Calabria/
Te lo dico con una “strina”
Il paesino di Lago, in provincia di Cosenza, conta circa tremila
residenti ed è molto conosciuto in Calabria per la tradizione
della strina e, in generale, per un peculiare e (per me) molto
positivo individualismo di molti dei suoi cittadini, in accordo
al quale seguono più fedelmente ciò che balena
loro nella mente piuttosto che idee-forma precostituite.
La “strina” (strenna) comunque appartiene a una
tradizione folklorica più ampia del solo paese di Lago
e generalmente ha carattere di questua (cantarla e poi ricevere
del cibo), di lode per il gesto di accoglienza di qualcuno che
ti ospita, oppure di buon augurio. A Lago invece assume connotazioni
diverse quali quelle di una poesia dal sapore ironico e sarcastico.
I testi analizzano e commentano eventi recenti, sia di costume
che politici. Conosciamo strine di denuncia, di protesta, di
rimprovero o di scherno mirate a “colpire” il diretto
avversario ma anche terzine d'amore appassionato rivolte a ragazze.
“Da qualche decennio si svolge a Lago una rassegna-festival
delle strine, con carattere meno protestatario, più moralistico,
esistenziale e di sfottò. I Suonatori Libertari Calabresi,
nel loro cd, hanno sapientemente recuperato una strina dal carattere
fortemente libertario: A Strina du Judeu. Il carattere
anarchico di questa strina è stato evidenziato, qualche
anno fa, anche dal collettivo musicale dei Dedalus di Cosenza
in un libretto che accompagnava una loro registrazione del canto.”
Per quanto riguarda la tecnica musicale e le sue trasformazioni
nel tempo non intendiamo, in questa occasione, entrare nel merito
(ne scriveranno, ci auguriamo a breve, amici e compagni esperti
in materia). Possiamo, per il momento anticipare qualche notizia
sull'origine della strina. La terzina di endecasillabi che i
laghitani tradizionalmente compongono e cantano, al suono delle
chitarre e dei mandolini, sembra derivi dal trimetro giambico
(quella giambica era una poesia simposiale della Grecia arcaica
nata intorno al VII secolo a.C., caratterizzata da turpiloquio,
invettiva, osceno e ridicolo). Questo genere di poesia fu perfezionato
da Archiloco di Paro, un poeta greco che, secondo Erodoto, visse
tra il 690 e il 630 a.C.
A Lago, in origine, le strine venivano cantate andando nelle
case e poi banchettando, proprio come si ricorda nella tradizione
greca. Un'altra versione suppone che la strina derivi dai Saturnali
romani, nei quali veniva concesso agli schiavi la possibilità
di dire tutto ciò che volevano. Ma può anche darsi
che queste interpretazioni possano essere messe in discussione
in favore di origini più vicine.
Nel cd dei Suonatori Libertari Calabresi prodotto dalla Società
Altra di Spezzano Albanese dal titolo Quannu vene l'anarchia
i testi delle canzoni rispettano fedelmente le caratteristiche
poetiche, politiche e musicali del canto anarchico tradizionale.
I canti raccontano di ingiustizie, utopie, voglia di lotta e
di riscatto degli abitanti di una terra che appare quasi immobile,
che, come direbbe Ivano Fossati, sembra “asciugarsi al
sole”.
Tra le canzoni più belle contenute nella raccolta vi
è senz'altro La strina du Judeo, una composizione
dall'evidente sapore autobiografico scritta ad personam da cittadino
di Lago1.
A
strina du Judeu |
in
dialetto calabrese
“Su nume m'hanu misu de Judeu
Pecchì rispettu 'un puortu a nessunu,
Mancu alla carne e né allu sangu meu.
Ca signu sempre all'erta ppe' cantari
Ogni parola è cchiù 'e 'na curtellata,
Ca sa di spregiu sangu ha dde lassàri.
Nemici tiegnu assai ppe' 'su paise,
Amici nu' nde tiegnu e nu' nde vuagliu;
Ca chine tocc'a mia ce fa le spise.
Ca iu' e 'na sula cosa truovu sfiziu,
Ha de venì' 'nu forti terremuotu
O puramenti 'u jurnu d' 'u judiziu.
D'i poveri 'un tiegnu compassiona
D'i ricchi mi scipperra li custuni,
D'i santi 'un truavu mancu divuziona.
Nemicu di guvierni viecchi e nuovi
Su' statu sbirru di la pulizia,
Ma adduvi tu m'attacchi 'un mi ci truovi.
Vulerra vi' li prieviti vrusciare
Intra le vampe di lu paradisu
E ppe' lu pentimientu jestimare.
Vulerra vid' i judici 'n galera,
Li tribunali diventà 'cantina,
Li codici vinduti 'ntra la fera.
Vulerra c'affannassiru i putienti
C'a strata pulizzasseru ccu' la lingua
Davanti allu cchjiù strazzunu d'i pezzienti.
Si chissu 'un ci arivassa a lu vidìri
Mi fazzu 'u stessu 'sa bella cantata,
Cchiù scuru 'e menzannotte 'un po' veniri. |
in
italiano2
Questo nome mi hanno messo di giudeo3
perché rispetto non porto a nessuno,
manco al sangue e né alla carne mia.
Sono sempre all'erta per cantare
Ogni parola e più di una coltellata
Che sa di spregio e sangue deve lasciare.
Nemici ne ho molti in questo paese,
Amici non ne ho e non ne voglio;
E chi mi tocca ci fa le spese.
Io in una sola cosa trovo piacere,
deve venire un forte terremoto
oppure il giorno del giudizio.
Dei poveri non ho compassione
Dei ricchi gli scipperei le costole4,
dei santi non trovo neanche devozione.
Nemico dei governi vecchi e nuovi
Sono stato sbirro di polizia,
Ma dove mi attacchi non mi ci ritrovi.
Vorrei vedere i preti bruciare
Dentro le fiamme del paradiso
E per pentimento bestemmiare.
Vorrei vedere i giudici in galera,
i tribunali diventare cantina,
i codici venduti in una fiera.
Vorrei che si sporcassero i potenti
Che puliscano la strada con la lingua
Davanti al più straccione dei pezzenti.
Se non dovessi arrivare a vedere questo
Mi faccio lo stesso questa bella cantata,
Che più buio della mezzanotte non può venire. |
In conclusione non mi rimane che ringraziare, per la loro
collaborazione, gli amici e i compagni del gruppo musicale SLC
i quali, da decenni, dedicano gran parte della loro attività
alla ricerca storica abbinata a quella musicale. Questo loro
continuo e proficuo lavoro li rende uno dei gruppi musicali
più originali nel panorama della canzone popolare calabrese.
Angelo Pagliaro
angelopagliaro@hotmail.com
Note
- A detta di Ottavio Cavalcanti (Le strine atipiche di Lago,
Soveria Mannelli, 2005) la strina in questione è stata
composta dal dott. Nicola Palumbo, essendogli stata richiesta
da un certo Francesco Martillotto, detto anche Pugliano. La
strina, appunto, parla proprio della personalità di Martillotto
/ Pugliano.
- La strina è preceduta da una terzina che i SLC non
hanno inserito nella versione contenuta nella loro raccolta
di canti libertari calabresi: “Stasira si prisenta a vua
Puglianu / u capu camurrista du paisu / ccu nu purmune sfattu
e l'altru sanu”. (Questa sera si presenta a voi Pugliano/il
capo camorrista del paese / con un polmone sfatto e l'altro
sano). “Camurrista” qui sta evidentemente per “attaccabrighe.”
- In Calabria, l'avversione nei confronti dei giudei era sostanzialmente
alimentata dalla tradizione teologica bizantina e lo stesso
San Nilo riteneva, in merito a questioni di giustizia, che ci
sarebbero voluti sette ebrei per eguagliare un cristiano. Gli
ebrei, inoltre, erano considerati “miserabili”,
“senza religione” e “uccisori di Dio”.
A partire da quest'ultimo periodo, invece, quella dei giudei
appare come una realtà ben integrata nel contesto storico-culturale
regionale e il sentimento di antisemitismo spesse volte richiamato
appare, come ha precisato il professor Cesare Colafemmina, eminente
studioso delle realtà ebraiche dell'Italia meridionale,
“più un prodotto di cultura ecclesiastica che un
fatto spontaneo”.
- Alla quinta terzina, al posto di “custuni” (costole)
andrebbe letto “cugliuni”, cioè: ai ricchi
strapperei i coglioni. Custuni è una variazione introdotta
dai SLC, molto probabilmente per esigenze legate alle loro esecuzioni
pubbliche.
Per non perdersi/
tra le nuvole (informatiche)
In informatica i neologismi e gli acronimi sono all'ordine
del giorno: per altro, non sempre il loro uso è reso
inevitabile dall'introduzione di una qualche inedita tecnologia.
Dietro a ogni nuovo termine, in realtà, è facile
scorgervi vere e proprie strategie di marketing. Nel 2008 la
Dell, uno dei maggiori produttori di personal computer al mondo,
ha persino cercato di assicurarsi il copyright sull'espressione
“cloud computing”; tentativo in seguito fallito.
L'etichetta è innanzitutto un modo nuovo, commercialmente
appetibile, per indicare la vecchia e classica architettura
client server: uno o più server offrono servizi in rete
a uno o più client attraverso specifici linguaggi di
comunicazione (i protocolli). Il web ne è un tipico esempio:
una rete di nodi asimmetrici, di cui i principali sono i siti
e le applicazioni pubblicate dai web server; mentre i nodi secondari,
i client, sono rappresentati dai browser degli utenti.
Chi naviga non sa nulla della locazione fisica dei server. Le
risorse pubblicate in rete dal computer sotto casa o quelle
pubblicate dall'altra parte del mondo, sono navigabili esattamente
allo stesso modo. Le distanze geografiche, sul web, non esistono
più. Il cloud computing non fa che amplificare questo
processo di dematerializzazione. I servizi di archiviazione
on line, come Dropbox o Ubuntu One, permettono di memorizzare
i propri files su una qualche nuvola in rete, rendendoli accessibili
non solo dal proprio computer di casa o d'ufficio, ma da qualsiasi
dispositivo collegato a internet. Non si è più
costretti a portare con sé i propri files: essi sono
sempre raggiungibili in rete, pronti all'uso.
Certamente l'utente non dispone più dell'accesso fisico
ai propri archivi; ma questo per la maggior parte di noi non
costituisce, almeno apparentemente, un problema: anche se non
si sa dove i propri dati siano memorizzati, l'importante è
che siano al sicuro, che il loro accesso sia facile, comodo
e immediato.
Il termine “cloud” allude anche al fatto che i servizi
offerti non sono semplici o atomici, ma articolati in veri e
propri sistemi. Ciò che viene offerto è una “nuvola”
di servizi: non soltanto un'applicazione o un software, ma intere
infrastrutture informatiche. In questo caso si parla di IaaS,
di Infrastructure as a Service. I servizi IaaS sono alla base
della maggior parte dei servizi cloud: dei PaaS (Platform as
a Service), dei SaaS (Software as a Service), degli HaaS (Hardware
as a Service).
Tra i principali fornitori di servizi IaaS vi è Amazon,
la nota multinazionale del commercio elettronico. L'Amazon Elastic
Computer Cloud (EC2) permette agli utenti di affittare computer
virtuali (nonché intere infrastrutture di rete), sui
quali installare ed eseguire le proprie applicazioni. È
possibile creare, lanciare, chiudere istanze di macchine server,
pagandole ad ore (per questo il servizio è detto “elastico”),
appoggiandosi ad uno dei diversi data center Amazon sparsi per
il globo. Il tutto può essere attivato tramite un set
di funzioni integrabili in qualsiasi applicazione affacciata
sul web. Di conseguenza con EC2 anche una piccola azienda d'informatica,
dotata di un solido know-how, è in grado di attivare
sofisticate infrastrutture tecnologiche a costi concorrenziali.
I vantaggi per chi usufruisce dei servizi in cloud, dunque,
sono innegabili: convenienza, comodità, flessibilità,
scalabilità, produttività ecc... Oggi per restare
sul mercato l'uso o la realizzazione di servizi cloud è
una scelta obbligata anche per le piccole o medie aziende, nonché
per lo stesso settore pubblico. Già nel 2012 l'Unione
Europea aveva varato l'iniziativa European Cloud Partnership
(ECP), un bando di 10 milioni di euro, destinato agli enti pubblici
europei con lo scopo di promuovere un mercato europeo dei servizi
cloud facendo leva sulla domanda dello stesso settore pubblico.
In conclusione, oggi, è pressoché impossibile
lavorare in campo informatico ignorando le grandi nuvole che
si addensano in rete. Chi realizza siti web, giusto per fare
un esempio, non può permettersi di ignorare le regole
SEO di Google o l'integrazione verso i principali social network,
così come chi si occupa di streaming video deve confrontarsi
con i servizi offerti da YouTube. Certo, anche in passato, chi
si occupava d'informatica non poteva ignorare le soluzioni sviluppate
dalle grandi multinazionali quali Microsoft o Apple.
Oggi però con il cloud computing, ogni soluzione tecnologica
finisce con l'appoggiarsi o dipendere da quelle dei grandi hubs
di rete. Il cuore di un qualsiasi sistema informativo, compresi
i dati più importanti e sensibili, può trovarsi
da qualche parte, lontano, perso su una nuvola internet, direttamente
o indirettamente in mano a uno dei padroni dell'informatica.
Il cloud computing, così come oggi è (ovvero in
mano ai pochi), non solo pone evidenti problemi alla tutela
della privacy e della sicurezza dei dati, ma soprattutto rafforza
l'idea che la perdita d'autonomia, anche in campo tecnologico,
sia sempre a costo zero, o addirittura che possa apportare solo
vantaggi.
Da questo punto di vista il successo di Facebook è paradigmatico:
la creazione di un enorme recinto virtuale, una grande gabbia
dorata, in cui tutti possono liberamente entrare e vivere, certo
comodamente, con i propri amici e familiari, mettendo a rischio
la propria privacy, ma soprattutto, sacrificando la propria
autonomia in favore di una nuova concentrazione di potere. Il
problema della perdita d'autonomia, di competenza e quindi di
libertà è stata evidenziato innanzitutto da uno
degli esponenti più importanti del movimento del free
software, Richard Stallman, il quale ha giustamente asserito
senza mezze misure, che il cloud computing è una minaccia
per la libertà digitale incomparabilmente maggiore di
quella procurata dai vecchi e nuovi software proprietari. Del
resto anche se tutti i servizi cloud fossero realizzati con
software libero (come spesso avviene, basti pensare al social
network Twitter), questo non diminuirebbe affatto il pericolo
della perdita di libertà, di autonomia, di controllo
da parte di noi utenti.
In questi ultimi anni, comunque, molti attivisti digitali, ma
anche molte aziende, stanno cercando di offrire soluzione tecnologiche
alternative al modello attualmente vincente dei grandi hubs
di rete.
Il modello peer-to-peer, delle architetture tecnologiche anarchiche
e democratiche è la strada che si sta percorrendo. I
tentativi, i progetti non mancano, come ad esempio Diaspora,
un personal web server costituito da software libero che implementa
una rete sociale distribuita che offre funzionalità simili
a quelle di Facebook. L'obiettivo del progetto è chiaramente
quello di creare un sistema decentralizzato e sicuro, contribuendo
a proteggere la privacy degli utenti, facendo sì che
diverse istanze di Diaspora, installate su server sparsi in
tutto il mondo, comunichino.
Una nuvola composta da migliaia, milioni di utenti può
riuscire a vincere la sfida contro la privatizzazione in atto
della rete. Com'è stato giustamente evidenziato il People's
cloud è la logica estensione e la continuazione dello
spirito libertario e egualitario del software libero. Se non
ci dimentichiamo che la perdita di autonomia, di controllo e
libertà non è mai un bene, per quanto possa apparire
comodo e piacevole, non è detto che tra le nuvole ci
si debba inevitabilmente perdere.
Luca Cartolari
Brasile/
Carcere e violazione dei diritti umani
Il carcere di Pedrinhas, a São Luis, capitale del Maranhão,
è diventato il simbolo di un sistema penitenziario che,
lungi dal porre rimedio al sempre maggiore numero di crimini
e di violenze, attuando trattamenti inumani e degradanti, provoca
e rafforza condizioni che generano violenza e crimini ancora
maggiori.
Se sessanta omicidi all'anno in un solo carcere non sono numero
da poco, e se a questi si aggiungono le condizioni di sovraffollamento,
di violenza tra e contro i detenuti, di continuo oltraggio alla
dignità, non solo dei reclusi ma anche delle donne che
vanno a far loro visita e che vengono stuprate dai boss di bande
rivali, allora si comprende come nell'agenda degli impegni del
Brasile, piuttosto che le luminarie e gli sprechi per i prossimi
mondiali di calcio, debbano essere inserite misure urgenti per
migliorare le condizioni di vita all'interno delle carceri,
porre un freno alle continue violazioni dei diritti umani, garantire
la tutela della vita di quanti si trovino sotto la custodia
dello stato.
Impegno inderogabile, soprattutto dopo le notizie diffuse lo
scorso gennaio che han fatto puntare l'attenzione internazionale
sulla detenzione nelle prigioni brasiliane, in particolare nel
complesso penitenziario di São Luis, ormai noto come
“carcere degli orrori”. Pedrinhas è diventato
(im)popolare non già per le condizioni di affollamento,
di degrado, di mancanza di igiene e di garanzie personali, ma
a motivo di un video messo in rete il 7 gennaio dal giornale
telematico A Folha de São Paulo, che desta indignazione
e preoccupazione.
I fatti, avvenuti in carcere tra due fazioni di una stessa banda
che si contendono il potere sul narcotraffico, sono stati ripresi
dal cellulare di un detenuto. Il video dura due minuti e mezzo;
le scene sono raccapriccianti e culminano con il reiterato vilipendio
di tre teste, mozzate ed esibite come trofeo prima di essere
abbandonate vicino ai corpi decapitati che hanno nome di: Diego,
21 anni, Irismar, 34 anni, Manoel, 46 anni, sui quali sono visibili
molti segni di tortura. Nel video che circola in rete non viene
mostrato Gilson, 27 anni, figlio di Manoel, accoltellato ma
non decapitato.
Le prigioni del Maranhão non sono nuove a queste mattanze:
il 7 febbraio del 2011, una ribellione nel carcere di Pinheiros
si concluse con l'uccisione di 18 detenuti, tre dei quali erano
stati decapitati e le teste lanciate oltre il muro di cinta
quando la polizia aveva tentato di fare irruzione nei locali
occupati. I detenuti lamentavano acqua imbevibile e cibo avariato.
Nell'ottobre del 2013, a Pedrinhas, un'altra rivolta aveva fatto
10 morti e 20 feriti: circa 60 detenuti stavano tentando la
fuga attraverso una galleria scavata sotto le celle.
È evidente come non bastino i 131 milioni di reais che
il governo del Maranhão dichiara di avere stanziato per
miglioramenti strutturali dall'inizio del mandato Sarney; e
non basta neppure che sia stata prorogata la permanenza della
polizia militare all'interno del carcere. Servono, invece, iniziative
inderogabili e concrete che limitino l'affollamento (i detenuti
sono quasi il doppio della capienza massima) e che garantiscano
la dignità e l'incolumità delle persone recluse.
Oltre ad Amnesty international e all'Alto commissariato delle
Nazioni Unite per i diritti umani, le chiede l'ordine degli
avvocati del Brasile, anche a seguito dei dati diffusi da una
indagine pubblica condotta all'interno dei penitenziari brasiliani:
i dati riferiscono che nello scorso anno 60 detenuti sono stati
uccisi nelle carceri del Maranhão, mentre tra febbraio
2012 e marzo 2013 sono stati registrati 769 omicidi e 121 ribellioni
nei 1.598 luoghi di detenzione dell'intero Brasile, con una
media di 2,1 morti al giorno.
Alba Monti
Ricordando Paolo Soldati/
Addio Lugano bella
Venerdì 17 gennaio, a Châteaux des Zéros,
nel centro della Francia, ha deciso di porre fine alle proprie
crescenti sofferenze Paolo Soldati, 60 anni, militante anarchico
ticinese da molto tempo trasferitosi in Francia con la sua compagna
Milena Morniroli e i due figli Emma ed Emiliano. Da un paio
d'anni era ammalato di SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e
negli ultimi mesi le sue condizioni si erano pesantemente e
velocemente aggravate. Per noi di “A” era un amico
fraterno e un attivo sostenitore, fin dai primi anni '70 quando
– calato a Milano da Lugano insieme con altri giovanissimi
compagni ticinesi – stabilì con noi dei contatti
che presto si trasformarono in calda sintonia e amicizia e non
si sono mai interrotti. Lo ricordiamo tra gli entusiasti promotori
di tante iniziative, tra le quali spicca il periodico “Azione
diretta” che per anni fece da spina dorsale al movimento
anarchico e agli ambienti libertari e ribelli del sonnolento
e benestante cantone italiofono. Sempre pronto a metterci la
faccia, Paolo subì più volte la detenzione a causa
del suo rifiuto di prestare il servizio militare obbligatorio.
Altro campo nel quale fu sempre molto attivo era quello della
solidarietà concreta agli immigrati del Terzo Mondo,
sia per quanto riguarda il sostegno alla loro entrata nella
blindatissima Confederazione Elvetica sia successivamente nell'assistenza
sanitaria, legale, ecc... Non pochi condivisero la sua casa
e la sua umanità, prima di spiccare il volo con alterne
fortune.
In numerose occasioni ci ha dato una mano... in tanti modi,
per esempio quando nell'86 lavorò per alcuni giorni come
muratore per aiutare a preparare i locali sotto la redazione
di “A” dove hanno sede il Centro Studi Libertari/Archivio
Pinelli e la casa editrice Elèuthera.
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Paolo Soldati |
Una volta trasferitosi in Francia, seppure in un contesto molto
diverso (in piena zona agricola) è sempre rimasto in
contatto con le compagne e i compagni svizzeri e italiani, impegnandosi
localmente soprattutto nella lotta contro gli OGM e in particolare
la società leader del settore, la Monsanto. Nel 2009
ha partecipato a uno sciopero della fame, durante 11 giorni,
con altri membri del movimento anti-OGM; sciopero che ha fatto
piegare il governo Sarkozy portando alla moratoria del granoturco
MON(santo)810.
Con lui se n'è andato, e con quale laica scelta di dignità,
un pezzetto della nostra storia. Alla comunità anarchica
ticinese, con la quale tante forti relazioni intratteniamo,
il nostro abbraccio fraterno e soprattutto la proposta di una
bella mangiata/bevuta da fare in primavera/estate in suo ricordo:
di quelle che tante volte abbiamo fatto e che lui, godurioso,
apprezzava al pari della socialità.
Aurora Failla e Paolo Finzi
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