antifascismo
Un altro genere di arditismo
di Marco Rossi
Gli Arditi del Popolo?
Un'esperienza storica molto interessante, di cui ci siamo
occupati anche recentemente.
Questa volta parliamo delle donne sulle barricate antifasciste.
I fascisti sanno di nulla rischiare…
e sono tanto più feroci quanto
più sono vili;
e tanto più vili quanto più si accorgono
che gli attaccati minacciano di risorgere.
(Virgilia D'Andrea)
È alquanto noto l'atto
di nascita del movimento fascista, con la riunione in Piazza
S. Sepolcro a Milano il 23 marzo 1919. Tra i circa centoventi
partecipanti, di eterogenea provenienza politica, venne
segnalata la presenza di appena nove donne, ma nonostante
questo nel Programma dei Fasci di combattimento fu inserito
l'obiettivo del suffragio universale “anche per le
donne” (1).
In realtà, tale attenzione nei confronti di potenziali elettrici,
si ridusse alla fondazione, pressoché simbolica, dei Fasci
femminili e quando questi accennarono ad assumere caratteri
autonomi furono sciolti d'autorità dal Comitato centrale
dei Fasci. La stessa Ines Donati, poi celebrata come indomita
avanguardista del primo fascismo, fu mal sopportata dai
dirigenti maschi a causa della sua irrequietezza. Inoltre
il fascismo avrebbe al contrario propagandato e imposto,
al fine di penetrare nel mondo del lavoro e raccogliere
consensi operai, il licenziamento della manodopera femminile
nelle fabbriche e negli uffici per risolvere il problema
della disoccupazione a favore degli ex-combattenti e dei
proletari di sesso maschile.
Una volta al potere venne pure rinnegata la promessa del
suffragio; infatti, il 14 novembre 1922, Mussolini dichiarò
al «Journal» di Parigi: “Non darò il voto alle donne.
È inutile. In Germania e in Inghilterra le elettrici votano
per gli uomini”. Nel 1923, di conseguenza, venne riconosciuto
tale diritto in modo così limitato da apparire farsesco:
le donne facenti parte delle categorie “prescelte”
furono poco più di un milione, su oltre 12 milioni, e potevano
recarsi alle urne solo nelle consultazioni amministrative
(2).
In seguito, Mussolini avrebbe connotato il regime in senso
pesantemente familista e sessista tanto che, nel 1933, «Critica
Fascista» avrebbe sentenziato “Resta provato essere
il femminismo esagerato nient'altro che del chiaro e preciso
antifascismo”.
Ma tornando agli esordi va sottolineato che il vero volto
del fascismo “diciannovista” si palesò subito
nella sua essenza controrivoluzionaria, antiproletaria ed
anche maschilista: basti ricordare che la prima vittima
della violenza “tricolorata” fu un'operaia sovversiva,
di nome Teresa Galli, in quello che lo stesso Mussolini
ebbe a definire come “il primo episodio della guerra
civile”.
Le Ardite Rosse di Trieste
A Milano, il 13 aprile 1919, durante una manifestazione
socialista, a seguito dell'intervento della polizia si erano
verificati gravi disordini in via Corsieri culminati con
l'uccisione di un dimostrante e il ferimento di molti altri.
Due giorni dopo, i socialisti e la Camera del Lavoro proclamarono
uno sciopero generale tenendo un nuovo, imponente, comizio
all'Arena per protestare contro la repressione poliziesca.
Alle ore 16 circa, come ebbe a ricostruire Gaetano Salvemini:
“Dopo che il comizio socialista si era sciolto, una
parte della folla che ostentava bandiere rosse e nere e
ritratti di Lenin e dell'anarchico Malatesta, si mise in
marcia verso il centro della città. È chiaro che gli spartachisti
e gli anarchici si erano messi d'accordo per organizzare
una dimostrazione senza il concorso dei socialisti di destra
e dei massimalisti”. Prima che il corteo, non-autorizzato
e “incordonato” per quattro, raggiungesse Piazza
Duomo venne attaccato tra via Mercanti e via Dante.
Gli aggressori erano circa 3-400 tra arditi-futuristi (una
quarantina), ufficiali studenti del Politecnico oltre ad
aderenti alle varie associazioni tricolori; dopo essersi
riuniti presso la redazione de «Il Popolo d'Italia» in via
Paolo da Cannobio armandosi di mazze ferrate, pugnali, pistole
e bombe a mano, sotto la guida di Vecchi e Marinetti affluirono
verso il centro cercando lo scontro, non impedito dai carabinieri
e dai militari in servizio d'ordine pubblico. In questo
frangente, oltre a vari feriti, rimase uccisa la diciannovenne
Teresa Galli. Alle 17,30 circa dal teatro degli incidenti
il gruppo in cui dominava il grigioverde anche se ingrossato
da borghesi esaltati, con a capo Vecchi e altri ex-ufficiali
si diresse alla sede del quotidiano socialista in via San
Damiano assaltandola. Dalle finestre della redazione si
rispose con rivoltellate; ma la difesa durò poco e, penetrati
nella sede del giornale, gli attaccanti distrussero e incendiarono
tutto. Alla fine della drammatica giornata il bilancio fu
di quattro morti (la giovane operaia, un soldato di guardia
e due socialisti, Pietro Bagni e Giuseppe Lucioni) e di
trentanove feriti.
Da allora sino alla Marcia su Roma, nel corso delle sue
spedizioni punitive, il fascismo uccise non meno di quaranta
donne che, in vario modo, si erano opposte agli squadristi
oppure rimaste vittime occasionali delle loro pratiche terroristiche.
Si tratta senz'altro di un capitolo ancora tutto da scrivere,
ma di cui si possono individuare alcune tracce interessanti,
anche se i rapporti di polizia e le stesse memorie antifasciste,
comunque redatte da uomini, hanno finito per oscurare o
minimizzare questa resistenza sommersa (3).
Semisconosciuto, ad esempio, il raggruppamento delle Ardite
rosse, segnalato dagli organi di polizia a Trieste come
struttura “al femminile” collaterale a quella
dei più noti Arditi rossi e consistente in una ventina di
aderenti socialcomuniste (4).
Questa esperienza, per quanto limitata, assume comunque
il valore dell'eccezione in un panorama declinato al maschile
in modo quasi totale, se si eccettua la presenza di alcune
donne, rilevata in un registro sequestrato dalla polizia
a Torino, nell'elenco nominativo degli aderenti alla locale
sezione degli Arditi del Popolo.
Circostanza questa del tutto insolita se si considera che
l'organizzazione ardito-popolare non prevedeva l'inquadramento
per le donne, per questo appare non meno significativo il
fatto che il 15 ottobre 1922 a Roma, l'anarchica Elena Melli
sostituì Errico Malatesta, indisposto per motivi di salute,
in occasione di un'assemblea degli Arditi del Popolo del
quartiere S. Lorenzo.
I fascisti, da parte loro, pur avendo nella struttura del
partito una componente femminile, mostrarono stupore ogni
volta che si trovarono di fronte delle nemiche invece che
dei nemici. Uno squadrista napoletano, nel suo diario, annotò
turbato: “accorsero dalla strada le donne armate di
sassi, e gridando come ossesse si scagliarono contro di
noi. Stranissime donne. Sembravano arpie” (5).
Non più madri accoglienti, ma donne disumanizzate e senza
pietà, come quella sovversiva che, secondo il martirologio
fascista, nel maggio 1921 a Soave Mantovano avrebbe finito
uno squadrista “spaccandogli il cranio con un randello”
o come la popolana che, nel luglio 1921 a Sarzana, avrebbe
infierito con un forcone su un fascista ferito.
Anche
le donne socialiste
Per la loro opposizione al fascismo molte donne subirono
la punizione dell'olio di ricino, come riportato da E. Lussu,
od altre umiliazioni quali il viso sporcato col nerofumo;
ma in numerosi casi costò loro la morte ed anche peggio
(6).
Tra il 1919 e il 1922 si verificarono situazioni che videro
le antifasciste non soltanto vittime ma anche protagoniste
degli scontri, in quanto militanti delle organizzazioni
di sinistra o del movimento fiumano, ma soprattutto quali
appartenenti alle classi popolari come Alba Bartolini, una
giovane donna arrestata e processata per aver preso parte
alla Rivolta di Ancona nel 1920 o quella “anonima
ragazza di diciassette anni” che, nell'agosto 1922
a Parma, “tenendo levata in alto una scure e agitandola”
da una finestra aveva gridato ai compagni delle barricate
“Se vengono, io sono pronta!” (7).
Le donne socialiste, ad esempio, si dimostrarono più lucide
e decise dei loro dirigenti, al punto da contestarne la
linea rinunciataria; in un articolo redazionale comparso
sul giornale «La Difesa delle Lavoratrici» del 30 luglio
1921 veniva sostenuto che “la ‘resistenza passiva'
da parte del proletariato non ha fatto altro che imbaldanzire
i nemici e creare, colla complicità del Governo, innumerevoli
vittime”.
A Bologna, tra il 1921 e il '22, si verificano almeno due
episodi in cui gli squadristi ebbero la peggio; un gruppo
di donne bastonò un fascista e in un altro “numerose
donne” misero in fuga due squadristi che stavano diffondendo
«L'Assalto».
Nell'aprile del 1921, la contadina Luisa Bracciali fu uccisa
a revolverate in quanto accusata di aver ferito un fascista
con un forcone durante l'agguato di Foiano della Chiana
(Ar); nel giugno seguente, a S. Vincenzo (Li), l'anarchica
Anita Ristori difese coraggiosamente la bandiera della Lega
femminile, aderente all'USI, durante una spedizione punitiva
fascista.
Altre tracce significative sulla presenza attiva delle donne
nei conflitti del periodo vengono fornite dagli stessi resoconti
fascisti che, quasi con orrore, riferiscono di “streghe”
sovversive e popolane sulle barricate nei conflitti a Sarzana,
Parma, Novara, Roma, Civitavecchia, Bari, Napoli, Livorno,
Firenze, Empoli. In quest'ultima città, nel 1924, tre donne,
tra le quali una quattordicenne, additate come le “Tre
Furie” avrebbero subito un crudele processo inquisitorio
per la loro presunta partecipazione ai disordini del 1921.
A Livorno appare invece eloquente quanto riportato sul giornale
del Fascio cittadino dopo la morte dello squadrista Moriani,
avvenuta nel corso di una spedizione punitiva nel quartiere
proletario di Borgo Cappuccini nel 1921:
“Ed anche qui, come a Empoli come a Foiano, le
donne sono state l'anima del delitto sono state le prime
a dare il segnale dell'attentato, sono state viste armate
di rivoltelle tirare anche esse nel vano di una finestra
o di una porta. Madri? No! Impossibile. Megere abbrutite
nell'alcool nel fumo nel vizio e nella prostituzione”.
(8)
Di analogo tenore le “deduzioni” redatte nel
marzo 1922 dai dirigenti del fascismo livornese, durante
l'inchiesta governativa: “Il sesso femminile del basso
ceto è quanto di peggiore si possa immaginare, per l'odio
sempre nutrito contro le classi sociali più elevate, e quindi
contro tutto ciò che abbia sapore o parvenza di borghesia,
vedi quindi fascisti” (9).
Marco Rossi
Note
- I loro nomi erano Regina Terruzzi, Giselda Brebbia,
Luisa Rosalia Dentici, Maria Bianchi, Fernanda Guelfi Pejrani,
Paolina Piolti De' Bianchi, Cornelia Mastrangelo Stefanini,
Ines Norsa Tedeschi, Gina Tozzi, ed alcune di esse erano
note “suffragiste” (Federica FALCHI, L'itinerario
politico di Regina Terruzzi. Dal mazzinianesimo al fascismo,
Milano, Franco Angeli ed., 2008, p. 165).
- Cfr. Aa.Vv., Piccole italiane. Un raggiro durato vent'anni,
Milano, Anabasi, 1994.
- Su “Le assenti” si vedano le considerazioni
di Andrea DILEMMI, Il naso rotto di Paolo Veronese.
Anarchismo e conflittualità sociale a Verona (1887-1928),
Pisa, Bfs, p. 247.
- Si veda il fascicolo di Aurelia Benco nel Casellario Politico
Centrale, ACS., ad nomen: nata nel 1905, “Quantunque
appartenente a stimata e conosciuta famiglia di Trieste,
la Aurelia, nota col soprannome di Frombolo per la
sua indole irrequieta ed attivissima, si è dimostrata fin
dai primi anni insofferente di ogni freno di correzione
domestica ed animata da spinti sentimenti sovversivi […]
intelligente, di buona cultura, amatissima delle letture
avventurose e studiosa di letteratura politica»”;
fin dal 1918 è attiva propagandista tenendo conferenze a
giovani militanti socialisti presso la Camera del Lavoro
di Trieste. Collabora ai giornali comunisti «Il Lavoratore»,
«Avanguardia» e «Compagna». Organizza le squadre delle Ardite
rosse, oltre a dedicarsi con grande impegno al riordinamento
della sezione triestina della Federazione giovanile comunista,
ricoprendo anche incarichi dirigenti nel partito. Verso
le autorità era ritenuta tenere «contegno provocatore» (Ringrazio
Martina Guerrini per la segnalazione).
- Piero GIRACE, Diario di uno squadrista, Napoli,
Rispoli, 1939, pp. 63-64 (Citato in Mimmo FRANZINELLI, Squadristi,
Milano, Mondadori, 2004, p. 49).
- Tra le tante violenze commesse, si sa dello stupro punitivo
di una donna a Rivisindoli nel gennaio 1923 da parte di
una ventina di fascisti e le sevizie compiute su un'altra
a Lendinara (Carlo MATTEOTTI, Il volto economico della
dittatura fascista, Milano-Roma, Società Editrice Avanti!,
(1945?), p. 67.
- Guido PICELLI, La rivolta di Parma, «Lo Stato Operaio»,
Parigi, ottobre 1934, p. 757.
- Articolo, firmato L.M., I violenti siamo noi?,
in «A Noi!», 20 maggio 1921.
- Da relazione “di parte”, depositata presso
l'Archivio di Stato di Livorno, riportata in Nicola BADALONI,
Franca PIERONI BORTOLOTTI, Movimento operaio e lotta
politica a Livorno (1900-1926), Roma, Editori
Donne uccise per mano
fascista 1919-’22
1919
15 aprile, Milano. Teresa Galli, operaia, sovversiva.
15 giugno, Bologna. Geltrude Grassi, bracciante socialista,
uccisa da squadristi nazionalisti.
13 luglio, Trieste. Nell'incendio dell'Hotel Balkan
muore la giovane figlia di Hugen Roblek.
1920
9 settembre, Trieste. Angela Cremese, uccisa durante
funerale del socialista Foragioni.
4 novembre, Comiso (Rg). Uccise, in sparatoria provocata
da nazionalisti, fascisti e guardie regie, l'anziana
signora Corallo e la bambina Nunziata Scipione.
21 novembre, Bologna. Nell'attacco fascista a Palazzo
d'Accursio, resta uccisa la socialista Carolina Zecchi.
1921
23 febbraio, Minervino Murge (Ba). Uccisa una donna
in sparatoria contro la folla.
8 marzo, Pieve di Cento (Fe). Angelina Toni, lavoratrice,
uccisa a rivoltellate.
18 marzo, Venezia. Luisa Cicogna, passante, uccisa
in sparatoria.
20 marzo, Greco Milanese (Mi). Durante spedizione
punitiva resta uccisa una popolana.
22 marzo, Ceretto (Pv). Maria Monchetti, uccisa in
sparatoria durante spedizione punitiva.
6 aprile, Minerbio (Bo). Giuseppina Pilati, uccisa
da colpo di pistola durante spedizione punitiva.
18 aprile, Foiano della Chiana (Ar). Luisa Bracciali,
contadina, uccisa per rappresaglia.
20 aprile, Acqui (Al). Angela Casagrande, casalinga,
colpita da arma da fuoco nel corso di aggressione
a comizio comunista.
15 maggio, Berceto (Pr). Palmira Magri, trentenne
antifascista.
15 maggio, Cerignola (Fg). Maria Russo, uccisa assieme
ai due figli militanti di sinistra.
21 maggio, Parma. Angela Martegani, lavoratrice.
22 maggio, Sant'Agata Bolognese (Bo). Uccisa la madre
del consigliere socialista Adriano Guiduzzi durante
spedizione punitiva.
26 maggio, S. Agata Bolognese (Bo). Agata Pizzi, madre
di Adriano Guiduzzi, uccisa durante spedizione punitiva.
2 giugno, Carrara. Uccisa la madre del socialista
Renato Lazzeri, assassinato anch'esso.
10 luglio, Berra (Fe). Uccisa una donna, contadina
e moglie di un socialista, assassinato anch'esso.
1922
2 gennaio, Milano. Primizia Tronetto.
27 febbraio, S. Benedetto Val di Sambro (Bo). Adele
Naldi, madre del socialista Amedeo Barbari, uccisa
durante incursione punitiva.
8 luglio, Gazzo Padovano (Pd). Uccisa la madre di
Francesco Basso, fittavolo socialista, anch'esso assassinato.
17 luglio, Milano. Ida Bolchi, bambina.
24 luglio, Rimini. Olga Rossi, anarchica, uccisa assieme
al compagno durante spedizione punitiva.
6 agosto, Pontelongo (Ve). Assunta Perni, uccisa nel
corso della reazione allo sciopero legalitario.
20 agosto, San Giovanni in Croce (Cr). Giuseppina
Bissolati, uccisa durante spedizione punitiva in una
osteria.
24 ottobre, Napoli. L'anziana Carolina Santini è uccisa
da spari durante sfilata fascista.
28 ottobre, Roma. Nei giorni della Marcia su Roma,
durante gli scontri, vengono uccise due donne.
28 ottobre, Imola. La socialista Fedora Farolfi è
picchiata e ferita mortalmente per rifiuto del saluto
fascista.
30 ottobre, Brescia. Rosa Ardese, uccisa nel corso
di violenze squadriste in città. |
Leggere gli
arditi
a cura di Paolo Rasconà
Dal lontano 1997, quando vide la luce la prima pubblicazione
di Marco Rossi sugli Arditi del popolo, in una dozzina
d'anni, un numero crescente di studiosi si è interessato
alla breve epopea dell'arditismo popolare, contribuendo
ad aggiungere nuovi tasselli, o evidenziando limiti,
di quella che, già nel 1921, fu la prima lotta allo
squadrismo mussoliniano. Ponendosi nel filone
che vede l'arditismo popolare in continuità con l'arditismo
da trincea, gli storici che si sono interessati all'argomento
sottolineano il carattere principalmente proletario
dell'organizzazione, espressione di una classe sociale
che, in tutta Italia, veniva duramente attaccata per
le sue conquiste economiche e politiche ottenute in
più di trenta anni di lotte. Oltre alle numerose ricerche
che ricostruiscono a livello locale e territoriale (Parma,
Roma, Sarzana, Civitavecchia, Viterbo...) le vicende
dell'arditismo popolare, queste sono le principali pubblicazioni
riguardanti, a livello nazionale, la nascita e lo sviluppo
degli Arditi del Popolo.
ARDITI, NON GENDARMI! Dalle trincee alle barricate:
arditismo di guerra e arditi del popolo (1917-1922)
di Marco Rossi (BFS edizioni, Pisa, 2011). È il primo
testo sull'arditismo popolare e ne ricostruisce le origini,
iniziando dalla creazione dei reparti d'assalto (sul
finire del primo conflitto mondiale), fino alle barricate
popolari del 1922. Oltre gli eventi che videro protagonisti
gli Arditi del popolo, importanti sono i capitoli dedicati
all'Impresa di Fiume, la festa rivoluzionaria, che segnò
un solco tra arditi filo d'annunziani e fascisti.
ARDITI DEL POPOLO. Argo Secondari e la prima
organizzazione antifascista (1917-1922) di
Eros Francescangeli (Odradrek edizioni, Roma, 2000).
La ricostruzione storiografica degli Arditi del Popolo
è accompagnata da brevi biografie dei protagonisti e,
a volte, dalle ambiguità che li contraddistinsero. Vengono
ricostruiti i rapporti fra gli Arditi del popolo e le
forze politiche di allora, la loro dislocazione territoriale,
la simbologia e gli inni dell'organizzazione, mutuati
dall'appena concluso conflitto mondiale.
GLI ARDITI DEL POPOLO. Dalla guerra alla difesa
del popolo contro le violenze fasciste di Luigi
Balsamini (Galzerano editore, Salerno, 2002). Riprendendo
le principali pubblicazioni sull'arditismo, approfondisce
i rapporti fra Arditi del popolo e le forze politiche
di allora, evidenziando, pur nella sua frammentarietà,
il contributo del movimento anarchico all'organizzazione
popolare.
GLI ARDITI DEL POPOLO. La prima lotta armata
contro il fascismo (1921-1922) di Andrea Staid
(La Fiaccola edizioni, Ragusa, 2010). Concentrandosi
sugli eventi cruciali dell'arditismo popolare fra il
1921 e 1922 si ricompongono i due anni tramite le pubblicazioni
dei giornali anarchici e comunisti del periodo. Si aggiunge
un'importante riflessione sull'argomento: la difficoltà
nel ricostruire la partecipazione femminile alla prima
lotta al fascismo. |
Riccardo Siliprandi ‘Ariè'
Una memoria viva e futura
Il 5 maggio scorso, in occasione del 91° anniversario della
morte di Riccardo Siliprandi, una delle prime vittime del
fascismo in provincia di Reggio Emilia e in Italia, la Federazione
Anarchica Reggiana e la sezione Usi – Unione Sindacale
Italiana – Ait di Reggio Emilia, hanno inaugurato
una targa in sua memoria nel nativo comune di Luzzara.
La targa, in marmo bianco di Carrara, riporta un piccolo
capolavoro letterario scritto in dialetto luzzarese, che
Cesare Zavattini dedicò al compaesano.
A ricordare la figura di questo giovane ardito del popolo,
anarchico, anarco-sindacalista, sono intervenuti numerosi
compagni della Fai e dell'Usi, oltre alle Anpi del territorio,
associazione che ha contribuito all'evento. Un corteo di
oltre cento persone ha così sfilato per il paese reggiano
e ricordato una pagina poco nota del primo antifascismo.
Il fenomeno degli Arditi del popolo infatti è stato spesso
relegato a poche righe sui libri di storia e all'oblio divulgativo,
per l'incapacità dimostratra dai partiti del tempo, poi
incensati dalla Repubblica del 1946, di riconoscere la vera
natura del montante fascismo e l'errore commesso nel condannare
la prima resistenza armata allo squadrismo.
Una storia, quella di Ariè, emblematica che mosse i suoi
passi, fra l ‘altro, partendo dalle tradizioni di
lotta della vicina e combattiva Camera del lavoro di Suzzara
(Mn), associata all'Usi. Con questa manifestazione si è
realizzata dunque una forte iniziativa, con la quale si
è ribadito quanto difendere i valori di tutte le resistenze
al fascismo significhi affermare una memoria collettiva
fondata sulla libertà e la giustizia sociale, contro ogni
forma di autoritarismo, come ha sottolineato il vivace e
documentato intervento di Federico Ferretti della Fai-Usi
Reggiana.
Gli anarchici e gli anarco-sindacalisti pagarono un prezzo
altissimo nella battaglia al fascismo in Italia, in Spagna
e in esilio. Per tutto questo la Fai Reggiana e l'Usi-Ait
continuano a valorizzare le esperienze straordinarie legate
ad una storia ancora attuale.
Federazione Anarchica Reggiana/Unione sindacale
italiana-Ait
sezione di Reggio Emilia
La Fai Reggiana e l'Unione sindacale italiana-
Ait ringraziano l'Anpi di Luzzara, il presidente dell'Anpi
provinciale Giacomo Notari e i numerosi intervenuti per
la riuscita e partecipata manifestazione antifascista di
sabato 5 maggio 2012 in ricordo di Riccardo Siliprandi.
|
“Cosa
facevo il giorno che è morto Ariè?
Avevo vent'anni./Era un cariolante,/un anarchico,
buono come il pane./
Da quando quelli là comandavano/stava nascosto
nel
bosco./ Loro lo puntavano./
Una mattina aveva rischiato/venendo in paese per/
salutare sua madre./
L'hanno visto, in quattro gli hanno sparato,/lasciato
contro il muro/ a seccarsi/come un pipistrello fiondato.” |
Grazie
a Gemma Bigi per la collaborazione
|