potere e movimenti/2
Volontà di rivolta
di Antonio Senta
Dalla Spagna all'Islanda, dalla Svezia agli Stati Uniti, in tutto il mondo si sono succeduti negli ultimi anni scioperi, proteste, cortei, segni inequivocabili di una conflittualità sicuramente variegata ma altrettanto sicuramente globale.
E indice di una rabbia e di un disagio che non conoscono frontiere.
“Tutto il mondo sta esplodendo...”
Canzoniere Pisano (1971)
Negli ultimi anni il mondo, anche
nella sua parte occidentale, è stato attraversato da
una serie di movimenti sociali di protesta eterogenei tra loro,
ma accomunati da una volontà di rivolta contro quella
lotta di classe dei ricchi contro i poveri, o austerity,
di cui ho scritto nell'ultimo
numero di “A Rivista”. Do qui un elenco, parziale
e frammentario, di alcune espressioni di questa indubbia agitazione,
concentrandomi su alcuni tra i fatti più eclatanti avvenuti
in Europa e Nord America, i cortei e le iniziative più
partecipate e combattive, in particolare nelle capitali.
In Francia nel 2005 in seguito alla morte di due adolescenti
inseguiti dalla polizia le banlieues francesi sono esplose
divampando letteralmente di rabbia. È la rivolta più
estesa dal maggio 1968, sedata solo con uno stato d'emergenza
di tre mesi. È l'urlo di generazioni che covano un'indignazione
disperata e distruttiva a cui decidono di dare sfogo, per riscattare,
anche solo per qualche notte, la mancanza di una prospettiva
dignitosa di vita.
L'anno successivo è la volta del movimento contro il
Cpe, il “Contratto di primo impiego”, che vorrebbe
legalizzare il licenziamento senza giusta causa nei primi due
anni di lavoro. Una primavera di manifestazioni con milioni
di persone, blocchi stradali, occupazioni di fabbriche, uffici,
scuole e università rispedisce al mittente questo progetto
e il presidente Chirac è costretto a ritirarlo.
Nel giugno 2007 a Heilegendamm e Rostock, in Germania, durante
il G8 le proteste si fanno sentire: assedio della zona rossa,
attacco ai simboli del capitalismo, scontri con la polizia che,
forte di tredicimila uomini, usa il pugno di ferro causando
almeno cinquecento feriti tra i manifestanti.
È solo un assaggio di quello che succede un paio di anni
dopo. Nel 2008 l'uccisione dell'adolescente anarchico Alexi
Grigoroupulos ad Atene provoca settimane di battaglia tra manifestanti
e polizia in tutto il paese: scontri con la polizia, barricate,
assalto a ministeri, decine di commissariati e banche. Il movimento
anarchico è presente in piazza con grande determinazione.
La rivolta del 2008 non è solo una fiammata circoscritta
ma diventa l'inizio di un movimento più vasto contro
la crisi economica che attraversa il paese fino a oggi, con
particolare forza nel corso del 2011 e del 2012. Mese dopo mese
centinaia di migliaia di persone scendono in piazza ripetutamente
nonostante la pesante repressione, spesso scontrandosi con le
forze dell'ordine (cfr. “Umanità Nova” dicembre
2008-gennaio 2009). Il 13 febbraio 2012 La Repubblica titola
in prima pagina: Sì all'austerity, Atene Brucia. Centomila
in piazza: “Basta sacrifici” e il Corriere della
Sera le fa eco: Fiamme, scontri, black bloc scatenati mentre
si votano i tagli. Guerriglia contro i sacrifici chiesti dalla
Ue. Non è sensazionalismo massmediatico, la rivolta
è continua, estesa e radicale, i compagni agiscono fianco
a fianco al popolo e rimangono sorpresi dalla volontà
generale di non piegarsi di fronte a un attacco sociale senza
precedenti (cfr. il documento dei compagni greci: La prima
grande vittoria degli anarchici e la lente deformante dei mass
media).
Gli scioperi generali si succedono uno dopo l'altro accompagnati
da mobilitazioni locali, assemblee di quartiere ed esperienze
di autogestione, come, tra le tante, quella della Vio.Me di
Salonicco. Gli operai di questa fabbrica di materiali edili,
la cui proprietà aveva deciso di chiudere l'attività
nel maggio 2011, occupano gli stabilimenti, riconvertono la
produzione, cominciando a fare detersivi naturali supportati
da un comitato di solidarietà in cui sono attivi anche
diversi anarchici. Ogni giorno i lavoratori decidono in assemblea
le mansioni assegnando a ognuno a rotazione incarichi diversi.
I prodotti sono distribuiti all'interno di circuiti di economia
solidale (cfr. viome.org
e Jamila Mascat, Così siamo ripartiti nella Grecia
in default, “Il Manifesto”, 6 agosto 2013, p.
6).
Occupy e non solo
In Inghilterra in occasione del G20 dell'aprile 2009 Londra
è attraversata da cortei, che in alcuni casi riescono
a superare i cordoni di polizia e irrompono in diverse banche.
La reazione della polizia è brutale e nelle cariche muore
un passante, Ian Tomlinson, spintonato a terra da un agente.
Un anno e mezzo dopo, nel novembre 2010, sono invece decine
di migliaia di studenti a provare a reagire al piano del governo
di triplicare le tasse di iscrizione alle università,
portandole da 3mila a 9mila sterline l'anno. Il governo, sordo
di fronte alla protesta, riuscirà poi nel proprio intento.
In quelle settimane a Londra un corteo sfocia nell'assalto al
quartier generale dei Tory a Millbank Tower e riesce a far sventolare
dal tetto una bandiera rossa e nera. I video mostrano pienamente
il significato di una rivolta che dilaga per alcune settimane
nei vari centri universitari del paese (vedi ad es. youtube.com/watch?v=mdnONFlyHuk).
Il 26 marzo dell'anno successivo circa cinquecentomila lavoratori,
studenti e attivisti marciano per le strade di Londra. Anche
in questa occasione alcuni spezzoni del corteo attaccano banche
e sedi di multinazionali. In Trafalgar square e in Oxford circus
in migliaia si scontrano con la polizia fino a notte fonda.
Alcuni mesi più tardi, a inizio agosto 2011, in seguito
a un omicidio poliziesco in uno dei quartieri col reddito medio
più basso della capitale (Tottenham Hale), viene convocata
una manifestazione che sfocia in una serie di scontri con gli
agenti. Presto gruppi di giovani prendono d'assalto negozi,
portando via la merce, costruiscono barricate e mettono la città
a ferro e fuoco. Per giorni quando cala la notte si accendono
i fuochi e da Londra la rivolta si propaga a Manchester, Liverpool,
Brixton, Birmingham, Nottingham e in altre città inglesi.
Il moto si esaurisce a fronte di una repressione che non lascia
scampo. Ancora una volta, come nelle rivolte delle periferie
francesi, la dimensione materiale esprime il disagio e la rabbia
degli strati più bassi della popolazione contro una società
divisa, socialmente e geograficamente in classi, oppressiva
e militarizzata (cfr. GC, Londra, i riots e la sfida ai movimenti
in zic.it/opinioni-londra-i-riots-e-la-sfida-ai-movimenti/).
Nell'autunno del 2011 alcune decine di attivisti occupano la
piazza antistante la cattedrale di St. Paul, in solidarietà
col movimento Occupy Wall street; crescono ben presto di numero
e ci rimangono per quattro mesi fino a che la polizia non li
sgombera con la forza.
In Islanda, nell'inverno 2008/2009, in seguito al crollo della
moneta, le proteste sono così insistenti da ottenere
le dimissioni del primo ministro e l'indizione di un referendum
nel quale il 93 per cento della popolazione vota contro la restituzione
del debito statale (3 miliardi e mezzo di euro, cioè
12mila euro a cittadino) a Gran Bretagna e Olanda. Il risultato
del referendum è rispettato dal governo e alla fine del
2012 viene redatta una nuova Costituzione nella quale vengono
rafforzati lo strumento referendario e le leggi di iniziativa
popolare (cfr. Valerio Monteventi, Islanda / La rivoluzione
silenziata, in zic.it/islandala-rivoluzione-silenziata/
e Daniela Palma e Guido Iodice, Modello Islanda?, “Micromega”,
4/2013).
Negli Stati Uniti, dove nei suburbs di molte grandi aree
metropolitane il numero dei residenti poveri eccede la metà
della popolazione, nel settembre 2011 viene occupato Zuccotti
park in mezzo al district finanziario Wall street, a New York,
dando vita a una mobilitazione inedita che ha un'enorme eco
in giro per il mondo. Manifestazioni e blocchi stradali si alternano
con la creazione di una socialità altra. Migliaia di
persone sono coinvolte nelle attività: distribuiscono
tremila pasti al giorno, forniscono assistenza sanitaria gratuita,
organizzano una biblioteca di quattromila volumi. Il movimento
Occupy si allarga a moltissime città statunitensi. A
Oakland, in California, si comincia dall'occupazione di una
piazza per continuare con lo sciopero generale e il blocco del
porto: molti compagni parlano di una radicale, e radicata, protesta
antisistemica che viene affrontata dall'autorità a suon
di centinaia di arresti.
Il Primo maggio 2012 è una giornata storica. Cortei da
est a ovest, passando per il nord, in una grande giornata di
lotta che unisce i lavoratori e le lavoratrici, i precari e
le precarie, i migranti e le migranti di tutto il mondo.
Il 30 agosto 2013 in circa sessanta città americane si
svolgono scioperi, picchetti, occupazioni e cortei per la terza
grande mobilitazione dei Fast Food Workers, per l'aumento del
salario minimo a 15 dollari l'ora e il diritto di organizzarsi
in sindacato.
In Quebec, a Montreal e in altre città, nel corso del
2012, a fronte del progetto di aumentare le tasse, gli studenti
della scuola e dell'università scioperano per sette mesi
consecutivi. È qualcosa di assolutamente inedito e che
mette in discussione tutto il sistema dell'istruzione basato
sui prestiti bancari agli studenti, tanto che il governo è
costretto a ritirare il provvedimento.
Anche in Olanda nel febbraio 2010 al centro delle contestazioni
è il mondo dell'istruzione. Qui il disegno di legge,
appoggiato da tutte le forze politiche, prevede l'aumento delle
rette e la cancellazione del sussidio per i fuori sede. Ad Amsterdam
le università sono occupate e si tengono diverse manifestazioni,
come non si vedevano da anni (cfr. Bart Funnekotter and Derk
Walters Students protest to keep Dutch student grant,
“NRC”, 2 febbraio 2010).
Indignados ovunque
La Spagna ha avuto un enorme ruolo nel dare vita a un immaginario
di contestazione alle politiche globali di austerity. Il 15
maggio 2011 gli indignados invadono Plaza del Sol a Madrid
e le piazze di tutte le principali città: danno vita
ad acampadas che resistono diverse settimane. Nasce un
movimento esteso, plurale e popolare in grado di dare vita a
una larga mobilitazione tutt'ora in atto, seppur in modi, tempi
e forme diverse. Vi partecipano diversi compagni anarchici e
libertari che contribuiscono a sedimentare pratiche autorganizzate
e conflittuali. I suoi simboli, come il volto di Guy Fawkes
nel fumetto V per Vendetta, il concetto di indignazione
morale contro il sistema contagiano l'immaginario dei giovani
di mezzo mondo, che hanno fatto proprio il senso profondo della
mobilitazione spagnola: organizzarsi in maniera diretta orizzontale
e ugualitaria per cambiare le cose qui e ora è di per
sé rivoluzionario (cfr. ad es. Laura
Orlandini, Tempi duri a Barcellona, “A Rivista
Anarchica”, estate 2012, e Steven
Forti, Due anni dopo, “A Rivista Anarchica”,
estate 2013).
In Portogallo tra il 2011 e il 2012 quella che viene chiamata
la Geração À Rasca (generazione
rovinata) riempie ripetutamente le piazza contro le manovre
economiche e i tagli al welfare e sono indetti scioperi
generali da parte dei sindacati, cosa che non succedeva da venti
anni. Nel maggio 2011 70mila manifestanti solo a Lisbona denunciano
all'opinione pubblica come la precarietà sia l'unico
orizzonte possibile per una larga fetta della popolazione.
Tra il 2012 e il 2013 la Slovenia è scossa da una serie
di manifestazioni popolari che attraversano tutto il paese da
Maribor sino ai centri più piccoli. Sotto accusa è
l'intera classe politica e, per alcuni settori della protesta,
il sistema capitalistico e statale. Anche in questo caso i gruppi
anarchici hanno preso parte attivamente alla mobilitazione che
si articola attraverso assemblee popolari e di quartiere (cfr.
Slovenia. Non discriminiamoli sono tutti finiti, “Germinal”
n. 118, maggio 2013, pp. 11-12).
In Bulgaria nel febbraio 2013 le proteste di massa contro il
carovita (in particolare contro la forte impennata delle tariffe
elettriche) e le misure di austerità in vigore nel paese
causano le dimissioni del primo ministro e dell'intero gabinetto
da lui guidato. Ciò avviene dopo un crescendo di manifestazioni
caratterizzate, a Sofia, anche da violenze della polizia e scontri
(cfr. radiondadurto.org/2013/02/21/bulgaria-governo-dimissionario-ma-le-proteste-continuano/)
Così accade in Romania, nel gennaio 2012 quando l'aumento
delle tasse, il taglio del 25 per cento degli stipendi nel settore
pubblico e del welfare sanitario fanno scendere in piazza
alcune migliaia di persone che chiedono le dimissioni del governo,
sia a Bucarest, dove ci sono scontri con la polizia, sia a Cluj,
Timisoara e Iasi (cfr. radiondadurto.org/2012/01/16/romania-non-si-fermano-le-proteste-anti-austerity-quinto-giorno-di-disordini/?utm_source=twitterfeed&utm_medium=twitter).
In Italia, a Roma il 14 dicembre 2010, mentre dentro l'aula
parlamentare si gioca un duello tutto loro tra Berlusconi e
Fini, fuori una gran quantità di giovani e giovanissimi
avanzano dopo un lungo giorno per il centro città e il
lungotevere e attaccano i cordoni di polizia in via del Corso
direzione Montecitorio. Celere e blindati reagiscono, la piazza
risponde ancora: per le forze dell'ordine non è facile
respingere i manifestanti e ripulire prima la stessa via del
Corso e poi piazza del Popolo, dove la resistenza è corale.
Meno di un anno dopo il 15 ottobre 2011, data transnazionale
lanciata dagli indignati spagnoli, esplode ancora la rabbia
da parte di un settore minoritario del corteo: vengono attaccate
banche, saccheggiato un supermercato fino a che in piazza San
Giovanni sono in migliaia a fronteggiare le cariche per ore.
Dopo questa giornata impazza, ancora una volta, il dibattito
sulla violenza (cfr. “A Rivista Anarchica”, dicembre
2011), alcuni condannano lo stravolgimento della manifestazione,
altri sottolineano la positività delle “ore di
resistenza” in piazza (cfr. Alcuni anarchici in Romagna,
Incazzati! Comunicati e annotazioni sulla manifestazione
a Roma del 15 ottobre 2011, tratti dalla rete).
Ancora, il 14 novembre 2012 in occasione di uno sciopero generale
in vari paesi europei, ci sono cortei contro l'austerità
in molte città italiane. A Roma la polizia, su disposizione
precisa del ministero degli interni (Anna Maria Cancellieri),
carica più volte lanciando lacrimogeni persino dal palazzo
di giustizia su un corteo pacifico, per fermare da subito un
nuovo movimento di protesta fatto di giovani e giovanissimi,
erede di quello contro la Gelmini nel 2010: scenari che si ripetono
anche in altre città.
In Svezia, nel giugno 2013 le periferie di Stoccolma, di Göteborg
e Malmö sono in fiamme. Anche qui l'austerity erode
il welfare. Come nelle banlieues parigine e nei
sobborghi londinesi l'omicidio di un uomo è la miccia
di uno scontro. Come affermano gli attivisti del collettivo
Magafonen, il quartiere Husby di Stoccolma (11mila abitanti),
dove gli incendi delle periferie hanno avuto inizio, non è
la periferia più povera o svantaggiata, ma quella dove
le lotte sociali sono al livello più alto, e sono andate
avanti per più tempo e portando a più vittorie
e conquiste. Proprio come a Parigi e a Londra disoccupazione,
scuole carenti, razzismo strutturale e smantellamento del welfare
sono le cause sottostanti di una rivolta che trova nella distruzione
e nell'incendio, in particolare di automobili e commissariati,
la propria pratica (cfr www.megafonen.com).
Antonio Senta
Il primo di questa serie di scritti di Antonio Senta su
potere e movimenti è apparso, sotto il titolo “La
lotta di classe dei ricchi contro i poveri”, sullo
scorso numero della rivista. Ne sono previsti altri due o tre,
nei prossimi numeri di “A”. Data l'importanza del
tema trattato e la varietà delle opinioni presenti in
campo anarchico e libertario, stavamo per scrivere “il
dibattito è aperto”. Ma suggeriamo di attendere
la pubblicazione completa della serie di articoli prima di “aprire”
il dibattito, nel quale interverremo anche noi della redazione,
con la nostra specifica sensibilità e posizione sulla
questione della violenza e senza alcun timore di esprimerla
come quando, nel luglio 2001, prendemmo posizione contro i cosiddetti
“black block” e le loro azioni durante il G8 a Genova.
O, più recentemente, proprio in merito alla giornata
del 15 ottobre 2011 a Roma, citata da Antonio, un esempio tra
i tanti di uso sconsiderato e provocatorio della violenza da
parte di alcuni manifestanti, “sulla testa” dei
partecipanti a una dimostrazione.
Quindi... il dibattito sarà aperto.
la redazione
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