La Chiesa, fintanto che se lo è potuto permettere senza perderci la faccia, i libri indigesti che avessero avuto la ventura di sfuggirle trovando un coraggioso editore, li mandava al rogo. Quando i roghi divennero inattuali o un po’ troppo compromettenti per la sua immagine misericordiosa, il prete si affidò all’imprimatur, senza la qual provvidenziale formuletta il volume giudicato “pericoloso” per la salvezza delle anime doveva percorrere strade particolarmente tortuose per farsi trovare, se gli riusciva, sugli scaffali delle librerie.
Il vecchio fisco liberal borghese tagliava, come ancora testimoniano numerosissimi reperti d’archivio, intere colonne o pagine dei giornali e manifesti non allineati, quelli nei quali, per intenderci, si contestava il pensiero dominante. E là dove avrebbe dovuto comparire la sconveniente critica alle istituzioni o il bellicoso incitamento alla rivoluzione sociale, veniva a far mostra di sé una bella pecetta sormontata, perché non ci fossero dubbi, dalla fatidica parola “censura”.
I fascisti, per far prima e meglio, convinti che prevenire fosse più sbrigativo che reprimere, le tipografie sovversive le devastavano mettendole a ferro e fuoco, impedendo quindi già sul nascere la possibilità di espressione del dissenso. Ne seppero qualcosa, ad esempio, i locali nei quali, nei lontani anni Venti, si stampavano «Umanità Nova», «l’Avanti!», la «Rivoluzione Liberale»… Quando gli squadristi poterono concedersi il lusso di non ricorrere più alla violenza di piazza, affidandosi alla violenza legalizzata dalle nuove leggi dello Stato fascista, chiusero, senza pensarci un secondo, tutte le case editrici e le pubblicazioni non allineate al regime. E se mai avessero dimenticato qualcuno che non fosse riparato all’estero o sfuggito alle carceri e alle isole, ci pensava lo stesso potenziale avversario del regime ad autocensurarsi, affidandosi a testi non sgraditi o ad autori innocui.
I nazisti, innamorati fra le tante altre frivolezze anche della macabra simbologia pagana, i roghi dei libri li organizzavano in nottate di Valpurga, conferendo al rito della devastazione della cultura e del pensiero, una dimensione di scenografica grandezza. Il bolscevismo non fece altro che osservare e prender su dai regimi fratelli, e ben presto uguagliò, se non superò in efficacia, le capacità censorie di questi suoi “nemici”. Spaventato, infatti, dalla iniziale ricchezza letteraria e intellettuale scaturita dalle grandiose speranze della Rivoluzione d’Ottobre, si affrettò a stendervi sopra una cappa di soffocante conformismo, contribuendo a spalmare un pesante tratto di grigio sul rosso delle illusioni proletarie. Inutile ricordare come i suoi epigoni satellitari fecero propria, con convinto entusiasmo, la lezione del fratello maggiore.
Le grandi “democrazie” occidentali non ebbero bisogno di ricorrere a strumenti spettacolarmente coercitivi per affermare la propria superiorità morale e apertura intellettuale e, se si eccettuano alcuni insignificanti incidenti di percorso (il maccartismo in America, l’egemonia culturale delle due chiese in Italia, la quasi totalità delle case editrici, dei network televisivi e delle testate giornalistiche proprietà del grande capitale internazionale o dello Stato e altre amenità del genere), non si può negare che il pensiero abbia goduto vita apparentemente, solo apparentemente, più facile in questi ultimi decenni. Ci stanno pensando i nuovi fondamentalismi religiosi a riportare indietro le lancette della storia reintroducendo di riflesso, anche nelle società opulente e liberali dell’occidente, l’ipotesi della necessità di limitare la libertà e l’indipendenza d’espressione. In poche parole, della censura e, ancor più tragicamente, dell’autocensura.
Fuori dalla cultura “ufficiale”
Gli anarchici avranno senz’altro molti difetti e anche la loro storia non è sempre stata rettilinea, affidandosi, come più volte è successo, a quelle che potevano sembrare incoscienti e avventate scorciatoie. Come in tutte le vicende umane, qualche scuro, in mezzo a tanto chiaro, appartiene anche a loro e non è una scusante che tali zone d’ombra fossero agite in buona fede e se ne pagasse di persona il prezzo dovuto. Una cosa però mi sentirei di dirla: gli anarchici, che si sappia, non hanno mai bruciato un libro. E, considerata la loro travagliata esistenza, non è certo cosa da poco. E nemmeno casuale.
Fuori, volontariamente, dalle leve del potere, estranei alla mentalità imprenditoriale e del profitto, tradizionalmente (auto)esclusi dall’accesso ai media ufficiali e di grandi dimensioni, propensi agli strumenti della persuasione e del convincimento, quindi abbastanza restii alla retorica e alla demagogica prosopopea, generalmente abituati a ragionare e, se occorre, a spaccare il capello in quattro su ogni questione, avvezzi a fare affidamento solo su se stessi, consapevoli che l’autoritarismo non è solo coercizione fisica ma anche intellettuale, gli anarchici non possono affidarsi, per propagandare le loro idee, che alla forza dell’esempio e a quella della parola. L’esempio è l’attività militante nella società, nei luoghi di lavoro e di studio, la parola è quella parlata ma anche, e forse soprattutto, quella scritta. E qui nasce il rapporto, si potrebbe dire addirittura sacrale, con la carta stampata. Un rapporto che ha trovato nella pratica dell’autodidattismo, particolarmente frequente in un movimento come il nostro caratterizzato da una notevolissima percentuale di elementi popolari, la sua più evidente attestazione.
La prima cosa che notai, quando, sul finire degli anni Sessanta, entrai nella vecchia sede anarchica bolognese di via Mirasole, fu la biblioteca. Nella piccola stanza, otto metri per tre a dir tanto, si trovava, portandosi via buona parte del poco spazio disponibile, una libreria di grandi dimensioni ricolma di libri, di opuscoli, di giornali. Insomma, di carta stampata. Ben ordinata, suddivisa per tipologie ed autori, aggiornata regolarmente, amorevolmente curata dal vecchio Fantazzini era, non c’è bisogno di dirlo, aperta alla consultazione di chiunque. Ricordo ancora le vecchie edizioni di Mamolo Zamboni, le raccolte di «Volontà», le copie della «Adunata dei Refrattari», i primi numeri dell’«Internazionale» e, naturalmente, le copie e le annate di «Umanità Nova». Anche i volantini e i ciclostilati che avanzavano dopo la distribuzione militante davanti alle fabbriche o all’Università, stavano lì, a testimoniare una ripresa dell’attività di propaganda. In quel mobile c’era tutto il riassunto della vita del gruppo bolognese e dell’impegno dei suoi militanti.
Quando, alcuni anni dopo, andai a trovare il compagno Cesare Fuochi, non potei non notare, nella sua modesta abitazione, la grande libreria piena di libri. E non la solita biblioteca brianzola “da arredamento” con le coste dei libri fatte apposta per “creare ambiente”, non volumi in funzione del mobile ma libri ordinati, ben curati e tutti con il segno di più o meno recenti letture. Cesare, ferroviere di professione, proveniente da una famiglia proletaria e privo di studi approfonditi, possedeva una cultura invidiabile, una conoscenza approfondita delle cose del mondo, una capacità dialettica e di analisi davvero sorprendente. E a me, studentello universitario dagli studi classici, poteva dare molte lezioni. Insomma, aveva pienamente fatto tesoro di quella pratica dell’apprendimento attraverso la parola stampata che allora era, e credo sia tuttora, uno dei tratti distintivi degli anarchici. Del resto, nel corso degli anni, di case di compagne e compagni ne ho frequentate tante e non ne ho mai vista una nella quale la libreria, sempre sovraccarica, non fosse uno dei centri focali dell’abitazione. Sono più che sicuro che questa mia osservazione sulle biblioteche personali degli anarchici possa essere fatta propria da chiunque abbia frequentato, anche marginalmente, il nostro movimento.
Un quadro davvero sorprendente
Perché il rapporto fra anarchici e carta stampata è un rapporto non solo di amore reciproco e indissolubile ma anche, soprattutto, necessario. Senza di esso il nostro lavoro perderebbe senso perché se a noi mancano, per scelta, i coercitivi strumenti del potere, appartengono però, sempre per scelta, quelli liberi e libertari della convinzione e del ragionamento. E convinzione e ragionamento, insieme all’esempio, sono le nostre armi migliori, quelle che ci permettono di essere più preparati e di interloquire dialetticamente con i nostri referenti.
La lettura di un buon libro, non necessariamente militante, è ragionamento; la propaganda, quando non è lugubre demagogia, è ragionamento; il confronto, il dibattito interno quando non c’è nessun potere da conquistare o da conservare, è ragionamento; l’approfondimento delle tematiche politiche e sociali, quando non è eterodiretto o “consigliato” da una qualsiasi autorità, è ragionamento; la curiosità intellettuale di chi non dovrebbe dare nulla per scontato, è ragionamento; la conoscenza della nostra storia, non come autocelebrazione ma come scuola di vita, è ragionamento. E tutto questo, più o meno, è il pane quotidiano dell’ “anarchico medio”, parte essenziale di quella pratica militante e di quell’impegno sociale che da sempre lo caratterizza. Insomma, per riassumere in modo sintetico, cultura e anarchia sono due ottimi amici sempre disposti ad andare a braccetto.
Il dossier qui pubblicato, ottimamente curato da Luigi Balsamini, è la dimostrazione più evidente del rapporto simbiotico fra gli anarchici, il movimento anarchico e la carta stampata. E al tempo stesso la dimostrazione di come questo rapporto non sia qualcosa di non detto o scontato ma sia sentito come veramente fondante e imprescindibile. Luigi Balsamini ha avuto la capacità di scandagliare con sensibilità il mondo degli archivi anarchici e libertari, offrendo in tal modo un quadro davvero sorprendente, addirittura imprevedibile, della sua ricchezza e varietà. Noi siamo abituati a computare, quando pensiamo ai nostri giacimenti culturali, non più di quattro o cinque realtà, quelle più note o più “antiche”, quelle che da tempo forniscono la base essenziale per qualsiasi tipo di ricerca storica. E qui invece vediamo come tante altre siano fiorite, e continuino a fiorire, una vera e propria miniera di nuove raccolte documentarie, di nuovi centri di documentazione, di nuove biblioteche sparse per il territorio, e in grado di fornire gli strumenti della conoscenza e della memoria necessari a indagare e a scrivere la nostra storia.
Quello che emerge, in sostanza, dal lungo lavoro di ricognizione dell’autore del dossier, è che tutti questi archivi non sono, né vogliono essere spazi accademici destinati soltanto a conservare negli scaffali la testimonianza di un’attività politica e sociale più che centenaria. Al contrario, vogliono essere strumenti di lavoro, di approfondimento e di progettualità militante, in grado di far progredire, con rinnovate conoscenze, le proposte libertarie. Ogni archivio, ogni biblioteca, ogni centro di documentazione, nella sua specificità e, in un certo senso anche nella sua originalità, diviene un valido supporto a quello che una volta eravamo abituati a chiamare “lavoro politico” e che forse oggi è meglio ridefinire come presenza nelle lotte e nella società. Insomma, come dicevamo, la riproposizione e la dimostrazione della indissolubilità del rapporto – uniti finché morte non li separi – fra gli anarchici, tutti gli anarchici, e la carta stampata.
Massimo Ortalli
Centro
studi libertari
Centro studi libertari
Archivio Giuseppe Pinelli
via Rovetta 27, 20127 Milano
www.centrostudilibertari.it
centrostudi@centrostudilibertari.it
Il proposito di costituire un centro studi intitolato a Giuseppe Pinelli matura durante i lavori preparatori del convegno internazionale su Bakunin, tenuto a Venezia nel 1976. Il nuovo istituto, con sede a Milano, mira a una duplice finalità: da un lato la costruzione di un archivio storico per la conservazione della memoria dell’anarchismo, dall’altro lo sviluppo di una cultura libertaria capace di affrontare le problematiche della società contemporanea e di confrontarsi con le più avanzate riflessioni e pratiche di matrice antiautoritaria. Nel progetto dei promotori si tratterebbe, in altre parole, di ripensare l’anarchismo alla luce dell’attuale contesto sociale, sganciandolo dalla contemplazione delle proprie radici per renderlo un credibile punto di riferimento alternativo alla cultura dominante. Non tanto, dunque, mettere in discussione la sua essenza profonda, il suo nucleo di valori forti, piuttosto rinnovarlo con una larga apertura, pur sempre critica, verso tutte quelle espressioni genuinamente libertarie nate e cresciute nella stimolante realtà contemporanea degli ultimi decenni, a partire dai conflitti sociali, dalle migliori riflessioni intellettuali, dalla nuova percezione della quotidianità.
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La raccolta libraria del Centro studi libertari |
La prima sede del Centro studi viene stabilita in viale Monza 255, mentre si andava costruendo l’iniziale dotazione libraria con materiali messi a disposizione dagli stessi promotori dell’iniziativa (riconducibili all’area dei GAF - Gruppi anarchici federati), dal Circolo Ponte della Ghisolfa, da altri militanti e da alcune case editrici interne o attigue al movimento anarchico. A questi si aggiungono un migliaio di volumi donati dagli eredi di Michele Damiani e, soprattutto, il Fondo Pio Turroni, vero e proprio nucleo fondante della biblioteca del Centro. Di Turroni, che fin dagli inizi aveva sostenuto e seguito con interesse le attività del Centro studi, verrà in seguito acquisito anche l’archivio privato, oggi riordinato e inventariato.
Dopo dieci anni di attività l’istituto va incontro a una formale scissione in due sezioni – Centro Studi e Archivio – che continuano a interagire in sinergia e a convivere nella nuova sede di via Rovetta. Nello stesso periodo nascono le edizioni Elèuthera, sulla scia del vecchio catalogo Antistato che il gruppo milanese aveva portato avanti fin dal 1975, ma con un taglio meno “militante” e un’apertura verso un’ampia area culturale sensibile alle tematiche libertarie.
Nel 1992 viene dato alle stampe il primo numero di un bollettino semestrale, ancora oggi in corso di pubblicazione, che accoglie informazioni sulle attività di ricerca dell’istituto, presenta materiali rari o inediti conservati in archivio, segnala novità editoriali e appuntamenti di interesse per il lettore libertario, offre spazio a biografie, recensioni, elenchi bibliografici e brevi saggi di ricerca. Il bollettino è interamente consultabile e scaricabile sul sito web del Centro studi.
Le attività di ricerca e promozione culturale hanno mantenuto negli anni un ritmo sostenuto e un’elevata qualità degli interventi, con particolare attenzione al respiro internazionale dei dibattiti. Seguendo un approccio interdisciplinare sono stati organizzati diversi importanti convegni e spazi seminariali di approfondimento che hanno dato luogo a momenti di libero confronto tra militanti e studiosi provenienti da differenti impostazioni metodologiche e politiche. Tra le tematiche affrontate nel corso di un trentennio vi sono l’analisi dei “nuovi padroni” (tecnoburocrazia), dell’autogestione, dell’utopia, dell’immaginario sovversivo, l’ecologia sociale, gli approcci libertari all’antropologia, all’architettura, all’urbanistica, i fondamenti del pensiero anarchico e le sue origini storiche, i rapporti tra anarchismo e diritto, anarchismo ed ebraismo e molte altre. Il maggior sforzo organizzativo è comunque stato richiesto dall’Incontro anarchico internazionale tenuto a Venezia nel settembre 1984, gestito al di fuori delle strutture politiche del movimento e realizzato in collaborazione con il CIRA svizzero e con l’Anarchos institute di Montréal.
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Interno del Centro studi libertari |
Tra le donazioni di materiale documentario ricevute si segnalano quelle di Luciano Farinelli, Raffaele Schiavina, Michele Corsentino, Otello Menchi, Bruna Casata, le riviste di Luce Fabbri, i circa 600 microfilm lasciati da Leonardo Bettini e il fondo Bartolomeo Vanzetti (in fotocopia). In totale sono conservati 17 fondi archivistici, un archivio iconografico-fotografico di circa 2.000 documenti, 150 registrazioni di interviste, convegni e dibattiti pubblici, circa 1.500 testate di periodici per le quali esiste una sommaria catalogazione cartacea e 8.000 monografie, catalogate con software PMB. Il Centro è membro della IALHI - International Association of Labour History Institutions e non ha finanziamenti istituzionali, ma è attivo grazie all’aiuto circostanziale di collaboratori – Amedeo Bertolo, Rossella Di Leo, Luciano Lanza, Cesare Vurchio, Dario Bernardi, Lorenzo Pezzica, Elis Fraccaro, Francesco Codello, Roberto Gimmi, Gianfranco Aresi, Emilio Bibini, Karlessi, Paola Turino, Andrea Staid, Gaia Raimondi – che ne portano avanti le attività quotidiane.
Biblioteca
Franco Serantini
Biblioteca Franco Serantini
Largo C. Marchesi s.n.c.,
56124 Pisa
www.bfs.it
biblioteca@bfs.it
La nascita della Biblioteca risale al 1979 quando gli anarchici pisani su proposta di Franco Bertolucci decidono di intitolare a Franco Serantini – giovane ucciso alcuni anni prima dalla polizia in scontri di piazza – la raccolta che stava prendendo corpo nei locali della sede politica. La Biblioteca mantiene inizialmente un’impostazione di stampo “militante”, rivolta ad una fruizione interna al gruppo anarchico, ma ben presto i promotori aprono le porte agli studiosi e al dialogo con la cittadinanza, ponendo le basi di un duraturo progetto culturale improntato sia all’impegno sociale che alla scientificità storiografica.
La sede della Federazione anarchica pisana, situata in via S. Martino 48, viene abbandonata nel 1986 a causa del mancato rinnovo del contratto di locazione. Costretti a denunciare l’assoluta mancanza di spazi sociali per l’associazionismo di base, i curatori della “Serantini” occupano l’ottocentesco Palazzo Cevoli, di proprietà comunale, condividendolo con altre associazioni cittadine. La risposta da parte dell’amministrazione è un’ingiunzione di sfratto, presto diventata esecutiva, e solo nel 1992 si prospetta finalmente una via d’uscita al problema, quando la Provincia di Pisa assume l’impegno di tutelare e valorizzare il patrimonio della Biblioteca individuando dei locali autonomi all’interno del complesso scolastico Concetto Marchesi, dove la “Serantini” è ancora oggi alloggiata. La convenzione sottoscritta e periodicamente rinnovata, non senza difficili trattative ad ogni scadenza, vede attualmente partecipi anche il Comune e l’Azienda regionale per il diritto allo studio, mentre l’Università di Pisa ha recentemente concesso la possibilità di stoccare presso l’archivio dell’ateneo i materiali meno richiesti in consultazione, liberando così spazio indispensabile per le nuove accessioni.
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Parte della raccolta a scaffale aperto della BFS |
Il primo nucleo librario è costituito dalla donazione dell’anziano anarchico Gino Giannotti, operaio di Santa Croce sull’Arno: una collezione di circa 1.500 pezzi stampati a partire dal 1840, di interesse politico, storico, filosofico, economico e letterario, in grado di offrire uno spaccato delle letture e quindi della crescita culturale e politica di un militante autodidatta nella prima metà del Novecento. Accanto a questo patrimonio la Biblioteca inizia a raccogliere materiale bibliografico di aggiornamento ma anche edizioni risalenti agli albori del movimento operaio, alcune significative per la loro rarità. La politica degli acquisti viene integrata dalle numerose donazioni e specifici nuclei sono stati mantenuti come fondi autonomi intestati al nome del donatore. Tra i fondi personali di maggior interesse si segnalano quelli di Joseph Cono, anarchico italiano emigrato negli Stati Uniti, e di Pier Carlo Masini, testimonianza di un consolidato rapporto di collaborazione e amicizia determinante anche per la nascita della «Rivista storica dell’anarchismo» (uscita tra il 1994 e il 2004 e oggi continuata dalla collana di “Quaderni della Rivista storica dell’anarchismo”).
Offrendo consolidate garanzie di serietà scientifica, di approccio critico e di consapevolezza nella gestione archivistica e biblioteconomica, la “Serantini” è riuscita ad attrarre diversi complessi documentari provenienti da amici, studiosi e militanti delle organizzazioni protagoniste della scena extraparlamentare, non solo anarchica, degli anni ’60 e ’70. Nella sezione archivi i fondi di persone e di organizzazioni si sono rapidamente moltiplicati, fino a fare della “Serantini” un centro di primo piano, non solo a livello locale, per lo studio della cosiddetta “stagione dei movimenti”. Da segnalare che la Biblioteca partecipa anche alla rete degli Istituti storici della Resistenza, in qualità di ente collegato.
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Uno dei murales sul perimetro esterno della BFS |
L’orario settimanale prevede almeno 30 ore di apertura al pubblico, garantita, questa come le altre attività della Biblioteca, da diversi collaboratori: Daniele Andreoli, Federica Benetello, Franco Bertolucci, Letizia Bertolucci, Isabel Farah e Laura Gargiulo. Il patrimonio complessivo è giunto a contare oltre 33.000 monografie (libri e opuscoli) e 4.275 testate di periodici e numeri unici, con una discreta presenza di materiali in lingua straniera, circa 6.000 fotografie e cartoline illustrate, 5.000 manifesti e tatzebao, 30.000 volantini, un centinaio di fondi archivistici buona parte dei quali dichiarati di “notevole interesse storico” da parte della Soprintendenza, numerose registrazioni sonore e video, nonché quadri, gessi, litografie e testimonianze materiali come cimeli, bandiere, stendardi e striscioni. Il catalogo elettronico della Biblioteca utilizza il software non proprietario CDS/ISIS, ma è previsto il prossimo passaggio ad un programma di nuova generazione. Le registrazioni sono rintracciabili online sia sul MetaOpac Pisano che sul nazionale MetaOpac Azalai del CILEA.
Considerando le attività di raccolta, ordinamento e conservazione strettamente connesse alla ricerca storica e alla promozione di una cultura libertaria nel dibattito contemporaneo, la “Serantini” si è adoperata sia sul versante della produzione editoriale (con le edizioni BFS, recentemente rinnovate nel progetto complessivo e nella veste grafica), sia nell’organizzazione di convegni, esposizioni, seminari e giornate di studio. Dal 4 al 6 settembre 2009 ha ospitato la XIV conferenza internazionale della FICEDL.
Per valorizzare il contributo offerto dai molti collaboratori dell’istituto si è formalizzata nel 1995 un’Associazione Amici della Biblioteca (oggi Onlus), che fornisce un supporto essenziale di impegno volontario e aiuto economico; tra i principali animatori e sostenitori dell’Associazione vi sono Maurizio Antonioli, Furio Lippi, Massimiliano Bacchiet, Luigi Balsamini, Roberto Giulianelli, Giorgio Mangini, Maria Grazia Petronio, Viviana Portas, Italino Rossi, Mariangela Vigotti e altri. Gli aderenti provengono da varie esperienze politico-culturali e sono distribuiti sull’intero territorio nazionale, oltre che all’estero. L’Associazione edita il bollettino «La Biblioteca», distribuito gratuitamente, in uscita due o tre volte all’anno; recentemente ha avviato un progetto ambizioso ma concretamente realizzabile che potrebbe offrire la definitiva soluzione di una sede idonea e sufficientemente ampia. L’idea volta ad assicurare continuità alla Biblioteca consiste nel raccogliere sottoscrizioni per l’acquisto di un immobile da destinare a sede definitiva: l’iniziativa è partita ed è a buon punto, con la speranza che nei prossimi anni si possa felicemente concretizzare.
Fédération
Internationale
Fédération internationale
des centres d’études
et de documentation libertaires
www.ficedl.info
A livello internazionale una rete di coordinamento tra istituti che si occupano di documentazione relativa ai movimenti anarchici e libertari nasce a Marsiglia nell’aprile 1979, con il nome di Fédération internationale des centres d’études et de documentation libertaires (FICEDL). Il suo scopo fondante è creare una rete di sostegno reciproco e di scambio di informazioni, oltre a garantire una supervisione collettiva sulla conservazione del patrimonio culturale di tutto il movimento. Ne fanno parte archivi, biblioteche, centri di studio e di documentazione (circa sessanta i centri elencati sul sito web) di differente tipologia. Alcuni tra questi gestiscono un ricco patrimonio documentario, sono in grado di offrire adeguato supporto alla ricerca scientifica, stimolare il dibattito culturale e apportare significativi contributi all’intera rete, in termini di copertura bibliografica e di competenze professionali e organizzative. Non mancano, poi, centri meno sviluppati, alcuni nati da pochi anni, dal posseduto abbastanza limitato o poco agevolmente consultabile, ma significativi in quanto punti di riferimento per la propria realtà territoriale.
La Federazione, priva di struttura e organico propri, si riunisce in incontri periodici organizzati a rotazione dai vari istituti aderenti: l’ultimo, il XIV, è stato ospitato nel settembre 2009 dalla Biblioteca Franco Serantini di Pisa.
Se fino ad ora la cooperazione non ha dato grandi frutti, con l’ultimo incontro sembrano essersi aperte alcune interessanti prospettive da sviluppare nei prossimi anni, in particolare per quanto riguarda la ristrutturazione del sito web, l’allestimento di un repertorio bibliografico online dei periodici di lingua italiana e la realizzazione di un’interfaccia di ricerca che interroghi contemporaneamente i cataloghi di molteplici istituti.
Aderisce alla FICEDL anche il prestigioso International Institute of Social History di Amsterdam (IISH), i cui fondi sull’anarchismo, di persone e di organizzazioni, sono numerosi e di grande importanza. Basti citare gli archivi delle organizzazioni anarchiche spagnole CNT e FAI, salvati poco tempo prima della vittoria franchista nella guerra civile, l’intera biblioteca del collezionista e storico dell’anarchismo Max Nettlau, i manoscritti di Mihail Bakunin o, nell’ambito di lingua italiana, i fondi intitolati a Ugo Fedeli, Armando Borghi, Luigi Fabbri e numerosi altri.
Biblioteca
libertaria
Armando Borghi
Biblioteca libertaria Armando Borghi
Via Emilia interna 93/95,
48014 Castel Bolognese (RA)
biblioteca.borghi@racine.ra.it
“Fra Imola, socialista, e Faenza, repubblicana, Castel Bolognese era centro di anarchici”, scrive Armando Borghi rievocando nelle proprie memorie l’adolescenza trascorsa in questo paese di Romagna, dove era nato nel 1882 e dove, esattamente un secolo più tardi, militanti e studiosi lanciano l’iniziativa di un archivio, poi confluito in una biblioteca, intitolati a suo nome.
Le prime tracce di una Biblioteca libertaria risalgono in realtà al 1916, fondata dal gruppo anarchico animato da Nello Garavini e attiva per tutto il “biennio rosso” fino all’avvento del fascismo. A distanza di oltre mezzo secolo, nel 1973, gli anziani militanti castellani già partecipi di questa prima esperienza (come Garavini, Aurelio Lolli e Giuseppe Santandrea) affiancati dalle nuove generazioni rilanciano un’analoga iniziativa: la nuova Biblioteca libertaria viene aperta a tutta la cittadinanza nei locali della Casa Armando Borghi. Nel gennaio 1982, militanti e studiosi libertari organizzano un Archivio intitolato proprio ad Armando Borghi, allo scopo di raccogliere gli scritti, editi e inediti, e tutto il materiale recuperabile attinente la figura dell’anarchico romagnolo. Infine, alcuni anni più tardi, la Biblioteca libertaria trova una nuova sistemazione e viene formalmente rifondata nelle vesti di società cooperativa, accogliendo anche quanto era stato raccolto dall’Archivio Borghi. Vengono intanto avviate le procedure informatizzate di catalogazione del materiale librario.
La Biblioteca libertaria ha trovato oggi una nuova e stabile sistemazione in una sede con ingresso sotto i portici di via Emilia, nel centro storico di Castel Bolognese, ricevuta in dono alla morte di Aurelio Lolli. La nuova struttura è stata inaugurata il 25 novembre 2006. Curatore dell’istituto è Gianpiero Landi, affiancato da altri soci della cooperativa di cui è presidente Giordana Garavini; i rapporti nei confronti delle istituzioni locali sono regolati da una convenzione siglata con l’amministrazione comunale, la cui scadenza è fissata al 2020.
Nel patrimonio della Biblioteca sono presenti diversi fondi di persone e organizzazioni, alcuni dei quali di una certa importanza e consistenza. Rilevante è in primo luogo l’Archivio Armando Borghi, che comprende volumi, fotografie, carteggi, manoscritti, copie di materiali ottenute grazie ad una politica di scambi con l’IISH di Amsterdam e documentazione di varia natura ricevuta in buona parte da militanti, studiosi, collaboratori e da amici e compagni dello stesso Borghi. Altri fondi sono quelli intitolati a Rosanna Ambrogetti e Franco Melandri, Luce e Luigi Fabbri, Nello Garavini, Domenico Girelli, Gianpiero Landi, Giuseppe Mascii, Emma Neri Garavini, Organizzazione anarchica forlivese (documenti degli anni ’60 e ’70), Leda Rafanelli, Maria Rossi Molaschi e Aldo Venturini (contenente anche manoscritti di Francesco Saverio Merlino). Da segnalare, inoltre, la notevole mole di materiali ricevuti in deposito ventennale dal Centro studi dell’abitare Oikos di Bologna, comprendenti libri, riviste e documentazione d’archivio appartenuti all’urbanista anarchico Carlo Doglio.
La Biblioteca ha organizzato nel corso degli anni diverse attività di promozione culturale, sia in forma seminariale che di convegno, tra quest’ultimi, ad esempio, quelli dedicati alle figure di Andrea Caffi nel 1993 e di Francesco Saverio Merlino nel 2000. Al momento aperta per dodici ore settimanali, possiede circa 7.000 monografie, 800 testate di periodici, letteratura grigia, vario materiale sonoro e audiovisivo e una decina di fondi archivistici. Recentemente è entrata a far parte del Polo SBN romagnolo e del Catalogo italiano dei periodici ACNP, dove ha riversato le catalogazioni di buona parte dei propri titoli.
Archivio Famiglia
Berneri –
Aurelio Chessa
Archivio Famiglia
Berneri – Aurelio Chessa
via Tavolata 6, 42121 Reggio Emilia
www.archivioberneri.it
archivioberneri@gmail.com
Nel 1962, alla scomparsa di Giovanna Caleffi (moglie di Camillo Berneri), la figlia Giliana decide di donare ad Aurelio Chessa l’archivio-biblioteca custodito dalla madre. La donazione comprende il prezioso epistolario di Berneri, in corrispondenza con diversi esponenti dell’anarchismo e dell’antifascismo, tra i quali Salvemini e Carlo Rosselli, e il resto del suo archivio privato formato da carte personali, appunti, documentazione su diverse tematiche, scritti a carattere politico, sociologico, letterario e filosofico, alcuni dei quali inediti.
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Nonostante una proposta di acquisizione da parte del prestigioso IISH di Amsterdam, Chessa decide di adoperarsi in prima persona per l’apertura di un centro studi da intitolare alla famiglia Berneri. Alla documentazione ricevuta aggrega tutti i materiali sull’anarchismo italiano e internazionale che egli stesso aveva raccolto fin dall’immediato dopoguerra e, seppur sistemato a Genova-Sampierdarena in condizioni non ancora ottimali, l’archivio riceve le prime richieste di consultazione. Da quel momento la storia dell’istituto corre parallela alla vita del suo proprietario, curatore e custode, che dedica ogni possibile energia all’archivio, a costo di sacrifici personali, di estenuanti confronti, e talvolta scontri, con diverse amministrazioni comunali, ma anche, soprattutto agli inizi, nella sostanziale indifferenza del movimento anarchico che all’epoca non sembrava segnare tra le proprie priorità il lavoro di salvaguardia della memoria.
Nel 1966 Chessa e l’Archivio Berneri si trasferiscono a Pistoia, prima tappa di un lungo peregrinare che nel corso di un trentennio toccherà diverse regioni italiane. Nella città toscana l’istituto affronta una crescente presenza di utenti, in massima parte ricercatori, studiosi e studenti, tra i quali molti laureandi dell’ateneo fiorentino, dove Gino Cerrito non lesinava tesi sulla storia dell’anarchismo. Chessa intanto allestisce scaffalature e mobilio, garantisce l’apertura quotidiana, intraprende le necessarie operazioni di primo ordinamento e procede all’incremento delle raccolte, scambiando doppioni con centri studi e collezionisti, effettuando nuovi acquisti e accogliendo donazioni, come l’intera biblioteca del Circolo di studi sociali Pietro Gori di Genova e una grande mole di pubblicazioni che gli arriva tramite la sua estesa rete di contatti nel movimento anarchico internazionale con specifico riferimento al gruppo riunito intorno al giornale «L’Adunata dei Refrattari» di New York.
Come accennato, l’Archivio affronta nel corso degli anni diversi trasferimenti di sede: Iglesias, Genova, di nuovo Pistoia dal 1980 al 1992, Canosa di Puglia e infine Cecina, ultima tappa per Aurelio, che muore nel 1996 affidando alle cure della figlia Fiamma la gestione del centro. Dal 1999, con la denominazione Archivio Famiglia Berneri – Aurelio Chessa, l’istituto è aperto al pubblico a Reggio Emilia, acquisito dalla Biblioteca comunale Panizzi, ma gestito in una sede autonoma da Fiamma Chessa.
Il patrimonio, catalogato online, conta circa 12.000 monografie e una ricca emeroteca di 2.000 titoli dove particolarmente significative sono le collezioni di periodici anarchici in lingua italiana pubblicati all’estero, in parte microfilmate.
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Parte della biblioteca dell’Archivio Berneri-Chessa |
La biblioteca è in costante incremento, soprattutto per quanto riguarda le tematiche diventate punti di forza dell’istituto, come la guerra civile e la Rivoluzione spagnola del 1936-’39, la presenza femminile all’interno del movimento anarchico, l’arte, la pedagogia e i costumi libertari. La sezione archivistica comprende circa 200 cassette di documentazione: oltre alle carte relative alla famiglia Berneri-Caleffi e ad Aurelio Chessa, tra i principali fondi vanno segnalati quelli intitolati a Leda Rafanelli, Pier Carlo Masini, Pietro Bianconi, Michele Damiani, Ugo Fedeli, Nella Giacomelli, Virgilio Gozzoli, Serge Senninger, Pio Turroni, Aldo Capitini, Cesare Zaccaria, Bartolomeo Vanzetti (in fotocopia) e diversi altri. Infine, insieme a manifesti (circa 3.000), tesi di laurea e letteratura grigia è di particolare interesse la raccolta fotografica per un totale di 15.000 unità tra stampe, negativi, diapositive e immagini digitali, circa un terzo delle quali costituisce l’archivio del fotografo e militante anarchico Vernon Richards.
Negli ultimi anni l’Archivio ha organizzato diversi eventi culturali come le giornate di studio dedicate a Giovanna Caleffi, Camillo Berneri e Leda Rafanelli, seguite dalla tempestiva pubblicazione dei relativi atti.
Archivio storico
della Federazione anarchica italiana
Archivio storico
della Federazione anarchica italiana
Via Fratelli Bandiera 19, 40026 Imola (BO)
www.asfai.info
massimo.ortalli@acantho.it
louisemichel@fastmail.it A distanza di quarant’anni dalla sua fondazione, risalente al Congresso di Carrara del settembre 1945, la Federazione anarchica italiana si interroga sull’esigenza di un proprio archivio storico. In occasione del XVII Congresso (Livorno, 1-2-3 novembre 1985) il quarto punto all’ordine del giorno prevede infatti una discussione in merito all’“importanza della memoria”. Il dibattito si incentra su due progetti ritenuti non ulteriormente differibili: la pubblicazione di un libro sul percorso storico-politico della Federazione e l’allestimento di un centro di raccolta delle relative fonti documentarie. Dai lavori congressuali esce la nomina di una Commissione Archivio storico, nelle persone di Franco Bertolucci, Maria Grazia Petronio, Salvo Vaccaro e Carlo Venza; la Commissione tiene il suo primo incontro a Roma, nel gennaio successivo, e stabilisce come sede provvisoria dell’archivio i locali condivisi dagli anarchici federati di Pisa e dalla Biblioteca Franco Serantini.
La prima documentazione depositata a Pisa per il costituendo archivio viene raccolta in una ventina di scatole. Si tratta di bollettini interni della FAI, documenti della Commissione di corrispondenza e relazioni varie, volantini, registrazioni su nastro di convegni e congressi dell’organizzazione, oltre a un centinaio di libri, alcune riviste e una collezione completa del periodico Umanità Nova dal 1951 al 1973: il tutto proveniente in massima parte dagli anarchici di Carrara e da Giuseppe Lusciano di Castellammare di Stabia.
Nell’aprile 1988, anche a causa di seri problemi logistici del gruppo pisano, l’archivio storico viene trasferito a Imola dove trova collocazione in alcuni locali concessi in affitto dall’amministrazione comunale. A partire dal 1993, grazie all’impegno degli anarchici locali e con l’assistenza dell’Istituto beni culturali dell’Emilia-Romagna vengono avviate le prime procedure di catalogazione e inventariazione del posseduto. Si va così delineando una doppia anima dell’istituto che, da una parte, inizia ad offrire un servizio pubblico di centro di documentazione sulla storia dell’anarchismo, dall’altra raccoglie e conserva con attenzione il materiale interno prodotto dalla FAI nell’ambito della propria attività. Per quanto riguarda il bilancio economico, i Gruppi anarchici imolesi, federati e non federati, si sono fatti carico delle spese relative all’affitto e all’ordinaria gestione, evitando che queste gravino sulla cassa federale.
Tra i documenti conservati sono presenti carte personali di esponenti di primo piano del movimento anarchico organizzato, come Umberto Marzocchi e Alfonso Failla (al cui nome nei primi anni ’90 era circolata l’intenzione, poi tralasciata, di intitolare l’Archivio), e fondi relativi a diversi altri militanti, quali Guido Barroero (Federazione comunista libertaria ligure), Ugo Bistoni, Gianni Furlotti, Mario Mantovani, Giuseppe Mariani, Augusto Masetti, Mammolo Zamboni ecc. La biblioteca comprende circa 6.000 monografie, mentre viene conservata in un armadio separato la raccolta libraria del Gruppo anarchico Malatesta, attivo a Imola dal 1945. Incentrato sulla realtà locale è uno specifico nucleo di carte relative alla storia e alle biografie degli anarchici imolesi ed emiliano-romagnoli, raccolte grazie a una paziente opera di scavo in Archivi di stato e, più in generale, di ricerca e selezione documentaria. Da segnalare, infine, la crescita di una collezione pressoché unica di bandiere anarchiche.
La promozione della ricerca storica ha portato negli ultimi anni all’organizzazione di due significative giornate di studi: la prima nel 1999, incentrata sull’esperienza dell’Unione anarchica italiana (“L’esperienza dell’UAI dal biennio rosso alle leggi eccezionali, 1919-1926”), l’altra nel 2008 sul ruolo dell’anarchismo organizzato di fronte ai movimenti del Sessantotto (“Alla prova del ’68. L’anarchismo internazionale al Congresso di Carrara”).
Nel novembre 2005 l’Archivio storico ha inaugurato la sua nuova sede, più accogliente e funzionale, situata come la precedente in un bel palazzo nel centro storico di Imola; la struttura è aperta tutti i sabato pomeriggio ma i curatori (Nicola Frascione, Tomaso Marabini, Claudio Mazzolani, Massimo Ortalli, coadiuvati da Roberto Zani e altri anarchici imolesi) assicurano la massima disponibilità per l’apertura su appuntamento al di fuori degli orari stabiliti.
Archivio-
Biblioteca Germinal
Archivio-Biblioteca Germinal
Piazza Matteotti
(attualmente non agibile), 54033 Carrara (MS)
Il progetto è partito nel 2001, inaugurato nel 2007; significativa la raccolta di manifesti (circa 700) stampati dalla Cooperativa tipolitografica a partire dalla metà degli anni ’70, ora ordinati e valorizzati da un catalogo a stampa.
Archivio
nazionale USI-AIT
Archivio nazionale USI-AIT
Via Podesti 14, 60122 Ancona
careri@libero.it Diventato archivio di riferimento nazionale dell’Unione sindacale italiana nel 2005, per decisione congressuale; insieme a 2.500 monografie e altro materiale contiene circa 30.000 documenti suddivisi per anno. Nel settembre 2009 ha inaugurato la nuova sede nel centro cittadino.
Archivio-Libreria
della FAI reggiana
Archivio-Libreria della FAI reggiana
Piazza Magnanini Bondi 1,
42121 Reggio Emilia
info@arealibertaria.org
I naugurato nel 2004, attivo nell’organizzazione di iniziative culturali, ospita materiali raccolti fin dagli anni ’70 dai militanti della Federazione anarchica reggiana ed anche le collezioni dell’Archivio Ettore Zambonini.
Centro di
documentazione
anarchica
Centro di documentazione anarchica
via dei Campani 71/73, 00185 Roma
www.libreriaanomalia.org
cda@libreriaanomalia.org
Il Centro di documentazione anarchica nasce a Torino nel gennaio 1976 su iniziativa di alcuni componenti del Circolo studi sociali E. Reclus. La sua impostazione si caratterizzata per l’impegno nel favorire la conoscenza e la diffusione di quanto i diversi gruppi e collettivi andavano elaborando all’interno del movimento anarchico, mantenendo ferma una posizione di autonomia nei confronti delle componenti organizzate del movimento stesso.
Nel 1981 la gestione del Centro passa da Torino a Roma, nella sede del Collettivo anarchico di via dei Campani (oggi disciolto). Al materiale proveniente da Torino si aggiungono quindi biblioteca e archivio del Collettivo anarchico di Roma e, in seguito, quanto raccolto dal Centro di documentazione Valerio Verbano, comprendente documentazione prodotta dall’area dell’Autonomia operaia romana e oltre 3.000 testi sul marxismo, la storia del movimento comunista e dei movimenti degli anni ’70, la lotta armata, il femminismo, i mezzi di comunicazione di massa.
Con successivi incrementi grazie a donazioni e depositi, ma senza percepire finanziamenti istituzionali, il Centro è oggi aperto al pubblico per oltre trenta ore settimanali, condividendo locali e complessivo progetto culturale con la Libreria Anomalia. Il patrimonio consiste in circa 7.000 monografie, un’amplia raccolta di riviste, giornali e numeri unici, manifesti politici, volantini e 500 faldoni d’archivio. La catalogazione su supporto informatico, in via di completamento, è disponibile sul sito web.
Archivio proletario internazionale
Archivio proletario
internazionale
Viale Monza 255, 20126 Milano
faimilano@tin.it
Solo parzialmente consultabile, è l’archivio raccolto dalla Federazione anarchica milanese a partire dai primi anni ’70.
Biblioteca
Albert Libertad
Biblioteca Albert Libertad
c/o Istituto di Scienze dell’Uomo
via Tonini 5, 47900 Rimini
libertad_fai_rimini@yahoo.it
Inaugurata nel 2000 su un nucleo documentario ereditato dai gruppi anarchici attivi negli anni ’70 e ’80.
Biblioteca libertaria
e anarchica Unidea
Biblioteca libertaria
e anarchica Unidea
Via Sant’Agata 10, 41121 Modena
libera@libera-unidea.org
Fondata nel 1998 dal Collettivo degli Agitati, si trova ora nel centro storico cittadino vicino al luogo che già nel 1920 ospitava la sede del locale gruppo anarchico. L’elenco dei libri è consultabile sul sito web.
Biblioteca libertaria Francisco Ferrer
Biblioteca libertaria
Francisco Ferrer
Piazza Embriaci 5/13, 16123 Genova
www.ecn.org/ferrer
ferrer@ecn.org
Nata nel 1976, viene trasferita negli attuali locali a metà anni ’80, nel 2002 ha riaperto il servizio al pubblico.
Biblioteca libertaria Gianni Furlotti
Biblioteca libertaria Gianni Furlotti
via A. Capra 6, 43122
San Prospero – Parma
atelibparma@hotmail.com
Gestita dal locale Ateneo libertario, si è sviluppata su un nucleo originario di materiali raccolti dal Gruppo anarchico Antonio Cieri.
Biblioteca
L’Idea
Biblioteca L’Idea
Via Braccio da Montone 71,
00176 Roma
biblidea@bastardi.net
Nata nel 1995 (nuova sede nel 2001) sui materiali dell’Archivio internazionale di controcultura del movimento operaio, cura anche un vasto catalogo di distribuzione di stampa anarchica.
Biblioteca sociale Giovanni Domaschi
Biblioteca sociale
Giovanni Domaschi
Via Scrimiari 7, 37129 Verona
bibdomaschi@libero.it
Erede dell’esperienza del Centro di documentazione anarchica La Pecora Nera, attivo in città per tutti gli anni ’90, viene intitolata a Domaschi nel 1999; ha circa 3.000 volumi, oltre 200 periodici e altro materiale.
Biblioteca sociale Umberto Tommasini
Biblioteca sociale Umberto Tommasini
gruppoanarchicogerminal@hotmail.com
Inaugurata nel 2005 con i materiali presenti nella storica sede degli anarchici triestini, è stata costretta a lasciare i locali nel 2008 e ha aperto una sottoscrizione per l’acquisto di un nuovo spazio.
Centro di
documentazione anarchica
Centro di documentazione
anarchica
Padova
elcida@inventati.org
È ancora agli inizi la sistemazione dei materiali, compreso quanto appartenuto al vecchio CDA. Chiuso il centro di documentazione nel 1997, i libri sono stati girati al Circolo Pisacane che ha dato vita alla Biblioteca Tullio Francescato di Bassano del Grappa. Terminata recentemente anche questa esperienza, il materiale è ritornato a Padova a costituire il nuovo Centro di documentazione anarchica.
Centro di
documentazione
Mauro Guatelli
Centro di documentazione
Mauro Guatelli
Via Bologna 28R, 16142 Genova
barroero@fastwebnet.it
Attivo dal 1995 (intitolato a Guatelli nel 1998), ha pubblicato il bollettino «Altra Storia» (1996-2003); possiede 2.500 libri, 400 testate di periodici e altro materiale.
Centro studi libertari Camillo Di Sciullo
Centro studi libertari
Camillo Di Sciullo
Via Porta Pescara 27, 66100 Chieti
fab.pal@libero.it
Nato nel 1997, specializzato come archivio storico del movimento anarchico abruzzese, ha promosso l’omonima casa editrice; dal 2007 ha rilanciato le proprie attività nella nuova sede.
Centro studi
libertari Luigi Fabbri
Centro studi libertari Luigi Fabbri
Via Posterma 8, 60035 Jesi (AN)
cslfabbri@gmail.com
Nato nel 1985, conserva anche il patrimonio documentario del disciolto Centro studi sociali Ottorino Manni fondato a Senigallia nel 1947 (comprendente archivio e biblioteca personali di Manni).
Archivio-Biblioteca
Enrico Travaglini
Archivio-Biblioteca
Enrico Travaglini
Via Garibaldi 47, 61032 Fano (PU)
archiviotravaglini@libero.it
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L’Archivio-Biblioteca Enrico Travaglini di Fano, intitolato ad un esponente dei locali gruppi anarchici di fine Ottocento e inizi Novecento, è un istituto specializzato sia in ambito anticlericale (e nei più generali contesti della critica alle religioni e del Libero pensiero) sia per quanto riguarda le vicende del movimento anarchico in provincia di Pesaro e nelle Marche.
Formalmente costituito nel dicembre 2003 in forma di associazione culturale, l’Archivio-Biblioteca ha avviato le proprie attività con il materiale ereditato dal Circolo culturale Napoleone Papini, col quale condivide la sede in pieno centro storico. Da settembre 2006 ha proceduto ad una generale riorganizzazione sollecitata dall’ingresso in SBN e, recentemente, è entrato a far parte della rete di biblioteche specialistiche della provincia. Con il coordinamento di Federico Sora, responsabile dell’istituto, sono state allestite nuove scaffalature e Tommaso Paiano ha effettuato la catalogazione del patrimonio bibliografico tramite il software Sebina.
La raccolta libraria è composta da circa 5.000 monografie selezionate in base agli ambiti di specializzazione, stampate in Italia e all’estero a partire dalla metà del XIX secolo. Per valorizzarne il contenuto semantico oltre che nella catalogazione anche nell’ordinamento fisico, la collezione è stata suddivisa in due sezioni – Biblioteca del Libero Pensiero e Biblioteca di Studi Sociali – che al loro interno seguono uno schema di collocazione a più livelli appositamente elaborato per questa documentazione. In particolare, i testi raccolti nella Biblioteca del Libero Pensiero sono rappresentativi delle diverse sfumature dell’anticlericalismo, da quello “sovversivo”, anarchico o socialista, a quello di matrice liberal-borghese, spaziano sulle variegate problematiche dell’analisi laicista, comprendono opere di riflessione filosofica, storica, sociologica sulla natura e gli effetti sociali delle religioni (con un buon numero di opere dedicate alla persecuzione religiosa) insieme a testi di narrativa, di teatro, di satira, e perfino libri sacri o di propaganda clericale significativi per la discussione di alcune tematiche.
Oltre ai libri la biblioteca possiede alcune migliaia di riviste di interesse politico-sociale, non ancora inventariate, altro materiale minore, alcuni antichi manifesti e fogli volanti prodotti dai primi gruppi anarchici fanesi e una discreta raccolta di manifesti politici locali del primo ventennio del Novecento.
La sezione archivistica raccoglie quattro fondi che al momento sono solo parzialmente ordinati e consultabili. In riferimento alle tematiche del Libero pensiero vi è l’Archivio anticlericale, che contiene tutta la documentazione raccolta nei venticinque anni di attività del Circolo Papini: si compone di 45 fascicoli in cui sono conservati i manifesti, la corrispondenza, i materiali preparatori, le fotografie e altra documentazione relativa ai Meeting anticlericali organizzati a Fano dal 1984 al 1998, e all’Associazione per lo sbattezzo. Altri fondi sono quello contenente carte di militanti anarchici e della sinistra extraparlamentare attivi dal dopoguerra ad oggi, l’archivio dell’Organizzazione anarchica marchigiana (federazione attiva in diverse città delle Marche negli anni ’70) e il fondo Materiali di ricerca, composto da decine di buste e da un archivio digitale di oltre 50.000 scatti frutto di un lavoro di ricerca, selezione e riproduzione condotto in numerosi archivi e biblioteche italiani ed esteri.
L’istituto è aperto al pubblico il sabato mattina, anche se previo appuntamento i curatori garantiscono la disponibilità per altri giorni della settimana.
Archivio storico
degli anarchici
siciliani
Archivio storico
degli anarchici siciliani
natalemusarra@tiscali.it
L’Archivio storico degli anarchici siciliani viene organizzato nel 1994 come sezione dell’Associazione culturale Sicilia Punto L di Ragusa, concretizzando un proposito che da diversi anni era stato fatto proprio da alcuni militanti sensibili al problema della conservazione della memoria storica.
Il primo nucleo documentario è formato dal materiale del Gruppo anarchico di Ragusa, attivo fin dal 1971, e in questa città viene stabilita la sede centrale, mentre per mantenere un diretto contatto tra le carte e il loro contesto di provenienza altre località siciliane ospitano sezioni dell’istituto. Dall’agosto 2007 la sede di Ragusa non è più nelle disponibilità del locale gruppo anarchico, che ha aperto una sottoscrizione per l’acquisto di un nuovo spazio.
L’Archivio conserva sia fondi storici che “legati” costituiti dagli archivi privati di anarchici in attività, la cui consultabilità è limitata ad alcuni spezzoni di documentazione. Tra i fondi di maggiore interesse si segnala nella sede catanese curata da Natale Musarra quello relativo a Paolo Schicchi e alla sua famiglia (in particolare al fratello Nicolò), contenente corrispondenza, documenti personali, articoli di giornale, opuscoli e alcuni fascicoli di periodici, mentre la biblioteca di Schicchi, compresi i quaderni compilati in carcere alla fine dell’Ottocento, venne sequestrata dalla polizia negli anni ’30. La sede di Ragusa curata da Giuseppe Gurrieri, che tra l’altro conserva l’archivio del periodico «Sicilia libertaria», ha invece acquisito nel 1996 una notevole mole di documentazione depositata da Franco Leggio (scomparso nel 2006), al cui interno sono presenti diversi sottofondi come quelli delle Edizioni Anteo, La Rivolta, La Fiaccola e Altamurgia.
Circolo
Carlo Vanza
Circolo Carlo Vanza
Via Castelrotto 18, 6600
Locarno (Svizzera)
circolo-vanza@bluemail.ch
Fondato nel 1986 si è specializzato sul movimento anarchico in Svizzera e nella Svizzera italiana, possiede circa 5.000 unità bibliografiche più alcuni nuclei di materiale archivistico. Il catalogo dei libri (in MySQL) è consultabile sul sito web.
Arkiviu-Bibrioteka
Tamasu Serra
Arkiviu-Bibrioteka
Tamasu Serra
Via M. Melas 24, 09040 Guasila (CA)
costantino.cavalleri@tiscali.it
L’idea di organizzare un archivio-biblioteca come luogo di raccolta del materiale documentario e come punto di riferimento per il movimento anarchico e rivoluzionario sardo nasce nel contesto delle lotte sociali degli anni ’70 ed è all’origine della struttura attualmente aperta a Guasila, in provincia di Cagliari.
Costantino Cavalleri, che ne è ancora oggi uno dei curatori, aveva all’epoca selezionato e raccolto circa 500 testi specialistici e si accingeva alla ricerca di documentazione d’archivio. Alla metà degli anni ’80 a questo primo nucleo, notevolmente cresciuto nel frattempo, si uniscono i materiali raccolti dall’anziano militante Tommaso Serra, che stabilitosi a Barrali dopo la partecipazione alla Resistenza aveva dato vita all’originale esperienza della Collettività anarchica di solidarietà (CAS): una “comune” tendenzialmente autosufficiente, basata sui principi dell’autogestione, della solidarietà e del rispetto per i cicli naturali. Qui Serra aveva allestito anche una biblioteca formata da tutto il materiale raccolto dal rientro in Sardegna (acquisti e donazioni) unito alla pubblicistica anarchica internazionale che regolarmente giungeva alla Collettività.
Dopo la scomparsa di Serra l’istituto viene a lui intitolato e inaugura ufficialmente l’apertura al pubblico nell’ottobre 1986. Inizialmente trova alloggio in locali del comune di Guasila, mentre il trasferimento nella sede definitiva, di proprietà, avviene nel corso del 1988. Per circa un decennio viene ospitato al piano terra dell’abitazione dei curatori, in locali appositamente ristrutturati e resi indipendenti dal resto dell’appartamento poi, nella seconda metà degli anni ’90, conquista anche il piano superiore, le cui stanze vengono interamente dedicate a uffici e scaffalature. Già nel 1989 con la consulenza della Soprintendenza archivistica per la Sardegna si procede a un primo parziale riordino del fondo privato di Serra: il lavoro non giunge a conclusione ma offre lo spunto per un successivo intervento e per un notevole incremento documentario, consistente, tra l’altro, nell’acquisizione in fotocopia di tutte le carte reperite presso l’Archivio centrale dello Stato, con particolare riferimento al corposo fascicolo del CPC.
Nel 1994 le modalità di gestione dell’istituto vengono formalmente riorganizzate con la costituzione dell’Associazione culturale Andalas de libbertadi (percorsi, sentieri di libertà); nello stesso anno vengono anche acquistati macchinari tipografici e di legatoria, procedendo all’allestimento di un vero e proprio Centro stampa dapprima gestito in maniera collettiva in locali separati dall’Archivio-biblioteca, poi trasferito nella sede di via Melas, con Cavalleri a farsi carico in prima persona di tutti gli oneri connessi al corretto utilizzo e al mantenimento delle attrezzature. L’attività editoriale procede di pari passo con quella bibliotecaria e le Editziones hanno ristampato diversi rari documenti conservati presso l’Archivio-biblioteca, oltre ad affrontare l’analisi delle problematiche sociali dell’isola, i percorso storici del locale movimento rivoluzionario e i più attuali dibattiti dell’anarchismo contemporaneo.
Una prima catalogazione informatizzata era stata avviata nel 1992, ma il recente ingresso nel Polo SBN della Regione Sardegna ha comportato l’utilizzo del software Sebina, sul quale ha lavorato una ditta individuale con la collaborazione di Ivana Damu.
Il patrimonio attuale conta circa 10.000 libri, 3.000 opuscoli, 2.000 testate di periodici e numeri unici, oltre a manifesti, volantini e letteratura grigia. La raccolta libraria è cresciuta negli anni anche tramite l’acquisizione di biblioteche personali di militanti anarchici, come quelle di Luigi Assandri e di Alfredo Bonanno. I principali fondi archivistici sono i due originari di Serra e Cavalleri, ai quali si aggiungono i materiali di Giovanni Tolu, a lungo amministratore del periodico «L’Internazionale», acquisiti e trasferiti da Genova nel 1991 insieme alla sua ricca biblioteca privata, e altra documentazione di militanti anarchici sardi come quella relativa a Pietrino Arixi.
Centre international
de recherches
sur l’anarchisme
Centre international
de recherches sur l’anarchisme
Avenue de Beaumont 24,
1012 Lausanne (Svizzera)
www.cira.ch
cira@plusloin.org
Un punto di riferimento per tutti gli istituti del movimento anarchico è il Centre international de recherches sur l’anarchisme (CIRA) fondato a Ginevra nel 1957, oggi con sede a Losanna.
Il CIRA nasce con l’intenzione di essere un punto di raccolta per le “carte” del movimento anarchico internazionale e un centro di promozione culturale; al suo sostegno si deve lo sviluppo di numerosi archivi e biblioteche libertari, con i quali ha sempre cercato di consolidare una rete di contatti e di scambi. Il Centro ha superato un invidiabile mezzo secolo di continuità potendo contare sul lavoro volontario di decine di collaboratori provenienti da ogni paese (che spesso da utenti si sono trasformati in traduttori e aiuto-catalogatori) e incrementando costantemente il proprio patrimonio bibliografico e archivistico grazie alle generose donazioni di autori, editori, attivisti e amici di tutto il mondo. Recentemente grazie ad una vasta campagna di sottoscrizioni è diventato proprietario del terreno su cui sorge, assicurandosi in tal modo una certa stabilità per gli anni a venire.
Nato sui materiali che si erano accumulati nei locali di redazione del periodico «Il Risveglio anarchico / Le Réveil anarchiste» e sulla collezione della Biblioteca Germinal gestita nel anni ’20 e ’30 dal gruppo anarchico ginevrino, il CIRA conserva oggi circa 20.000 monografie e 4.000 testate di periodici (di cui 100 in corso di pubblicazione) in una trentina di lingue delle quali la più rappresentata è il francese (25% del totale). Alla collezione libraria si aggiungono anche fondi d’archivio di persone e organizzazioni per una trentina di metri lineari, raccolte di registrazioni audio e video, grandi quantità di fotografie, volantini e letteratura grigia, alcune opere d’arte e un fondo iconografico formato da circa 3.000 manifesti, per metà digitalizzati. Sul sito web è possibile consultare il catalogo realizzato con software PMB e gli inventari di alcuni fondi archivistici, in particolare quelli relativi agli organismi incaricati di mantenere i contatti internazionali nell’immediato secondo dopoguerra (SPRI, CRIA, CIA), oltre ai fondi di André Proudhommeaux e del Living Theatre. |