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L’indimenticabile Umberto Marzocchi

di Pietro Ferrua

Firenze 1900-Savona 1986: una lunga vita tutta dedicata all’impegno militante nel movimento anarchico (e in particolare nella Federazione Anarchica Italiana).
Conferenziere, organizzatore sindacale, forte della sua esperienza antifascista, del volontariato in Spagna nel ‘36, del partigianato nel maquis francese. E a più di 70 anni nelle carceri franchiste.

Umberto Marzocchi

Il primo incontro con lui avvenne nell’immediato dopoguerra. Di fama, lo conoscevamo prima che venisse a San Remo per la prima volta perché lo avevano preceduto le descrizioni elogiose di quei compagni che con lui erano già stati in contatto.
A noi giovani piacque molto. Intanto perché era ottimo oratore: si esprimeva in un italiano forbito - senza essere affettato- e privo di intonazioni dialettali. Era dotato di una solida cultura politica e nessuna domanda gli era mai parsa inopportuna né l’aveva mai messo in imbarazzo. Vestiva accuratamente e anche questo ci faceva piacere perché non volevamo ripercuotere nel pubblico l’immagine dell’anarchico scalmanato e zazzeruto. Non era affatto istrione e anche questo lo apprezzavamo perché ci davano fastidio gli oratori che si appoggiavano su delle pause strategiche o puntavano sulle smorfie per ottenere un effetto teatrale. Emanava inoltre una certa virilità, ciò a cui le ragazze erano assai sensibili e che inorgogliva noi ragazzi. Anche se alcune di queste osservazioni possono parer frivole e portano su aspetti esteriori, sono rivelatrici di un grand’equilibrio psichico e di una forza morale non comune.
Praticava e proponeva subito il tu ed era di un approccio spontaneo, facile, piacevole ed immediato.
A tutti rivolgeva domande - sulle loro letture predilette, ad esempio - e di tutti imparava il nome con gran facilità.
Non ricordo se si fosse già stabilito a Savona, reduce dalle avventure franco-spagnole, anche se d’origine mi pare fosse piuttosto toscano,comunque percorreva frequentemente la nostra regione e conosceva la maggior parte dei gruppi e dei compagni. Mi informò che ero l’anarchico piú giovane della Liguria ed ebbi presto modo di confermarlo quando cominciai ad assistere a convegni provinciali e regionali.
Era assiduo collaboratore del settimanale della Federazione Comunista Libertaria Lombarda. Con Mario Mantovani, redattore de Il Libertario, condivideva parecchie idee, fra le quali certe prese di posizione sull’anarcosindacalismo sulle quali, ad onor del vero, non tutti erano d’accordo. Non tanto noi di San Remo, data l’assenza di attività industriali e di sezioni sindacali forti ed attive, ma a Genova, ove la tradizione operaia risaliva al secolo scorso, oppure a livello nazionale.
Sul problema sindacale, il movimento anarchico italiano era diviso in almeno quattro posizioni divergenti: c’era chi voleva ridar vita all’USI, di gloriosa memoria (e lo fece, anche se con scarso successo); chi preferiva che gli anarchici entrassero in massa nella CGIL e cercassero di farvi pesare la nostra influenza (questa la scelta di Marzocchi e Mantovani, fra gli altri); chi, temendo (e con ragione, perché è poi realmente avvenuto) che la CGIL avrebbe progressivamente fagocitato la frangia del sindacalismo rivoluzionario e che l’USI sarebbe rimasta una sopravvivenza storico-morale con poca o punta incidenza sulla realtà quotidiana del mondo del lavoro e non sarebbe mai tornata agli antichi splendori (e successe proprio cosí) fondò i Comitati di Azione Sindacale; e, infine, chi riteneva che bisognasse aspettare che la piega degli avvenimenti ci suggerisse la strada piú razionale da scegliere.

Nel 1951 rifiutai il servizio militare

Comunque sia, nel suo operato sindacale in seno alla CGIL si è sempre comportato da rivoluzionario e non da riformista ed è stato ammirato da molti non anarchici appartenenti alla base dei partiti della sinistra parlamentare.
Un’altra iniziativa di Marzocchi, riguardava l’organizzazione della lotta antifranchista. Era stato volontario durante la Rivoluzione Spagnola e non si dava pace che Franco tiranneggiasse ancora la Spagna. Concepí la creazione di una colonna di volontari per debellare il franchismo. In un mio libro recente menzionai l’adesione di oltre centomila uomini. Un mio quasi coetaneo mi ha fatto osservare che forse ero stato troppo generoso ed ottimista e avevo probabilmente aggiunto uno zero. Può darsi benissimo ch’io mi sia sbagliato per eccesso di entusiasmo o brutto scherzo della memoria, ma son certo che nelle carte di Marzocchi (conservava anche i ritagli di trafiletti apparsi sui giornali quotidiani) si deve poter trovare una risposta accurata. Certamente non avrebbe potuto trovare centomila volontari anarchici, ma io non avevo affermato che fossero tutti militanti nostri e la questione spagnola era viva allora per tutta la sinistra. Se, però, ho avuto torto, farò ammenda onorevole.
Nel 1950 rifiutai il servizio militare e persi ogni contatto con Marzocchi. Seppi però che aveva fatto l’apologia del mio gesto in varî comizi antimilitaristi di quell’epoca. Fra il giugno 1951 e il 25 aprile del 1954 e cioè dopo la mia scarcerazione da Gaeta e prima del mio espatrio in Svizzera, vissi clandestinamente in Italia, protetto dal Comitato Pro Vittime Politiche della FAI, e incontrai forse Marzocchi un paio di volte. Mi riferí di avere ospitato a casa sua, un altro compagno anarchico da lui conosciuto giovane a San Remo, Angelo Nurra, disertore, divenuto poi obiettore di coscienza, sulle mie orme e su quelle di Libereso Guglielmi (di cui occupava allora il posto da giardiniere del Centro Sperimentale di Floricultura e Frutticultura, aiutante del Prof. Mario Calvino, nostro simpatizzante e padre del famoso scrittore Italo). Per aiutare un compagno nei guai, Marzocchi non ha mai avuto paura di violare le leggi.
Durante gli otto anni trascorsi in Isvizzera – fra il mio arrivo clandestino e la mia espulsione – forse trascurai la corrispondenza con Marzocchi, assorbito com’ero dai problemi locali, ma ogni tanto ci scambiavamo notizie e saluti tramite compagni in viaggio, ad esempio, Mario Mantovani che venne per un convegno regionale franco-italo-elevetico. Quando si tenne a Ginevra un altro convegno, europeo ma clandestino, per discutere la nostra posizione nei riguardi del Fronte Nazionale di Liberazione algerino e si emise un comunicato collettivo pensai subito di mandarlo al Libertario di Milano tramite Marzocchi. Se scelsi lui fu soprattutto perché l’invio doveva rimanere anonimo e sapevo che lui avrebbe capito perché non doveva rimaner traccia del testo. A nostra insaputa, il settimanale della Federazione milanese, era diventato mensile e poi aveva cessato le pubblicazioni proprio in quelle settimane. Marzocchi ebbe però l’accortezza di farlo pubblicare su Umanità Nova o su L’Internazionale di Ancona.Le nostre precauzioni erano state rese necessarie dalla presenza minacciosa in Svizzera di emissari dell’OAS, che riuscivano a controllare le attività sovversive di molte organizzazioni francesi e straniere (grazie anche a complicità con la polizia politica elvetica), meno quelle degli anarchici.
Per molti di noi, comunque, le precauzioni non furono sufficienti, perché per queste e altre ragioni una quindicina di militanti nostri (io compreso) venimmo espulsi. Partii per il Brasile e con Marzocchi ci si perse di vista.
Me lo ritrovai, inaspettatamente in casa, a Nizza, nel 1974, reduce da un arresto in Spagna. Era ospite del compagno Isaac Barba (militante prezioso scomparso molto giovane al quale eravamo entrambi molto legati) che gli riferí della mia presenza in Francia e gli chiese se mi conoscesse.”Certo! Altroché!” rispose con entusiasmo e mi volle vedere subito, malgrado la stanchezza del viaggio (fece appena un pisolino in poltrona, quel pomeriggio). Era arrivato assieme a Ramón Liarte e trascorremmo ore a rivangare il passato e a colmare le lacune di anni di separazione.
Gli presentai mio figlio, a cui disse di avermi conosciuto alla stessa età (quindici anni non ancora compiuti) e ci stupí tutti ricordandomi la risposta che gli diedi quando mi chiese quale fosse il mio autore prediletto (erano passati trent’anni circa) menzionando Mario Mariani (che lui aveva conosciuto ma su cui nutriva non poche riserve). Io l’avevo del tutto dimenticato, lui no. Questo si chiama avere una memoria di elefante. Detta qualità, d’altronde, è stata forse il suo asso nella manica nelle conferenze col contradditorio (come si usava negli anni ’40) perché nessuno lo aveva mai colto in fallo né soltanto messo in imbarazzo per via di un nome o di una data incerti.
Dal 1974 sino alla sua morte non persi più di vista Marzocchi: ci scrivevamo, andavo a trovarlo d’estate quando venivo regolarmente in Europa a visitare i miei genitori, collaboravo alle sue iniziative e lui alle mie.
Ricordo la prima volta che mi presentò alla sua nipotina Tiziana: anche lei non aveva ancora compiuto i quindici anni. Mi disse: vedrai, diventerà un’ottima militante a contatto con noi. Chissà come sarebbe felice se la vedesse rientrare a Savona in treno, alle ore piccole, proveniente da una riunione anarchica tenutasi in altra regione, come succedeva spesso a lui (a quell’epoca non circolavano molte automobili nei nostri ambienti)!

Cimitero di Carrara:
commemorazione pubblica
di Giuseppe Pinelli
la cui salma è ivi trasferita
dal cimitero Maggiore di Milano
alla scadenza decennale
del loculo(fine anni Settanta)

Una concezione dell’anarchismo originale

Negli anni ’70 e ’80 si occupava del Bollettino Interno della FAI come pure di quello internazionale, assieme al compagno bulgaro Georgev di Parigi. Gli mandavo dei comunicati sul Movimento Libertario Brasiliano (aderente all’IFA) di cui ero rappresentante in esilio. Ma mi chiese anche altri articoli e comunicati.
Quando organizzai il Primo Simposio Internazionale dell’Anarchismo a Portland nel 1980, fu lui a mettermi in contatto con lo scrittore Carlo Cassola (che associai all’iniziativa), avvicinatosi all’anarchismo soprattutto grazie a Marzocchi.
Era instancabile e parecchie furono le iniziative a cui mi domandò di collaborare.
Spero che qualcuno pensi a riunire i suoi scritti sparsi, tenendo conto anche dei numerosi comunicati da lui diramati, spesso non firmati, a nome del sindacato, dell’IFA, della FAI, e di tante altre organizzazioni da lui fondate o caldeggiate. Anche le numerosissime lettere da lui scritte andrebbero raccolte perché sempre dense di notizie e dati precisi, di proposte e iniziative.Insomma, che nulla vada perso. Anche perché in un certo qual senso Marzocchi ha fatto scuola: rappresentava una concezione dell’anarchismo assai originale (e ci sarebbero anche i suoi testi sul gradualismo rivoluzionario da analizzare), basata su valori nel contempo umanistici ed umanitari, del dialogo continuo ed educato con gli avversari politici, della presenza costante nel vivo delle lotte, sulla necessità di organizzare il lavoro piú che gli uomini, sulla diffusione instancabile delle nostre idee in qualsiasi circostanza e compagnia (non cercò forse di fare del proselitismo anche coi suoi carcerieri barcellonesi?).
Questo (e , forse, altro) avrei almeno detto se fossi stato presente a Savona. Ma non ce n’è bisogno. Marzocchi è già con me, in me.

Pietro Ferrua

Giorgio Sacchetti,
SENZA FRONTIERE.
Pensiero ed azione dell’anarchico Umberto Marzocchi (1900-1986)
,
pagg. 576+16 di fotografie,
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Con la sua compagna di vita,
Elvira Angella (4 aprile 1922)

Una vita per l’anarchia (e la FAI):

In settant’anni di militanza libertaria Umberto Marzocchi (1900-1986) ha attraversato il secolo “breve” in molti dei suoi punti cruciali. Guerre e rivoluzioni tradite nella vecchia Europa, ma anche grandi speranze hanno contribuito ad alimentare il fuoco dell’idea socialista anarchica, dal Biennio Rosso al Sessantotto. La sua vita è contrassegnata da straordinarie esperienze: attivista sindacale nell’USI a 17 anni, Ardito del Popolo, combattente in Spagna e nel maquis francese, esponente della Federazione Anarchica Italiana (FAI) nel dopoguerra, dirigente nazionale di associazioni antifasciste e della CGIL, promotore con Carlo Cassola della Lega
per il Disarmo unilaterale, tra i fondatori nel 1968 dell’Internazionale di Federazioni
Anarchiche (IFA).

Umberto Marzocchi, alcune immagini tratte da libro Senza frontiere

In Spagna (1936)

Bruxelles (Belgio) - agosto 1958: Umberto relaziona
sul congresso internazionale
anarchico tenutosi a Londra dal 25 luglio al 1°
agosto 1958. In primo piano con la pipa
in bocca, Hem Day (Marcel Dieu). Il terzultimo da
sinistra, seduto è Corrado Perissino

Manifestazione per la libertà della Spagna
(Livorno 26 aprile 1964). Umberto è tra il dirigente
comunista Giorgio Amendola (alla sua destra)
e il poeta spagnolo Marcos Aña

Con Tommaso Serra e Remo Tartari (in piedi)
alla tribuna del congresso della FAI (Carrara 1978)

Riunione per “Umanità Nova”
in casa Borghi;
da destra Marzocchi, Mantovani,
Borghi, “La Signorina”, Di Rosa,
Catina, prof. Ruberti
(primi anni Sessanta)

Riunione della Lega per il disarmo unilaterale.
Umberto è tra Alfredo (in piedi) e Ugo Mazzucchelli.
Il quarto da sinistra è Carlo Cassola
(fine anni Settanta)