anarchismo
La necessità dell'organizzazione
di Massimo Varengo
Di fronte e contro l'attuale situazione politica, economica e sociale, è indispensabile da parte delle anarchiche e degli anarchici una grande attenzione nella costruzione di momenti collettivi di movimento.
È indubbio che la situazione
attuale stia offrendo possibilità di azione e riflessione
particolarmente significative. È davanti agli occhi di
tutti il crollo della credibilità del ceto politico nel
suo complesso, come pure la grande velocità delle trasformazioni
– sociali e politiche – in corso, indice dei profondi
mutamenti che si stanno verificando su scala locale e mondiale.
Gli effetti della 'globalizzazione' delle dinamiche capitalistiche
stanno provocando disastri a ripetizione; le merci seriali a
basso costo che distruggono l'artigianato nei paesi industrialmente
arretrati, i capitali che girano vorticosamente alla ricerca
del massimo profitto, la delocalizzazione della produzione,
lo sfruttamento intensivo, la crescita della disoccupazione,
inducono modifiche di tipo epocale che necessitano di riflessioni
puntuali e di azione all'altezza del momento. I meccanismi di
concorrenza che si sono ingenerati, l'emergere di grandi potenze
economiche come la Cina, l'India, il Brasile, lo stesso ricollocarsi
della Russia, la prosecuzione di fatto di quella guerra permanente
che è stata ideata e perseguita dalle amministrazioni
americane per difendere la propria egemonia, la situazione catastrofica
dell'Africa, l'aggressione colonialistica ai paesi dell'area
mediorientale ed oltre, tutto dimostra che la situazione generale
sociale e politica si sta modificando, prefigurando scenari
nuovi. Anche le stesse contrapposizioni manifestatasi all'interno
dell'Unione Europea nella definizione di una politica sia di
difesa dell'euro, sia di costituzione come Stato avente una
chiara unità politica e una voce unica nello scenario
mondiale, riflettono uno stato di conflitto dagli esiti incerti.
In Italia il ricorso a un governo sedicente tecnico ha dato
il via alla fase finale dello smantellamento del cosiddetto
“stato sociale”, con l'attacco a tutta quella serie
di ammortizzatori che hanno garantito, per un lungo lasso di
tempo, livelli di vita accettabili insieme ad un sostanziale
controllo sociale. Il ricorso alla precarizzazione, l'attacco
sulle pensioni, il taglio dei servizi sociali fondamentali,
la svendita e la privatizzazione dei beni collettivi, sono all'ordine
del giorno. Si sta profondamente modificando il sistema delle
garanzie, politiche e sociali, nel quale abbiamo vissuto. Parallelamente
si sta modificando lo stesso quadro produttivo italiano, con
l'abbandono di interi settori industriali ed il conseguente
ridisegnarsi del mondo del lavoro.
Enorme
scollamento
L'azione politica di governo si esprime sempre come mediazione
tra i gruppi di potere economico, politico e religioso: quando
i ceti e le classi dirigenti di questo paese raggiungono un
accordo – dopo trattative, anche estenuanti, palesi od
occulte – tutte le decisioni politiche che ne discendono
devono assolutamente essere sottoposte a vincolo, senza avere
possibilità di trovare espressione autonoma, al di là
di protagonismi spettacolari, ma ininfluenti. Il continuo ricorso
al voto parlamentare di fiducia è una chiara dimostrazione
di questo. Ciò genera un enorme scollamento tra quel
che resta della base che continua a esprimere fiducia e delega
ai partiti e questi partiti che sono nell'impossibilità
di condurre battaglie politiche che siano di sostanza e non
di contorno. L'affermazione di una delega totale, senza controllo,
combinata a un presidenzialismo marcato – esemplarmente
interpretato da un ex-comunista – che lasciano sempre
meno spazi al dibattito e alle varie forme di espressione politica,
generano, a loro volta, fenomeni marcati di rigetto della politica
'tout court', di ricorsi a forme spettacolari di protesta, a
nuove forme di qualunquismo e di populismo; alimentate inoltre
da una crisi di credibilità che non è solo legata
all'impossibilità dei vari partiti e partitini di rispondere
alle esigenze del proprio settore di riferimento elettorale,
ma anche alla corruzione dilagante di cui anche gli ultimi fatti
ne sono una clamorosa testimonianza: il fatto che esista un
controllo bipartisan sul sistema bancario italiano la dice lunga
sul livello di commistione che destra e sinistra hanno nella
gestione di questo paese.
Ora, quanti sono disillusi hanno solo due possibilità:
o rifluire nel privato e questa è una possibilità
non secondaria, perché già negli anni ottanta
abbiamo registrato un riflusso massiccio nel privato dopo la
sconfitta dei movimenti; oppure costruire opposizione. Ed è
quello che si verifica con il rilancio della comunità
territoriale di lotta: la Val Susa in primis, ma non solo: ci
sono anche le innumerevoli lotte odierne contro le discariche,
gli inceneritori, il terzo valico, le bretelle autostradali,
le basi militari, il Muos, ecc., senza dimenticare l'esperienza
di Scanzano con il rifiuto del sito di stoccaggio delle scorie
radioattive e la lotta contro la base USA di Vicenza.
Sta crescendo in sostanza una risposta che è insieme
'creazione' e vivificazione della comunità, cioè
riconoscimento del suo valore come elemento fondamentale di
difesa del proprio territorio, del proprio livello di vita,
in antitesi con quanto esprime il mondo della politica istituzionale.
E non c'è dubbio che tale situazione crei spazi e varchi
per un'azione dalle caratteristiche spiccatamente libertarie,
soprattutto se sarà in grado di rifuggire dal localismo
egoista e dal corporativismo esclusivista.
Proprio a partire dalle contraddizioni materiali che oggi si
danno, e che si daranno sempre di più proprio per l'incapacità
e l'impossibilità dello Stato di riuscire a garantire
livelli sufficienti di vita e di socialità – o
per lo meno di garanzie – cresce la possibilità
di sviluppare proposte di tipo autogestionario all'interno delle
comunità, pur tenendo sempre ben presente che il concetto
di comunità non va mai mitizzato, perché comunità
è anche quella che si è espressa nel recente passato
a Opera o ad Appignano o a Pavia, nell'attacco di campi rom
e in manifestazioni di piazza, popolari, contro immigrati e
rom.
Esperienze dalle quali emerge chiaramente l'importanza dell'etica,
della propaganda, della trasmissione di valori nell'agire quotidiano.
Per questo è importante dare molta attenzione ai comitati,
partecipandovi o promuoverne di nuovi, per poter dare risposte,
per poter incanalare energie e far si che non ci sia riflusso
nel privato, affinché la disillusione esistente venga
orientata all'interno di queste esperienze e di queste lotte.
Per
costruire una socialità diversa
A volte, parlando del nostro movimento, si usa il termine
'crisi' per definire le difficoltà d'azione, di espressione
che si incontrano nell'agire quotidiano; “crisi”
come riflesso di una particolare fase che il movimento libertario
sta vivendo. A me pare invece che la nostra “crisi”
sia un aspetto delle difficoltà di risposta ad una domanda,
anche se parzialmente inespressa, da parte di una società
che, abituata a delegare, si trova a dover trovare modalità
diverse di organizzazione sociale. Difficoltà di risposta
che appare insormontabile se rimaniamo nello stato in cui siamo.
Non basta la semplice volontà individuale, lo sforzo
da 'piccolo' gruppo, per affermare e sostenere la proposta autogestionaria
in senso libertario. Occorre organizzare e coordinare i nostri
sforzi, le nostre volontà. E se nessuno ha la risposta
in tasca, sono convinto che sia il metodo, il metodo libertario,
quello che può consentirci di legarci di più alle
problematiche in campo. Un metodo che nell'organizzazione degli
anarchici e delle anarchiche trova il modo migliore per rappresentarsi.
Il tema dell'organizzazione è sempre stato un tema costante
degli anarchici, dalla Prima Internazionale in poi, per dare
forza e sostanza alla propria azione rivoluzionaria.
E se volessimo affrontare il dibattito che da allora si è
sviluppato, ritroveremmo all'interno di questa storia una serie
di riproposizioni, di studi, di realizzazioni pratiche che ci
riconducono sempre ad alcuni nodi, ad alcune questioni. Ma qualunque
forma abbiano assunto nel tempo le organizzazioni e le associazioni
del movimento anarchico esse sono sempre state legate al momento
storico in cui erano immerse.
Nella lunga e ricca storia dell'anarchismo si possono ritrovare
tutta una serie di variazioni e di possibilità sul tema
dell'organizzazione, proprio perché il problema dell'organizzazione
è il problema dell'aderenza al suo momento storico, al
far sì che la sua funzione, questo essere comunque proiettato
a costruire relazioni libertarie, sia legata alle esigenze del
momento, al ciclo storico che si sta affrontando, per essere
in grado di svolgere maggiormente la propria funzione rivoluzionaria.
Le organizzazioni e i coordinamenti nascono sempre da esigenze
collettive; e se queste non si manifestano c'è il rischio
di produrre loro caricature. Bisogna sempre chiedersi se siamo
adeguati al momento che stiamo vivendo o no, se quello che stiamo
facendo è giusto o no, se dobbiamo lavorare di più
in questa o in quell'altra direzione, perché questo continuo
interrogarsi è caratteristico di quanti vogliano essere
elementi attivi all'interno della situazione sociale e che non
vogliano farsi schiacciare dal totalitarismo dominante.
Al di là delle caratteristiche e delle sensibilità
che a volte si danno all'interno dei gruppi, degli individui,
dei percorsi che si fanno, ci sono elementi comuni di riconoscimento
dei valori dell'anarchismo: la lotta contro lo Stato, l'autorità,
il potere, la gerarchia, che si sviluppa parallelamente al nostro
desiderio di costruzione di una socialità diversa, di
un mondo libero dove la gente abbia la stessa dignità
e si possa riconoscere negli stessi livelli di libertà
e di espressione, senza prevaricazioni e senza sfruttamento
e allora partendo da questo presupposto credo che il momento
richieda una grande attenzione da parte di tutti e tutte nella
costruzione di momenti collettivi di movimento, in grado di
favorire il confronto, di individuazione degli obiettivi condivisi
per dare più forza alla nostra azione, più condivisione
di obiettivi, più presenza sociale.
Massimo Varengo |