economia
L'imperialismo del debito
di Antonio Senta
Il debito pubblico è una costruzione ideologica, ma anche un potente strumento di asservimento per i “neosudditi” degli stati contemporanei.
C'è una parola che ritorna
in maniera continua da cinque anni a questa parte: “debito”,
spesso associata al termine “crisi”, e, quindi,
“crisi del debito”. Il debito sarebbe un dato innegabile,
a sua volta causa della più generale crisi economica
che in pochi anni ha impoverito milioni di abitanti in buona
parte del globo.
Può essere quindi utile riflettere su tale termine. Generalmente
si crede che il concetto di debito sia una peculiarità
dell'età moderna, secondo una successione lineare per
cui l'uomo “primitivo” prima abbia utilizzato il
baratto, poi inventato la moneta e quindi sviluppato sistemi
di credito e debito. Questi ultimi sarebbero nati contestualmente
alla formazione degli stati moderni e sarebbero così
sintomo indubbio di progresso. In realtà non è
vero, le fonti, fin dai geroglifici egizi e dalla scrittura
cuneiforme mesopotamica, suggeriscono il contrario, cioè
che nelle società prestatali, o senza stato esisteva
– ed esiste – un'economia di credito senza moneta.
Insomma, il debito è precedente alla nascita dello stato
e all'economia monetaria. Per esempio presso i Sumeri, attorno
al 3500 a.C., i debiti venivano pagati in orzo, capre, lapislazzuli
o mobili... con ogni sorta di “denaro virtuale”.
Relazioni sociali di credito e debito si sono intrecciate, nella
storia e nelle diverse civiltà, a dinamiche di dono e
di baratto secondo uno schema non lineare. Il debito quindi
è in questo senso una delle forme di relazione tra persone,
in cui chi contrae un debito ha una sorta di dovere morale nei
confronti del creditore. Ora, generalmente si dà per
scontato l'assunto secondo cui gli esseri umani sono attori
egoisti decisi a calcolare come ottenere in ogni situazione
il miglior vantaggio e il massimo profitto. Questo, sia detto
per inciso, è il motivo per cui l'economia è sempre
considerata una disciplina superiore a tutte le altre scienze
sociali. Gli psicologi sperimentali hanno dimostrato che questo
assunto è semplicemente falso. In realtà uomini
e donne, in diverse epoche e in diversi luoghi, operano anche
in maniera condivisa o comunista, cioè secondo il ben
noto principio “da ciascuno secondo le sue capacità
a ciascuno secondo i suoi bisogni”, che è poi il
principio base di chiunque collabori a un progetto comune e
in sintesi il fondamento della socialità umana. Forme
gerarchiche e comuniste di relazioni sociali si sono sempre
intrecciate, sovrapposte, scontrate. Dominio e cooperazione
sono i due termini di una dialettica che caratterizza l'agire
umano.
Il
quadro cambia quando entra in gioco lo stato e l'economia di
credito si trasforma in un'economia di interesse, ovvero da
un'economia basata sullo scambio di ricchezza, attuale e disponibile,
e sulla promessa di una controprestazione futura, si passa a
un'economia dove a tale controprestazione si somma un importo
aggiuntivo, un interesse appunto. Anche qui c'è da sfatare
un mito, basato sulle tesi neoliberiste secondo cui stato e
mercato sono in opposizione. L'analisi antropologica e storica
dimostra invece che i mercati nacquero nell'antichità
attorno agli eserciti statali costringendo i sudditi, solo poi
“cittadini”, a indebitarsi. In altre parole: lo
stato decide di fare guerra e quindi tassa i propri sudditi
(li rende debitori) per finanziare l'esercito e l'occupazione
di territori altrui.
Ora tale concetto di debito, connesso non solo a quello di stato
e mercato ma anche di guerra e di violenza, non è più
un'obbligazione morale ma è negazione di libertà,
è asservimento.
Questo è quel tipo di debito che i potenti stati occidentali,
Stati Uniti su tutti, esigono dai propri sudditi, sia che vivano
in patria sia che siano formalmente cittadini di altre nazioni.
Gli Stati Uniti odierni sono qualcosa di simile a un impero
del passato: esigono tributi dietro minaccia di un intervento
militare. Il dollaro è sostenuto solo dalla potenza delle
armi, dalle ottocento basi militari americane fuori dagli Stati
Uniti, dalla capacità di sganciare bombe ovunque nel
mondo pochi minuti dopo averlo deciso: è questo e non
altro a tenere in piedi l'intero sistema monetario mondiale,
che è organizzato intorno al dollaro. I pagherò
del tesoro americano, parte integrante della base monetaria
mondiale, non saranno mai rimborsati – come dovrebbe accadere
a ogni prestito che arriva a scadenza – ma saranno continuamente
rifinanziati. Il debito statale è una promessa che non
verrà mai mantenuta. Infatti a comprare il debito americano
sono le banche di quei paesi che si trovano sotto occupazione
militare, o la minaccia di essa.
Un falso imperativo morale
Questo vale per gli Stati Uniti, come per l'Italia, come per
tutti gli stati. Il debito, meccanismo tipico del sistema capitalista
statale-militare, si mantiene con la violenza e con la menzogna:
eserciti, prigioni, polizie, aziende private di sicurezza, sistemi
di spionaggio civile e militare, macchine per la propaganda
di ogni tipo. Tutte le politiche che ogni giorno ci strangolano
sono infatti basate su una truffa che veicola su noi debitori
un falso imperativo morale: “paga i tuoi debiti!”
Ma ciò è chiaramente un ricatto per asservirci,
oltre che impossibile: si calcola che il debito medio delle
famiglie americane oggi sia pari al 130 per cento del loro reddito.
È quindi qualcosa che non potrà essere restituito
e che però tiene salde le catene della schiavitù
contemporanea: il lavoro salariato, la messa in affitto della
nostra libertà. Ogni mattina dobbiamo andare in cerca
di quel denaro in grado di non farci soccombere di fronte al
debito, di preservare l'unica libertà che ci è
concessa, quella di essere dei moderni schiavi, asserviti al
salario.
L'imperialismo del debito è però negli ultimi
anni sottoposto a forti pressioni: le politiche del Fondo monetario
internazionale con la loro insistenza nel chiedere che i debiti
siano ripagati esclusivamente attingendo dalle tasche dei poveri
si sono scontrate prima con un movimento di ribellione sociale,
iniziato a Seattle nel 1999, poi con un'aperta ribellione fiscale
in Africa e in America Latina. Ora queste politiche sono portate
avanti nei confronti delle stesse popolazioni europee, con più
virulenza nei paesi del sud del continente. Nonostante i massicci
e rapidi attacchi alle condizioni di vita di noi tutti, la partita
è aperta, i movimenti sociali in Grecia, ma anche in
Spagna e in qualche misura in Portogallo e in altri paesi, stanno
tracciando una via di Resistenza che potrà ottenere risultati.
Sfidare il dominio statale, destrutturarlo, minarlo alle fondamenta
significa smontare la presunta veridicità del concetto
di debito pubblico: è una rappresentazione fittizia,
un'invenzione, una costruzione ideologica, ma anche un potente
strumento di asservimento per i “neosudditi” degli
stati contemporanei. Il debito – e così la moneta
– non ha nessuna essenza, non è “concretamente”
nulla; la sua natura è intrinsecamente politica ed è
a questo livello che si gioca la partita.
Antonio Senta
Per
saperne di più
Per
analizzare da un punto di vista storico e antropologico
il concetto di debito può essere utile il lavoro
di David Graeber, Debito. I primi 5000 anni (Il
Saggiatore, Milano, 2012), da cui ho tratto spunto per
questo mio articolo. In Debito, come in alcuni
altri suoi studi, Graeber prende in esame, smonta, esamina
e rimonta, concetti di grande respiro, ha il coraggio
cioè di occuparsi anche dei cosiddetti “massimi
sistemi”. Che è esattamente quello che i
“nostri” pochi intellettuali non asserviti
fanno sempre di meno, rinchiusi nei loro saperi parcellizzati.
A me sembra che questo anarchico, antropologo e già
professore a Yale, abbia conoscenze e capacità
per trattare con cognizione di causa temi di un certo
rilievo. Ed è stimolante sapere che egli si definisca
apertamente anarchico e contribuisca allo sviluppo dei
movimenti radicali di alternativa sociale.
A.S. |
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