Siamo arrivate la mattina alle 10 a Villa Buri (Verona), abbiamo lasciato la
macchina fuori dallo splendido parco dov’è situata per goderci entrando l’ambiente e il verde in cui è immersa questa splendida villa del 700. Su uno dei lati della villa, circondata da prati e da alberi secolari, si apre un accogliente bar decorato con colori caldi e un ambiente casalingo che offre bibite ecologiche e non usa bicchieri o bottiglie di plastica. Con questa presentazione del luogo ci avviciniamo all’entrata della villa dove c’era l’iscrizione all’incontro e dove ci hanno consegnato dei bigliettini con i nostri nomi da portare in vista e il ticket per il pranzo a buffet con prodotti biologici preparato dall’associazione.
Tantissima gente, sicuramente più di quanta era prevista (eravamo circa 180): la prima impressione è stata di trovarci in mezzo a persone diverse tra loro anche se con molte cose in comune. Il clima era molto disteso ed informale, in sintonia con lo spazio che ci ospitava, accogliente e semplice nonostante ci trovassimo in una villa del Settecento.
La presenza di molti bambini, di età diverse, ci ha fatto capire subito che non si trattava di un incontro solo per “addetti ai lavori”, cosa che ci ha predisposto molto bene, data la nostra natura “ibrida” di non educatrici professioniste, non mamme, semplicemente interessate. Come noi molti altri, e poi persone che per la prima volta si avvicinavano all’argomento ma che condividevano le inquietudini, oltre a professionisti dell’educazione e genitori, persone che trovandosi davanti il problema concreto ogni giorno di che tipo di educazione dare ai ragazzi hanno scelto di cercare stimoli e confronto in questo incontro.
Si è colto immediatamente un atteggiamento rilassato ma soprattutto curioso da parte dei partecipanti. Si è capito subito che non c’erano grandi saggi da cui avremmo dovuto trarre insegnamenti per uscire dalla nostra ignoranza, ma che ci saremmo confrontati semmai con una specie di “guida”, di riferimento, che avrebbe condiviso con noi la propria esperienza.
Ci aspettavamo più persone legate al movimento anarchico o in qualche modo più politicizzate, invece la bella sorpresa è stata scoprire che l’interesse partiva dall’educazione per arrivare alla politica e non viceversa. È spesso poco costruttivo avvicinarsi a delle idee politiche e solo in seguito scoprire dall’interno qual è l’approccio a un tema così importante come l’educazione. L’impostazione della giornata e quindi della Rete Nazionale per l’Educazione Libertaria (http://www.educazionelibertaria.org) invece ci è sembrata delle migliori: non unire sotto una stessa bandiera, bensì risvegliare la curiosità di discutere i principi e gli obiettivi dell’educazione coinvolgendo in questo modo addetti ai lavori, e non solo, frustrati dalla deriva dell’educazione istituzionale.
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San Michele Extra (Verona) – Villa Buri |
Crescita integrale dell’individuo
La presentazione della giornata è avvenuta in una sala gremita di gente (qualcuno è rimasto anche fuori) ed è iniziata cercando di capire dove ci trovavamo. Giulio della Scuola Kiskanu che ha sede dentro Villa Buri, ci ha accolti spiegando brevemente come funziona questo progetto che raccoglie e mette a frutto le esperienze professionali di un gruppo di insegnanti e genitori che da 12 anni lavorano ad un nuovo genere d’approccio all’Educazione di indicazione Etica e Libertaria. Ne è nata una esperienza educativa d’avanguardia che si fonda sull’Incontro umano e su un rinnovato rapporto verace e vivente tra individui, natura e società (http://www.kiskanu.org)
Poi l’intervento di Francesco Codello ci ha portati nel vivo dei temi della giornata: una presentazione chiara e lineare dei fondamenti della pedagogia libertaria e dei suoi obiettivi.
Partendo dal concetto di come il curriculum scolastico copra realmente solo una minima parte della conoscenza umana si è discusso sulla differenza tra un apprendimento lineare e un apprendimento pluralistico. Se il sistema scolastico istituzionale propone un percorso lineare dalla non conoscenza alla conoscenza, l’apprendimento pluralistico si rappresenta con una spirale perché considera fondamentale essere sempre connessi a dubbi e domande, ovvero tornare continuamente nella sfera della non conoscenza. La pedagogia libertaria valorizza questi dubbi e domande come il motore di una ricerca personale verso la conoscenza e non li considera in modo negativo come nel nostro sistema scolastico in cui invece si parla di lacune, insicurezze ed addirittura, con un vocabolario squisitamente aziendale, di debiti formativi. Si è introdotto il concetto di “tempo speso bene” in contrasto con la “perdita di tempo” che tanto preme al sistema educativo istituzionale: sembra che l’accumulazione di concetti teorici e il portare a termine un programma siano gli obiettivi dell’educazione, senza chiedersi qual è la motivazione e il metodo che porta all’apprendimento.
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Presentazione della giornata e dei lavori di gruppo |
L’educazione libertaria intende l’educazione in un senso ampio, una crescita integrale dell’individuo; in contrasto con la conoscenza programmata e prettamente razionale che non dà spazio alla curiosità e all’iniziativa personale (che il nostro sistema ha deciso di trasmettere), propone un’educazione incidentale che prende spunto (e lascia spazio) dalle cose che succedono nella vita, e che presuppone una crescita continua e a 360º tanto per l’allievo come per l’educatore.
«Il grande “successo” del sistema educativo è che ci ha resi “quadratisti”: persone che classificano gli altri in base al loro successo dentro ai confini del quadrato (definito e delimitato dall’autorità che stabilisce i confini dell’insegnamento). L’apprendimento lineare nel quadrato enfatizza l’acquisizione di una conoscenza programmata preparata e assoluta. Una persona non consegue una conoscenza come risultato di una ricerca personale ma gli viene trasmessa dall’autorità educativa».
La giornata è poi proseguita con dei gruppi di lavoro tesi ad individuare e discutere questioni fondamentali relative all’educazione libertaria. Dall’approccio con la prima infanzia, al ruolo dell’educatore libertario, all’approfondimento delle esperienze educative in corso: da una parte centrando l’attenzione sul progetto del Collettivo di Kiskanu, dall’altra sulle scuole democratiche presenti in tutto il mondo (http://www.idenetwork.org).
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Gruppo di lavoro |
Prima infanzia
Il gruppo sulla prima infanzia era condotto da Grazia Honnegher Fresco, pedagogista erede di Maria Montessori della quale fu allieva; si è discusso dell’importanza del primo contatto con il mondo dei piccoli, fondamentale nell’apprendimento delle relazioni con gli altri. Se consideriamo l’educazione come lo sviluppo integrale della persona, delle sue passioni e delle sue peculiarità, in armonia con l’ambiente circostante, senza voler “riempire” acriticamente l’allievo (indipendentemente dalla sua età) di concetti ed informazioni precostituite, la prima infanzia rappresenta in questo senso una fase cruciale: sono gli anni dei primi approcci, prevalentemente fisici, ma non per questo secondari, con il mondo e con la realtà circostante; sono gli anni della scoperta dei cinque sensi e delle prime forme di sentimenti e reazioni.
Si è insistito sull’importanza di dare fiducia al bimbo, di farlo sentire sullo stesso piano degli adulti, con lo stesso diritto ad essere rispettato e capito; della necessità di esplorare, permettendogli di scoprire e approfondire i propri interessi (che in tenera età sono quasi solo fisici), lasciandogli toccare, annusare, vedere, ascoltare e assaporare, cercando di evitare per esempio di usare il ciuccio come un tappo, che inibisce l’esplorazione con le mani e con la bocca, primo slancio dei più piccoli.
Certo è importante il ruolo dell’adulto nell’avvicinamento a tutto ciò che incuriosisce il bambino, nello spiegare con dolcezza ed amore i limiti dentro i quali può muoversi autonomamente.
A questo punto arriva il momento di parlare del diritto anche di un bambino ad essere libero: dal momento che della libertà si può godere nella misura in cui si possiedono gli strumenti per capirla e gestirla, per un bambino questo significa essere libero all’interno dello spazio che l’adulto (sia educatore o genitore) costruisce per la sua sicurezza nel rispetto di quello che il bambino decide di fare e di essere. È chiaro infatti che un bambino di pochi anni non ha gli strumenti per capire che cosa gli potrebbe nuocere. Non può averli ed è giusto che non li abbia. Il ruolo dell’educatore sta proprio in questo: costruire uno spazio di libertà, proporzionato all’età del bambino e quindi con i confini necessari alla sua sicurezza ed al suo benessere, dentro al quale il bambino può muoversi libero di sperimentare e conoscere tutto ciò vuole. Questi confini non limitano la libertà del bambino, ma la supportano, e sono da intendersi come momentanei sostituti degli strumenti per proteggersi di cui il bambino non dispone. Sono per questo indispensabili perchè possa sperimentare sicuro e protetto. Idealmente, nella misura in cui il bambino, con l’aiuto dell’adulto, comincia a capire che cosa è pericoloso e nocivo per lui e che cosa non lo è, i confini che delimitano il suo spazio di libertà dovrebbero un po’ alla volta allargarsi, e questo in un processo costante che dovrebbe accompagnare l’individuo per tutta la vita.
L’educazione alla libertà nell’infanzia quindi si traduce nell’offrire al bambino la possibilità di fare, scegliendole, le esperienze che desidera. Le forme di oppressione cui molto spesso i bambini sono vittime consistono proprio nell’impedire di dare sfogo alla loro incessante e preziosissima sete di scoperta, generando sentimenti nefasti di frustrazione ed inadeguatezza.
In un ambiente autentico e a misura di bambino, l’adulto dovrebbe farsi garante della sicurezza e della correttezza del gioco e del rapporto con gli altri bambini. Non si tratta quindi di fare quel che si vuole ma fare in modo che il bambino attraverso la sua esperienza si scontri con i limiti e le regole e che solo attraverso la pratica apprenda fino dove può arrivare. A questo proposito si è citata una frase significativa della Montessori: Non facciamo quel che vogliamo ma vogliamo quel che facciamo.
Risulta fondamentale che i limiti non siano dati dall’alto come delle regole intoccabili e divine ma che siano spiegati in modo chiaro al bambino affinché lo scontro con il confine entri a formar parte del suo bagaglio di conoscenze e cominci a formare i suoi limiti e a saper valutare fin dove si può spingere.
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Partecipanti all’incontro di tutte le età |
Si è parlato di educazione indiretta ovvero dell’importanza di credere nelle capacità di autosviluppo, dell’importanza del non-intervento dell’adulto finché non è indispensabile.
Dell’importanza di liberarsi della mentalità che abbiamo spesso di organizzare tutto, convinti di fare la cosa giusta, ma che può risultare oppressiva. Spesso l’intrattenimento continuo porta a una sovrastimolazione (dalle attività extrascolastiche già all’asilo, alla televisione, ma anche solo all’abitudine di avere sempre un adulto a disposizione) e all’incapacità dei bambini di stare da soli. È fondamentale dare spazio all’incidentalità e dare ai bambini delle possibilità di scelta, certo di scelte basiche, adatte alla loro età, ma che non trovino sempre davanti a sé un cammino già deciso.
Si parte dal concetto che ogni bimbo per quanto piccolo ha dei gusti, degli interessi, delle capacità diverse da tutti gli altri, e il modo migliore per crescere è trovarsi davanti qualcuno che è capace di capire e ascoltare queste attitudini. Bisogna fare attenzione anche nello stimolo alla socializzazione, che spesso si confonde con il costringere i bambini a fare tutti la stessa cosa, come se tutti avessero gli stessi interessi e le stesse inclinazioni. Il rispetto per il bambino, per le sue specificità ed i suoi desideri lo tranquillizza e lo predispone positivamente all’interrelazione, al confronto ed allo scambio.
Il discorso comprendeva quindi i primi anni in famiglia ma anche il primo contatto del bambino esterno all’ambiente familiare ovvero del modo migliore di condurre un nido e un asilo. Nel dibattito sono state presentate alcune esperienze di mamme che hanno organizzato un asilo nelle loro case, in questo caso in campagna, e si è cercato di arrivare ad una soluzione su questioni avanzate da genitori o insegnanti che proponevano casi concreti.
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Lavoro di gruppo sull’educatore libertario |
L’educatore libertario
Educare alla libertà non è facile, visto che il primo passo coinvolge innanzitutto l’educatore. Nel secondo gruppo si è cercato di individuare le motivazioni che dovrebbero muovere l’educatore libertario, riassumendole in desiderio, invenzione, necessità.
Il desiderio come punto d’incontro tra il bambino e l’adulto: la curiosità, la spinta che dovrebbe animare tutto quello che facciamo; l’invenzione come creatività, partendo dal concetto che la conoscenza non è data, e che il sapere si costruisce a partire dall’esperienza.
La necessità, che è la motivazione profonda per cui si sceglie di fare l’educatore, necessità di crescere insieme.
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Francesco Codello |
Un adulto che si rivolge ad un bambino dovrebbe avere prima di tutto rispetto verso se stesso, che vuol dire avere il coraggio di accettare le proprie contraddizioni e debolezze, ma soprattutto di ammettere il “rischio” di crescere insieme ai bambini, di cambiare e di mettere in discussione le proprie certezze e sicurezze. Si è parlato dell’importanza dello sguardo nella relazione, di riuscire a liberarsi dal giudizio e dalla posizione che l’educatore sa e lo studente deve imparare. Utilizzare invece il confronto e il processo di insegnamento come un processo di crescita per entrambi.
Questo tipo di approccio deriva dalla consapevolezza che non esistono saperi “dati” di cui gli educatori sono depositari, ma che il rapporto educativo dovrebbe basarsi su un sistema armonioso in cui ogni movimento ed azione influenza tutti gli altri, nella sostanziale parità di diritti e valore.
Fatto questo importante lavoro su di sé, il secondo passo che l’adulto dovrebbe compiere è rispettare il bambino ed il segreto di quello che diventerà, indipendentemente dai propri desideri e dalle proprie aspirazioni
L’educatore insomma, nel suo vivere con gli altri, deve avere il coraggio di ammettere un proprio cambiamento, di diventare diverso da quando la sua esperienza, le sue esperienze, sono cominciate.
L’educatore libertario si arrischia a crescere con i suoi allievi. Si lascia andare nella relazione, che porterà sé stesso e i suoi studenti ad una trasformazione.
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Grazia Honegger Fresco |
Ripensare l’autorità
La concezione del tempo è fondamentale per avere un diverso punto di vista sulle cose. Nel dibattito si è discusso dell’espressione “perdere tempo” e di come questa caratterizzi la visione della società in cui viviamo: bisogna investire il tempo in attività produttive o che portino a un risultato concreto, il famoso “tempo libero” sembra che sia tempo buttato via. In contrasto con il concetto di “tempo perso”, si è parlato di “tempo ritrovato” per i bambini. A questo proposito ricordiamo la storia di Momo di Michael Ende (di cui ci sono anche un film e un bellissimo cartone animato di Enzo D’Aló con musiche di Gianna Nannini) che si centrano proprio su questo concetto del tempo perso e ritrovato.
Invece di vivere il tempo come una presenza angosciante che condiziona la vita delle persone (educatori ed “educati”), si è proposto di considerarlo come un terreno di confronto in cui l’individuo, a costo di scontrarsi con se stesso e con il proprio contesto sociale, si riprende ciò che è suo: il diritto a decidere, con i propri tempi e le proprie esigenze, quali sono i desideri, le inclinazioni, le passioni che si vogliono seguire e che generano un senso di pienezza e soddisfazione.
Cosa ci impedisce di rilassarci? Si è parlato dei programmi che ci facciamo, spesso eccessivi, o dell’autorità così insita nel nostro punto di vista che ci spinge a agire in un certo modo, proponendo invece di rilassarci, di non delegare i problemi e di provare a portare il discorso sul rapporto con noi stessi. In questo senso può aiutare dare spazio all’incidentalità, ovvero non avere tutto programmato e preparato, lasciare la possibilità di muovere il discorso secondo gli interessi o i temi che possono nascere. La flessibilità dell’educatore è fondamentale per coinvolgere e permettere l’interazione dell’allievo, in contrasto con una preparazione statica e “quadratistica”.
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Relax nel parco di Villa Buri |
Si è cercato di fornire “attrezzi” che servono all’educatore per fare i conti con se stesso, per mettere in discussione il suo punto di vista. In questo senso siamo giunti al concetto di ripensare l’autorità in senso non-autoritario nel senso di riuscire ad immaginare un educatore che si propone come guida, come facilitatore di informazioni, come un fratello maggiore senza mai abusare della sua posizione di persona che ha maggiori conoscenze ed esercitare in questo modo la sua autorità. Il concetto sembra contraddittorio però credo sia un concetto chiave nella pedagogia e in generale nelle relazioni con gli altri: siamo abituati alle posizioni statiche ed autoritarie che questa società patriarcale ci ha trasmesso (nella famiglia, nella scuola, nel lavoro) e diamo quindi per scontato che nella famiglia e in ogni altro ambito ci sia il padre o il capo o il maestro che eserciti la sua autorità in quanto persona con maggiori conoscenze o esperienza alle sue spalle. La pedagogia libertaria aspira che questa conoscenza venga condivisa e trasmessa in un modo non-autoritario. L’anarchia aspira a creare un rapporto tra le persone senza quel collante che è il potere.
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Iscrizione ai diversi gruppi di lavoro |
Da dove partire
Temevamo che arrivare a questa conclusione potesse incomodare qualcuno, invece ci siamo arrivati come fosse la cosa più normale del mondo.
Abbiamo concluso la giornata con un incontro collettivo in cui i vari gruppi hanno presentato un riassunto del loro lavoro. È stato molto interessante condividere le opinioni e le sensazioni delle persone che avevano lavorato su temi differenti da quelli che avevamo seguito; lo spazio qui dedicato a un gruppo di lavoro piuttosto che a un altro dipende dai gruppi seguiti da chi scrive.
Il tutto è stato fatto in maniera molto spontanea e non dogmatica, in linea con il modo con cui ci si è avvicinati ai vari temi del resto. Lo stupore e l’entusiasmo per ciò che si era ascoltato (soprattutto nel caso del gruppo sulle esperienze democratiche e libertarie attualmente presenti nel mondo) in alcuni casi ha accompagnato i vari racconti. Cose che per me, per noi, erano in qualche modo conosciute e forse digerite, per altri sono risultate straordinarie, incredibili, al limite dell’impossibile. E questo credo sia uno degli obiettivi raggiunti dall’incontro: la sensazione di credere nelle cose che sembrano impossibili e per di più non essere i soli a farlo!
L’unico dubbio che è sorto riguardo alle esperienze in corso di pedagogia democratica o libertaria era se i bambini che escono da queste scuole sarebbero diventati dei disadattati, visto che non si scontrano con le regole basiche che si propone di trasmettere il sistema educativo tradizionale. Nel saluto conclusivo Francesco Codello ci ha tolto ogni dubbio affermando che i nostri bambini saranno dei disadattati perché anche noi lo siamo!
Ci siamo salutati con la sana anche se forse banale sensazione di non essere soli, e forse con la consapevolezza di sapere da dove iniziare a fare qualcosa...
Valentina Galasso & Valeria Giacomoni
Le foto (meno la prima) sono di Giulio Spiazzi
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Pausa sugli scalini di Villa Buri |
Presentazione della giornata e dei lavori di gruppo |
Un 25 aprile diverso
È stato il primo insegnante di nido di sesso maschile in Italia, nei primi anni settanta. Per vent’anni ha lavorato come “dado” di nido e per i successivi come atelierista delle scuole d’infanzia comunali.
È il nostro collaboratore Andrea Papi.
All’incontro di Verona ha partecipato anche lui. Gli abbiamo chiesto la sua impressione.
Nonostante sia ormai in pensione da più di due anni, ho partecipato con entusiasmo all’incontro nazionale organizzato dalla Rete per l’Educazione Libertaria. Per trentacinque anni ho lavorato con passione con bambini piccoli e piccolissimi, prima al nido poi alla scuola dell’infanzia, ed ho sempre avuto come riferimento teorico personale l’educazione libertaria, da sempre clandestina nelle scuole istituzionali e in quelle confessionali, i due ordini di scuola prevalenti ed egemoni in Italia.
Ora mi riempie il cuore di gioia che questa Rete si sia finalmente formata, praticamente in coincidenza col mio pensionamento, quando per tutto il tempo del mio lavorare non c’era mai stato nulla di simile mentre ne sentivo grandemente il bisogno. Il fatto che sia perfettamente efficiente, mostrando di avere prospettive serie e interessanti nel campo dell’educazione, non fa altro che ampliare e arricchire le ragioni per cui è sorta.
Partecipando, ascoltando e conoscendo persone che come me vi hanno partecipato, a Villa Buri mi sono reso conto che questa Rete, per quello che sta offrendo e cominciando a mettere in piedi, fuori dagli schemi e dagli stereotipi dominanti, è riuscita a dare avvio e a rendere operante qualcosa di innovativo, creativo e di cui si sentiva la mancanza nel campo dell’educazione e più in generale della libertà.
Per tutto ciò la data simbolica del 25 aprile si è arricchita di qualcosa di grandioso, perché oltre a ricordarci la liberazione dal fascismo, testimonia la messa in opera della costruzione viva di un’alternativa di libertà.
Andrea Papi |
Bibliografia per cominciare:
• Francesco Codello, Vaso, creta o fiore? Né riempire, né plasmare ma educare, La Baronata, Lugano, 2005
• Roberto Denti, Conversazioni con Marcello Bernardi, Elèuthera, Milano, 1991
• Ivan Illich, Descolarizzare la società, Mondadori, Milano, 1972
• Alexander Neill, I ragazzi felici di Summerhill, Red, Como, 1990
• Alexander Neill, Il fanciullo difficile (a cura di Annalisa Pinter), La Nuova Italia, Firenze, 1992
• Filippo Trasatti, Lessico minimo di pedagogia libertaria, Elèuthera, Milano, 2004
per approfondire:
• Marcello Bernardi, Educazione e libertà, Rizzoli, Milano, 2009
• Lamberto Borghi, La città e la scuola (a cura di Goffredo Fofi), Elèuthera, Milano, 2000
• Francesco Codello, La buona educazione, FrancoAngeli, Milano, 2005
• John Dewey, Esperienza e educazione, La Nuova Italia, Milano, 2004
• Paulo Freire, Pedagogia dell’autonomia, EGA, Torino, 2004
• Grazie Honnegher Fresco (a cura di), Montessori: perché no?, Franco Angeli, Milano, 2000
• Grazie Honnegher Fresco, I figli che bella fatica!, Edizioni dell’asino, Roma, 2008
• Janusz Korczak, Il diritto del bambino al rispetto, Luni, Milano, 1999
• Janusz Korczak, Come amare il bambino, Luni, Milano, 1996
• Krishnamurti, L’educazione e il significato della vita, La Nuova Italia, Firenze, 1958
• Maria Montessori, La scoperta del bambino, Garzanti, Milano, 1999
• L. Monti – C. Bartoli (a cura di), Prima educare. Nella scuola e nella società, La Meridiana, Molfetta (BA), 2008
• Scuola di Barbiana, Lettera a una professoressa, Libreria Editrice Fiorentina, Firenze, 1974
• Michael P. Smith, Educare per la libertà, Elèuthera, Milano, 1990
• Gianfranco Zavalloni, La pedagogia della lumaca, EMI, Bologna, 2008
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