Il 1920 segna la riorganizzazione definitiva degli anarchici imolesi che danno vita a due folti gruppi: il gruppo giovanile anarchico e l’USI. In tutto i giovani che si impegnavano attivamente erano una ottantina: organizzavano dibattiti, conferenze, comizi e cercavano di realizzare una stretta unità con i giovani socialisti.
L’attività sindacale era diretta soprattutto verso quelle categorie come i muratori, gli infermieri, gli imbianchini, i barbieri, i metallurgici ed i camerieri che non erano seguiti dalla Camera del Lavoro (aderente alla CGL) impegnata com’era nell’agitazione agraria e quindi nell’organizzazione delle categorie agricole.
La preparazione rivoluzionaria degli anarchici cresceva ogni giorno, per cui non si trovarono sprovvisti di fronte al fascismo.
Infatti il 28 ottobre 1920 Dino Grandi, allora giovane avvocato di Mordano (comune vicino ad Imola), poi uno dei più grandi gerarchi fascisti, subisce un attentato: gli vengono sparati contro quattro colpi di rivoltella che (purtroppo) non lo colpiscono. Si attribuisce il fatto agli anarchici e i socialisti declinano ogni responsabilità. In effetti gli autori dell’attentato risultano essere veramente anarchici che, nel momento in cui il fascismo nascente si appoggia a giovani studenti infiammati di patriottismo e di spirito reazionario e di odio verso il socialismo, hanno intuito in Grandi un possibile futuro nemico.
Il 1920 si conclude con il tentativo, da parte dei fascisti di crearsi le premesse per poter penetrare in Imola, ma fino al giugno del 1921 i fascisti ad Imola non hanno voce in capitolo.
Gli anarchici partecipano, con i giovani socialisti, che poi passeranno in massa al PCd’I, alla formazione delle “guardie rosse” a cui è affidato il compito di difendere Imola dalle squadracce provenienti da Bologna. I fascisti infatti avevano già “assoggettato” Castel S. Pietro e si servivano di questo comune come base per le incursioni nei paesi vicini e soprattutto per distruggere il mito di “Imola rossa” e della combattività degli imolesi, dovuta alla cinquantennale propaganda anarchica e socialista e al grande prestigio che aveva avuto Andrea Costa. I fascisti bolognesi fanno vari tentativi fin dal novembre, sempre sconsigliati però dalla autorità locale e dagli stessi capi socialisti perché l’eccezionale livello di mobilitazione del popolo avrebbe provocato una “carneficina”. Ma il 14 dicembre una colonna di fascisti in camion tenta di venire ad Imola. Il servizio di informazione scatta immediatamente e tutta la popolazione armata, chiamata dal campanone comunale che suona a stormo, scende in piazza. Le cinque squadre di “guardie rosse” si dispongono nei punti strategici della città e gli anarchici collocano due mitragliatrici all’ingresso di Imola, sulla Via Emilia, in modo da prendere i fascisti in un fuoco incrociato. Anche questa volta i fascisti non vengono, pare che Romeo Galli, socialista, telefonasse al Sindaco di Ozzano per pregarlo di dissuaderli. Ma i fascisti avevano intuito quale era il mezzo più efficace per entrare a Imola: lasciare che una snervante attesa fiaccasse la difesa degli imolesi.
figure squallide
Così, con l’appoggio dei popolari, fanno le loro prime apparizioni fino a lanciare un attacco in grande stile. Il 10 aprile, durante una processione organizzata dal Partito Popolare, arrivano i fascisti provenienti da Castel S. Pietro: l’esercito e i carabinieri occupano il centro per difendere dal popolo gli squadristi. Il 28 maggio i fascisti danno l’assalto al Circolo ritrovo socialista, naturalmente di sera. Un gruppo di essi, nascosto nell’ombra dei giardini pubblici, si prepara ad attaccare con pugnali, bombe a mano e rivoltelle. Mentre parte di essi entrano nel circolo, altri, fuori, sparano all’impazzata per impedire alla gente di accorrere.
Il bilancio dell’assalto e di sette feriti e la distruzione di parte delle suppellettili, registri, ecc., poste nei locali in cui aveva sede anche la redazione del settimanale socialista “La lotta” e la sezione socialista.
La reazione comincia a prendere piede apertamente anche ad Imola, i capi socialisti fuggono a S. Marino e torneranno solo a settembre, a bufera momentaneamente passata.
Così la reazione armata fascista colpisce le avanguardie mentre la massa è disorientata e impaurita.
Il 26 giugno i fascisti con Dino Grandi, Gino Baroncini, ecc. inaugurano il gagliardetto di combattimento sotto gli occhi soddisfatti della gretta borghesia locale.
I fascisti locali, figure squallide, in alcuni casi addirittura malati di mente, trovano appoggio negli agrari che li esaltano, li ubriacano con soldi e vino, e lo stretto collegamento col gruppo già forte del fascismo bolognese li fa sentire improvvisamente padroni della piazza quando in 100 contro uno protetti dalla polizia, si scagliano contro le avanguardie rivoluzionarie. I primi ad essere colpiti sono gli anarchici, poi i socialisti ed infine la reazione si abbatte su tutto il proletariato.
Il 10 luglio vi sono i fatti della Birreria Passetti in cui, fallito il tentativo di alcuni fascisti di uccidere l’anarchico Primo Bassi (1892-1972), si costruisce una montatura per accusarlo della morte del rag. Gardi, estraneo ai fatti e rimasto ucciso nella sparatoria.
Racconta Primo Bassi: “Il 10 luglio 1921 una squadra di fascisti imolesi iniziava le prime azioni di violenza indiscriminata. Alle ore 10 di sera, incontrato un muratore – tal Campomori – lo colpirono con randellate al capo sino a che, sanguinante, poté rifugiarsi nella birreria Passetti, in quel momento affollata di clienti. Fu allora che notai un giovincello che, battendomi un giunco sulla spalla, mi invitava ad uscire. Accondiscesi, ma dopo pochi passi nell’ampio cortile fui circondato dalla squadra che pretese perquisirmi e quando, palpate le tasche, furono persuasi fossi inerme, iniziarono la bastonatura. Con una spinta mi aprii il passo verso l’uscita e, guadagnando l’uscita sotto le percosse, fui raggiunto da una randellata allo zigomo sinistro che per poco non mi abbatté al suolo. Voltandomi di scatto fu allora – solo allora – che l’istinto di conservazione prevalse in me. Il fascista Casella mi era quasi addosso con l’arma in pugno ed io – già estratta la pistola dalla cintura dei pantaloni – gli sparai contro colpendolo ad una gamba. Sparai ancora in aria un colpo e mentre attorno era tutta una sparatoria fuggii per via Aldrovandi per consegnarmi ai carabinieri sopraggiunti, ferito da una pallottola di rimbalzo. Accompagnato in caserma prima ed all’ospedale poi, fui tempestato di pugni sino a che un infermiere, il socialista Maiolani, non intervenne a redarguirli. Intanto all’interno della birreria un cittadino – voluto poi fascista – era stato colpito dal basso all’alto da un colpo di rivoltella, decedendo. I fascisti si impadronirono di quel morto ed iniziarono una violenta reazione contro uomini e cose.”.
La stessa sera numerose squadre di fascisti percorrono le vie della città, sparando all’impazzata con lo scopo di impaurire.
caccia al sovversivo
Poi assalgono la sede dell’Unione Sindacale, distruggendo sistematicamente tutto ciò che trovano: devastano gli uffici delle leghe, la redazione del giornale anarchico “Sorgiamo”, il circolo ritrovo, la ricca biblioteca. Tutto ciò che non si può dare alle fiamme nel piazzale sottostante è reso completamente inservibile. Il lunedì continua per le vie di Imola la caccia al sovversivo.
Viene arrestato il maestro anarchico Ciro Beltrandi per aver sparato all’ex repubblicano Mansueto Cantoni, diventato segretario del fascio locale. Viene picchiato selvaggiamente coi calci di moschetto alla schiena, tanto da morire nel 1941 a Bruxelles in seguito alla tubercolosi, provocata dalle botte fasciste.
Anche il responsabile de “Il Momento”, giornale della Federazione Provinciale Comunista Bolognese e organo della Camera del Lavoro di Imola, Romeo Romei viene aggredito e, ferito gravemente al petto con un colpo di rivoltella lasciato per terra moribondo; Ugo Masrati, bracciante agricolo anarchico, mentre è tranquillamente addetto in un’aia come paglierino ai lavori di trebbiatura, viene assassinato dai fascisti.
Alla tipografia Galeati, pena l’incendio, si impedisce di stampare il periodico anarchico “Sorgiamo”. Si vieta alle edicole di vendere giornali “sovversivi”, come “Umanità Nova” e “Ordine Nuovo”. Ma il movimento anarchico non è ancora definitivamente abbattuto, bisogna quindi ancora colpirlo, ancora assassinare.
La sera del 21 luglio ‘21 cinque fascisti si recano in un’osteria alle Case Gallettino con lo scopo ben preciso di colpire un altro anarchico che si era sempre distinto per il suo coraggio, Vincenzo Zanelli, detto Banega, muratore, anarchico. Arrestato per i moti del carovita del luglio 1919, era stato di nuovo arrestato nel 1921 senza un’imputazione precisa e rilasciato dopo 20 giorni. Da allora non era più stato lasciato in pace dai fascisti. Raggiunto con altri due anarchici – Farina e Tarozzi – dai fascisti, viene colpito ma, mentre gli altri due anarchici disarmati fuggono, egli a terra si difende e uccide il suo aggressore, il fascista Nanni, di professione ladro. Ormai quasi tutti gli anarchici imolesi più in vista sono eliminati.
L’uccisione del giovane fascista Andrea Tabanelli serve da pretesto per manovre contro gli anarchici: caduta la prima accusa contro l’anarchico Diego Guadagnini, viene accusato il cugino Enrico Guadagnini e i fascisti fanno altre rappresaglie: compiono un altro assalto alla sede dell’USI e ammazzano a randellate in testa Raffaele Virgulti, mutilato di guerra anarchico.
uccisi, carcerati o confinati
Messi in condizione di non nuocere i compagni migliori come Diego Guadagnini e Primo Bassi (condannato a 20 anni nonostante che la perizia balistica avesse dimostrato che il proiettile che uccise Gardi non apparteneva all’arma di Bassi), uccisi tanti dei migliori come Leo Bianconcini, Vincenzo Zanelli, Raffaele Virgulti, carcerati o confinati tantissimi altri come Tarozzi, Baroncini, Farina, Errani, i fratelli Tinti, Tonini, ecc., il movimento anarchico imolese darà il suo contributo alla lotta di Liberazione in Italia nel 44-45 e, precedentemente, in Spagna nel 1936.