Mi piace sempre iniziare le interviste con qualcosa di surreale, e nel tuo caso ancora di più visto che andremo a parlare di creatività e arte. Siamo nel 2100, due esperti di restauro durante lavori di ripristino della “ biblioteca Torricelliana ” sita nella Libera Comune dei Due Navigli scoprono un affresco nascosto dietro un grande armadio carico di scartoffie.. risalgono all’autore, un certo Federico Zenoni, che agli albori del nuovo millennio aveva affrescato questa parete con la sua, e dei compagni che all’epoca animavano il circolo dei Malfattori, idea di Anarchia..cosa vorresti che sapessero i posteri di te?
Quello che vorrei che emergesse è questo: che cento anni prima ci furono persone che immaginavano un altro tipo di società; l’autore è solo un medium, un tramite tra l’idea ed il fruitore dell’immagine, almeno nell’arte figurativa, un po’ come per i geroglifici, una scrittura simbolica per fissare e poi veicolare dei concetti.
Come nasce il fedzen che si esprime attraverso le cose che fai? Passione innata o studio e ricerca di una forma comunicativa a tutto tondo?
Innata è stata la mia propensione per il disegno, che ho utilizzato da subito anche per lavorare, poi una curiosità multidirezionale e un tipo di creatività satirica mi ha portato a definirmi “un professionista della dispersione”.
Nasce prima la passione per l'arte o per l'anarchia, o soggiungono contemporaneamente e una è l'esplicitazione dell'altra?
Se la mia scoperta e conseguente passione per la filosofia anarchica è stata tardiva, quella per l’arte deve ancora arrivare…! Intendo quella per l’Arte con la A maiuscola, quella che tende a creare delle èlite (gli artisti); artisti si è tutti e nessuno in quanto molto spesso trovo creatività stupefacente e gioiosa in persone che non si definirebbero mai “artisti” mentre alcuni pensano di esserlo senza avere quello che per me è l’ingrediente principale: una tensione critica al presente ed una creatività disinteressata.
Ma potrei anche rispondere che una è l’esplicitazione dell’altra, come tu suggerisci. Infatti, citando Arturo Schwarz, “Volente o nolente, a livello conscio o inconscio, ogni individuo impegnato in una attività creatrice è un anarchico”.
Tutto è nato per caso
Entrando nel merito dei tuoi lavori, spesso la categoria estetica del bello si fonde e anzi esalta la praticità e l'intelligenza del riuso, del riciclo, del “subvertising” attraverso ritagli di giornali, pittura su magliette riutilizzate dei concerti... da cosa nascono queste idee? Esigenza di riutilizzare e dunque consumare meno, stravolgimento del senso comune delle cose, necessità di mantenere un pezzo di realtà anche sul piano dell'arte?
Per me il concetto di riciclo è un grande stimolo alla creatività, contemporaneamente porta ad una riduzione degli scarti della “società dei consumi” ed offre una diversità di supporti e materiali per arrivare ad un risultato non previsto in partenza. La mia prima mostra consisteva in pannelli, paraventi ed altre superfici in legno dipinte… rigorosamente riciclati da cantine, discariche e più spesso dai marciapiedi. Poi ho dipinto sul retro della tappezzeria. Con la carta è più semplice, siamo inondati di materiale stampato, rimetterlo in circolo a modo mio è una sorta di vendetta sull’arroganza della pubblicità e sull’invadenza della merce.
Riguardo il mantenere la realtà anche sul piano artistico, non ho dubbi, anche se la tendenza attuale sembra opposta; userò un’altra citazione: “Da circa cinquant’anni, cioè da quando si è dissolta l’ultima avanguardia, la guida è passata dagli artisti al mercato. L’arte ha cessato di rispecchiare il movimento della vita, riducendosi a una ricerca astratta di nuovi linguaggi” (Francesco Porzio).
A questo proposito ho avuto modo più volte di vedere i tuoi banchetti nelle fiere, nelle feste etc.. Anche nella preparazione delle tue esposizioni entrano in campo oggetti ripensati per altre funzioni, per un allestimento creativo e non inquinante?Qual è stato l’oggetto, se c’è, che inaspettatamente ha trovato nuova collocazione e utilizzo nei tuoi allestimenti che mai ti saresti aspettato di usare? Ci racconti un po’ come costruisci la tua “piccola bottega delle meraviglie erranti”?
Non c’è un oggetto in particolare; ho partecipato anche a fiere dei piccoli editori dove sono tutti seriosi ed ordinati e quindi mi diverte scombinare l’ambiente con espositori in cartone auto-costruiti, pezzi di batteria, sagome porta-magliette, ganci, fili e mollette… l’unica regola sembra questa: comprare nulla, ma riciclare e ri-usare. Insomma, un guazzabuglio colorato che di solito ha il suo effetto visivo.
Libri, magliette, quadri, segnalibri... quando nasce la casa editrice "libera e senza impegni" e qual è la sua storia? La fondi da solo o ci sono altre persone che ne fanno parte e/o contribuiscono a crearla?
La fondo da solo o, come scrivo nei miei dati biografici, “insieme al suo alter-ego e ad una cagnona meticcia”. Naturalmente l’alter ego esiste… ed anche la cagnona, si chiamava Dea e dormiva di fianco al tavolo da disegno… quindi possiamo dire che facevo tutto io!!
Comunque è iniziato tutto per caso con un librino illustrato per mio figlio, che all’epoca era piccolino. Una storia platealmente antiautoritaria ed irriverente, come non trovavo nelle librerie. Poi una cosa ha tirato l’altra fino ad oggi, ma senza un programma stabilito, tranne la fatidica regola della dispersione (forse per confondere il nemico!?): libretti, xilografie, foto, disegni, vignette, dipinti, registrazioni sonore, magliette… le mostre di disegni e dipinti proseguono parallelamente, come l’attività sonora da batterista autodidatta.
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Con quali criteri (artistici e intelletuali) scegli i libri (tipo scum, o quelli della trogodite tribe) che proponi, riproduci e valorizzi con tecniche pittoriche e di riuso? Ci sono libri scritti interamente da te tra i tuoi lavori?
La casa editrice LIBERA e SENZA IMPEGNI è praticamente libera e disimpegnata… quindi troviamo sia testi miei che di altri autori; la collana “Rifatti” nasce proprio per riproporre cose che ritengo molto interessanti e misconosciute. Con Troglodita Tribe c’è un patto empatico di mutuo utilizzo dei nostri materiali per ri-edizioni, collaborazioni, co-edizioni, manipolazioni. Mi pare che comunque lo spirito della mia pseudo-casa editrice sia quello di diffondere simpatiche scintille libertarie in modo non-convenzionale.
Lavori come "boss design" (spiegazione e foto del librino) manifestano una forte criticità nei confronti del lavoro salariato che spesso si estremizza in servitù volontaria. La tua arte è anche il tuo lavoro; è una relazione serena quella di utilizzare la tua passione per sopravvivere o a volte ti costa dover vendere le tue opere per sopravvivere? Oppure sfrutti questa dote anche in altri contesti? O viceversa?
“Boss Design” non è tanto una critica del lavoro salariato, quanto una satira sul Design, immaginando quanta creatività e quanto talento siano messi al lavoro per creare feticci utili alla distrazione e all’intrattenimento dei privilegiati.
Hai ragione, in effetti l’ho usato un po’ come pretesto per la domanda sul lavoro!
Attualmente divido la mia attività in due momenti: il lavoro su commissione (prospettive architettoniche, layout d’arredamenti, illustrazioni editoriali e tutto quello che può rientrare nella categoria “disegno”: vignette, trompe l’oeil, loghi, ecc…) e poi c’è la parte di cui stiamo parlando, dove la creatività è libera di espandersi senza steccati e senza porsi il problema di fare qualcosa di “vendibile”. Quindi, tornando alla tua domanda, direi che sfrutto le mie doti in diversi contesti.
Chiunque metta piedi al “circolo dei malfattori” in via Torricelli 19 di milano non puo’ non notare l'affresco che troneggia nell'archetto sulla parete sinistra della sala centrale, quello che citavamo all’inizio dell’intervista. Ognuno di noi credo si sia dato una propria interpretazione delle immagini e abbia il proprio scorcio preferito, ma pochi di noi sanno come è nata l'idea e quali rapporti ci sono con gli anarchici del ticinese. Ci racconti un po' com'è venuto fuori l'affresco e se c'è stato qualche aneddoto degno di nota mentre lo dipingevi? Ci ricordiamo inoltre ancora della splendida trovata del volantino antisfratto fatto come un falso “corriere della sera”.Cosa significa per te il fatto che esistano oggi spazi autogestiti e autorganizzati in un contesto metropolitano cosi atomizzante e disgregante?
Come ti ho detto, il mio rapporto con l’anarchismo è stato tardivo e da autodidatta, ancora mi considero un “cane sciolto”, coi vantaggi e svantaggi che comporta un atteggiamento simile. Direi che il rapporto col Circolo dei Malfattori è ormai di tipo affettivo, dato che hanno ospitato la mia prima mostra e che con la loro resistenza nella zona “fluviale” della città testimoniano che l’intelligenza è ancora presente in quella che considero la parte più bella e caratteristica di una Milano marcescente e mercificata. Proprio durante la suddetta mostra notai che la lunetta sulla parete di sinistra era perfetta per un dipinto murale; tempo dopo lo proposi a Monna portando anche un bozzetto e furono contenti dell’idea. Per me fu anche il modo di ringraziarli dell’ospitalità e dell’entusiasmo dimostrati verso le mie “cose”. Comunque chi ne ha beneficiato di più sono io… perché dipingere su una grossa parete senza condizionamenti o disturbi, senza scadenze o impicci economici… è una cosa meravigliosa!
Il volantino col falso Corriere è stato una trovata divertente per sottolineare il paradosso di una giunta comunale, strombazzante volgare intellettualismo e cultura di facciata, impegnata nello smantellamento di un angolino di vera cultura e di nutrimento dell’intelletto.
Lo ripeto: l’esistenza ostinata di spazi autogestiti in queste nostre metropoli incancrenite mi dimostrano semplicemente che c’è ancora dell’intelligenza nel genere umano.
Personaggi ed eventi trascurati
Hai un lavoro di cui vai più fiero in assoluto? E il peggiore che hai creato?
I lavori peggiori si cerca di distruggerli prima che qualcuno li veda!! Il migliore… beh, sono giovane e forse deve ancora venire; del murales dei Malfattori sono molto soddisfatto, ha avuto una vita propria.
C'è qualcosa, un'idea, un soggetto, un'azione, un pensiero che ancora non sei riuscito a rendere in rappresentazione come avresti voluto?
Moltissimi, a partire dalla storia di tre libertari (due bulgari ed un macedone) del secolo scorso che scavarono un tunnel sotto la Banca Ottomana di Istambul… la vita è piena di personaggi ed eventi trascurati perché scomodi alla gestione mafiosa dell’esistente, alla fragilità del “pensiero unico”. Ma in generale la creatività è una terapia su noi stessi e quindi si procede in continuazione cercando di mettere a fuoco ciò che ci ribolle dentro…
Quali sono i messaggi che vuoi far passare attraverso i tuoi lavori? Credi che vengano compresi dai fruitori? Ci sono dei rischi di incomprensione?
Prediligendo una tecnica figurativa, illustrativa, mi pare che (esclusa l’ultima mostra, più simbolica) quasi tutti siano abbastanza espliciti. Ma è giusto dire che una “incomprensione” è comunque una reazione di qualche tipo e così tutto torna: usare una terapia su noi stessi (che ha comunque un effetto su di me a prescindere che altri vedano l’opera) per far discutere di qualcosa di rimarchevole.
Chi sono per te, ammesso che ci siano, i "grandi famosi" della storia dell'arte che meritano attenzione? C'è qualcuno che ti ha ispirato e/o ti illumina in quello che fai?
Ritornando al discorso sull’arte con la A maiuscola potrei dirti, così a freddo: Honorè Daumier o Diego Rivera o Alberto Breccia o HR Giger… oppure quel trasportatore che, durante la prima guerra del Golfo, scaricò un camion di letame davanti la base di Camp Darby!
L'arte grafica si presta bene alla comunicazione anche con i più piccoli. Tu hai colto l'importanza del tema e hai creato una serie di libri, favole, disegni dedicate ai bambini, ma che affascinano molto anche i grandi. Il fatto che tu abbia avuto un figlio ti ha aiutato a creare storie appassionanti per i bambini, a entrare in contatto con un mondo piu puro e al contempo piu influenzabile, a capire meglio la visione del mondo che nell'infanzia si ha?
Mi piacerebbe proseguire su questo filone con altri volumetti. La camera di mio figlio traboccava di libri per l’infanzia, tuttavia ho sentito la necessità di una narrazione divertente ma anche apertamente antiautoritaria, anche fino all’eccesso… ma ci sono decine di fiabe popolari eccessive, violente, distorte e crudeli, che sono sempre state considerate educative! Certamente la vena irriverente, anticlericale e contestataria la troviamo sottotraccia in alcuni classici, ma ora possiamo scrivere più liberamente e apertamente e su alcuni temi tipicamente “fiabeschi” (i rapporti di genere, la violenza del potere, le rappresentazioni monarchiche o religiose) il pensiero comune ha fatto molti passi avanti… soprattutto grazie all’attività “educatrice” delle anarchiche e degli anarchici.
La paternità ti sbatte in faccia il problema pedagogico, ma è anche una grande occasione per crescere e capire alcune cose (ovviamente questo non assicura che il sottoscritto abbia capito alcunché!). Non so se le mie storie sono scritte in maniera adatta, io le ho pensate per quel determinato ed imperdibile momento che è la lettura serale insieme ai piccoli. Ma senza farsi troppe illusioni; durante l’infanzia, come disse il vecchio Tolstoj, l’unica vera educazione è il nostro comportamento e la coerenza tra parole ed atti concreti.
A settembre 2011 hai organizzato una piccola fiera di autoproduzioni indipendenti e io aggiungerei intelligenti. Com’è andata? Quali erano gli intenti e le finalità e qual è stato il riscontro reale?
“LIBER – i libri liberi” è stato un tentativo di riunire, come ha detto Claudia Vio, “…le molte voci dell’editoria autoprodotta, autori ed autrici che di solito procedono in ordine sparso, spesso annegando in situazioni improprie, quelle dell’editoria commerciale…” Volevamo uno spazio per questo ibrido, posizionabile tra il libro tradizionale, stampato serialmente e distribuito, ed il libro d’artista, poco fruibile e rivolto ad un pubblico esclusivo. Quindi editoria creativa, o casalinga, o manuale, o artigianale… piccole tirature, uso di materiale riciclato, prezzi abbordabili ed utilizzo del baratto, abbondante manualità e fantasia, ogni espositore con le proprie caratteristiche e modalità di approccio all’autoproduzione (http://blog.libero.it/LIBERsalone). Ovviamente c’erano anche libri stampati, ma fuori dal circuito della distribuzione commerciale… questa era una finalità: offrire una panoramica di quello che si può definire editoria ma non si rova nelle librerie! Insomma, una cosa un po’ folle… infatti abbiamo scelto la sala dell’ass. culturale Van-ghè, un posto incantevole, che si occupa di sostegno al disagio psichico attraverso le arti; tutto autogestito con un piccolo contributo degli espositori, niente finanziamenti, sponsor, padrini o assessorame vario. Da quelle due giornate sono già scaturite altre iniziative, incontri, scambi… e questa era una un’altra finalità. Il riscontro è stato buono, tenuto conto che è il primo tentativo, ma vorremmo trasformarlo in un appuntamento annuale.
Un messaggio per l'umanità? La tua frase preferita?
Beh, sulla mia porta misi tempo fa un cartellino con questa frase: “Se c’è qualcosa di cui mi pento è molto probabilmente la mia buona condotta. Quale demone mi ha posseduto per indurmi a comportarmi così bene?” (Henry David Thoreau)… non l’ho ancora tolto.
Ah! Dimenticavo il messaggio per l’umanità… : SVEGLIA!!
Grazie mille Federico!