Honduras
Dalla Repubblica delle banane a quella della palma africana
Testo e foto di Orsetta Bellani
In Honduras vengono assassinate venti persone al giorno.
È il paese più violento del mondo, e leggendo la sua storia si rintracciano i motivi.
Negli anni '60 e '70, mentre
nei paesi limitrofi (Guatemala, El Salvador e Nicaragua) si
consolidavano le guerriglie di sinistra, l'Honduras era un feudo
statunitense. Il paese è stato poi utilizzato come base
delle operazioni della Contra, le sanguinose truppe utilizzate
dagli Stati Uniti per combattere i sandinisti nicaraguensi negli
anni '80.
|
Latifondo
di palma africana |
L'Honduras è stata la “Repubblica delle Banane”
per eccellenza. Qui per decenni industrie bananeras come Dole
e Chiquita, i cui camion ancora oggi formano interminabili processioni
in tutte le strade, si sono sostituite allo Stato. A Tela, che
durante il secolo scorso ospitava l'omonima bananera, è
facile sentir dire che “si stava meglio quando c'era la
Tela”. Portava elettricità, scuola e lavoro.
Oggi, più che una Repubblica delle Banane, l'Honduras
ha l'aspetto di una Repubblica della Palma Africana. Da quando
il governo ne ha incentivato la coltivazione, il paese ha perso
l'autosufficienza alimentare e, secondo dati del Ministero degli
Esteri, il paese attualmente importa la metà del suo
fabbisogno di mais e riso. L'Honduras è fatto di immense
distese di palma africana, e le circa 300mila tonnellate di
olio che se ne ricavano - destinate al settore alimentare e
alla produzione di agrocombustibili - vengono per il 70% vendute
all'estero.
Il 75% dei contadini che lavorano nei latifondi di palma vive
con un dollaro al giorno. Lavorano immersi in sostanze chimiche
che inquinano la terra ed avvelenano le falde acquifere del
terzo paese più povero dell'America Latina. Questa situazione
genera insofferenza tra i contadini e grandi introiti per la
famiglia Facussé, una delle più potenti del paese.
|
Entrata
del Centro dei Media
Indipendendenti durante l'Incontro
Internazionale per i Diritti Umani
in Solidarietà con l'Honduras |
“In Honduras sono dieci le famiglie che prendono le decisioni.
Controllano industrie, banche, media, giustizia e governo”,
ricorda Miriam Miranda dell'organizzazione OFRANEH (Organización
Fraternal Negra Hondureña). La oligarchia honduregna,
che possiede il 40% del PIL, è composta dai discendenti
di famiglie di origine ebraica o palestinese arrivate in centroamerica
negli anni '40. Grazie ad un forte pragmatismo imprenditoriale
e politico sono riuscite a mettere da parte le storiche tensioni
tra i due popoli, e si sono messe d'accordo per “spartirsi
la torta”. Lo Stato è il loro maggiore cliente
in un contesto in cui, come nota la presidentessa di COPINH
(Consejo Civico de Organizaciones Populares e Indígenas
de Honduras) Berta Caceres, “La funzione dello Stato è
più che altro quella di rafforzare i poteri fattici”.
Quasi tutti gli oligarchi honduregni contribuiscono economicamente
ai due partiti, e vari membri di queste famiglie sono stati
ministri del governo di turno. Jaime Rosenthal, che possiede
banche, aeroporti, media, squadre di calcio, assicurazioni,
compagnie telefoniche, cementifici e birrifici, è stato
quattro volte candidato alla presidenza della Repubblica.
Nel 2009, l'ex presidente Manuel Zelaya, eletto con i voti di
destra e spostatosi poi verso posizioni progressiste, mise i
bastoni fra le ruote della stessa oligarchia di cui fa parte
la sua famiglia. Alzò il salario minimo del 66%, aderì
all'ALBA (l'alleanza dei paesi socialisti latinoamericani promossa
da Chavez) e promise la riforma agraria. Questa non vide mai
la luce: il 28 giugno 2009, giorno in cui Zelaya chiamò
la popolazione a decidere sulla convocazione di un'assemblea
costituente, gli oligarchi del paese organizzarono un colpo
di stato. Deposero Zelaya e misero al suo posto un governo in
linea con i loro interessi, tanto intrecciati con quelli del
narcotraffico che, secondo Wikileaks, utilizza i possedimenti
di Facussé come pista d'atterraggio per i suoi aerei.
|
Uno
striscione dell'Incontro Internazionale
per i Diritti Umani in Solidarietà con l'Honduras |
Un esempio della prepotenza dell'oligarchia honduregna è
il caso del Bajo Aguán. Nella regione, come nel resto
del paese, le monocoltivazioni sono state create a seguito dei
Piani di Aggiustamento Strutturale impulsati negli anni '90
dalle Organizzazioni Finanziarie Internazionali e dal governo
Callejas, che hanno invalidato la riforma agraria degli anni
'70.
“A causa delle minacce, qui nel Bajo Aguán tutti
iniziarono a vendere, soprattutto a Facussé. Chi si rifiutava
veniva assassinato”, denuncia ad Arivista Vitalino Álvarez
dell'organizzazione MUCA (Movimiento Unificado Campesino del
Aguán). Quando poi i contadini si ribellarono, il governo
promise la restituzione di buona parte delle terre, ma l'accordo
non è mai stato rispettato.
Alla fine di giugno, l'organizzazione contadina MARCA (Movimiento
Auténtico Reivindicador del Aguán) ha ottenuto
un'importante vittoria: un tribunale di Tegucigalpa (capitale
dell'Honduras) ha sentenziato la restituzione di 1800 ettari
di terra alle famiglie che ne vennero private nel 1994, riconoscendo
l'illegalità dell'acquisizione da parte di Miguel Facussé
e René Morales Carazo. Tuttavia, i magistrati honduregni
hanno accolto il ricorso presentato dai due latifondisti, fatto
che secondo il MARCA ribalta la precedente sentenza. Infatti,
è innegabile che la decisione del tribunale metta le
basi per nuovi episodi di violenza nel Bajo Aguán, regione
in cui, dal principio del 2010, le guardie private di Facussé
hanno ucciso 51 persone che facevano parte di organizzazioni
contadine e un giornalista insieme alla sua compagna.
|
I
familiari delle vittime del Bajo Aguán durante
l'Incontro
Internazionale per i Diritti Umani in Solidarietà
con l'Honduras |
“I decreti del governo legittimano l'impunità
che vige dal golpe: quando è così generalizzata,
questa corrisponde ad un piano”, ha affermato l'ex presidente
Zelaya durante l'inaugurazione dell'Incontro Internazionale
per i Diritti Umani in Solidarietà con l'Honduras, che
si è tenuto a febbraio nel Bajo Aguán.
Zelaya, esiliato a seguito del golpe del 2009, è tornato
in Honduras nel maggio 2011, accolto da una folla festante che
sventolava le bandiere del FNRP (Frente Nacional de Resistencia
Popular), nato dopo il colpo di stato per coordinare le organizzazioni
antigolpiste del paese. L'Accordo di Cartagena, che ha permesso
il ritorno di Zelaya, ha stabilito il riconoscimento del FNRP
come forza politica che può partecipare alle elezioni,
malgrado quest'ultimo non avesse dato nessuna autorizzazione
all'ex presidente per presentarsi alle negoziazioni in suo nome,
dimostrando la distanza tra la base e i quadri già emersa
in altre occasioni. In cambio del ritorno di Zelaya, il governo
di Lobo ottenne il ritorno dell'Honduras nell'Organizzazione
degli Stati Americani, con il conseguente riconoscimento internazionale
della democraticità del regime golpista honduregno e
l'afflusso di circa 600 milioni di dollari in aiuti.
|
Un
autobus percorre la strada che divide due latifondi di
palma africana |
Il Partido Libertad y Refundación (LIBRE) di Zelaya
parteciperà alle prossime elezioni presidenziali, ma
il movimento di resistenza, inizialmente raccolto intorno all'ex
presidente, al suo ritorno aveva già imparato a camminare
da solo. Di conseguenza, la decisione di partecipare al processo
elettorale e la creazione di LIBRE hanno creato una frattura
nel FNRP. Oggi il FNRP comprende una corrente “elettorale”
e una “rifondazionale”, che crede nella necessità
di continuare la mobilitazione nelle strade per rifondare il
paese. “Con il ritorno di Zelaya, il Frente ha smesso
di essere uno sforzo sociale e si è convertito in una
corrente interna del partito LIBRE, facendo scomparire il suo
sforzo di articolare lotte differenti. Ora lottano per il potere
ma ad ogni modo, anche se vincessero le elezioni, la oligarchia
non gli permetterebbe di governare veramente”, racconta
ad Arivista Salvador Zuñiga del COPINH.
Quel che è certo è che l'incanalamento della resistenza
honduregna nel processo elettorale ha permesso ai golpisti di
tirare un respiro di sollievo: ora il FNRP è diviso e
meno presente nelle strade del paese.
“Lobo ha permesso la partecipazione di LIBRE alle elezioni
proprio per dividere il FNRP?”, ho chiesto a Miguel Angel
Vásquez di ADEPZA (Asociación para el Desarrollo
della Peninsula de Zacate Grande). “Sì, esattamente.
Lobo utilizza Zelaya come un mezzo per mediare tra la lotte
sociali e l'oligarchia. L'Accordo di Cartagena è stata
firmato perché la resistenza, una volta iniziato il processo
elettorale, diminuisse la sua lotta”.
Orsetta Bellani |