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Francesco Mastrogiovanni |
Sono passati due anni da quel 4 agosto 2009 quando, alle 7.30 del mattino circa, il personale medico e infermieristico del reparto di psichiatria dell’Ospedale San Luca di Vallo della Lucania si accorge che Francesco Mastrogiovanni, costretto per oltre 80 ore in una contenzione “ illecita, impropria e antigiuridica” è morto da circa sei ore. Ma non doveva essere monitorato ogni 15 minuti? Ma i medici non avrebbero dovuto slegarlo, curarlo, nutrirlo? Ma chi era addetto alla sorveglianza dei monitor non avrebbe dovuto accorgersi di quanto stava accadendo? Ne discutiamo con la Dott.ssa Agnesina Pozzi che, sin dall’aprile 2010, d’accordo con la famiglia del maestro libertario, ha iniziato a studiare la documentazione relativa alla perizia autoptica, agli interrogatori, alla cartella clinica, al video e in una relazione tecnica analizza, in modo semplice e dettagliato, tutti i particolari, anche quelli che potrebbero apparire insignificanti a chi medico non è per esprimere un giudizio.
Gentile Agnesina, il caso Mastrogiovanni è diverso da quello di Cucchi, Uva, Bianzino ed altri perché il magistrato intervenuto subito dopo la morte di Franco ha sequestrato il video prodotto dal sistema di videosorveglianza interno al reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallo. Tale video è stato ammesso come prova nel processo in corso e noi, che lo abbiamo esaminato minuto per minuto, sappiamo che oltre a costituire la prova evidente racconta delle negligenze e delle omissioni impensabili in un ospedale di un paese civile. Nelle tue qualità di medico, dalla lunga esperienza ospedaliera, cosa ti ha colpito maggiormente di quel video dell’orrore?
Certamente se il magistrato non avesse sequestrato il video, di quell’orrore non sarebbe rimasta traccia. È altrettanto sicuro che una videosorveglianza non può assolutamente sostituire l’assistenza ed il controllo “de visu”, al letto del malato. Se fossero stati eseguiti i controlli come dalle linee guida e come da buon senso in corso di contenzione e sedazione, ci si sarebbe accorti che Franco non certo “russava” beatamente ma era in uno stato di deficit di ossigeno, poi in carbonarcosi, poi in pre-agonia fino alla morte. Neppure la sua morte hanno individuato tramite la videosorveglianza (che dunque serve ben poco se non è supportata professionalmente ed umanamente). Infatti se ne sono accorti solo sul fare del giorno e di persona. Colpisce l’assoluta mancanza di privacy, di rispetto, di colloqui col paziente tesi anche alla ri-valutazione della necessità della contenzione. Colpisce il paziente che avvicina a sé una bottiglia d’acqua con un piede, l’asciugamano gettato su Franco, il sangue per terra, l’assoluta mancanza di alimentazione, l’immobilità della morte. È tutto vergognoso e terribile in quel video. Una piccola cosa sul caso Cucchi voglio dirla e spezzare una lancia a favore dei medici del Pertini che, massacrati da una stampa cialtrona e disinformata, sono stati fatti oggetto di accuse senza fondamento, come dichiara pubblicamente ed in modo accorato la dottoressa Flaminia Bruno in una lettera aperta, che vi invito a visionare in rete. I casi di cittadini massacrati di botte durante l’arresto, gli interrogatori o in carcere sono innumerevoli e purtroppo non assurgono tutti agli onori (orrori) della cronaca. Contro la maggior parte di agenti che fanno onestamente ed umanamente il loro lavoro, c’è un drappello di violenti, psicopatici con delirio di onnipotenza, che bisognerebbe imparare ad individuare, magari con opportuni test psico-attitudinali; prevenire piuttosto che punire. Ma siamo molto lontani da questa utopia.
La cartella clinica dovrebbe essere il documento più importante per verificare la corretta applicazione dei protocolli medici al paziente ricoverato. In quella di Mastrogiovanni non si fa alcun cenno della contenzione fisica. È possibile che nessuno abbia controllato?
Ti sembrerà assurdo quello che sto per dirti e che ho scritto peraltro: la contenzione è stato il problema minore, insieme alla sua mancata, seppur grave, annotazione in cartella! Non hanno annotato le terapie fatte durante la cattura “rocambolesca” ed essendo Franco già sedato, come dimostra il video, hanno duplicato la sedazione che, stando la sua tranquillità, non era affatto necessaria. Per sedarlo, hanno fatto un’associazione controindicata di farmaci, sfruttando perfino di uno di questi l’effetto collaterale. Non hanno verificato che ci fossero controindicazioni alle terapie potenzialmente pericolose se in atto patologie cardiache, epatiche e/o renali. Lo hanno lasciato per ben 36 ore senza alcuna idratazione con quel caldo infernale d’agosto, l’agitazione, la dispersione di liquidi ed hanno spacciato per “alimentazione” con flebo, quella che alimentazione non era; perché non si trattava di nutrizione parenterale, ma solo di infusione generica di liquidi salini e zuccherini del tutto inadatta a fornire l’adeguato supporto energetico. Non hanno annotato l’apposizione di catetere e neppure la diuresi nelle 24 ore e, cosa più grave, non hanno verificato gli esami di laboratorio. Questi erano tutti, ma proprio TUTTI sballati ma, pur avendo fatto il prelievo, ne hanno visionato i risultati SOLO DOPO LA MORTE. Dalle analisi risultava un’epatopatia (incompatibile con le terapie che gli hanno fatto), un interessamento dell’apparato urinario, una carenza di ferro che richiedeva terapia di apporto, un’infezione che richiedeva terapia antibiotica.
La ASL parte civile?
Cosa hai pensato, come medico e come donna quando hai visto il lungo filmato dell’agonia di Franco?
Ho provato orrore e vergogna. È indubbio che medici ed infermieri abbiano delle responsabilità ma le responsabilità maggiori sono a livello dirigenziale, a partire dalla Regione che ha divulgato le linee guida solo dopo la morte di Franco, ha autorizzato la sussistenza di reparti senza requisiti generali, strumentazioni d’emergenza (come ad esempio un defibrillatore), presidi idonei di sicurezza e comfort per i pazienti; a continuare con la dirigenza ASL che non ha disposto l’impiego di personale qualificato, non ne ha verificato la formazione, né ha creato sistemi di controllo a feedback con l’utenza. La cosa che ritengo più grave e spudorata è che la ASL si sia dichiarata parte civile, mentre è la prima responsabile di quanto accaduto! Preciso che la difesa Mastrogiovanni, dopo un iniziale entusiasmo e il mio utilizzo in frontiera, mi ha messo da parte con motivazioni insussistenti. Un medico resta tale, anche senza specializzazione; e comunque la mia esperienza e l’impegno, con successo, in altre vicende nazionali ed internazionali, porta a ritenere che davvero si siano voluti trovare pretesti. Forse per farmi tacere in merito all’attacco feroce che avevo fatto alla “dirigenza”.
Com’è stato possibile che prima della morte di Francesco non esistessero, né presso la Direzione sanitaria, né presso il reparto di Psichiatria dell’ospedale di Vallo della Lucania, le necessarie linee guida da adottare in caso di contenzione, nonostante negli ultimi due anni (2008 e 2009) ben 22 pazienti su 408 ricoverati siano stati sottoposti a contenzione.
No no, le linee guida esistevano eccome! Solo che la Regione non le ha diramate, ma neppure i dirigenti ASL si sono preoccupati di “pescarle” a livello nazionale. Il personale non le ha applicate? Significa che non le conosceva, significa quindi che i dirigenti non hanno aggiornato adeguatamente il personale!
Il presidente del Comitato, Peppe Tarallo, ha sottolineato più volte che Franco, nonostante avesse pranzato da solo e si fosse mosso autonomamente nella stanza, è stato cateterizzato sin dai primi momenti del ricovero e pesantemente sedato. La contenzione totale del paziente, in quell’ospedale, era un modus operandi?
A quanto pare si. Il video mostra infatti, un paziente già contenuto che addirittura per prendersi l’acqua la notte, avvicina il tavolino con un piede; la contenzione di un paziente sopraggiunto proprio la notte del decesso di Franco, appena arrivato in reparto e tranquillo.
Nella tua relazione, ribadisci la differenza che corre tra idratazione e nutrizione ed evidenzi che il paziente sequestrato, come risulta dalle analisi cliniche, fosse affetto da importanti patologie che andavano opportunamente trattate. Perché le analisi cliniche routinarie sono state richieste solo giorno 3 agosto?
Già! Perché nessuno ha accertato, da subito, che non ci fossero controindicazioni alle terapie ed ha fatto almeno un elettrocardiogramma all’ingresso? La dicitura “esami di routine” si riferisce ai test per la tossicodipendenza. Gli esami ematochimici sono stati richiesti solo il 3 agosto perché si evince dal foglio del laboratorio, così come la data della stampa, che è invece il 4, ossia quando Franco è già morto. Avranno voluto sapere “perché“, fosse morto?
Ai parenti del paziente è stato impedito di visitarlo e non sono stati mai consultati in merito alle condizioni di salute del loro congiunto. È stato lasciato morire senza assistenza, senza igiene, senza rispetto della dignità.
Tutto ciò ha violato la carta dei diritti del malato e qualunque regola di buon senso. Questo tipo di malati poi, specie se in contenzione, hanno maggior bisogno di figure parentali rassicuranti, proprio per vivere in modo meno drammatico quella che comunque (qualora estremamente necessaria) resta sempre un’umiliazione, una privazione della libertà, uno stato di sottomissione inerme. Come in effetti è stato. Non ci sono parole sufficienti anche a descrivere le menzogne dette ai famigliari e la mancata comunicazione della contenzione che, si sa, per legge può anche essere impugnata, se protratta, davanti ad un giudice. Comportamenti gravissimi, ma ripeto, statuiti; e, ancora più gravemente, ignorati dalla dirigenza che mai ha fatto controlli in merito. Qui sorge però il problema: chi controlla chi? Una Commissione d’inchiesta senza contraddittorio, che si limita solo all’ascolto del direttore della ASL, è cosa normale secondo voi?
Prepotenza, vigliaccheria, illegalità, incompetenza
Cara Agnesina, cosa ne pensi di un processo che all’inizio non sembrava iniziare mai e che ora, grazie all’alta professionalità della nuova Presidente del tribunale, Dott.ssa Elisabetta Garzo, si sta svolgendo in modo regolare. La neo-presidente ha ammesso, come parti civili, varie associazioni; ha ridotto il numero dei testi da ascoltare, ha ammesso come prova il video dell’orrore. Una delle testimonianze più importanti dell’intero processo sarebbe stata, senza dubbio alcuno, quella del sindaco di Pollica Angelo Vassallo, firmatario del TSO illegale che portò al ricovero di Franco ma, purtroppo, è stato vittima, il 5 settembre 2010, di un barbaro attentato mafioso.
La prima cosa che ho capito è che la Dott.ssa Garzo è una persona per bene. Ha infatti avocato a sé il processo per non allungare i tempi di designazione del Giudice dedicato. Mi dispiace che non si sia ammesso Serra come parte civile perché credo che, tra i familiari, sia stato quello che più di tutti si è preso cura di Franco anche nei momenti più critici. Sulle associazioni non mi pronuncio, vedremo. Proprio in virtù della bella impressione che avevo ricevuto in merito alla Dott.ssa Garzo, le spedii la mia relazione tecnica per darle anche modo di capire il contesto generale che io avevo così “chirurgicamente” ed amorevolmente, e disinteressatamente, esaminato. Voglio sperare che almeno per curiosità, l’abbia letta. Anche se ciò non fosse accaduto, ho piena fiducia nell’operato di questa donna. Per quanto mi riguarda sento di aver fatto il mio dovere di medico e di cittadino in virtù dell’amore che nutro verso l’alto valore della Giustizia. Non ci può essere giustizia senza verità, e la verità non può essere soggettiva, né ad uso e consumo di questo o quell’interesse personale o di bottega. Concludendo, la verità è che anche la dirigenza regionale e della ASL sono responsabili dell’omicidio di Franco, piaccia o non piaccia, faccia o non faccia comodo, a qualcuno. La morte di Vassallo che, nonostante il rispetto che si deve alla morte, ho definito “sceriffo”, è in perfetta armonia con la legge cosmica del Karma. Ora lui e Franco se la potranno vedere direttamente.
Di certo sono venuti a mancare tasselli importanti sul perché reale di un simile accanimento. Forse Franco disturbava, come i mozziconi di sigaretta, il paesaggio. Fatto sta che il defunto sindaco- sceriffo si arrogò un diritto che non aveva, sconfinando perfino nel territorio del comune limitrofo senza passare le competenze al collega. Restano le perplessità sulle condizioni preliminari rilevate dai vigili urbani; quelle infrazioni presunte che di certo non prevedevano provvedimenti di una tale violenza e una simile limitazione della libertà con uno spropositato, ingiustificato ed illegale impiego di uomini e mezzi. Vassallo, pace all’anima sua, non potrà spiegare come mai, per un cittadino “bislacco” ma assolutamente non violento come Franco, si è usata una tecnica di “cattura” degna di un pericoloso delinquente pluriomicida evaso da un carcere di massima sicurezza; né perché addirittura si sia coinvolta... la guardia costiera. Mancavano solo carrarmati ed elicotteri per prendere (vivo o morto) quel tenerissimo gigante buono che, scappato in acqua, lanciava sassolini e parolacce per difendersi dal destino tragico che qualcuno aveva stabilito per lui e che lui aveva previsto:”non portatemi a Vallo che quelli mi fanno morire!” . E i medici coinvolti da Vassallo nel TSO dovranno anche spiegare oltre al Giudice, alla loro coscienza, come mai, avendo Franco accettato la terapia sedante una volta convinto ad uscire dall’acqua, abbiano proseguito l’iter del TSO, essendo venuti a mancare i presupposti di legge.
Prepotenza, vigliaccheria, illegalità, incompetenza o malafede, hanno ucciso inutilmente e barbaramente l’ennesimo essere umano. Questo è quanto.