Rivista Anarchica Online





CCon il titolo “Violenza di stato e dissenso armato” anche la copertina di questo numero 57 (giugno-luglio 1977) dichiara fin dall'inizio quale sia il tema che sta più a cuore alla redazione. E vari sono gli scritti, all'interno, che in vario modo si rifanno a quel tema. Il dibattito su “nuova sinistra e criminalizzazione delle lotte” comprende due interventi, entrambi critici con le posizioni “lottarmatiste”, di Franco Melandri (“Ampliamo e consolidiamo l'area rivoluzionaria”) e Luisito (“Lotta armata e 'delinquenza'”). C'è poi una lunga intervista redazionale, non fìrmata, all'avvocato Giuliano Spazzali, “uno degli avvocati di estrema sinistra – si precisa nell'Ai lettori – più impegnati nella difesa dei compagni rivoluzionari. Tra i recenti numerosi arresti di legali rivoluzionari o comunque non disposti a farsi condizionare dalla magistratura e dalla strategia del riformismo, vi è stato anche quello di suo fratello Sergio.” Altri tempi, altra sensibilità, altre posizioni politiche.
Lo si riscontra anche nel primo interno di copertina (“Contro il terrorismo di stato”), nel quale tre foto e un testo danno conto della manifestazione nazionale indetta dagli anarchici a Pisa il 7 maggio 1977, nel quinto anniversario della morte di Franco Serantini. Un corteo al quale partecipano diecimila persone, tra cui migliaia di anarchici e folte rappresentanze di Democrazia Proletaria e Lotta Continua. Sotto il palco ci sono tafferugli (“abbastanza duri, ma fortunatamente brevi e circoscritti” - si legge nel testo) quando per Lotta Continua prende la parola Mimmo Pinto, leader dei “disoccupati organizzati” napoletani ma soprattutto deputato. “Buona parte della piazza anarchica – si legge sempre nella cronaca redazionale – ha a quel punto espresso la sua disapprovazione a gran voce, sommergendo con gli slogan le parole di Pinto, giudicando politicamente contraddittorio che un esponente dello stato concludesse una manifestazione contro lo stato e di pessimo gusto che proprio a questa manifestazione Lotta Continua (che ha sempre una pratica ambigua: un piede nella scarpa anti-istituzionale ed uno in quella istituzionale) avesse voluto imporre proprio il suo volto parlamentare nonostante la richiesta fatta dagli organizzatori di scegliere un altro oratore (...)”.
Un episodio non fondamentale nella storia italiana e nemmeno in quello della rissosità a sinistra. Ma, ad avviso della redazione attuale (2014) di “A”, emblematico del clima esasperato, del settarismo e soprattutto dell'auto-referenzialità dei movimenti (quello anarchico, compreso) di quegli anni, in un'ottica tutta ideologica incapace di cogliere le possibili e necessarie articolazioni che i movimenti (appunto, e non a caso, al plurale) devono avere ed accettare al proprio interno per poter aspirare ad avere una qualche forma di influenza nel sociale e nell'opinione pubblica.

Lo scrittore Carlo Cassola

Vista con gli occhi di oggi – decenni e decenni dopo (anzi, per essere precisi e in linea con questa rubrica, 37 anni dopo) – anche da quell'episodio si possono trarre elementi di riflessione e di ragionamento. Che è poi il senso di questa rubrica, che non vuole “celebrare” la storia di questa rivista, ma ripercorrerne selettivamente alcuni passaggi in un continuum di ricordi e di interrogativi affinchè, come si usava dire in quegli anni, gli anziani ricordino e i giovani sappiano.
Su di un versante di apertura mentale e di pluralismo, senza per questo rinunciare alle “nostre posizioni”, è l'intervista/confronto con lo scrittore Carlo Cassola, in quegli anni promotore della Lega per il Disarmo Unilaterale e più in generale della battaglia contro gli eserciti, il militarismo, le guerre.
Una battaglia che riprendeva sensibilità e posizioni classiche del pensiero e del movimento anarchico, ma li rileggeva da una prospettiva molto particolare, quella data dall'impronta dell'allora notissimo scrittore. Una prospettiva diciamo così “catastrofista”, che all'imminente percepito pericolo di una guerra nucleare mondiale e della consguente scomparsa dell'umanità dalla faccia della terra opponeva un rifiuto del militarismo che però non si sposava con una prospettiva di trasformazione sociale. Al punto che, diceva Cassola, per abolire gli eserciti ci si poteva accordare con chicchessia, Stati compresi.
Alcuni anarchici (ricordiamo Ugo Mazzucchelli, altri anziani militanti, e non solo anziani) fecero propria la battaglia di Cassola, altri ne criticarono duramente le posizioni e rifiutarono ogni contatto. In questo frangente “A” si mosse con intelligenza, dando spazio sia alle posizioni cassoliane sia alle voci critiche. Confermando che, anche allora (come oggi), il compito di un foglio anarchico non è quello di “dare la linea” ma di fornire materiali eterodossi per riflettere. Lasciando poi ai singoli di formarsi un'opinione e di agire in conseguenza.
Che, 37 anni dopo, è a nostro avviso il compito che ci prefiggiamo e che vorremmo poter dire di realizzare almeno in parte.