Il cinema ai tempi del
capitalismo selvaggio
In un’economia capitalistica come la
nostra, un film, in quanto produzione intellettuale, ha tutti
i requisiti per essere una opera d’arte, ma
è necessariamente nello stesso momento anche una
merce a causa delle diverse operazioni industriali e
commerciali richieste dalla sua produzione e dal suo consumo.
L’utilità di un oggetto gli conferisce il suo
valore d’uso, ma se questo oggetto è prodotto
in partenza per lo scambio, esso è merce: e la destinazione
naturale di una merce è il consumo. Un film è
dunque contemporaneamente un valore d’uso per
lo spettatore e un valore di scambio per il produttore.
Il prezzo di vendita, di conseguenza, deve essere superiore
al prezzo di costo di quel tanto che costituisce il plusvalore.
Questa possibilità di reddito è considerata
indispensabile, si tratti di prodotti consumabili, d’oggetti
materiali o di beni immateriali. In altri termini un bisogno
reale, per essere soddisfatto, deve accompagnarsi al potere
d’acquisto corrispondente; è per questo che la
tendenza verso il progresso si è ben presto concentrata
sulle sole invenzioni redditizie. La ricerca delle possibilità
di massimo guadagno può, d’altra parte, entrare
in contrasto con l’interesse dei consumatori nel caso
in cui si consideri solo il valore di scambio senza preoccuparsi
di fornire al valore d’uso un sufficiente grado di qualità.
La tecnica del cinema, le forme assunte dal suo sfruttamento
e lo stesso contenuto intellettuale delle sue produzioni sono
il riflesso dell’epoca in cui esso è nato e si
è sviluppato: il film è per sua natura un prodotto
del grande capitalismo; fin dal suo inizio fu sfruttato commercialmente,
anche contro le intenzioni e il gradimento dei suoi inventori.
(In origine, i creatori del cinema pensavano che il cinematografo
avrebbe dovuto avere una utilizzazione esclusivamente scientifica).
Le possibilità di successo, la popolarità e
perfino le possibilità d’esistenza dell’industria
cinematografica stanno nell’adattabilità del
contenuto dei film ai pensieri, alle concezioni e ai desideri
dominanti nella società attuale.
Ecco quindi che il cinema di fronte al suo grande successo
commerciale sdoppia la sua natura. Da una parte il cinema
come forma d’arte, dall’altra come prodotto di
puro intrattenimento, che nasconde comunque precisi messaggi.
Per la classe dirigente (al contrario degli autori) il cinema
è una garanzia di stabilità, in quanto esso
maschera o neutralizza, occupando l’immaginazione, le
contraddizioni della struttura capitalistica. Per il pubblico
è un mezzo d’evasione, un evento collettivo che
supplisce alle insoddisfazioni materiali, fornendo una facile
via di fuga da pensieri e preoccupazioni.
In questo regime di capitalismo selvaggio, i primi consumatori
di film dapprima provenivano dagli strati delle popolazioni
urbane con redditi scarsi o medi. Poi si è allargato
ad ogni fascia sociale. Il successo del cinema fu immediato
ed esponenziale. Ciò si è verificato perchè
quando l’evoluzione sociale consentì una graduale
diminuzione dei tempi di lavoro e quindi un aumento di tempo
libero dedicato agli svaghi, il pubblico nelle sale aumentò.
Con il suo sviluppo l’industria del cinema raggiunse
anche i ceti rurali, che con il passare del tempo, tesero
sempre più a identificarsi con le popolazioni urbane.
I bisogni d’immaginazione di questo pubblico nascono
da un genere di vita standardizzato il quale non lascia più
che un piccolo posto alle aspirazioni individuali: essi erano
e sono gli stessi di una grande quantità di uomini.
È dunque ad un consumo di massa che il film
deve rispondere, il che porta ad una produzione di massa.
“La produzione non si limita a rispondere ad un bisogno
con la forniture d’un materiale appropriato; essa crea
con tale materiale, dei nuovi bisogni” (Marx). La modica
somma rappresentata dal prezzo di ogni atto di consumo, il
minimo sforzo intellettuale che esso richiede, rendono possibile
un aumento continuo della clientela. I bisogni di questi consumatori
d’altronde, hanno subito alcune trasformazioni: all’origine
era la fotografia animata, in quanto tale, che attirava il
pubblico; poi l’interesse si spostò verso il
contenuto del film.
Il cinema è un ramo dell’economia privo di tradizione:
si è sviluppato talvolta in modo autonomo, talvolta
copiando la sua organizzazione da altri rami. In un tempo
brevissimo questa industria si è servita di quasi tutte
le forme capitalistiche nate prima di essa, dall’impresa
personale fino al trust. I grandissimi fattori di rischio
ch’essa comporta e gli accorgimenti presi per diminuirli
o sopprimerli danno alla sua produzione, alla sua distribuzione
e al suo sfruttamento un carattere particolarissimo e unico.