dossier America
Latina. 4
In visita agli anarchici di Rio
Intervista a Renato Ramos a cura di Giorgio Sacchetti
Dai progetti sociali al sindacalismo anarchico, conversando con Renato Ramos, esponente della Federazione Anarchica di Rio de Janeiro.
In Brasile per partecipare al
ciclo di conferenze e seminari su fascismo e antifascismo (90
anos apòs a marcha sobre Roma) organizzato dal Dipartimento
di Storia dell'Università Federale dello Stato di Rio
de Janeiro, abbiamo accettato con piacere l'invito della Federação
Anarquista (FARJ) a tenere, presso il Círculo de Estudos
Libertários “Ideal Peres” della medesima
città, un incontro pubblico con dibattito dedicato alla
storia del sindacalismo e dell'anarchismo in Italia. L'occasione
è stata propizia anche per vedere, capire e ascoltare,
dalla viva voce di questi compagni, il senso delle loro attività
e del loro fattivo impegno, peraltro ben visibile in una metropoli
caratterizzata dalle stridenti contraddizioni sociali che sappiamo.
Rio, causa incombenti eventi sportivi che monopolizzeranno l'attenzione
mediatica internazionale nei prossimi anni, anzi mesi, è
destinata a diventare sempre più ombelico del mondo.
Inoltre avevamo il forte desiderio di “aggiornare”
le nostre conoscenze sul movimento brasiliano ferme, se non
proprio alla Colonia Cecilia, a qualche decennio fa.
La sede (sita in Rua Torres Homem 790, Vila Isabel, non lontano
dal Maracanà) si trova in un quartiere della città
molto popolare. È una palazzina di due piani destinata
al multiuso culturale ed alle attività sociali e politiche
di impronta libertaria, che di continuo pullula di persone –
adulti e ragazzi – in vario modo impegnate: gioco, didattica,
studio in biblioteca, conferenze, assemblee sindacali, cucina
e refettorio…
A Renato Ramos, esponente della FARJ, abbiamo chiesto di raccontarci
come è nata questa esperienza.
|
Renato Ramos e Giorgio Sacchetti durante l'intervista |
Renato Ramos: Le informazioni di base si trovano nel
nostro sito www.farj.org
e nel volume Anarquismo social e organização
che abbiamo di recente pubblicato. Il luogo dove ci troviamo
adesso è uno spazio comunitario che abbiamo rilevato
nel 2000-2001. Era un vecchio centro, ormai fatiscente di proprietà
di un'associazione culturale formata da persone originarie di
Bahia di proprietà di un vecchio bahiano, l'ultimo rimasto.
Noi lo abbiamo aiutato in un suo progetto sociale: mettere in
funzione un laboratorio di biscotti (le conosciutissime “magdalenas”)
per far lavorare i ragazzi e le ragazze del quartiere. In cambio
abbiamo ottenuto, grazie anche all'intercessione del nostro
compagno Alexandre Samis che viveva qui vicino, uno spazio finalmente
adeguato per riunirci, ma soprattutto per collocare la nostra
biblioteca, un patrimonio consistente di libri e documenti che
rischiava di andare perduto, ivi compreso l'importante fondo
che era lascito di Ideal Peres, un medico figlio del “sapateiro”
(calzolaio) Juan Perez Bouzas, militante storico di Rio, con
origini galiziane e italiane da parte di madre. Fondammo quindi
la nuova biblioteca sociale che intitolammo a Fabio Luz, scrittore
brasiliano pioniere del romanzo sociale, anarchico dichiarato
e già appartenente all'associazione bahiana di Rio nel
1907. Il 18 novembre 2001 si inaugura così la nostra
istituzione, proprio nella data di ricorrenza dell'insurrezione
anarchica del 1918 che fu repressa nel sangue dalla polizia.
Il
modello dell'Uruguay
G.S. Qual è stata dunque la vostra attività
iniziale?
R.R. Si incominciò subito a lavorare con i chicos delle
favelas al laboratorio di pasticceria.
Erano passati più di trent'anni da quando gli anarchici
di Rio, sia pure presenti e attivi (grazie anche all'occasionale
apporto di qualche militante europeo come Pietro Ferrua), non
erano più riusciti ad avere una sede adeguata in città.
Avevamo soltanto uno spazio pubblico come Circolo di studi libertari
che utilizzavamo per incontri e dibattiti settimanali, prima
nella zona sud, poi nel centro e vicino all'università.
Nel 2002-2003 iniziò la discussione fra i compagni al
fine di sviluppare l'idea di un modello organizzativo pratico
e valido da adottare. Alla fine di un ciclo di riunioni molto
intense e partecipate per analizzare e studiare testi e documenti
di pensatori libertari (Malatesta, Machno e molto altro come
ad esempio i patti associativi delle varie federazioni anarchiche
nel mondo...) ci siamo riconosciuti nel modello FAU, ossia della
Federazione anarchica uruguagia, ispirato al cosiddetto “especifismo”
(e l'etichetta di “neo-piattaformisti” e seguaci
di Archinov che qualcuno ci ha dato in Europa non ci si addice).
All'origine di questa posizione vi sono i contatti e le frequentazioni
che un nostro compagno, oggi attivo nella Federazione anarchica
Gaucha nel Rio Grande do Sul, ebbe a Montevideo nel 1995.
Nasce così il progetto di una comune organizzazione specifica
che si sviluppa grazie anche al giornale Libéra, che
esiste ormai da vent'anni, e attraverso una prima esperienza
a Rio denominata Organizzazione Socialista Libertaria. Si deve
considerare che in Uruguay, piccolo paese che detiene similitudini
culturali con il sud del Brasile, l'anarchismo è molto
diffuso e non tanto come numero di militanti ma perché
la popolazione lo riconosce come valore affermatosi in una progettualità
sociale storica.
Da questo processo nasce nel 2003 l'attuale FARJ.
Sì, nell'agosto 2003 nasce la nostra organizzazione,
che è una federazione di individualità strutturata
in “fronti”, ossia in ambiti di intervento. Al momento
della fondazione disponevamo di un fronte comunitario (detto
all'epoca “CCS”) e alcuni militanti della FARJ aiutarono
a fondare il Fronte internazionalista dei Senza Tetto. Quest'ultimo
ha organizzato, fino al 2006, ben undici occupazioni di immobili
abbandonati a Rio e i compagni andavano anche ad abitare insieme
agli occupanti. In questa sede continua l'attività sociale,
mentre la Biblioteca è l'unico spazio pubblico, politico
di proprietà della FARJ. Il nostro principale progetto
comunitario è attualmente volto ad aiutare i giovani
studenti delle classi più povere nella preparazione degli
esami di accesso all'università, e per questo disponiamo
di una valida equipe di docenti specializzati che presta la
sua opera professionale del tutto gratuitamente.
Dopo il 2006, a seguito di alcune divergenze con i marxisti
presenti nel Fronte internazionalista, uscimmo e rifondammo
un nuovo Fronte dei movimenti sociali urbani rendendoci attivi
partecipanti al Movimento comunitario nazionale dei lavoratori
licenziati. Oggi la FARJ dispone di tre fronti di lotta essendosi
aggiunto quello su Anarquismo e natureza di impronta ecologista
libertaria, che si occupa di orti comunitari, agricoltura biologica,
lotta all'inquinamento, indios, Sem-terra ecc...
A livello nazionale facciamo parte di una Coordenação
Anarquista Brasileira (punto di arrivo di un precedente “forum”)
cui aderiscono 11 diverse realtà regionali e che pubblica,
ormai da una decina d'anni, il periodico Socialismo libertario.
In ambito internazionale l'Europa – dove pure siamo in
contatto con Alternative Libertaire in Francia e con la FdCA
in Italia – non è il nostro principale riferimento.
Siamo aperti al dialogo con tutti, ma concentriamo il nostro
lavoro sul Sud America.
Anarchismo
sociale e tendenze comunitarie
Quali sono gli organismi decisionali della FARJ?
Abbiamo il Consiglio federativo, che è l'assemblea di
tutti gli aderenti all'organizzazione che sono anche impegnati
nei vari fronti. Le decisioni si prendono preferibilmente in
maniera consensuale oppure, in caso di dissensi, si vota individualmente.
Ogni fronte è auto organizzato ma mantiene una “autonomia
relativa”, nel senso che le decisioni più importanti
vengono attuate attraverso la consultazione assembleare dei
militanti nel Consiglio federativo della FARJ. Ad esempio: se
un compagno è invitato a far parte di una direzione sindacale,
lui prima si deve consultare con gli altri militanti.
Stai parlando di un sindacato riformista? Ritenete valida
la prospettiva anarcosindacalista e avete mai pensato di lavorare
per costruire un sindacato alternativo?
Tutti i sindacati sono più o meno riformisti. Ma a noi
interessa soprattutto la base di questi sindacati per collegarla
ai vari movimenti sociali. Per quanto riguarda la seconda parte
della domanda si deve principalmente rilevare il fatto che non
avremmo le forze sufficienti per quello. Negli anni ottanta
abbiamo comunque sostenuto la Confederazione Operaia Brasiliana
in questo importante tentativo, ma senza successo. E oggi la
stessa sezione dell'AIT è rappresentata da pochissime
persone e l'attività anarcosindacalista ha perso la forza
che aveva un tempo a Rio, dove era forte la tradizione iberica
(a differenza di San Paolo, dove l'impronta anarchica primo
novecentesca è tutta “italiana”). Siamo sostenitori
di un anarchismo sociale e non “insurrezionalista”
che, per noi, significa anche riscoprire le tendenze autogestionarie
e comunitarie presenti nel nostro paese ben prima dell'arrivo
degli europei.
Giorgio Sacchetti
Si ringraziano per l'indispensabile collaborazione: il prof Carlo Romani
dell'Università Federale dello Stato di Rio di Janeiro
– UniRio (noto in Italia come biografo dell'anarchico
toscano Oreste Ristori e già collaboratore della Rivista
Storica dell'Anarchismo) che nell'occasione ha svolto funzioni
di guida e interprete, e Manuela Bruschi per le foto. |