Rivista Anarchica Online


Costa Concordia

Sempre più veloci. Troppo veloci

di Lupo di mare

Un capitano di lungo corso, che vuole restare anonimo, esamina l’incidente dell’isola del Giglio. E punta il dito sulla velocità. E su chi la determina (e la autorizza o la tollera).

 

L’incidente della Costa Concordia è stato determinato da una gravissima sottovalutazione dei rischi di una consuetudine folle qual è il passaggio sottocosta a distanza ravvicinata delle navi, da crociera in particolare e di tutto il naviglio in generale. Non è raro notare da terra quanto navighino vicine le navi e imbarcazioni che frequentano tratti di costa di grande interesse turistico, le quali hanno una velocità troppo sostenuta proprio in rapporto alla distanza. Io credo che nella maggioranza dei casi sia la velocità il fattore determinante a causare tanti disastri marittimi, e bisogna sottolineare quanto poco rilievo è stato dato a questo elemento, seppure fondamentale per una navigazione sicura, nell’analisi e valutazione dei fatti riguardanti questo tristissimo episodio ormai famoso a livello mondiale. Direi così emblematico che sono passati pochi giorni dall’accaduto e già viene annoverato fra i classici esempi di sinistri marittimi da sottoporre all’attenzione dei giovani allievi ufficiali di coperta, come monito e si spera deterrente a qualsiasi eventuale intemperanza futura.
La velocità dicevo, pensare che l’art. 6 della Convenzione internazionale per prevenire gli abbordi in mare in vigore dal 1972 parla chiaro a riguardo:
Parte B, art 6 Velocità di sicurezza.
– Ogni nave deve sempre procedere a velocità di sicurezza in modo da poter agire in maniera appropriata ed efficiente per evitare abbordaggi e poter essere arrestata entro una distanza adeguata alle circostanze ed alle condizioni del momento. Nel determinare la velocità di sicurezza i seguenti fattori dovranno essere tra quelli tenuti in considerazione:

a) Per tutte le navi:

  1. la visibilità;
  2. la densità del traffico, inclusa la concentrazione di navi da pesca di altri tipi di navi;
  3. la manovrabilità della nave con speciale riferimento alla distanza di arresto ed alle sue qualità evolutive nelle condizioni del momento;
  4. di notte la presenza di luci di sfondo come quelle dovute a luci costiere ed al bagliore delle proprie luci;
  5. lo stato del vento, del mare e della corrente e la vicinanza di pericoli per la navigazione;
  6. il pescaggio in relazione ai fondali esistenti nella zona.

b) Inoltre, per le navi dotate di radar:

  1. le caratteristiche, l’efficienza ed i limiti dell’apparato radar;
  2. le limitazioni imposte dalla scala del radar in uso;
  3. l’effetto sulla rilevazione radar delle condizioni meteorologiche e di altre sorgenti d’interferenza;
  4. il fatto che piccole unità, icebergs di limitate dimensioni ed altri oggetti galleggianti possono non essere rivelati dal radar;
  5. il numero, la posizione e il movimento delle navi rivelate dal radar;
  6. la maggiore probabilità di avvistamento che si ottiene quando il radar è usato per determinare la distanza di navi o altri oggetti vicini.

Quindici nodi, invece di 5/7

Non credo che ci sia nulla da aggiungere, bisogna navigare ad una velocità che consenta ogni tipo di manovra in ogni circostanza per navigare in sicurezza ed evitare disastri, tenendo conto delle caratteristiche e manovrabilità della nave e delle condizioni prevalenti del momento. Per intenderci, il più banale degli elementi che doveva essere preso in considerazione nel caso della Costa Crociere è la navigazione notturna, che di per se stessa induce ad una grande prudenza ed alla massima attenzione da parte dell’ufficiale di guardia. È fin troppo chiaro che per effettuare il cosiddetto “inchino” all’isola del Giglio (peraltro il termine è veramente infelice!), la Costa Concordia ha deviato la sua rotta da quella programmata, quella che l’ufficiale responsabile sottopone al vaglio del Com.te di bordo prima di partire, il cosiddetto “passage plan” e che deve essere approvato anche dalla compagnia armatrice. Ma non si capisce come sia potuto sfuggire a tutto il team presente in plancia che la velocità della nave era di circa 15 nodi a poche centinaia di metri dagli scogli! Il track della nave sulla carta elettronica tramite GPS è sconcertante, immaginiamo la manovra evasiva dell’ultimo momento, la concitazione in plancia di comando, le rocce che nei vetri si vedono correre contro la prua ad una velocità impressionante, le urla, il panico fra gli ufficiali, il timone che viene violentemente girato a dritta nell’ultimo disperato tentativo di evitare gli scogli… la nave lentamente reagisce, una lentezza esasperante, tutti i presenti avrebbero voluto che girasse come una macchina sull’asfalto asciutto, incollata al terreno da quel bell’attrito sulla gomma degli pneumatici, e le navi poi non hanno neanche i freni… cala un silenzio glaciale, l’accostata a dritta è potente, ce la farà? Il dubbio raggela il sangue nelle vene, la plancia comandi sembra al contrario di fuoco, l’ adrenalina si scatena e l’esuberanza di aver compiuto un’impresa senza pari, ineguagliabile, da primato assoluto nel campionato del mondo degl’inchini, ha un moto iniziale negli animi, gli scogli sono verso poppa, è quasi fatta…
Lo squarcio è di circa 70 metri, profondo, la roccia è rimasta incastrata nella pancia del gigante dopo averla dilaniata. Se la nave avesse navigato a velocità di sicurezza, in questo caso alla minima velocità di manovra, innanzitutto non avrebbe toccato gli scogli, ma anche se ciò fosse avvenuto non si sarebbe aperta una falla così grande e la nave sarebbe rimasta a galla e diritta grazie alla compartimentazione stagna, e le operazioni di evacuazione sarebbero state agevoli con le scialuppe operanti in verticale.
La sua evoluzione è stata direi fisiologica, in quanto in ogni accostata la velocità insieme all’angolo del timone determinano la curva evolutiva, in cui c’è sempre uno spostamento laterale proporzionale a questi due elementi , con un pivot point a circa un terzo dalla prua, dunque con la la poppa che, per capirci, va in derapata verso l’esterno della curva. Ed ecco lo scontro con lo scoglio sul lato verso poppa.
Ancora più sconcertante se si pensa che la rotta seguita dalla nave ci indica che in un primo momento stava approcciando il canale fra l’isola del Giglio e l’Argentario in mezzo, in tutta sicurezza, navigando per 320°, poi si vede una bella deviazione a sinistra che porta la prua della nave a puntare dritto sulla costa SE del Giglio, dove si trova la secca delle Scolle. Necessariamente si deve pensare che l’impatto con gli scogli sia avvenuto durante un’accostata a dritta, altrimenti la nave si sarebbe incagliata di prua, vista la sua direzione finale.
È facile addossare tutta la responsabilità dell’accaduto al Com.te Schettino, ma francamente non è plausibile che egli si sia spinto così al limite spontaneamente, in un delirio tutto personale, senza la pressione esercitata dall’esterno ad effettuare questi passaggi ravvicinati per esigenze pubblicitarie e turistiche, sicuramente la stessa compagnia di navigazione Costa Crociere che non solo era al corrente di tali pratiche, ma le caldeggiava addirittura, si dice che persino che gli “inchini” siano programmati.
Non si fraintenda, per una nave di quelle dimensioni possiamo già considerare una “bravata” avvicinarsi ad una distanza di 1 miglio dalla costa, cioè di 1852 metri, alla minima velocità alla quale la nave è ancora manovrabile, cioè, per la Costa Crociere, 5/7 nodi, figuriamoci passare ad una distanza di 400 metri a 15 nodi! Io credo che il Com.te Schettino volesse e dovesse passare vicino, ma non così tanto e abbia commesso un gravissimo errore di valutazione sulla velocità e la distanza, una questione di spazio-tempo che gli è sfuggita di mano. Ora, sapere il perché andasse così veloce, ce lo può dire solo lui. Per il momento egli ha ammesso di aver fatto un errore… Si è dimenticato dell’altro errore imperdonabile, quello di aver sciupato un’ora intera in cui avrebbe potuto far evacuare i passeggeri e l’equipaggio senza nessun problema, visto che la nave aveva un’inclinazione di 20°. Le scialuppe sarebbero scese in acqua con facilità e le operazioni di soccorso dall’esterno sarebbero state di gran lunga più efficaci. L’allarme sarebbe dovuto scattare subito, e dopo aver appurato la gravità della situazione come in effetti è avvenuto, l’ordine di abbandono nave doveva essere dato tempestivamente. E questo è un ordine che racchiude tutta la gravità del momento. L’ordine ultimo, il più difficile, ma anche quello che può salvare la vita.
Perché è passato tutto questo tempo inutilmente? Possiamo mai credere che il Com.te Schettino sia entrato in uno stato di torpore mentale, di shock tale da impietrirlo per un’ora? Io penso, al contrario, che sia stata un’ora tremendamente intensa, in cui di nuovo le ingerenze della compagnia sono state pesantissime, e la decisione sul da farsi negoziata, discussa e rimuginata un milione di volte, con il cervello che andava fuori giri. Ma queste persone sono adeguatamente preparate ad affrontare situazioni di grave emergenza a bordo di queste navi? Visti i fatti, direi proprio di no, e possiamo in parte assolvere l’equipaggio che si è dato un gran da fare ed alcuni di loro ci hanno lasciato le penne per aiutare i passeggeri a salvarsi. La linea di comando non solo non ha funzionato, ma addirittura era assente poiché sono sbarcati tutti poco dopo l’incaglio davanti al porto del Giglio, Schettino in testa. Di nuovo, ci si sovviene che anche in questo caso le autorità marittime hanno i mezzi per controllare l’efficienza psicofisica del personale imbarcato nei diversi ruoli, attraverso le visite mediche periodiche e quelle immediatamente precedenti l’imbarco stesso, che sono previste da tutti regolamenti internazionali. Ma con quale accuratezza vengono condotte queste visite? E se non sono ancora previsti degli esami specifici a livello psicologico per i ruoli di responsabilità, io credo che ci dovremmo fare un pensierino dopo questo bel pasticcio.

Troppi interrogativi

Qui si tratta di vite, questo è il mondo reale non un videogioco. Ma dico, è così difficile istituire dei test psico-attitudinali e dei training con simulazioni dal vivo? Quei famosi corsi di addestramento con tanto di esame finale, obbligatori per tutti i marittimi, forse dovrebbero essere più selettivi e ripetuti frequentemente durante tutto l’arco della loro carriera, e sicuramente più pratici e meno teorici. Era il Com.te Schettino atto al suo ruolo su una nave così importante?
La compagnia Costa l’ha assunto e glielo ha conferito, l’autorità marittima ha convalidato i suoi corsi e rilasciato i suoi brevetti per il comando… Non si parla di capacità tecniche, anzi sembra che egli fosse considerato uno dei migliori comandanti in tal senso, ma ecco, forse troppo sicuro di sé, magari spavaldo e sbruffone, sicuramente non preparato ad affrontare una situazione di crisi ed emergenza come si richiede ad un ruolo come il suo. Un comandante deve essere preparato soprattutto a questo, non deve abusare della propria perizia a scapito della sicurezza, è equilibrato nelle scelte e nelle decisioni, sa gestirsi e gestire gli altri in situazioni di stress, non va in panico, etc.
Purtroppo Il Com.te Schettino è diventato agli occhi del mondo intero l’icona dell’italiano quale prototipo dell’incapace, fifone e codardo. “Non sarebbe mai successa una cosa simile se al comando della nave ci fosse stato un Capitano tedesco o inglese” scrivono sui giornali stranieri.
Ma sicuramente ci sono molte responsabilità a diversi livelli, e queste come al solito si cerca di nasconderle, “è stato un errore umano” dicono tutti all’unisono, e via con la crocefissione.
Lo hanno abbandonato tutti, dunque, pensate, la compagnia si è costituita parte civile, un criminale da cui bisogna prendere subito le distanze. Ma si può mai pensare che quest’uomo abbia deciso nel bel mezzo di una crociera di andare a suicidarsi con più di 4200 persone sugli scogli del Giglio così, per gioco? Ma dove sono le autorità marittime con i loro sistemi di monitoraggio super sofisticati, costati una fortuna e ancora non funzionanti? Ma perché si lascia la libera navigazione sottocosta a questi mastodonti senza un briciolo di regolamentazione del traffico come nei tratti più difficili dove sono state istituite delle rotte prestabilite da seguire? Ma ci vogliono veramente delle tragedie come questa per fare in modo che le cose vengano fatte come devono essere fatte? Al contrario, hanno coniato anche un altra terminologia: “navigazione turistica”, per giustificare questi passaggi ravvicinati per sorprendere ed incantare i passeggeri.
Ma la navigazione turistica non esiste, nelle norme nazionali ed internazionali non c’è, esiste solo la navigazione, semplicemente, e tutto è regolamentato al fine di effettuarla in sicurezza, e ogni autorità nazionale ha gli strumenti e la possibilità d’implementare queste norme secondo le condizioni contingenti e le priorità in materia di sicurezza nelle proprie acque nazionali.

Lupo di mare


Costa Concordia

La teoria delle catastrofi alla verifica del Giglio

di Teodoro Margarita

Per qualche settimana, prima dell’arrivo della perturbazione “siberiana” che ha messo in ginocchio Roma e mezza Italia centrale, il circo mediatico tutto era intento attorno alle spoglie di una nave da crociera, la Concordia, semiaffondata all’isola del Giglio. Prima una nave poi la neve hanno monopolizzato e focalizzato l’attenzione di tutti, nel frattempo in Europa, Grecia e qui in Italia, si procedeva alla drastica riduzione sia della sovranità degli stati, e questo se da un punto di vista libertario può anche essere considerato un bene, non lo è per nulla se questa diminuzione di poteri avviene non a vantaggio dei ceti popolari o di maggior democrazia ma solamente a buon prò di finanzieri e rapaci speculatori.
Sulla scorta di un pensiero, di una teoria elaborata soprattutto dal semiologo francese Paul Virilio, questi due eventi, queste due “catastrofi” così distanti, solo in apparenza, sono in realtà in stretta connessione.
In una società che fa della velocità il suo totem vitale, restare bloccati a bordo di automobili o camion in code interminabili è uno smacco, la neve ha provocato questo ingorgo nazionale, nessuno ormai può più fare a meno di pensare in questi termini che De Coubertin rese celebri “Più in alto, più veloce, più lontano” questo assioma ha creato, crescendo, nel mondo moderno non solamente le velocità ma le dimensioni, la massa di tutti gli strumenti, le catastrofi che sono davanti ai nostri occhi. Dromologia è la teoria della velocità, per Paul Virilio che ne è stato lo scopritore, inventare il treno e la strada ferrata ed il deragliamento ferroviario, l’aeromobile e l’incidente aereo, inventare la nave significa inventare il naufragio.
Volendo volgarizzare e rendere accessibile a tutti questa scienza, faccio appello ad un minimo di memoria: sapete quante superpetroliere in giro per il mondo sono affondate in questi ultimi anni? Dalla Exxon Valdez alla Torrey Canyon alla Amoco Cadiz per non tacere dell’incidente avvenuto sempre in Toscana, alla Moby Prince. Secondo la teoria delle catastrofi elaborata da Paul Virilio sono eventi che accadono assolutamente nell’ambito della “normalità”, e a crederci non sono fantasiosi o estremisti sostenitori del pensiero della decrescita ma i costruttori stessi di quelle “mostruosità” nel senso di abnormità che sono le centrali nucleari, per esempio. In Germania, per esempio, una delle cause della progressiva chiusura di queste centrali atomiche è stata la constatazione che queste, negli anni ‘60 venivano costruite per resistere all’impatto di uno Starfighter, F 104, maggior caccia intercettore dell’epoca, oggi, ad un F 16, queste stesse centrali non potrebbero più resistere.
La teoria delle catastrofi viene presa in serissima considerazione negli ambienti militari, la considerazione necessaria che un grosso apparato carico di tecnologie, proiettato ad ipervelocità, è esposto ad un quoziente insito di rischio, è ben presente. Immagini simbolo, icone del millennio come le Torri gemelle colpite dai jet, l’esplosione poco dopo il decollo a Cap Canaveral dello Shuttle con a bordo la prima astronauta donna, sono ben comprese da chi tutto questo lo amministra, implementa, progetta, costruisce. L’immagine della Concordia, balena di ferro arenata all’isola del Giglio è solamente una delle tante. Come potete leggere nell’articolo in merito, una delle componenti del disastro è stata la velocità, Paul Virilio ci dice chiaramente che più aumentano la massa, la quantità d tecnologia, la velocità insite in un determinato apparato più aumentano e diventano fisiologiche le possibilità di catastrofe. Se gli incidenti automobilistici costituiscono un corollario quotidiano del nostro vivere urbano, nondimeno lo sono, in tutto il mondo, quelli ferroviari, aerei, navali, non c’è un solo mito tra tutte le innovazioni ardite degli ultimi anni che abbia avuto il suo crash, la sua esplosione, crisi: dal Concorde alle centrali nucleari, dalle astronavi ai supertreni , tutte queste opere dell’ingegno hanno conosciuto la loro crisi.
Invitandovi a ragionare, a leggere, riflettere su tutto questo, su quanto l’industria, la finanza, la politica, la guerra siano strettamente interconnesse nell’edificazione di questi sistemi complessi, mi viene in mente Ivan Illich che ci esortava a costruire una società in cui proprio il più piccolo, il più lento, il più vicino fossero il pilastro e il fondamento.
Quando l’Italia batteva i denti per il freddo io mi scaldavo con la mia stufetta a legna: dal mio podere veniva il combustibile, la legna che la grandine mi ha buttato giù. Tra il più grande ed il più piccolo, tra il complesso e il semplice ed accessibile, ho fatto la mia scelta. Ed è una scelta di condivisione, di immediata comprensione, di rinnovabilità, di riparabilità.
Spero che in tanti, almeno nel mondo libertario comincino a guardare con occhi diversi e non neutrali alle progressive sorti dell’umanità.

Teodoro Margarita