Dopo la grande spinta del movimento degli artisti di strada degli ultimi anni, che ha portato ad alcuni riconoscimenti in ambito legislativo, ci troviamo di fronte ad un momento di difficoltà nel passaggio delle affermazioni di principio ai concreti strumenti per far vivere e sviluppare questa importante forma di espressione artistica: una forma d’arte che tiene insieme ricerca, passione e soprattutto socializzazione. La libertà un po’ anarchica e libertaria dell’artista si incontra nella piazza, luogo di vita collettiva dell’Italia dei comuni, con gli spettatori, a loro volta protagonisti delle rappresentazioni. I regolamenti comunali che avrebbero dovuto rendere concretamente possibile lo svolgimento libero delle arti di strada, superando norme risalenti al codice Rocco, non stanno andando nella direzione sperata, anzi!
I regolamenti che molti comuni d’Italia stanno approvando rendono impossibile la sopravvivenza stessa dell’artista di strada, con vincoli e tempi burocratici più complessi di quelli necessari per aprire un’azienda, spazi concessi che assomigliano a loculi cimiteriali, restringimenti di spazi e orari che negano la dimensione itinerante delle rappresentazioni. Questo, assieme al venir meno di una forma di tolleranza e di rispetto fino a non molto tempo fa esercitata dagli stessi vigili urbani. Minori possibilità legali quindi. Stanno uccidendo lo spirito del suonatore d’organetto e quello di tutti gli artisti di strada. Uccidono la libertà dell’artista girovago, la spontaneità, l’occasionalità, l’entusiasmo e la poesia. Questi regolamenti escludono l’amatorialità e con essa anche il rilancio, il recupero,la vita delle tradizioni popolari,il lavoro,l’attività dei nostri predecessori e la vera essenza dell’artista di strada. Purtroppo non è più sufficiente armarsi di creatività di poesia, di un cappello e da libero sfogo alla propria voglia di incontrare la gente, di fare un cerchio e di trasformarlo in un pubblico.
Oggi bisogna associarsi, avere permessi di agibilità,fare domande,certificazioni economiche,avere punteggi per entrare nelle graduatorie attendendo concessioni di suolo pubblico sperando “di essere ammessi”. Di fatto l’artista singolo amatoriale non è più riconosciuto e accettato,ma espulso da una logica esclusivamente mercantile. “Zampanò” non arriverà più, perché non gli sarà più permesso di avere un luogo dove esprimere la sua arte. Non era di questo che c’era bisogno. Questi regolamenti denotano una mancanza di conoscenza, di interessamento reale alle istanze dell’arte di strada: il vero scopo di questo regolamenti è soprattutto fare cassa da parte dei comuni con l’imposizione del pagamento del suolo pubblico. Gli enti pubblici dovrebbero invece ospitare, sviluppare, sostenere le tradizioni popolari, la storia e l’arte. Dovrebbero capire che questo patrimonio popolare oggi viene portato avanti, in larga misura da compagnie amatoriali “non profit” e da semplici amatori che portano avanti tutto questo con dedizione, ricerca e anche impegno economico e sono proprio questi soggetti che vengono esclusi dai regolamenti comunali.
Bisogna rioccupare la strada...
Per questo richiediamo la gratuità degli spazi, l’eliminazioni delle prenotazioni fisse dei medesimi,il rilascio di un patentino che abiliti anche gli amatori al libero svolgimento delle attività sul tutto il territorio nazionale aprendo un confronto con L’A.N.C.I che venga recepito da una norma nazionale. È necessario attivare una campagna nazionale per respingere i regolamenti fin qui attivati il movimento deve uscire da una logica di auto ghettizzazione. Bisogna uscire dal guscio dai festival ripetuti soltanto nei soliti luoghi (se pur importanti) che corrono il rischio di divenire come le riserve per gli indiani. Occorre uscire dalle vetrine esposte nelle poche feste paesane dove vengono riproposti antichi mestieri non per passione vera ma per portar clienti ai commercianti dei centri storici.
Occorre rioccupare la strada, le piazze, le città. Riprendiamoci la creatività, la spontaneità, la fantasia, riappropriamoci di liberi spazi respingendo le lottizzazioni le lobbie la mercificazione dell’arte,della vita stessa e delle relazioni sociali con una presenza reale, attiva, costante che irradi nel sociale la pratica dell’uomo e dell’artista libero e non dell’uomo passivo mercificato, dove la sua essenza, i suoi bisogni,le sue espressioni vitali artistiche e culturali, non siano delegate solo agli addetti, agli “specialisti”e costretti e condizionati da leggi e regolamenti ingiusti.
Come libertari non abbiamo mai creduto al riconoscimento delle istituzioni come mezzo per conquistare la libertà,né alla libertà che “dona lo stato”. Le piccole rivendicazioni se pur necessarie come difesa nell’immediato, anche per l’arte di strada,non rappresentano di per se la conquista della libertà.
È necessario riappropriarci direttamente degli spazi: assieme alla popolazione spingendo verso un progetto complessivo di auto governo. La libertà si conquista! Non si elemosina.
Questa era, ed è tutt’oggi, la nostra posizione all’interno del movimento degli artisti di strada: una minoranza rispetto alla parte maggioritaria ancorata alla logica della delega e alle illusorie promesse delle burocrazie e dei partiti. Questa fiducia mal riposta ha portato il movimento dalla padella nella brace: da una condizione passata di ordine pubblico promulgata dal fascismo per colpire e censurare l’attività di cantastorie e burattinai che utilizzavano maschere popolari come Sandrone e Fagiolino nell’Emilia Romagna, lo stesso Pulcinella al sud per opporsi al fascismo propagandando idee socialiste e libertarie,ad una condizione di “tolleranza” episodica di ieri ,per arrivare all’oggi “Democraticamente” governati e “riconosciuti”: schedati, regolamentati, carta bollati, scartati, tartassati, censurati, esclusi, fregati, oppressi.
Da una prima accoglienza strumentale sulla spinta del movimento e delle sue richieste e di un riconoscimento verbale come: un arricchimento culturale e una maggiore offerta artistica per le amministrazioni comunali come Venezia e Firenze ecc. si è tornati ad una situazione di fatto simile al passato,che mette gli artisti di strada nella condizione di andarsene dai centri storici con il ricatto sanzionatorio, del numero chiuso, della forza in divisa.
Niente di nuovo sotto il sole: lo stato e il potere sono quelli di sempre, coercitivi e repressivi. Tutto questo al fine di limitare lo svolgimento del libero esercizio, la libertà d’espressione: per chiudere la voce all’artista di strada che nella mente e nel cuore non ha certamente l’autocensura della pedagogia di stato nelle sue finalità. Per quanto riguarda la nostra compagnia e così. Quei rompicoglioni!!!
Come siamo stati etichettati dai giornalisti al soldo del potere: “quelli che chiedono l’elemosina”, “che fanno colletta”, trasandati, fannulloni e fastidiosi… Quelli che tirano a campare, l’immagine del fallimento di una carriera, di una vita. Questo perché non ci limitiamo all’ironia e alla satira, alle risate e all’applauso, a fare i buffoni: noi condanniamo il presente e indichiamo una possibile vita migliore diversa dalla loro. Non ci basta ridere dei difetti dei padroni o dei potenti, la gobba di Andreotti o la faccia da “maiale” di Berlusconi. Non ci basta ridere o piangere sui potenti: né ridere né piangere fa male al “re”, al “ricco” e al “cardinale”. Ed è per questo che ci censurano e ci cacciano. Definiteci pure come vi pare: non ci interessa la vostra ipocrita opinione noi abbiamo uno spirito libero e non ci adattiamo al vostro stile di vita, alla vostra informazione, alla sudditanza, alla vostra arte “quella dei padroni” che assomiglia al silenzio dei cimiteri. La speranza dirà qualcuno: non disperate infondiamone di più. Dimenticate tutto ciò che vi hanno inculcato, cominciamo con il sognare non soffermiamoci allo spettacolo della contestazione ma passiamo alla contestazione dello spettacolo. Rioccupiamo la vita,le strade, le piazze, il cuore di SOGNI.
Per la compagnia BurattiStradaArti
Paolo Becherini
via Vald’Orme,147
50053 Empoli (Fi)
tel. 0571 92 45 27
burattistradaarti@yahoo.it