Orbassano, 22 settembre 2009. Nell’aula magna dell’IIS Amaldi si svolge un’assemblea sindacale di inizio anno. È riservata ai docenti di uno solo dei plessi nei quali si divide la scuola che partecipano in numero rilevante visto che si tratta, per l’essenziale, di problemi interni all’istituto che, la cosa va riconosciuta, di questi tempi interessano ed appassionano più delle questioni generali, quelle rispetto alle quali i lavoratori si sentono impotenti e delle quali preferiscono, per non deprimersi, non parlare.
Esaurita la discussione sul primo punto all’ordine del giorno, tengo una breve relazione sulla situazione degli organici e su quella contrattuale che si conclude con l’invito ad aderire allo sciopero del 23 ottobre indetto da CUB – Cobas e SdL.
Un collega noto per la sua sensibilità artistica, aderente alla CISL – comunista rivoluzionario però – interviene in maniera suadente per far rilevare che il governo è forte, che l’opinione pubblica ci è contro e che si devono trovare forme di azione meno costose dello sciopero. È notoriamente uomo in buona fede, che si è fortemente impegnato nel movimento NO Gelmini dell’anno passato, che dice ciò che sente. Nei fatti, però, fornisce ai molti titubanti un buon argomento.
Cerchiamo forme di lotta alternative allo sciopero. Poi si sa che non si troveranno, ma in questo modo abbiamo un buon argomento per scampare lo sciopero in buona coscienza.
Il buon samaritano, per fortuna, viene neutralizzato dall’intervento di un collega che ha il dono della sintesi ed una certa qual capacità comunicativa e che si limita a ricordare che lo sciopero è una cosa seria e che non ci sono soluzioni “alternative” mentre certo è possibile utilizzare forme di azione comunicativa utili a sviluppare l’opposizione alla politica scolastica del governo.
A fine assemblea, però, interviene un altro collega. Costui è decisamente più ruspigante del primo e afferma che gli scioperi non servono a niente e che è necessario arrivare a forme di azione illegale, nella fattispecie il blocco degli scrutini a giugno. Lanciata la sua sfida agli dei ed agli uomini, essolui si allontana simile ad un gallo cedrone.
Chi scrive si trova a riflettere su questi due interventi, specie sull’ultimo, in uno sforzo, faticoso, di non dare nulla per scontato. Per triste privilegio dell’età, infatti, è abituato a sentire questo tipo di discorsi che erano abbastanza di moda negli anni ’80 del secolo scorso e che si sono un po’ rarefatti sino quasi a sparire negli anni ’90 e nel primo decennio del nuovo secolo.
In ogni assemblea sindacale, infatti, non mancava quasi mai il collega, solitamente maschio, meridionale e di mezza età (1) che faceva un intervento di fuoco proponendo qualsiasi cosa e al termine, verificato che la sua passione sovversiva non trovava seguito, se ne andava a prendere un caffè. Insomma un classico pulcinella.
“Scioccata da questa situazione”
Vedere riapparire questi sacripanti da aula docenti dopo che sembravano estinti induce qualche riflessione.
La prima è: perché erano quasi scomparsi? La risposta è abbastanza semplice, al limite del banale. Quel tipo umano, di norma, era un nostalgico di una mitica età dell’oro degli insegnanti cantata dalla destra sindacale. Questo mito, a causa del modificarsi delle caratteristiche e della composizione sociale della categoria, si è illanguidito. Inoltre questi signori si sono resi conto che qualcuno aveva buon gioco a chiedere loro come mai erano metodicamente crumiri se non ruffiani dei dirigenti e si sono dati una regolata.
La seconda: tende veramente a riapparire? Non me la sento di affermare che è proprio così ma alcuni segnali in questa direzione, almeno a me, arrivano.
Alcuni giorni, addietro, per fare un esempio, mi è arrivata la lettera che riporto di seguito:
Io sono scioccata da questa situazione.
Il governo Gelmini ha stroncato un numero ingente di persone così dall’oggi al domani. Senza sentire e ascoltare maestri, insegnanti, direttori, rettori. Si continua ad andare avanti sulla riforma.
Io dico...se veramente tutti noi, precari e insegnanti di ruolo facessimo uno sciopero, o meglio una protesta del tipo non insegno se le cose ossia i tagli non rientrano e se questa riforma non viene tolta.
Sarebbe facile. Si sciopera tutti insieme. Le scuole non aprono. I bambini non vanno a scuola fino a quando non si risolve.
Ma questo è impossibile. Allora basta....subiamo questa dittatura. Non vedo speranze in questo paese.
Una precaria di 32 anni
Pur non conoscendo la persona che ha scritto, ho ritenuto di risponderle:
“Cara collega, …… se fa un’affermazione condivisibile ne consegue che non ha alcun senso che io ed altri ci si dia da fare ed è ragionevole fare propria la sua proposta e non fare nulla.
La prego di credere che, sebbene io sia un tipo pertinace, mi capita sovente di domandarmi se ne valga la pena.
Le faccio un solo esempio per rendere più chiaro il mio punto di vista. Come lei certo sa giovedì mattina abbiamo fatto un presidio alle 12 all’USP. Intorno alle 9 sono passate in sindacato due giovani colleghe per una consulenza sulle graduatorie di istituto, entrambe avevano la mattinata libera, entrambe non sono passate al presidio. Sicuramente avevano di meglio da fare. (2)
La mia risposta, ma vale per me, è che credo che tutto ciò che facciamo contro le ingiustizie determinate dalla politica scolastica del governo sia utile, magari non vinceremo ma se non proviamo non lo sapremo mai. È, va da sé, una scelta assolutamente personale. Lei sa infatti benissimo che lo sciopero che ipotizza richiederebbe un salto di coscienza dei colleghi e delle colleghe che possiamo desiderare ma che non è, purtroppo, all’ordine del giorno.
Per concludere, noi non siamo padroni del mondo ma lo siamo, in qualche misura, di noi stessi e, di conseguenza, scegliamo se agire o non agire. Agire come minoranza è faticoso e sovente frustrante ma per qualcuno non fare nulla sarebbe certo più rilassante ma probabilmente più frustrante. Quindi, io trovo il suo punto di vista ragionevolissimo e rispettabilissimo e la ringrazio di avercelo comunicato ma preferisco tenermi al mio. Mi lasci sperare, non comporta per lei alcun danno, che anche lei decida di agire anche prima che vi sia lo sciopero generale a tempo indeterminato del quale ci scrive. Tenga conto del fatto che l’azione di minoranze risolute è una condizione favorevole allo sviluppo di movimenti più ampi…..”
Intanto mi arrivava un’altra lettera analoga di un collega che mi ha scritto “….ho inviato ad un collega la locandina del 23 settembre ed ecco cosa mi ha risposto...
“L‘unico modo di protestare e ottenere qualcosa è uno sciopero selvaggio ad oltranza di tutti i precari per bloccare il già intasato sistema scolastico. altrimenti si fanno solo chiacchiere dopo che la frittata è stata fatta. Il disagio alle famiglie è l’unico modo per sensibilizzare l’intera popolazione
Ti rendi conto che la scuola è iniziata come se niente fosse successo? Cosa fanno i cobas, la cgil e gli altri sindacati di merda? L’anno scorso avevamo proposto a Settimo di bloccare gli scrutini per un mese ma nessuno ha voluto rinunciare alle vacanze estive “non pagate”. O si protesta o si fa solo propaganda inconcludente. Non scendo in piazza a protestare contro nessuno.
L’ho fatto l’anno scorso con 6 giornate di sciopero e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. I sindacati sono finiti perché corrotti e non hanno più voce in capitolo. O sciopero selvaggio o niente, ma senza le organizzazioni sindacali. I precari siamo veramente tanti e tutti siamo in grado di prendere delle decisioni assumerci delle responsabilità. Ora o mai più. Non faccio girare nessuna locandina, mi sono rotto i coglioni di questo schifo. Se vuoi fai girare questo messaggio, Ciao A….! “Io sono senza parole...V.”.
L’ira di Dio e poi...
Non conoscendo direttamente A., rispondevo a V., colui che ha ricevuto e girato ad altri fra i quali chi scrive la lettera:
“Caro V., non è la prima volta, e non ritengo sarà l’ultima, che leggo una lettera o sento un discorso del genere. Come conosco bene la struttura dell’argomentazione del collega, quella che tu definisci acutamente “fuoco e fiamme”, conosco abbastanza anche la mia reazione: “questo propone l’ira di Dio e, nella realtà, non farà nulla con il duplice vantaggio di sentirsi un eroe a poco prezzo e di non impegnarsi concretamente”.
Eppure, la sua rabbia, la sua disperazione, per quanto irrazionali e persino contraddittorie – se la piglia con i sindacati, e poi attacca i precari senza rendersi nemmeno conto che una cosa esclude l’altra – hanno delle ragioni che vanno capite. È vero, ad esempio, che la mobilitazione dell’anno scorso non ha ottenuto grandi risultati, si dovrà ben discutere del perché. Da un punto di vista soggettivo, questa lettera mi sembra segnalare una profonda solitudine, la situazione di una persona che non sente intorno a sé un adeguato tessuto di relazioni e di solidarietà. Certo, non è che si possa garantire solidarietà e senso di appartenenza con uno schiocco di dita ma il problema c’è…..”
In sintesi, inizio a sospettare che questi sfoghi non debbano e possano essere liquidati come espressione di cialtronaggine, vi è qualcosa che va oltre, la percezione della debolezza della mobilitazione e dell’azione collettiva.
E, come scrivevo a V., il problema c’è.