Prosegue
il ciclo d’interviste volto a mettere in luce
aspetti interessanti, idee intriganti e spunti di riflessione
dei vari gruppi che iniziano o continuano rinnovando,
a fare un lavoro sulle pratiche
e a praticare un lavoro con finalità e intenti
che in questo spazio mi piacerebbe indagare.
Riprendendo un’immagine utilizzata durante il
seminario su anarchismo e post-strutturalismo che si
è svolto presso l’università Bicocca
di Milano il 1° di luglio di quest’anno, con
ospite Salvo Vaccaro, bisogna iniziare un lavoro di
bricolage per poter andare oltre e uscire dall’impantanamento
che ha caratterizzato questi ultimi anni.
Prima però di sviluppare un ragionamento è
necessario sperimentare e conoscere.
Così per questo numero, in occasione della tredicesima
edizione della Rassegna del Saltimbanco, tenutasi presso
la Cascina Autogestita Torchiera dal 4 al 6 giugno,
è stata realizzata un’intervista ai curatori
e promotori (storici e neo) della rassegna per capire
cosa c’è di ancora attuale o attualizzabile
nell’evento in sé ma soprattutto nel modo
di fare.
Ci terrei a dedicare questo articolo al Pittore, storica
figura di Torchiera e della Banda degli Ottoni a Scoppio,
venuto a mancare da pochi giorni (nel momento della
stesura dell’articolo) e che tutte le persone
che fanno e hanno fatto parte di Torchiera o che semplicemente
son passate negli anni da quel posto, ricordano con
affetto. Ciao France’!
Elena |
Iniziamo dalle considerazioni generali sulla Rassegna. Com’è andata questa tredicesima edizione?
La Dany: La rassegna secondo me è andata benissimo. È venuta tanta gente, tutte e tre le giornate. Inoltre è stato fatto un buon lavoro di preparazione e quindi siamo arrivati con la cascina sistemata. A questo proposito bisogna dire che negli ultimi mesi son stati fatti tutta una serie di lavori di auto-costruzione; infatti il tetto è stato completato, si è imbiancata l’ultima parte della facciata, è stato fatto un camerino nuovo e non contenti, abbiamo rinnovato ed ultimato anche l’impianto elettrico.
Marco: Io son molto contento di questa rassegna perché secondo me è stata l’evoluzione di quella dell’anno scorso. Si è creato un bel gruppo compatto ed eterogeneo e non si è presentato il solito problema che c’è stato negli anni in Torchiera: il noi e il voi, i giocolieri e il collettivo. Finalmente quest’anno, sarà che eravamo solo quattro giocolieri e quindi era impossibile che si facesse diversamente, c’è stata una risposta bella, partecipata; per la prima volta questo “noi e voi” non esiste più, tutto è vissuto molto tranquillamente e non ci son state “menate” o dissidi interni. Si è riusciti a creare un bel clima di “lavoro”.
Quest’anno quali sono stati gli spettacoli presentati?
Marco: Allora, venerdì sera ci son stati Gianka Clown e Freakclown. Gianka è prettamente uno spettacolo di strada, s’intitola “Pattinik” che ovviamente mette in scena un personaggio sui pattini. Poi c’è stato Freakclown che han fatto “le sommelier”, uno spettacolo sul vino, un sommelier e un apprendista sommelier che suonano i bicchieri e fan giocoleria con le bottiglie. Sabato sera c’è stato “Radioarmeniac” dei Jashgawronsky the Brothers, uno spettacolo musicale e acrobatico; a seguire c’è stato Peter Weyel, un personaggio particolare con un umorismo particolare, molto nichilista. Domenica sera c’è stato Tobia Circus in “Equilibrium tremens”, uno spettacolo sull’equilibrio, e gran finale con Rita Pelusio che ha presentato il suo nuovo spettacolo “Pianto tutto” basato per l’appunto sul pianto.
La domenica pomeriggio c’è stato lo spettacolo per i bambini, il “Delikatessen duo” e anche uno spettacolo di flauto a naso.
Tutti i giorni inoltre, prima degli spettacoli c’era ogni sera una banda diversa che suonava. C’è stata la Contrabbanda, poi la Brassvolé di Torino e la domenica la Banda delle Donne.
Manù: Non dimentichiamoci gl’interventi acrobatici del collettivo, che una sera ha deliziato tutti esibendosi in una piramide umana. Il “collettivo precario” in sostanza si è adattato alla rassegna per rappresentare lo stato di precarietà della cascina (messa all’asta dal Comune e ora in mano alla BNP paribas) e tutto il lavoro che, nonostante le politiche del comune, si riesce a realizzare.
Infine all’ingresso c’erano due trapeziste, altri due si son messi in livrea da circo e con la cassa giravano tra il pubblico e ultimo ma non per importanza c’è stato anche chi ha vestito i panni della zingara che leggeva le carte.
Quindi da come è venuta la rassegna si può pensare ad un processo che coinvolge tutta Torchiera e che ha avuto il suo momento di visibilità nella rassegna?
La Dany: È stato proprio così, il discorso non è fare degli spettacoli ma il percorso che ti porta alla realizzazione che è stato importante e bello.
La rassegna diventa quindi metafora della possibile evoluzione di tutta Torchiera. Se si riesce ad incontrarsi e a mettere insieme tutte le energie, nonostante i numerosi problemi e il periodo storico non dei più felici per questo genere di attività, il risultato che si avrà sarà sempre e comunque importante.
Bisogna anche sottolineare il fatto che viene fatta un’offerta culturale secondo me significativa, con dei clown e degli artisti professionisti che lavorano da tanto tempo, a prezzi assolutamente popolari.
Cercando di tracciare un quadro storico della rassegna...
Mago Barnaba: Come tutte le cose è nata sull’onda dell’entusiasmo del gruppo che in quegli anni occupava e gestiva Torchiera, saltimbanchi e artisti che hanno caratterizzato per tanti anni lo spirito e l’immaginario torchierino. Per farla breve all’inizio è stata un vero e proprio successo, è seguita una fase di mantenimento e poi essendo che le vecchie generazioni son diventate decrepite (per esempio io), i giovani son diventati tutti padri di famiglia e per questo hanno avuto meno tempo ed energie. Le forze negli anni si sono un po’ sclerotizzate ma in ogni caso la rassegna si è sempre riusciti a farla. La crisi grossa è stata due anni fa. Quell’anno ha piovuto quasi tutte le sere e per questo c’è stata la grande depressione dei giovani; noi vecchi invece sapevamo che bastava un raggio di sole e tutte le lucertole sarebbero uscite e infatti...
Quindi perché nonostante la crisi avete continuato?
Mago Barnaba: La forza dell’abitudine e il lato conservatore dell’uomo che si integrano con quello che è la spinta rivoluzionaria. Inoltre Torchiera da qualche anno è piena di bambini e questo è importante perché ciò induce un pubblico meno settoriale, le famiglie tra virgolette normali a venire alla rassegna, e più c’è varietà, più la società si integra e si migliora.
Marco: Abbiamo continuato forse un po’ per la voglia di non mollare, la voglia di mantenere vivo quell’immaginario che comunque per Torchiera è stato importante, per quello che è stata la storia dei giocolieri che sebbene in Torchiera non ci siano più, all’esterno spesso le persone ci conoscono per quello.
Il fatto che quel tipo di percorso non ci sia più, e che una sua immagine venga fuori solo durante la rassegna e in poche altre occasioni pubbliche, non può portare a una futura crisi, dopo quest’anno di “rivincita”?
Marco: No perché gli anni di crisi son stati causati dal fatto di voler mantenere quel tipo d’immagine che già veniva a sbiadire e mancare. Invece ormai siamo alla fase in cui c’è bisogno di un’evoluzione e quest’anno si ha avuta un po’ più di consapevolezza di questo necessario processo. La rassegna più che essere la rassegna fine a se stessa diventa l’occasione per parlare un po’ di Torchiera, di quel che sta succedendo, quindi quest’anno finalmente ha riportato più dei contenuti che un’immagine, è stato un contenitore. È oggettivo che i giocolieri in Torchiera non ci sono più quindi è ovvio che ci sia bisogno di un’evoluzione. È lo spirito che stava dietro a quel modo di fare che si è ripresentato e che secondo me e altr* è molto importante mantenere.
Le impressioni dei neo-arrivati (magari con uno sguardo rivolto al futuro)...
Paolo: Io mi son trovato qui per puro caso, teletrasportato dagli alieni e ho trovato una realtà che non potevo neanche immaginare, energie che non sospettavo, il seguito di uno spirito che continua negli anni. Penso che questo background, queste premesse, siano molto importanti perché fan vivere emozioni sia al pubblico, sia poi a chi invece prepara le cose, con tutto ciò che succede nel retroscena e che magari non s’è visto, l’interazione e il lavoro svolto da persone che magari prima non si conoscevano neanche, è stata un’ottima cosa dal punto di vista del coinvolgimento.
Manù: Abbiamo un sacco di cose da imparare nell’energia e non soltanto, nell’utilizzo di un certo modo di esprimersi; è come una voce, una voce in più all’interno di Torchiera.
Quella è una via assolutamente da sperimentare e riproporre, una voce per comunicare, dobbiamo imparare dal passato per andare oltre.