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Questa rivista è in qualche modo figlia di piazza Fontana.
Il primo numero di “A” è uscito nel febbraio
1971, con alle spalle una sua brava gestazione – più
o meno – di nove mesi. Non ricordiamo la data esatta né
il luogo, ma fu concepita – questo lo ricordiamo bene
– nel corso dei primi mesi del 1970, nel pieno della campagna
di mobilitazione e di contro-informazione che – logicamente
– ebbe il suo fulcro nazionale (e, in qualche misura,
anche internazionale) qui a Milano, la città nel cui
cuore il 12 dicembre 1969 la strage alla Banca dell’Agricoltura
segnò una svolta storica. A distanza di quasi 43 anni,
quei fatti mantengono il loro valore paradigmatico della criminalità
del Potere.
Lo dimostrano anche le polemiche che sono seguite all’uscita
del filmato, del regista Marco Tullio Giordana, Romanzo
di una strage, in merito al quale pubblichiamo l’opinione
di due anarchici che nel 1969 erano – con Pino Pinelli
– militanti del gruppo anarchico “Bandiera Nera”
e del Circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa” e
che 43 anni dopo sono ancora dei nostri. Aldilà dei diversi
giudizi sul film, sugli attori, sul mix tra storia e fantasia
e su tante altre cose, ci preme qui sottolineare l’assurdità
e l’assoluta inconsistenza della tesi delle due bombe
(quella anarchica “dimostrativa” e quella “stragista”
dei servizi segreti), tesi ripresa nel finale del film dal libro
che sta a monte e cioè Il segreto di Piazza Fontana
di Paolo Cucchiarelli.
Nel corso dei decenni abbiamo considerato tra i nostri “compiti”
quello di ribadire la verità su quei fatti sempre più
lontani nel tempo, sintetizzata nei tre slogan affermati nella
conferenza-stampa al Circolo anarchico “Ponte della Ghisolfa”
il 17 dicembre 1969: Pinelli assassinato, Valpreda innocente,
la strage è di Stato.
Ci piace chiudere queste note riportando il testo di un volantino
(dal titolo “Quella strage non fu un romanzo”),
firmato da Individualità anarchiche, Gruppo Anarchico
“Alfonso Failla” – FAI Palermo, distribuito
nel capoluogo siciliano di fronte al cinema in cui si proiettava
il film di Giordana:
La memoria dei
fatti di piazza Fontana dovrebbe essere un patrimonio collettivo
ben piantato nelle teste e nei cuori di tutti gli italiani.
Eppure, soprattutto tra i più giovani, la conoscenza
delle circostanze legate all’orribile strage del 12
dicembre 1969 non è assolutamente scontata.
Dietro a questa inconsapevolezza non ci sono soltanto i depistaggi
e le tante menzogne che per anni hanno garantito l’impunità
dei massacratori e dei loro complici, ma ci sono anche i vecchi
e nuovi revisionismi della storia, le speculazioni di chi
confonde l’opinione pubblica per promuovere una irrispettosa
“pacificazione” tra vittime e carnefici.
Quella di piazza Fontana fu una strage di stato. L’estrema
destra fascista, con la regia dei servizi segreti italiani
e americani, massacrò 17 persone e ne ferì 88.
Si trattò del primo grande attentato terroristico (già
preceduto da altre provocazioni simili) che inaugurò
la strategia della tensione. In un momento di grande effervescenza
della società italiana (si pensi alle proteste studentesche,
alle lotte dei lavoratori, al profondo cambiamento culturale
del paese), la risposta dello stato doveva essere durissima
e spietata: creare un evento traumatico per terrorizzare l’opinione
pubblica, trovare un capro espiatorio, criminalizzare l’opposizione
sociale e soffocare le lotte di emancipazione attraverso una
svolta autoritaria.
Per questa strage furono subito incolpati gli anarchici. Giuseppe
Pinelli, un compagno anarchico che di lavoro faceva il ferroviere,
fu interrogato per tre giorni di seguito su disposizione del
commissario Luigi Calabresi. La sera del 15 dicembre veniva
scaraventato dalla finestra dell’ufficio di Calabresi,
al quarto piano della questura di Milano. La polizia si affrettò
a precisare, con una serie di palesi bugie, che si era trattato
di un suicidio dettato dal rimorso. E invece, Pinelli era
innocente, e gli anarchici con quella bomba non avevano proprio
niente a che fare.
La campagna di controinformazione promossa dagli anarchici,
dalla sinistra extraparlamentare e da autorevoli figure della
cultura e del giornalismo del nostro paese riuscì a
stabilire la realtà dei fatti: la bomba l’avevano
messa i fascisti per conto dello stato. Dopo un drammatico
calvario processuale, l’anarchico Pietro Valpreda –
accusato di aver piazzato la bomba – fu assolto.
Anche se, dopo quarantadue anni, i veri colpevoli sono rimasti
impuniti (perché difficilmente lo stato condanna se
stesso), in numerose sentenze sono più volte emerse
le chiare responsabilità e le oggettive complicità
degli apparati dello stato e della manovalanza neonazista.
Questa è la storia della strage di stato, e non ce
ne sono altre. Una storia dannatamente vera.
la Redazione di “A”
Il
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Il nostro
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Sommario: Luciano Lanza, Quel
distratto silenzio / avvocati Marcello Gentili, Bianca
Guidetti Serra e Carlo Smuraglia, Assassinio? No:
malore attivo / Paolo Finzi, L’anarchico
defenestrato / Piero Scaramucci, Pino? In prima
persona, come al solito / Franco Fortini, I funerali
di Pinelli / Cronologia dal 1969 al 2005.
Il dossier costa 1,00 euro. Almeno 20 copie (anche di
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