Rivista Anarchica Online


 

Urupia:
Comunarde illuminate

Quando nel 1995 un gruppo di compagni salentini, della redazione di Senza patria, giravano per le campagne pugliesi alla ricerca di un luogo idoneo dove dar vita al loro progetto utopico nessuno, forse neanche loro, avrebbero creduto che, a distanza di soli 15 anni, la comune agricola da loro fondata sarebbe diventata un esempio europeo da imitare e divulgare. “Dormivamo con i sacchi a pelo per terra, nelle stalle appena acquistate senza finestre e con le pallottole dei cacciatori che ci passavano sulla testa, senza corrente elettrica” ci racconta Agostino. E proprio della corrente elettrica voglio parlare oggi.

Francavilla Fontana (Br) – La comune Urupia

Dopo aver messo a coltura oltre 23 ettari di terreno agricolo, aver impiantato nuovi vigneti e uliveti, costruito un sistema di fitodepurazione e installato pannelli solari, alla fine del 2009, questi sognatori dell’irrealizzato, hanno costruito un tetto fotovoltaico di circa 100 mq. Oltre a produrre un bel po’ di energia elettrica (potenza nominale ca 15 kW), la struttura copre le entrate degli “archi”, ossia la facciata con vetrate rivolte a sud dei locali abitativi situati in uno dei cortili a nord della fattoria. Tale facciata ora sarà anche riparata dal sole troppo diretto e dalle piogge battenti. Altri vantaggi deriveranno dalla disponibilità di un enorme spazio coperto, di grande utilità, per le varie attività che la Comune propone. Curata nei minimi dettagli, la struttura di appoggio è costituita da colonne armate in tufo e architravi di legno e quindi si integra perfettamente nel contesto preesistente. La sottocopertura è composta da travi e perlinato in legno, isolato con guaina; il telaio è rialzato (per favorire la ventilazione dei pannelli) in listelli di legno e profilati di alluminio. I pannelli sono 66, raggruppati in 6 stringhe da 11 moduli in serie; ogni coppia di stringhe è collegata in parallelo ad un inverter; in tutto tre inverter, uno per ogni fase sulla fornitura.

Il progetto, il posizionamento dei pannelli, i collegamenti e l’impianto elettrico sono stati realizzati dagli amici della Coop. Sociale Ecosoluzioni di Bologna, finanziati da MAG6 di Reggio Emilia. Le spese sono sostenute grazie ad un mutuo apposito di Banca Etica, del quale dovranno cominciare a pagare le prime rate in attesa che il gestore di rete provveda a collaudare l’impianto, allacciarlo in rete e avviare operativamente il contratto. Le comunarde di Urupia, come fanno sempre dopo aver apportato un’innovazione, hanno pensato bene di socializzare la loro esperienza organizzando un corso per l’autoinstallazione di pannelli fotovoltaici, tenuto dagli stessi amici di Ecosoluzioni, al quale hanno partecipato oltre 40 partecipanti.

Angelo Pagliaro

Per informazioni:
Urupia
casella postale 29
74020 San Marzano di San Giuseppe (Ta)
telefono: 0831.890855
comune.urupia@gmail.com
http://urupia.wordpress.com

 

 

 

 

 

Italia in Etiopia
Il neocolonialismo dell’energia

L’Etiopia è un paese magico, tragicamente povero e profondamente spirituale, la cui storia recente scorre, come in tutte le periferie del mondo che conta, al ritmo indecente imposto dalle organizzazioni finanziarie mondiali, dagli Stati sovrani e dai protocolli ratificati per l’acquisizione di autorevolezza internazionale. Nel corso dei passati due secoli, tanti paesi in via di sviluppo sono stati infatti affrancati dal giogo militare/coloniale, per essere più comodamente addomesticati alle regole del mercato e alla dipendenza economica. Questo è il neocolonialismo. Neologismo esplicito di relazione asimmetrica. Le elite politiche locali commerciano ricchezze naturali, svendendole secondo i parametri della globalità: lo Stato è sovrano nel decidere come meglio proporsi sulla scena economica mondiale per attirare gli investimenti, i quali, nel lungo termine, dovrebbero poi automaticamente sviluppare la ricchezza del paese. L’Etiopia ha una popolazione di 71 milioni di persone. Il reddito annuo pro capite è di 145 dollari, passeranno anche sulle loro teste i benefici delle globalizzazione?


L’imprenditoria italiana sta investendo molto in questo paese, com’è naturale che sia del resto. L’Italia è legata all’Etiopia da un vincolo post coloniale e da un’affinità neo coloniale. In particolare la ditta romana Salini Costruttori, gruppo industriale privato specializzato nella costruzione di grandi opere con un volume d’affari consolidato nel 2008 di 737 milioni di euro e un portafoglio lavoro di 5,3 miliardi, ha avviato un processo di costruzione di un sistema di produzione di energia idroelettrica: dighe enormi ad alto impatto ambientale. Come tutti i territori delle periferie del mondo, questo lembo di terra del Corno d’Africa, abitato da un popolo di principi e regine, sembra infatti poter creare molte ricchezze, sia per gli investitori esteri che per lo stesso Governo etiope il quale stima di guadagnare ricavi proficui esportando l’energia prodotta, solo il 6% della popolazione è allacciato alla rete elettrica, e affittando a società straniere gli appezzamenti di terra ottenuti con la realizzazione delle dighe. Tre infatti sono queste dighe. Gilgel Gibe I, Gilgel Gibe II e Gilgel Gibe III, tutte insistenti nella zona sud del paese a ridosso del Kenya, nella valle del fiume Omo. Le prime due sono già state terminate, la terza è in via di costruzione.

Survival, il movimento per i popoli indigeni

Tornando all’Etiopia, l’intero bacino dell’Omo, dove verrà costruita anche la terza diga, ha un’importanza notevole dal punto di vista archeologico e geologico tanto da portare l’UNESCO nel 1980 ha inserirlo nell’elenco dei patrimoni dell’umanità. Quali saranno dunque le conseguenze della costruzione di questa diga? Secondo Francesca Casella di SURVIVAL, associazione impegnata a livello globale per sostenere i popoli tribali attraverso campagne di mobilitazione dell’opinione pubblica:

“L’impatto è enorme. Non solo a causa della diga in sé e per sé, ma anche per tutta una serie di progetti correlati che la diga renderà possibili attraverso la regolazione della portata del fiume e l’interruzione delle piene artificiali. Per esempio, l’irrigazione. Il governo etiope ha già affittato immensi appezzamenti di terra della valle a imprese agricole straniere.
Tutto l’ecosistema e le pratiche tradizionali di sussistenza dei popoli indigeni dipendono dal ciclo naturale delle esondazioni del fiume Omo, che la diga interromperà. Salini ha annunciato la riproduzione di piene artificiali controllate ma i punti oscuri a riguardo sono enormi. In ogni caso, in tutta l’Africa non esiste un solo esempio di implementazione con successo di una tale tecnica e lo scetticismo prevale su tutti i punti”.

Conclusione e sorpresa

Un ultimo dettaglio per chi pensa al mondo economico internazionale come a un intricato districo di attori legati da interessi comuni. Il presidente del Consiglio di Amministrazione di Salini Costruttori, l’ingegner Simonpietro Salini, compare nell’elenco dei presunti appartenenti alla Loggia P2 sequestrata nel 1981 a Licio Gelli. I legami quindi sono nella alte sfere dell’eversione massonica italiana che, tra l’altro di questi tempi, gode di rinnovato auge nella riuscita affermazione del piano gelliano di Rinascita democratica.

L’imprenditore Salini in udienza dal pontefice

Salini quindi è un interlocutore di alte e ben oleate conoscenze tanto da essersi recato, lo scorso 18 marzo, in udienza privata da Benedetto XVI insieme all’Unione Industriali di Roma a porgere i saluti dell’azienda.
Con il benestare del Vaticano il regno dei cieli e in terra, delle dighe, è perciò ben garantito. Ma questa è un’altra storia.

Fabrizio Dentini

Per chi fosse interessato è possibile firmare una petizione contro il progetto da sottoporre al Governo etiope sul sito www.survival.it /popoli/valleomo