Meglio
sui tralicci che sugli specchi
Ci sono persone che per difendere la loro dignità
si arrampicano sui tralicci ed altre che, per distruggere
quella degli altri, si arrampicano sugli specchi. Questo è
quanto emerge dai lavori dell’udienza del 28
febbraio 2012, del processo per la morte di Francesco
Mastrogiovanni. Dopo il consueto appello degli imputati e
delle parti la presidente del Tribunale, Dr.ssa Elisabetta
Garzo, ha raccolto le deposizioni dei consulenti dell’imputata
dott.ssa Anna Ruberto, medico in servizio nella tragica notte
del decesso di Franco. Nel corso della loro deposizione, i
due consulenti di parte, Dott.ssa Diana Galletta, medico psichiatra,
e il professore Claudio Buccelli, ordinario di medicina legale
(entrambi dell’Università Federico II di Napoli)
hanno difeso a spada tratta la loro assistita facendo presente
che, la notte in cui è morto Francesco Mastrogiovanni
prestava servizio come medico di guardia e non come medico
di reparto e che tra i due ruoli vi sono notevoli differenze.
I consulenti della Dott.ssa Ruberto hanno sostenuto, inoltre,
che la stessa non fu informata dagli infermieri sulle particolari
esigenze del paziente e pertanto decise di lasciarlo legato.
Insomma la scrupolosa dott.ssa non valutò all’inizio
del suo turno, come avrebbe dovuto fare, se fosse necessario
o meno continuare la contenzione. Il Presidente, nel rileggere
un passo della cartella clinica, ha fatto notare alcune contraddizioni,
e il prof. Buccelli ha affermato che la Ruberto ha somministrato
al paziente un farmaco senza averlo annotato e ha aggiunto:
“È meglio non esaminare i dettagli della
questione altrimenti non ci raccapezziamo più nulla!”.
È veramente strano che un’affermazione del genere,
sia stata pronunciata da un docente di medicina legale il
quale ha continuato a sostenere che non c’è alcuna
relazione tra la contenzione e la morte. Come se non bastasse
la dott.ssa Galletta, dal canto suo, ha continuato a ripetere
che la contenzione è un “atto medico indispensabile”….
Alè!.
Racconto di un viaggio... a ritroso
nel tempo
Nell’aula del Tribunale di Vallo della Lucania (SA)
era presente, tra il folto pubblico, la dott.ssa Livia
Bicego, dirigente infermieristica del Dipartimento
di Salute Mentale dell’ASS1 di Trieste e Presidente
della “Commissione per il monitoraggio e l’eliminazione
della contenzione fisica e farmacologica e delle cattive pratiche
assistenziali, vecchie e nuove” nonché docente
al corso di laurea in infermieristica all’Università
degli Studi di Trieste. Il suo viaggio, da Trieste a Vallo,
ha coperto centinaia di chilometri ma mai avrebbe pensato,
la Dott.ssa Bicego, di ritornare indietro nel tempo
di centinaia di anni. All’uscita dall’aula,
con la consueta gentilezza, la Bicego ha accettato di rilasciare,
alle reti UNOTV di Sala Consilina e SET di Vallo della Lucania,
un’intervista che può essere ascoltata su You
Tube al seguente lnk: (PROCESSO MASTROGIOVANNI – 28-2-2012-
LIVIA BICEGO.wmv.) e di cui riportiamo solo la prima domanda
e la conseguente risposta:
Giornalista: È la prima volta che lei assiste
all’udienza del processo Mastrogiovanni, è autrice
di libri sulla contenzione e dirigente del dipartimento di
Trieste sulla salute mentale, qual è la prima impressione
che ha avuto all’uscita da questa udienza?
Bicego: Beh io conoscevo i fatti perché il
mio lavoro mi ha portato, purtroppo, a conoscere i fatti già
da parecchi anni. Però è una cosa diversa toccare
con mano l’arroganza e la presunzione che viene sostenuta
in alcune pagine dei consulenti e questa, penso, sia la cosa
più drammatica forse perché è una delle
immagini, in televisione, molto forti dell’ignoranza
anche che c’è sui termini dei diritti e delle
cure possibili per persone che hanno problemi di salute mentale
oggi.
Basaglia
addio
Per una specialista in materia, come la Dott.ssa Bicego,
deve essere stato veramente insopportabile ascoltare alcune
dichiarazioni tipo: “la contenzione è un
atto medico indispensabile” oppure “è
meglio non esaminare i dettagli della questione altrimenti
non ci raccapezziamo più nulla!” rilasciati,
nel corso dell’udienza del 28 febbraio, rispettivamente
da una psichiatra e da un medico legale. Ancora più
triste è stato dover constatare i numerosi atti di
resa consumati, dalla istituzione sanitaria di Vallo della
Lucania, nei quattro giorni di passione di Francesco Mastrogiovanni,
incapace di stabilire un rapporto umanamente accettabile con
i pazienti contenuti in quelle stanze sostituendo la “cura
delle parole” tanto cara a Freud, con la contenzione,
la tortura, l’incuria e l’indifferenza.
Scienza,
coscienza e latitudini
Il Prof. Paolo Arbarello, ordinario di Medicina legale all’Università
La Sapienza di Roma, a difesa degli infermieri Minghetti e
Scarano, ha sostenuto che i due operatori sanitari hanno lavorato
in turni molto distanti dall’ora della morte di Mastrogiovanni
e, ha aggiunto, gli infermieri non potevano né interrompere
né confermare la contenzione. A seguito delle puntuali
contestazioni dell’avv. Bartolo De Vita, (legale dell’Asl)
Arbarello ha riconosciuto che gli infermieri avrebbero dovuto
chiedere ai medici di annotare la contenzione nella cartella
clinica e a giustificazione del mancato controllo notturno
ha affermato che, durante la notte, non bisogna assolutamente
disturbare il paziente. Il docente romano è stato consulente
anche per il caso Cucchi e le sue osservazioni hanno suscitato,
come sottolineato da Radio Città Aperta di Roma, molte
polemiche. Il “Comitato verità e giustizia per
Franco” ha rilevato che le sue affermazioni, sul caso
Cucchi, sono in contrasto con quanto affermato nell’aula
del Tribunale di Vallo della Lucania quasi che le opinioni
scientifiche possano essere modificate a seconda delle latitudini.
Mastrogiovanni
come Cossiga
“Francesco Mastrogiovanni aveva esattamente lo stesso
disturbo mentale di Francesco Cossiga, che è stato
eletto Presidente della Repubblica. Questi uomini hanno una
marcia in più rispetto agli altri. Solo che uno è
diventato presidente della Repubblica e l’altro è
stato ammazzato nel reparto di psichiatria dell’ospedale
San Luca di Vallo della Lucania. Certo, destini e storie diverse,
politiche ed umane, ma accomunati dallo stesso male”.
Nessuno aveva pensato di paragonare Mastrogiovanni a Cossiga
e a farlo, con grande onestà umana e professionale,
è stato il Prof. Francesco Fiore, ordinario di psichiatria
all’Università Federico II di Napoli, consulente
della difesa di uno dei medici imputati nel corso dell’udienza
del 13 marzo. Il Prof. Fiore ha aggiunto che: “Il
Mastrogiovanni era persona intelligente, solare, libertario,
uomo libero. La sua contenzione la considero un errore, la
contenzione è da riservare a casi estremi, è
una pratica non ammissibile e non accettabile. Al paziente
deve essere evitata la contenzione, perché lo psichiatra
dovrebbe essere un promotore della libertà!”.
E ha riconosciuto: “Fuggire a chi ti vuol togliere
la libertà non è essere aggressivo. Ho immaginato
Mastrogiovanni e mi sono informato. Era un insegnante di pregio,
ottima persona, insegnava con profitto, era amato dagli alunni,
aveva una personalità determinata e forte. La sua visione
del mondo mi affascina, era per la libertà”.
È un bel tributo alla vita e al’opera di Franco
Mastrogiovanni ancora piu’ importante se si pensa che,
a pronunziarlo è stato un consulente medico della parte
avversa. Il Prof. Fiore ha, inoltre, aggiunto che i famigliari
andavano contattati, atto umanitario che è stato impedito
alla nipote Grazia Serra che si era recata al “San Luca”
per accertarsi delle condizioni dello zio. L’altro consulente
che ha deposto è stato il Dott. Giuseppe Consalvo,
medico legale che ha contestato i risultati dell’autopsia
eseguita dai consulenti del PM, dott.ri Maiese e Ortano sostenendo
che il paziente non è morto per edema polmonare, ma
per morte improvvisa. Ha inoltre contestato l’orario
e la causa del decesso. Contro ogni evidenza ha affermato
che le fasce di contenzione erano blande e che permettevano
al paziente di muoversi. Infine ha ribadito che la contenzione
è un atto medico, che è stata fatta per impedire
al paziente di cadere e che, comunque, andava annotata in
cartella.
Orfani
della pubblica accusa
Nel corso delle deposizioni il PM Dr. Renato Martuscelli,
ancora una volta, non ha rivolto alcuna domanda ai consulenti
e l’avv. Michele Capano, che ha rappresentato l’Unasam
(in sostituzione dell’avv. Valentina Restaino), lo ha
fatto rilevare subito dopo l’udienza del 13
marzo, nel corso di un’intervista rilasciata
ai giornalisti di alcune emittenti locali dichiarando: “è
un processo innanzitutto anomalo perché siamo orfani
della pubblica accusa” di norma, ha aggiunto il
legale, “quando c’è il consulente tecnico
della difesa il PM che dovrebbe sostenere la responsabilità
penale degli imputati in questo processo, tenta di contestare
contraddizioni ed effettuare approfondimenti”.
L’avvocato Capano che è anche un esponente dal
Partito Radicale ha confermato l’interesse del suo partito
a seguire fino alla fine il processo Mastrogiovanni e lottare
per colmare la lacuna esistente nel codice penale italiano
che non prevede, nonostante l’Italia abbia aderito ad
una convenzione internazionale, il reato di tortura. La Presidente
del Tribunale, dr.ssa Elisabetta Garzo, ha fissato le prossime
udienze nei giorni 27 marzo e 10 aprile.