ritratti
Un intellettuale libertario
di Javier Barreiro
Lo è stato Francisco Carrasquer (1915 - 2012), figura poco conosciuta del movimento anarchico spagnolo.
Impegno antifranchista, esilio, studi tra letteratura e politica. Sempre dalla parte del popolo, da cui proveniva.
Gli spagnoli arrivati all'età
di Carrasquer (Albalate de Cinca, 1915 - Tárrega, 7 agosto
2012) hanno avuto l'opportunità di vivere così
tante vite che pare quasi impossibile poter riassumere le loro
vicissitudini. Quando Carrasquer nacque, era il momento dell'apogeo
del primo grande conflitto mondiale e in Spagna c'erano la monarchia
e la restaurazione. Seguirono poi la cosiddetta “dictablanda”,
la repubblica, la guerra civile, la dittatura, la transizione,
e poi nuovamente la restaurazione della monarchia costituzionale
con l'integrazione in Europa. Concentrandoci sul singolo individuo,
Carrasquer nacque in un paesino della Spagna in cui la vita
quotidiana era ancora molto simile a quella dei contadini del
Medioevo; già diversi anni prima della sua morte però,
le complicate comunicazioni di un paesino dell'interno con il
resto del paese si erano fatte istantanee. Lo scrittore utilizzava
con destrezza il computer, il telefono cellulare e tutti gli
apparecchi che nel corso del secolo hanno contribuito a modificare
la vita di noi tutti.
Nel frattempo, Francisco era passato dall'infanzia rurale, il
seminario, i primi lavori nel suo paese come contadino e panettiere,
i mille impieghi a Barcellona, le prime esperienze sindacali
e pedagogiche con la Cnt e presso gli atenei libertari, la guerra,
da semplice miliziano a capo dello stato maggiore, il campo
di concentramento in Francia, l'esilio, la prigione e, al suo
ritorno in Spagna, il lungo servizio militare, la lotta antifranchista,
la tortura e poi nuovamente il carcere, l'esilio, gli studi
universitari in psicologia e letteratura, gli anni di docenza
in Olanda, la profusa attività intellettuale e antifascista
con la fondazione di riviste, la pubblicazione di una ventina
di libri e di un centinaio di articoli, traduzioni, collaborazioni
costanti per El Ruedo Ibérico e il Pen Club, i riconoscimenti,
la pensione e il ritorno in una Spagna diversa, nel bene nel
male.
Nel 2006 a questo percorso di vita è stato conferito
il premio de las Letras Aragonesas, rendendo così omaggio
a una traiettoria esemplare, allo stesso tempo civile, intellettuale
ed etica. Forse in modo un po' inaspettato, perché Carrasquer
pare essere tutto il contrario rispetto al prototipo del rappresentante
delle lettere a cui sovente vengono assegnati questi tipi di
premi.
L'opera di Carrasquer effettivamente non è nota quanto
meriterebbe, problema comune a tutti gli esiliati, che vissero
brevi anni di fulgore negli anni precedenti e successivi alla
morte di Franco e che poi rimasero vittime delle movidas,
delle disillusioni, delle banalizzazioni e dei mercantilismi
dell'industria culturale. Nel caso del nostro uomo, allo status
di esiliato bisogna aggiungere poi quello di aragonese –
anche se per stanchezza eviteremo di affrontare il topico, tra
l'altro veritiero, della disaffezione che la terra prova per
i suoi figli esemplari – e, soprattutto, lo status di
libertario. Carrasquer, uomo dalla solida formazione culturale
e filosofica, come dimostrano la sua bibliografia e il suo denso
curriculum accademico, si è schierato a sinistra, pur
essendo odiato e calunniato da una parte e dall'altra. La sua
opera continuerà quasi per certo a rimanere nel silenzio
se i vertici del potere culturale – che negli ultimi decenni
hanno condiviso le infamie politiche, la stoltezza accademica,
la sfacciataggine commerciale e l'analfabetismo della stampa,
il tutto ben addobbato di corruzione – non procedono a
un'inversione di rotta, cosa che riteniamo molto poco probabile.
Accada quel che accada, Carrasquer ha sempre preso tutto questo
con distacco e ironia, come si può costatare in un suo
articolo intitolato significativamente Cómo no triunfar
en la vida.
In contatto con gli ambienti anarchici
L'esempio civile di Francisco Carrasquer, la sua ricerca intellettuale
e il suo significato storico dovrebbero essere un punto di riferimento
inevitabile per tutti gli aragonesi mossi da inquietudini sociali
culturali o, almeno, con un po' di sensibilità storica.
L'ingiustizia, l'indigenza e la dignità delle scale di
valore, tanto frequenti in Spagna, spesso hanno spinto chi ricordava
quello che avrebbe potuto essere e che non fu a dimenticare
quella “Spagna della rabbia e dell'idea”, dell'eterodossia,
in cui molti aragonesi, da Miguel Servet a Sender, di cui tanto
si è occupato il nostro uomo, ebbero un ruolo protagonista.
La vita di Francisco Carrasquer è un continuo spendersi
in favore della lotta per la libertà e per la cultura.
Suo padre Félix era segretario comunale e del sindacato
dell'approvvigionamento idrico, ragion per cui la loro posizione,
in confronto alla generale povertà dell'epoca, era relativamente
agiata. Sua madre, Presentación Launed, morì affogata
mentre lavava i panni in un canale quando Francisco aveva appena
sei anni. Il padre si unì in seconde nozze con Mariana
Alaiz, sorella dell'allora importante scrittore anarchico Felipe
Alaiz, a cui Carrasquer dedicò un libro. A dieci anni
Francisco entrò nel seminario di Lérida: “Credo
che l'inclinazione per il seminario mi sia venuta per evitare
di dover andare con i figli dei ricchi del paese, che frequentavano
le scuole di Barbastro e di Huesca. Preferivo stare con i ragazzi
poveri”. Quattro anni dopo, perduta la fede, decide di
appendere l'abito e di “rimboccarsi le maniche per mantenersi
da solo e non dovere niente a nessuno”. Presto sarà
la volta di Barcellona, dove rimane vivamente impressionato
dall'euforia popolare che sfocia nella proclamazione della II
repubblica.
È già entrato in contatto con gli ambienti anarchici
e in un breve soggiorno nel suo paese riesce ad assistere alla
proclamazione del comunismo libertario nella regione del Cinca,
episodio che per suo padre e per altri compagni della zona significò
il carcere. Al suo ritorno a Barcellona, con l'aiuto del fratello
José, maestro, frequenta le scuole superiori dando allo
stesso tempo lezioni presso la Scuola razionalista Eliseo Reclús
e l'Ateneo de las Corts, diretto dal fratello. Quando il 19
luglio 1936 scoppia il sollevamento militare è tra i
primi a guidare la resistenza delle caserme di Pedralbes e Caballería.
In questi scontri assistette alla morte di Francisco Ascaso.
Nel suo libro, Ascaso y Zaragoza. Dos pérdidas: la
pérdida (2003), sostiene che questa morte ebbe un'importanza
decisiva per il decorso della guerra. Nel fragore rivoluzionario
di tali eventi, cercò di evitare il saccheggio del convento
de los Descalzos rivolgendosi alla folla, riuscendo così
a risparmiare le vite dei religiosi e a mettere in salvo le
grandi ricchezze artistiche lì conservate. Partì
immediatamente per il fronte come miliziano ma venne presto
nominato tenente (jefe de centuria) e fece tutta la guerra
in prima linea, insegnando a leggere e scrivere ai combattenti
analfabeti. Quando, il 10 febbraio 1939, attraversò la
frontiera francese, era capo dello stato maggiore della 119
brigata.
Dopo sette mesi trascorsi nel campo di concentramento di Vernet
d'Ariege, la guerra mondiale e le vessazioni dei nazisti lo
obbligano a tornare clandestinamente al suo paese, dove presto
viene fermato, incarcerato e incorporato forzatamente al tabor
nº 5 dei regolari in Marocco, dove dovrà passare
tre anni. Verso la fine del 1946, congedato dall'esercito, viene
fermato per aver redatto un manifesto dell'Alianza democratica,
viene torturato e viene rimesso nuovamente in carcere per altri
sei mesi. Grazie alla libertà condizionale, nel 1948
riesce a terminare le scuole superiori. Scrive quindi il suo
primo libro, Manda el corazón, un romanzo rosa
con i cui ricavati riuscì a pagarsi la retta universitaria.
Quando stava per essere emessa la sentenza del tribunale, decide
di attraversare la frontiera e nel 1949 lascia la Spagna.
Carrasquer ha appena trentaquattro anni e ha già vissuto
diverse vite, provando sulla sua pelle il trattamento che la
Spagna del XX secolo ha riservato a molti dei suoi figli. A
partire da questo momento inizia l'esilio, che però avrà
in serbo per lui anche gli anni più felici. Dopo aver
frequentato psicologia alla Sorbona gli viene proposta una collaborazione
culturale per una radio internazionale olandese. Insegna dieci
anni letteratura spagnola presso l'Università di Groninga
e diciotto presso quella di Leiden, dove ha presentato la prima
tesi dottorale europea su Ramón J. Sender, autore di
cui è lo specialista più fecondo. Ha fondato anche
due importanti riviste dedicate all'ispanismo: Norte
(Leiden, 1957-1971) e Revista de Accidente (Leiden, 1975-1979),
ed è stato direttore di Molinos (Amsterdam, 1982-1984).
Alle opere di poesia e saggistica aggiunge la traduzione di
decine di libri. Tra i principali, una voluminosa Antología
de la poesía holandesa moderna (1971) e l'opera maestra
della letteratura olandese, Max Havelaar, di Multatuli
(1975). Nel frattempo gli erano stati concessi i premi nazionali
di traduzione in Olanda (1960) e in Belgio (1963), e aveva ricevuto
il titolo di Commendatore dell'ordine di Oranje-Nassau (1980)
per la sua opera di diffusione della cultura dei Paesi Bassi.
Nel 1985 torna in Spagna, riceve l'ordine del merito civile
per il suo lavoro di ispanista e va ad abitare a Tárrega,
paese natale di sua moglie María Antonia, dove ha continuato,
instancabile, il suo lavoro intellettuale.
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Francisco Carrasquer |
Un sorta di timidezza
Lucido e pressoché sconosciuto, Carrasquer è
uno degli intellettuali libertari dall'opera più solida
e sfaccettata, che trova il suo apice nel saggio di filosofia
politica El grito del sentido común (1994), in
cui raccoglie il suo pensiero sociale. Tra gli altri studi,
bisogna mettere in rilievo Felipe Alaiz, estudio y antología
del primer escritor anarquista español (1977), La
literatura española y sus ostracismos (1980), Holanda
al español (1995), voluminoso trattato sulla cultura
olandese, e Ascaso y Zaragoza. Dos pérdidas: la pérdida
(2003), personale e acuta visione della guerra civile che, come
si è detto, rappresenta anche un contributo appassionato
e documentato sullo spessore di questo quasi dimenticato personaggio,
arricchito da argomentati excursus sul dilemma tra “guerra
o rivoluzione”, sulla nozione di “popolo”
e da altre riflessioni sulla recente storia spagnola. Al suo
rigore documentale ed espositivo, unisce la scioltezza e l'originalità
che denotano uno scrittore di grande calibro. Nemmeno nei suoi
scritti critici si lascia trasportare dalla farragine professorale
e nelle sue testimonianze non rinuncia mai a una prosa originale,
ricca di immagini e di intelligenza.
Carrasquer è, d'altra parte, lo studioso che, senza ombra
di dubbio, con più assiduità si è occupato
di Sender1, a partire dalla pubblicazione
della sua tesi nel 1968, con cinque libri monografici, due edizioni
critiche e un'antologia poetica della sua opera. Si tratta,
pertanto, di un totale di otto libri dedicati all'autore di
Chalamera, oltre ad altri lavori sparsi. L'affinità tra
di loro la spiega lo stesso Carrasquer con la prossimità
delle loro origini – i rispettivi luoghi natali distano
appena dieci chilometri l'uno dall'altro –, della loro
formazione e delle loro vicissitudini durante la guerra e l'esilio.
Oltre a questo si ricordi che avevano solo quindici anni di
differenza, ossia, una sola generazione. Cronologicamente, Sender
apparteneva a quella del '27, mentre Carrasquer –tre anni
più giovane di Ridruejo, per voler fare un esempio–
rientrerebbe in quella del '36. Altri tratti in comune, a parte
le naturali diversità nell'intenzione, nell'attitudine
e nel genere, potrebbero riscontrarsi nell'eterogeneità
delle tematiche, nello stile spontaneo e nel vario sostrato
culturale svincolato da scuole o schemi.
Sia nei saggi su Sender sia negli altri, indipendenza, chiarezza,
poco timore di cadere nel “politicamente scorretto”
e una speciale enfasi vendicativa costituiscono i tratti propri
delle prospettive di Carrasquer, la cui personalità si
avvicinava più all'affabilità, perfino a una sorta
di timidezza, piuttosto che allo scontro e all'attacco, anche
se nella sua traiettoria personale ha sempre avuto come priorità
la difesa incorruttibile dei suoi principi, anche in circostanze
tanto avverse come la guerra, la resistenza interna e l'esilio.
Nonostante i suoi incarichi universitari, assistiamo anche a
una sorta di rifiuto dell'ufficialità accademica, come
si denota dal registro colloquiale della sua prosa e dalla maggiore
fiducia negli argomenti di ragione piuttosto che negli
sterili schemi perpetrati da tanti costruttori di curricula
le cui produzioni ci riservano abitualmente una sensazione di
irrilevanza.
Ignorato dai centri di potere giornalistici ed editoriali, Carrasquer
non ebbe fortuna nemmeno in ambito universitario. Esilio, idee
libertarie e un carattere per niente propenso a coltivare false
amicizie o arrivismi non devono aver giocato a suo favore. E,
come si è affermato, nemmeno il suo stile e il suo modo
di ragionare corrono paralleli ai canoni accademici, che presuppongono
asepsi, pensiero castrato, fuga dall'originalità e il
mantenersi saldi entro i binari dell'inerzia, della meritocrazia,
con l'obiettivo fisso della carriera. In ogni caso, la naturalezza
e la mancanza di affettazione sono caratteristiche che condivide
anche con il suo ammirato Sender, con cui ha intrattenuto una
ricca corrispondenza.
Oltre alla saggistica, il lavoro letterario del nostro autore
si è concentrato fondamentalmente sulla poesia2:
Cantos rodados (1956), Baladas del alba bala (1963),
Vísperas (1969), Palabra bajo protesta
(1999) y Pondera… que algo queda (2007), Poesía
completa (2007) e Poemario aleatorio (2010), libri
caratterizzati dalla varietà del registro (intellettuale,
epico-esistenziale, sociale, amoroso…) e da un'energia
che potremmo considerare whitmaniana, con tracce di quel concettismo
così profondamente intessuto nel pensiero e nello stile
del poeta. La percezione di Carrasquer è sempre analitica
ma si stabilisce continuamente un gioco di priorità tra
la ragione e i sentimenti. Senza riporre troppa fiducia né
in una né negli altri, la via di uscita è il gioco
linguistico, l'ironia. Greve, se vogliamo, ma sempre con uno
sguardo ironico, quando non prevale quell'espressionismo iberico
che in questo pensatore pan-ispanico si riscontra ovunque, soprattutto
in Baladas del alba bala che, secondo il suo stesso parere,
è la sua opera poetica più indovinata, che corrisponde
al suo momento poetico più audace e originale.
Si uniscano a tutto questo i suoi scritti, purtroppo inediti,
tra cui bisogna ricordare anche un romanzo, Los centauros
de Onir3, un saggio su Miguel
Servet, autore di cui fu un grande specialista, come lo fu di
Spinoza o di Rembrandt, e alcuni saggi di arte moderna4,
passione che lo portò ad aprire una galleria ad Amsterdam.
D'altra parte, con il suo fecondo lavoro di articolista, ha
lasciato traccia della sua profondità, della giustezza
delle sue analisi letterarie e del suo impegno sociale e antifascista,
tanto da arrivare a essere uno dei collaboratori più
assidui dei Cuadernos de El Ruedo Ibérico, diretti
dal suo intimo amico José Martínez, uno degli
uomini più lucidi e dimenticati della resistenza spagnola.
Se uno dei temi più costanti nell'opera di Carrasqueer
è stato la defezione degli intellettuali spagnoli rispetto
alla causa popolare, la sua vita e l'opera dimostrano che lui
è stato esempio di tutto il contrario: un uomo del popolo
che, nelle più svariate circostanze, ha ottenuto una
rigorosa formazione intellettuale dedicata alla causa di chi
non ha avuto nulla.
Javier Barreiro
traduzione di Arianna Fiore
grazie a Fernando Ainsa per la segnalazione
Note
- Troviamo un'antologia dei suoi studi sul romanziere in Sender
en su siglo (Edición de Javier Barreiro), Huesca,
Instituto de Estudios Altoaragoneses, 2001.
- Per un approfondimento si veda: V. Javier Barreiro, “Palabra
bajo protesta (Antología poética)” di
Francisco Carrasquer, Alazet. Revista de Filología
nº 11, Huesca, 1999, pp. 343-345.
- Un frammento di quest'opera viene riprodotto in El altruismo
del superviviente (Edición de Javier Barreiro),
Saragozza, Gobierno de Aragón, 2007, pp. 105-122, antologia
dell'opera dell'autore pubblicata in occasione della concessione
del Premio de las Letras Aragonesas.
- Uno dei suoi ultimi saggi pubblicati, Miguel Servet,
Spinoza y Sender. Miradas de eternidad, Saragozza, Prensas
Universitarias, 2007, riuniva lavori su alcuni di questi autori.
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