Rivista Anarchica Online


dossier Cuba

Eppur si muove
di Nerio Casoni

Il senso di questo dossier: dar voce alle voci dell’opposizione di segno libertario, che arrivano dal cuore di un’isola che rischia di cadere dalla padella del castrismo alla brace socialdemocratica.

 

Quelli che seguono sono articoli scritti, inviati da compagni cubani che vivono nell’isola, vi lavorano e cercano di dare corpo, cioè braccio e mente, ad un antagonismo che non sia disgiunto dalle reali esigenze di emancipazione, presenti e/o latenti nel tessuto sociale della repubblica castro-comunista, per supposto rivoluzionaria.
Esprimono contenuti e valori indiscutibilmente libertari in coerenza con le tradizioni acrata, sorte con le prime forme collettive di organizzazione sociale sorte in seno al mondo del lavoro di quell’epoca.; nel 1857, rifacendosi alle teorie di Proudhon, nacque la prima società mutualista della storia cubana.
Da allora si sono sempre caratterizzati in forma anarchica e libertaria importanti movimenti sindacali e popolari, attivi e riconosciuti come parte integrante dei processi di emancipazione dal popolo cubano.
Tutti coloro che professarono pratiche di lotta e di pensiero di stampo libertario furono repressi con l’avvento al potere del Leader maximo nel 59-60, con la sua opportunistica adesione alla dottrina marxista-leninista, consegnando l’apparato statale ai burocrati filo sovietici del PCC. A quegli anni seguì la famosa “diaspora cubana” a causa di essa gli esiliati si videro negati aiuti solidari, grazie alla propaganda diffamatoria promossa dagli apparati di disinformazione del comunismo internazionale fiancheggiati dalla stampa libera e democratica.
Purtroppo gruppi, federazioni e individualità anarchiche diedero e forse alcune danno ancora credito a queste diffamazioni, non dimentichiamo l’apostolo del 68 francese oggi eurodeputato Daniel Cohn-Bendit, al convegno di Carrara, gli anarchici cubani definiti “servi dell’imperialismo yankee”, oggi sappiamo che non fu così, oggi si definisce: “je suis un liberal-libertaire” (sic!).
Una tradizione, quella rifacentesi al libero pensiero, connaturata fortemente con il sentimento che da sempre pervade il popolo cubano, rivoluzionario da sempre, come tutto il Caribe possiamo dire, non dimentichiamo la storia delle rivolte antischiaviste di Haiti che determinarono la prima repubblica indipendente del Sudamerica e, come scrive Dmitri Samsonov, in un libro di prossima uscita, “realizzarono la prima rivoluzione antischiavista e di classe (1791) ancor prima che Marx nascesse”.

L’azione delle realtà libertarie presenti sull’isola e dentro l’isola, è da intendersi non come corpo separato ma come intrinseca espressione di un sentimento popolare che sembra emergere sempre più; cioè il desiderio di recuperare il tempo perduto, sono 52 anni, per poter dare un nuovo impulso al processo rivoluzionario, che latita e sembra pervaso da desideri di revisione.
Come dice la star cubana, il cantantautore Silvio Rodriguez nella corrispondenza con lo scrittore Carlos Alberto Montaner: “a la palabra ‘Revolución’ hay que quitarle la ‘R’ para comenzar a evolucionar”, un concetto che odora di socialdemocratico, pronto per un abbraccio neoliberista.

Nell’isola la lotta e le azioni in corso avvengono oramai non più in un underground semibuio e clandestino ma nelle piazze e nelle strade, con partecipazione popolare e condivisa: il commemorare il 1° maggio, il ricordo dei martiri ninginos, l’omaggio pubblico alla lapide che ricorda in Avana vecchia Alfredo Lopez, illustre figura di anarcosindacalista, a cui è intitolato il “1° Taller anarquista local” di Cuba, la marcia contro la violenza nel centro di Avana il 6 novembre 2009, con centinaia di persone a volto scoperto, la carta di “rifiuto delle restrizioni alla cultura”, firmata da 70 persone, tra docenti, artisti e militanti sociali . Sono solo alcune delle importanti e storiche iniziative che danno visibilità e credibilità all’agire libertario.

Quello che deve essere attentamente considerato è l’essere riusciti a coniugare saperi “alti”, della élite culturale delle diverse Università del paese (per conoscenza diretta posso dire i detentori di questi saperi sono figli di appartenenti alla classe di chi vive di lavoro salariato, ulteriori approfonditi dettagli sarebbero comprensibilmente sconvenienti), con i sentimenti che permeano la società cubana; non discorsi di pancia e populisti di facile presa ma, come si potrà leggere, approfondite e realistiche analisi con proposte che possano in breve, passare dalle parole ai fatti.
Quelli che sono necessari per vivere in dignità e libertà, quei fatti che trasformino la economia cubana, burocratica, statalista e pericolosamente pervasa dai tentacoli neoliberisti.

Decine le nazioni neoliberiste che hanno rapporti economici con Cuba, sommersa dalle carezze del “socialismo del XXI secolo” di Chavez che inonda l’isola di denaro e petrolio, sostituendo il flusso finanziario che fino all’89 la Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche garantiva al regime castrista. Un regime che ha dedicato giornate di lutto nazionale alla morte del Generalissimo Franco e dal quale ha ereditato la famosa “legge di pericolosità” che permette di arrestare e condannare persone solo perché “proclive” a commettere un delitto (senza averne commesso alcuno).

Una storia, quella del castrismo che dovrà essere riletta alla luce di tutto quello che la propaganda del PCC ha mantenuto occultato ai cubani stessi e ai compagni comunisti del mondo.
Ecco quindi che il nesso tra la cultura alta, che possiede gli strumenti per dissimulare l’inganno storico di una rivoluzione che sembra abbia già raggiunto il suo epilogo, coniugandola con il forte desiderio di libertà, fatto di dignità del vivere, del poter pensare, parlare e agire, diventa possibile.

Nessi cioè legami sociali di classe, che possono consolidarsi, nella prospettiva di contribuire alla rivoluzione stessa di “andare avanti”, senza orpelli, lacci burocratici e ceti parassitari sulle spalle, con una economia che abbia nell’autogestione (non quella eterogestita alla Tito per intenderci) quella metodologia organizzativa in cui azione diretta, autonomia sociale e individuale possano fondersi per dare impulso al processo generale di sviluppo, sociale e culturale, di autonomia libertaria e antistatalista, per logica comunalista e federale.

Benché in bocca al leone, anzi, proprio perché topica, la rivoluzione sociale libertaria cubana sembra possibile.

Lo spirito che pervade Cuba ed i cubani in questo momento penso sia riassumibile in queste parole di un lavoratore che si autodefinisce membro del “Partito Comunista Cubano” e della “Asociación de Combatientes de la Revolución” per aver compiuto missioni internazionali in Etiopia.

“soy cubano, soy revolucionario, pero apoyo incondicional no.
Me niego a confiar ciegamente en un sistema que a veces dice la verdad, a veces sólo media verdad, y a veces miente.”….

È una breve estrapolazione, di una lunga lettera firmata, giuntami da Cuba, che mi auguro possa essere messa a conoscenza dei lettori, parla del perchè? Della morte per sciopero della fame di Orlando Zapata Tamayo, su cui i benpensanti e pensatori del mondo libero stanno imbastendo una campagna denigratoria, dai contorni ambigui, avendo nella mafia di Miami e nelle “damas en blanco” la punta di diamante dell’anticastrismo occidentale che, sfoderando tutte le argomentazioni possibili, tenta di mettere le mani sulle risorse naturali e politiche dell’isola.

Si può ipotizzare una prospettiva: quella che solo la deriva socialdemocratica può salvare e conservare il potere castro-comunista, che si metterà in linea con le sinistre attualmente insediate nei governi del Sudamerica.

Ma questa è dinamica del potere e dei poteri.

Ecco quindi che raccogliere la eredità rivoluzionaria del popolo cubano e non quella dell’opportunista Castro (diventato comunista nel 59, per rimanere al potere e per sfuggire ai “richiami” di chi, nei primi anni 50, lo aveva armato e finanziato) è il processo che i libertari cubani stano promuovendo… visto Che guerriglieri eroici, giovani e belli, stanno perdendo l’aurea.

Il tetro inverno del capitalismo e della crisi che lo pervade, la cui terapia sembra oramai nella fase di accanimento terapeutico, sta trasformandosi in un incubatoio di lotte globalizzate, all’interno connaturate da contenuti libertari.
I germogli ci sono e quello cubano è un fiore di quella primavera dell’anarchia che l’umanità alle prime ore del secolo XXI può intravedere, risvegliandosi dopo gli incubi del secolo dormiente.

Che si prospettino possibilità e occasioni al movimento libertario, non solo cubano ma internazionale, per tentare un altro assalto al cielo?

Nelle giornate di Barcellona del 9 e 10 aprile, “alternativas al capitalismo: la autogestión a debate”, organizzate per il 100° anniversario della CNT, nella sua relazione, l’economista Toni Castells, parlò delle distinti crisi che attraversano il capitalismo che appare “in uno stato decrepito, pervaso da un esaurimento irreversibile” è il momento, dice l’accademico, di “decolonizzare il nostro pensiero, ripensarlo e svilupparlo autonomamente”
Castells afferma che la crisi finanziaria ed economica attuale, è la manifestazione che stiamo assistendo al crollo della società capitalista e segnala che “se questo sistema sta morendo, la sua fine darà luogo a un’altra società e “dipende da noi il modello che sarà”.

Nerio Casoni
canto_1953@libero.it