ecologia casalinga
Ma va' a... (responsabilmente)
di Michele Salsi / foto AFA - Archivi Fotografici Autogestiti
Anche in bagno, come in mille altri campi di battaglia, è già
iniziata la lotta per un'evoluzione dell'umanità. Molti pensano che tirando
uno sciacquone si liberano velocemente dei loro problemi, ma è una liberazione
illusoria.
Il passaggio da una sporca dittatura a una limpida democrazia passa per la scelta
di un bagno secco. Qui vi spieghiamo perché e come.
Non ricordo dove una volta avevo letto una frase semi scherzosa che in sostanza
diceva: per le cose della nostra vita facciamo la stessa operazione di quando
installiamo un nuovo software sul nostro computer. Ci viene proposta una lunga
lista di “condizioni e termini d'uso” che noi accettiamo a scatola
chiusa; se non le accettiamo, ci è impedito di installare il software,
così in genere si comincia con leggere le prime due righe, poi si scende
a vedere i titoli dei paragrafi, fino a che, senza sapere quasi niente di quanto
ci viene chiesto, scendiamo veloci fino al tasto “accetto” e continuiamo
nell'installazione che ci permetterà a breve di poter godere del nuovo
software. Tutti sappiamo che probabilmente accettiamo una serie di cose che
non saremmo ben disposti ad accettare così, a cuor leggero. E questo
mi sembra un fatto abbastanza grave. Ovviamente non nel caso dell'installazione
di un software, ma quando i “termini e le condizioni d'uso” riguardano
la nostra vita di tutti i giorni. Anche perché non ci mettiamo nelle
mani di una compagnia informatica che sviluppa software, ma nelle mani di gruppi
di potere ben più loschi. Il fatto grave è che, pur di utilizzare
quello che ci appare davanti agli occhi e che ci fa prendere la smania, ad esempio
guidare una macchina, non ci viene proposto un foglio che recita: “Io
dichiaro di contribuire all'arricchimento delle compagnie petrolifere, di inquinare
il pianeta, di pagare le imposte allo stato, alle compagnie assicurative, di
rendere necessaria la costruzione di enormi parcheggi, di tangenziali”
e tutta una serie di altre cose non certo positive; però noi accettiamo
ugualmente tutto questo, in modo più o meno cosciente. Magari gli amici
eco-anarchici non saranno d'accordo, però guidare una macchina per spostarsi
da un luogo ad un altro non è necessariamente un delitto, in mancanza
di altre soluzioni altrettanto efficaci e più auspicabili. Ciò
che invece un anarchico non può negare è il delitto di non assumersi
la responsabilità delle proprie azioni, della propria vita. Ovvero di
scegliere coscientemente, sottostando a necessità reali e valutando i
mezzi a disposizione, la soluzione migliore per risolvere un problema pratico.
È questo in sostanza il principio anti-autoritario fondamentale della
“scienza anarchica”, iniziata da Kropotkin e poi portata avanti
da molti altri libertari – uno su tutti, Colin Ward con il suo cosiddetto
“anarchismo pragmatico”.
Alla base dell'autoritarismo, a cui si oppone l'anarchismo, vi sta il principio
della delega, del delegare ad altri, a forze estranee la responsabilità
di ciò che succede, ciò che facciamo, ciò che pensiamo,
di tutto quanto ci riguarda e di cui non siamo che spettatori. Questo meccanismo
è un gatto che si morde la coda, perché chi rappresenta l'autorità
ha tutto l'interesse a mantenere lo status quo e quindi a incoraggiare i “cittadini”
a delegare i problemi della vita. D'altro lato il principio della delega, la
consapevolezza che c'è qualcun altro che si preoccupa della propria vita,
alimenta nei cittadini quella passività che li induce a preoccuparsi
più di vedere le foto della sposa del tal principe o vedere la partita
di coppa dei campioni, piuttosto che preoccuparsi – per esempio –
dell'aria inquinata che respirano, o del cibo chimicamente alterato che mangiano.
È questa stessa passività, causa di tanti mali, che ci induce
a cliccare a cuor leggero su “accetto” e a dare così per
scontate molte cose che fanno parte della nostra vita quotidiana, che accettiamo
solo perché rappresentano la norma o perché erano lì prima
che noi nascessimo. Cose che diamo per scontate e che, per l'appunto sconteremo,
forse non sulla nostra pelle, ma di certo su una vita vissuta al di sotto delle
possibilità umane.
Cioè urinare e defecare
Noi che ci dichiariamo “anti-autoritari” rivendichiamo il rifiuto
della delega e l'assunzione di un atteggiamento auto-responsabile
nei confronti della società e della vita. Tuttavia spesso
è una tendenza dello spirito, che si rende ben visibile
solo quando ci porta a scontrarci con le leggi statali o le
più severe norme del conformismo, ma a volte non si riduce
ad altro che ad un look o un gesto. Se un tale atteggiamento
lo facciamo giustamente affiorare quando si tratta di fumare
una canna, di fare cortei non autorizzati, di occupare un edificio,
di piantare fiori in un'aiuola pubblica piena di cartacce, dovremmo
ancor più farlo risaltare quando riguarda aspetti fondamentali
della vita quotidiana, come il soddisfacimento dei bisogni primari
e i problemi pratici più urgenti della società
attuale, per esempio l'alimentazione, l'abitare, il trasporto,
la gestione dei rifiuti.
Tra i bisogni primari e i problemi pratici rientra sicuramente
un'attività che accomuna tutti gli esseri viventi: per
l'appunto l'attività di “fare i propri bisogni”
o, usando termini tecnici, urinare e defecare. Oltre a rappresentare
un problema reale e serio di cui si parla molto poco, credo
che quello del bagno sia un ottimo esempio per spiegare come
le vie dell'anarchia siano davvero infinite e ancor più
per dimostrare come l'anarchia – intesa come un'assenza
di autorità, e conseguentemente assunzione di responsabilità
– può davvero essere considerata il metodo migliore
per risolvere i problemi della vita.
Non credo ci sia bisogno di una ricerca storico-scientifica
per poter affermare che a questo bisogno primario esistono quattro
soluzioni principali: la prima è il campo aperto che,
nelle sue varianti dal bosco alla buca nel terreno, è
tuttora un metodo usato ed efficace in tutto il mondo. È
il metodo naturale, adottato da tutti gli animali e che in natura
non ha mai comportato l'insorgere di alcun problema ulteriore,
a cui l'uomo civilizzato si è sottratto per il sopraggiungere
di altri “problemi” quali l'urbanizzazione, la mancanza
di condizioni igieniche accettabili, le malattie infettive,
o semplicemente per una giusta questione di comfort, perché
in fondo – per quanto i primitivisti possano non trovarsi
d'accordo – come dice Vaneigem “vivere significa
vivere meglio”.
Dopo il metodo più antico, il più moderno: il
bagno chimico, per intenderci quello degli aerei, dei camper
o quello che si vede in occasioni di feste popolari e concerti
o nei cantieri edili. Alternativa al bagno allacciato alle fognature,
viene utilizzato solo per particolari ambienti o particolari
occasioni dove appunto non sia possibile l'uso delle fognature;
mai viene preferito al bagno convenzionale quando è possibile
un allacciamento alla rete fognaria, inoltre – per via
dell'uso di agenti chimici (anche pericolosi, come la formaldeide)
– non è certo da considerarsi “amico dell'ambiente”.
Il bagno convenzionale, ovvero il bagno allacciato alla rete
fognaria, è il metodo comunemente in uso in – si
può dire – tutte le città del mondo, specialmente
nei paesi industrializzati, dove già da parecchi decenni
costituisce la norma per la risoluzione del problema delle deiezioni
umane. Introdotto già dai Romani (le loro fogne erano
vere opere d'arte ingegneristiche, al pari degli acquedotti),
fu soltanto in età industriale che le principali città
vennero dotate di un sistema fognario. La rete di Parigi venne
instaurata nel 1854 su sollecitazione del prefetto Hausmann,
circa un decennio più tardi fu redatto il progetto per
un moderno sistema fognario anche a Milano.
Così come avverrà più tardi per l'automobile
(ritenuto un mezzo ecologico, che doveva finalmente risolvere
il problema dei carri a trazione animale, causa – per
restare in tema – di mucchi di escrementi sparsi ovunque
per le vie delle città) anche la rete fognaria moderna
venne senz'altro salutata come un'innovazione liberatrice da
molte spiacevolezze della vita urbana. In realtà, e proprio
come l'automobile, il bagno convenzionale è un esempio
del famoso progresso-regresso, ovvero di una conquista tecnologica
o sociale che apparentemente sembra un progresso ma presto si
rivela un arretramento. L'introduzione del bagno convenzionale
allacciato con il sistema fognario aveva permesso una serie
di benefici oggettivi, ad esempio aver consentito la costruzione
di abitazioni ad alta densità, e soprattutto aveva infinitamente
innalzato i livelli di igiene – e conseguentemente di
salute – nei centri abitati; tuttavia questa soluzione,
per quanto allora potesse sembrare perfetta, non è affatto
idilliaca: fate una breve ricerca sull'inquinamento idrico e
tra le cause, dopo l'inquinamento da attività industriale,
troverete l'inquinamento da “normali attività umane”.
Ricordo di aver letto una volta che gli esseri umani sono gli
unici mammiferi a fare i loro bisogni dentro all'acqua, eccetto
ovviamente quei particolari mammiferi che dentro l'acqua ci
vivono. Si potrebbe giustificare questa stravaganza umana con
il luogo comune per cui gli uomini sono più avanzati
degli altri mammiferi, eppure proprio il fatto di costituire
un caso unico in natura dovrebbe far riflettere sul nostro presunto
grado di evoluzione. Fino a non molti decenni fa nelle città
italiane era cosa normale per i ragazzi scendere al fiume e
farvi il bagno, ancora prima si andava al fiume per prendere
l'acqua da bere. Abbeverarsi da un fiume, dalla sua sorgente
fino alla foce, dovrebbe essere una cosa normalissima e naturale,
ma oggi questa possibilità ci viene preclusa dall'inquinamento.
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Un esempio della struttura di un bagno secco |
Non è meglio un bagno secco?
In Patagonia, terra mapuche, ho avuto la fortuna di assistere a una cerimonia
mapuche – cosa rara per un winka (un non-mapuche).
In un momento di pausa ero in fila ad un ruscello per riempire
d'acqua la mia borraccia. Un ragazzo mapuche mi chiese se nel
mio paese si poteva bere l'acqua dei fiumi. Io gli risposi che
sì, in montagna si può bere, però nelle
altre aree no, perché i fiumi sono inquinati. Glielo
dissi quasi vergognandomi. Lui mi chiese se non c'erano bagni
secchi nel mio paese, io ancora una volta gli dovetti dire di
no, che alcuni ecovillaggi sulle montagne li hanno, però
il numero è insignificante. Lui mi rispose semplicemente
“que malo!”.
Sempre in Patagonia, nella famiglia-comunità mapuche
dove risiedevo e lavoravo, ho sperimentato per la prima volta
il bagno secco e adesso, se potessi scegliere quale bagno usare,
sicuramente userei il bagno secco. Dario, il mio amico mapuche,
aveva anche un ostello, con all'interno un bagno convenzionale
sulla cui parete c'era scritto: “fuori c'è un bagno
secco, è divertente, amico dell'ambiente e da lì
potete godere della vista!”. Dentro il bagno secco c'era
un cartello in spagnolo e in italiano (scritto probabilmente
da una ragazza di Ya Basta passata di lì) che spiegava
in modo divertente l'uso del bagno secco e esordiva dicendo:
“è giunto il momento di assumerci la responsabilità
della nostra merda! Il bagno secco arricchisce la terra anziché
impoverirla”.
Il bagno secco (o bagno a secco, o compost toilet, o dry toilet)
è stato brevettato più o meno nello stesso periodo
in cui si cominciarono a costruire le fognature moderne (nel
1873 da Henri Mouleil) però non ha mai avuto una grande
diffusione, oscurato dal successo del bagno convenzionale.
La principale caratteristica del bagno secco, come suggerisce
la parola stessa, è fare a meno dell'acqua per lo smaltimento
delle deiezioni. Queste inoltre vengono separate, solide da
una parte e liquide da un'altra. Entrambe verranno poi utilizzate
come fertilizzanti per piante e alberi.
L'utilizzo del bagno secco è ovviamente molto semplice
e di fatto non differisce dal bagno convenzionale se non per
il fatto che, una volta sbrigata la pratica, anziché
pigiare un bottone e “tirare l'acqua”, bisogna gettare
all'interno segatura (o cenere) nel caso di deiezioni solide,
sciacquare con un poco di acqua nel caso di deiezioni liquide.
Le feci vengono deposte in un contenitore rimovibile posto al
di sotto della seduta, qui subiscono una rapida decomposizione
aerobica (la funzione della segatura è quella di ridurre
i mal odori) e una volta che il contenitore è pieno viene
rimosso e lasciato a riposare; dopo un periodo inferiore a 6
mesi le feci si saranno trasformate in un ottimo compost per
piante e alberi.
Le urine, grazie a un sistema che può consistere in un
semplice imbuto posto sotto la parte anteriore della tavoletta,
vengono raccolte in un contenitore a parte; diluite con acqua,
diventano anch'esse un nutrimento per la terra, ottimo per gli
alberi da frutto.
Di fatto il compost toilet non presenta alcuno svantaggio rispetto
al bagno convenzionale, eppure accade spesso che persone abituate
al bagno convenzionale storcano il naso se gli si parla di bagno
secco, anche se magari non sanno cos'è né come
funziona. Alcune ditte producono bagni secchi preconfezionati
in versioni simil-bagno convenzionale, con elementi in ceramica
bianca e tutto il resto, tuttavia, se vogliamo assumerci la
responsibilità della nostra merda, tanto vale non delegare
fin dall'inizio e provvedere da sé alla costruzione del
bagno. Visto che spesso è presente in contesti di vita
ecologica è posto al di fuori delle case, per una questione
di praticità, però può benissimo essere
incorporato all'interno delle abitazioni. Inoltre, per la sua
semplicità – non sono necessarie tubature né
materiali particolari – viene spesso auto-costruito in
modo piuttosto spartano con materiali “poveri”,
anche se, in teoria, potrebbe essere realizzato anche in oro
e avorio, cosa che non avrebbe un grande senso, visto che chi
sceglie il bagno secco lo fa per altri motivi che non la comodità
o il lusso, pur non essendo costretto a rinunciarvi: il bagno
secco è un lusso per l'anima e una comodità per
la coscienza.
A parità di costo si può costruire una dry toilet
comoda quanto un bagno convenzionale, tuttavia, con anche meno
di 200 euro e in climi temperati, è possibile costruire
un bagno secco efficiente e più che decoroso utilizzando
tecniche di costruzione alternativa con materiali naturali e
di recupero. Il mio maestro bio-costruttore, il messicano Juan
Carlos Hidalgo (che son sicuro può costruire un bel bagno
secco in due giorni e con ben meno di 100 euro), mi ha insegnato
come basta porre nella maniera giusta una bottiglia di plastica
al di fuori del bagno per trasformarla in una trappola per mosche.
Mi ha anche raccontato di una curiosa festa che aveva organizzato
una sua amica per inaugurare il proprio bagno secco: bere e
mangiare a volontà e gratis per tutti gli invitati, però
era vietato andarsene senza passare prima dal bagno e pagare
“in moneta contante”.
Ciò che è più importante è che il
bagno secco non spreca acqua (il bagno convenzionale spreca
oltre 10 litri ogni volta che viene usato), non inquina l'acqua
e nemmeno la terra, che a fine processo viene addirittura arricchita.
Il bagno secco è un ottimo esempio per insegnare ciò
che l'essere umano dovrebbe diventare: un animale evoluto. Anche
in bagno, come in mille altri campi di battaglia, è già
iniziata la lotta per un'evoluzione dell'umanità. Forse
non sarà abbastanza per ritornare a sguazzare e bere
nei fiumi di città, però se il bagno secco rimpiazzasse
il bagno convenzionale aiuterebbe se non altro a ritrovare degli
esseri umani consapevoli sotto ogni aspetto della responsabilità
di vivere, al posto di persone che tirando uno sciacquone si
liberano velocemente dei loro problemi; ma è una liberazione
illusoria, è il passaggio da una sporca dittatura a una
limpida democrazia.
Michele Salsi
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