letture
Sfida laica all'Islam
di Michel Onfray e Hamid Zanaz
Si intitola così il volume dell'algerino Hamid Zanaz
appena pubblicato da Elèuthera.
Un'analisi critica, molto critica, della religione di Maometto,
di cui viene dichiarata l'impossibilità di una versione
“illuminista”, compatibile con i valori di uguaglianza,
rispetto, diritti umani (e delle donne).
Ne proponiamo in questa pagina la premessa di Michel Onfray
e la prefazione dell'autore all'edizione italiana.
Come i pensatori dell'Illuminismo
di Michel Onfray
Il “politicamente corretto”
della nostra epoca trasforma in islamofobo chiunque abbia l'audacia
di ritenere giusto il pensiero dei filosofi dell'Illuminismo
in merito a religione, laicità, democrazia, ragione e
filosofia. Ebbene, questa parola, islamofobo, è stata
inventata di sana pianta dai mullah per screditare chiunque
non sia musulmano come ortodossia comanda. Tanto che l'impiego
di questo termine situa chi lo sceglie dalla parte degli integralisti
religiosi. Ma la nostra epoca non ha alcuna ragione di inquietarsi:
l'intellettuale non è forse destinato a sposare in massa
tutte le cause totalitarie del suo tempo? Infatti, chi fra i
letterati, i filosofi e gli altri pensatori non è stato
fascista, nazista, comunista, stalinista, maoista, trotzkista
nel corso del XX secolo, così ricco di forche e carneficine?
Da qui deriva il merito ancora maggiore delle rare parole di
Hamid Zanaz, che in maniera molto appropriata sottotitola l'opera
La religione contro la vita. Perché l'autore “dice
pane al pane e vino al vino” e dunque afferma in modo
netto ciò che ogni persona di buon senso dovrebbe dire
forte e chiaro: l'islam è intrinsecamente incompatibile
con i valori dell'Occidente, che sono l'uguaglianza fra uomini
e donne, l'uguaglianza fra credenti e non-credenti, l'uguaglianza
fra le condotte sessuali, l'uguaglianza tra i popoli.
Tali affermazioni convalidano la Dichiarazione dei diritti dell'uomo,
e un musulmano non può sottoscriverle, non per ragioni
congiunturali, ma per ragioni strutturali, dal momento che la
sua religione ignora la separazione fra spirituale e temporale
e postula nel testo stesso del Corano l'ineguaglianza fondamentale
tra l'uomo e la donna, il credente e il non-credente, il musulmano
e il non-musulmano, il fedele e l'apostata, tra il discepolo
di Allah e quello di un altro Dio.
Tolleranza ma non per gli intolleranti
Bisogna leggere il Corano, gli hadith e una biografia di Maometto
per poter parlare di questa religione senza dire sciocchezze
e senza accontentarsi di riprodurre i discorsi rassicuranti
di un'epoca che proclama ai quattro venti che l'islam è
una religione di pace, tolleranza e amore. Hamid Zanaz spiega
in lungo, in largo e persino in obliquo che non è affatto
vero e che difendere una simile idea riporta in auge la vecchia
figura degli “utili idioti” che difendevano a tutti
i costi l'indifendibile marxismo-leninismo durante la guerra
fredda. Per confermare tale giudizio basterebbe leggere i giornali
e tenersi al corrente sull'esistenza che conducono le popolazioni,
gli stati e le nazioni che vivono sotto un regime intellettuale
islamico. Cosa che l'autore fa.
Hamid Zanaz afferma l'impossibilità di un islam illuminista,
di una laicizzazione di questa religione. E riduce in briciole
l'ipotesi di una rilettura contestualizzata, sostenendo che
i versetti di una sura misogina, fallocratica e machista possono
certamente essere messi in prospettiva, prendendo in considerazione
la storia, le condizioni di scrittura, il contesto tribale,
ma comunque li si rigiri questi versetti affermano l'inferiorità
delle donne, la necessità che si coprano i capelli, la
loro inferiorità giustificata e attestata nello stesso
ambito della legge (per esempio, le donne contano meno degli
uomini nelle testimonianze e negli assi ereditari), il matrimonio
combinato, o per meglio dire forzato, le unioni di ragazze giovanissime
con maschi adulti, le mutilazioni sessuali ecc. Che fare allora?
Di certo non adattarsi, ci dice l'autore, ma passare ad altro,
andare oltre. Da qui il senso degli autori scelti per aprire
i capitoli: Nietzsche, Hugo, Sartre, Russell, Beauvoir, Voltaire.
Da qui anche l'elogio dei valori messi a punto dalla filosofia
dell'Illuminismo: la tolleranza, ma non per chi la impedisce
e la combatte con un sistema repressivo, carcerario, militare;
l'uguaglianza dei sessi; la libertà di espressione; la
laicità e la netta e chiara separazione tra l'ambito
temporale e l'ambito spirituale; la democrazia definita come
il libero esercizio della libertà di parola; l'educazione
alla libertà e non l'indottrinamento all'oscurantismo;
la fiducia riposta nella filosofia atea (“il mestiere
del filosofo implica l'ateismo”, dice superbamente Zanaz)
in quanto disciplina di liberazione delle coscienze e di costruzione
di un giudizio autonomo; la costruzione di un individuo post-islamico,
poiché in terra non occidentale l'individuo non esiste,
contano solamente la tribù, la comunità, il gruppo;
la scelta di un modo di vivere edonista nel quale i piaceri
del corpo non siano considerati altrettante vie di accesso alla
dannazione.
Hamid Zanaz parla, nel segno di Schopenhauer e dunque con una
chiarezza pervasa da melancolia, di “fascismo verde”.
L'espressione è pesante, ma è stata accuratamente
soppesata. Nessuna spacconeria, nessuna provocazione, nessuna
sfida, nessuna fanfaronata in questo libro; niente insulti o
disprezzo per il Profeta; niente ingiurie, insolenze o sarcasmi;
nessuna inutile incitazione all'odio; semplicemente, un lavoro
da filosofo, come facevano i pensatori dell'Illuminismo in un
secolo in cui bisognava far avanzare le idee in nome delle quali
si contribuiva ad aumentare la libertà, l'uguaglianza,
la fratellanza, la solidarietà, l'equità, la giustizia:
una battaglia che permane crudamente attuale...
Michel Onfray
Islam:
religione e stato
di Hamid Zanaz
La “primavera araba”
è una montagna che ha partorito un topolino.
In Egitto, come del resto ovunque nel mondo arabo, gli islamisti
dominavano già la piazza; adesso hanno sia la piazza,
sia il potere.
E ormai nessuno può mettere al riparo il paese dal loro
oscurantismo. La Libia è anch'essa sulla via di Allah.
Lo Yemen non potrebbe essere altro che islamista… I giovani
arabi liberali sono poco numerosi. Verranno presto marginalizzati,
al pari dei loro predecessori razionalisti in quella che viene
sbrigativamente chiamata “civiltà islamica”.
Di contro, gli islamisti tunisini troveranno non poche difficoltà
a mettere a tacere i democratici tunisini.
Per quanto riguarda le donne, la situazione è sostanzialmente
simile, anche se la Tunisia non è lo Yemen. E nonostante
la Libia non sia l'Egitto, tutto sommato lo sguardo retrogrado
dell'ideologia islamica nei confronti della donna è praticamente
lo stesso. In tutti i paesi si afferma che la donna è
inferiore all'uomo. Nessuno, o quasi nessuno, osa confutare
apertamente i versetti coranici che sostengono l'inferiorità
della donna: non c'è dibattito possibile di fronte ai
versetti coranici. Un riesame critico dello statuto delle donne
nel corpus giuridico viene condannato da tutti i musulmani.
E in mancanza di un superamento dell'ideologia islamica, la
condizione della donna in questi paesi non può che rimanere
inumana. Allo stato attuale, modificarla equivarrebbe alla quadratura
del cerchio!
Le dittature islamiche non hanno represso gli islamisti perché
questi ultimi erano oscurantisti, un'idea spesso ripetuta ma
del tutto fuorviante. Li hanno repressi solo perché questi
ultimi volevano prendere il potere. Ma di fatto i dittatori
arabi condividevano con gli islamisti la stessa ideologia. Scuole,
piazze, sindacati... ogni cosa era già stata lasciata
nelle mani degli islamisti. Governavano già indirettamente
la maggior parte dei paesi arabi. Ora però sono passati
direttamente al comando. Il voto al posto del colpo di stato.
Pesci nell'acqua
Tutto è stato organizzato in modo che gli islamisti
vincano le elezioni, dappertutto. Perché? Perché
in questi paesi non c'è politica: la gente vota per un
progetto sociale, non per un progetto politico. I regimi dittatoriali
hanno ucciso il politico e incoraggiato il religioso.
I Fratelli musulmani, in Tunisia e in Egitto, dicono di ispirarsi
a un “islam moderato” sull'esempio della Turchia
di Erdogan... Ma in Turchia l'islamismo è giunto al potere
in uno stato laico, o quasi. La laicità ha preceduto
l'islamismo. Ed è quest'ultimo che ha dovuto cercare
di adattarsi. Invece nel mondo arabo è esattamente il
contrario. Non vi è alcuna istituzione statale forte.
Erdogan è condannato a essere “moderato”,
la sua non è affatto una scelta. In un angolo del suo
cervello sopravvive ancora l'impero islamico ottomano. E malgrado
una Costituzione laica, ha continuato a rimettere in discussione
la laicità dello stato da quando è salito al potere.
Proprio lui, che aspira a vedere il suo paese accettato nell'Unione
Europa, ha appena dichiarato in Germania che l'assimilazione
dei musulmani in Europa è un crimine contro l'umanità!
In mancanza di uno stato forte, l'islamismo arabo crea il suo
proprio stato: un'entità religiosa che applica la sharia
alla lettera, come in Arabia Saudita.
Perché gli islamisti trionfano? Perché nuotano
in tutte le società arabe come pesci nell'acqua. A dire
il vero, se non fosse per la barba e il velo, sarebbe molto
difficile individuare le differenze tra “musulmani”
e “islamisti”. Nel corso dei due decenni successivi
alle indipendenze ci è stato ficcato in testa che l'islam
è un Tutto, religione e stato. Svuotando accuratamente
le teste a scuola, sono state aperte le porte all'oscurantismo,
che si è infiltrato senza fatica negli animi. E oggi
si raccoglie ciò che è stato seminato. L'educazione
islamica è obbligatoria in tutti i percorsi scolastici.
Nessuno può sfuggirle. E ai bambini si insegna tutto:
come fare le abluzioni rituali, come pregare, come digiunare,
come difendere l'islam, e persino come preparare un morto, come
lavarlo prima di seppellirlo.
Espellere la religione dalla sfera pubblica
A medio termine, i governi occidentali europei non avranno
problemi ad accordarsi con i nuovi governi islamici al potere,
proprio come hanno sempre saputo accordarsi con i despoti arabi.
Di fatto, l'Occidente è in via di islamizzazione da almeno
due decenni; senza aspettare la “primavera araba”,
si è già ben addentrato nell'inverno islamico.
Ma il futuro dell'Occidente e del mondo intero sarà laico
o non sarà affatto, perché le religioni portano
la guerra come le nuvole portano la pioggia.
L'unica soluzione è dunque espellere la religione dalla
sfera pubblica, renderla un fatto privato: la religione a casa
sua e lo stato a casa sua, come diceva Victor Hugo. Legiferare
senza tener in alcun conto la religione. Il primato è
della cittadinanza. È il credente a doversi adattare
alle istituzioni, non il contrario. Come disgraziatamente già
avviene in Europa.
Con le loro narrazioni e i loro culti, con la loro irrazionalità,
le religioni infantilizzano i loro adepti, in particolare le
donne. Nell'islam, la donna è considerata minorenne a
vita. Ma il pericolo più grande è la guerra, è
l'odio, è la competizione fra le religioni.
Tuttavia, nulla è ancora acquisito in maniera definitiva.
Le minacce sono esplicite e alcuni politici, insieme ad alcuni
esponenti del circuito mediatico, capitolano, rifiutando di
vedere il pericolo nonostante sia visibile a occhio nudo. Le
tre grandi sette monoteiste si alleano tatticamente contro i
diritti universali dell'uomo.
Hanno un nemico comune da abbattere: la laicità alla
francese. La Bruxelles dei deputati europei non porta nel cuore
questa stessa laicità. Nei prossimi anni vedremo elargite
concessioni ferali alle religioni e soprattutto alla più
fortunata di loro, ovvero l'islam. Se le altre religioni hanno
quasi digerito la propria sconfitta, l'islam invece, aiutato
da ogni genere di vigliaccherie, non vuole abdicare.
Molto si è scritto sull'islam, ma i libri che affrontano
la sua vera problematica, ovvero la relazione fra islam ed estremismo,
sono assai rari. Tale relazione intrinseca è il grande
impensato davanti al quale l'élite musulmana si vela
il viso e a furia di commenti e glosse complica ancora di più
le cose.
Perché? A mio parere ci sono due ordini di ragioni differenti.
In primo luogo, i musulmani di nascita o musulmani etnici, credenti
o meno, non osano mettere in discussione la società,
perché nel suo complesso questa è strettamente
intrecciata alla religione islamica, e tutti costoro hanno paura
di tradire qualcosa di profondamente radicato. In secondo luogo,
gli occidentali, per prudenza e per timore di essere accusati
di razzismo, di neocolonialismo e di islamofobia, tacciono o
rimangono acquiescenti. Accademici, scrittori, giornalisti,
saggisti, nati musulmani o meno, antepongono la loro carriera
individuale alla verità e alle sue conseguenze. Tra cui
i processi, che in particolare temono dato che è così
facile a livello giuridico far passare la critica all'islam
come odio per i musulmani.
Tutti costoro non si pongono mai le domande corrette che invece
devono essere poste:
- Perché il mondo arabo esita sempre fra tradizione religiosa
e modernità senza pervenire a un superamento di questa
contraddizione?
- Perché il rischio di passare da una dittatura imberbe
a una dittatura barbuta continua a essere plausibile?
- Perché alla pseudo-primavera araba rischia di seguire
un autunno infinito?
- La specificità dell'islam avrà qualcosa a che
fare con tutto ciò?
- L'islamismo è un figlio legittimo dell'islam?
- Il jihad è una sfida spirituale o una guerra santa?
- Si può abbandonare l'islam?
- Quali sono le ragioni del malessere europeo nei confronti
dell'islam?
- Si tratta di islamofobia o di ragionevole paura dell'islam?
- Il repubblicanesimo e le altre teorie affini devono evitare
di scioccare le sensibilità altrui o devono sottoporre
le religioni, islam compreso, al fuoco della critica razionale?
- L'intellettuale deve aiutare le masse a uscire dalla servitù
volontaria o deve confortarle nelle proprie convinzioni religiose?
Albert Einstein ci aveva già messo in guardia: “La
follia è continuare a rifare la stessa cosa e aspettarsi
risultati diversi”.
Hamid Zanaz
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