della vita del disabile una domanda di mercato da soddisfare in modo più o meno efficiente.
Per quanto mi riguarda, l’incontro di Pavia è stato importante perché ha dimostrato che esiste la possibilità concreta di trovare un sentire comune tra persone che affrontano i problemi della vita e che le definizioni di “normalità” e “diversità” sono alquanto ballerine. In questa bella occasione d’incontro, ho visto tetraplegici affannarsi nell’accoglienza degli ospiti, nelle pubbliche relazioni e nella presentazione pubblica in una sala gremita mentre alcuni anarchici se ne stavano seduti immobili ad ascoltare. Non credevo ai miei occhi, perché avevo già visto molte volte tetraplegici lavorare sulla carrozzina elettrica con il comando a bocca ma gli anarchici in silenzio non li avevo proprio mai visti!
E siccome alla fine gli anarchici in silenzio non sanno proprio stare, allora è nata questa proposta di presentare al movimento libertario la lotta per la vita indipendente dei disabili dalle colonne della Rivista A. Il dossier è scritto da persone disabili e si propone di aprire un confronto fra chi è direttamente impegnato nel progetto per una Vita Indipendente e il movimento libertario, sulla base della condivisione di alcuni valori chiave come l’autogestione, il rispetto delle diversità, la libertà di scelta e il diritto di tutti a vivere in maniera degna. La conoscenza reciproca di vari livelli di lotta per conquistare il diritto ad una vita diversa da quella imposta dalla società attuale potrebbe fornire spunti di riflessione che auspico possano portare a collaborazioni proficue e scambio di esperienze con crescita reciproca.
Non so se questo dossier riuscirà a raggiungere lo scopo, se susciterà un interesse concreto e potranno sorgere delle collaborazioni tra persone che lottano con metodi libertari e autogestiti per una vita migliore. Certamente il movimento anarchico non dispone e non disporrà mai di assessori/sindaci, sottosegretari, ministri e comunque gente potente nelle proprie file che possano garantire un “interessamento” al problema nelle istituzioni, ma abbiamo compagne e compagni sensibili e tenaci, circoli e spazi sociali, giornali e riviste di movimento, case editrici, etc e sono sicuro che queste risorse siano a disposizione di chiunque stia lottando per l’autogestione della propria vita.
Non avendo secondi fini elettorali e di conquista del potere possiamo presentare una faccia pulita e tendere una mano onesta tra fratelli diversi nei limiti delle nostre scarse possibilità. Questa è la nostra forza di anarchici.
Marco Gastoni
Note
1. La definizione è tratta dal testo delle Nazioni Unite “Convention on the Rights of Persons with Disabilities” del Dicembre 2006.
2. Manifesto della vita indipendente, ENIL – European Network on Independent Living (http://www.enil.it). |